Un coltivatore decise di prendere in affitto un appezzamento di terreno, da un proprietario terriero, per un periodo di dieci anni.
Egli, con il suo duro lavoro, riuscì a dare un grande sviluppo all'intera fattoria ed a ottenere dei buoni raccolti di modo che il guadagno proveniente dalla terra aumentava con regolarità. Riuscì sempre a pagare l'affitto al Zamindar ed a serbare per sé buona parte dei proventi.
Al termine del periodo di affitto, arrivarono gli operai dell'affittuario e cominciarono ad arare il terreno.
Il figlio del coltivatore che aveva solo nove anni non poteva essere a conoscenza del fatto che l'affitto era scaduto e si scagliò contro quegli uomini:
"Perché state lavorando nei nostri campi? Questa è la terra di mio padre, andatevene subito!"
Gli operai provarono simpatia per le affermazioni del piccolo e tentarono di spiegargli: "Caro ragazzo, questa terra appartiene al Zamindar, non lo sapevi?
Tuo padre l'ha solo presa in prestito, vai a chiederglielo se non sei convinto!"
Il ragazzo corse piangendo dal padre: "Padre, vieni presto! Il Zamindar ha occupato la nostra terra, vieni a mandare via gli uomini !"
Il padre fece sedere il ragazzo accanto a sé e con tranquillità gli spiegò: "I campi, figliolo, appartengono al Zamindar da oggi in poi. Io li ho presi in affitto per un periodo di dieci anni, ma ora questo tempo è scaduto e lui ha il diritto di riprendere la sua terra. E' di sua proprietà."
Perché il bambino si è sentito improvvisamente infelice ed ha urlato contro i lavoratori? Non c'era in realtà nulla di cui potesse sentirsi privato.
E' il senso del possesso, che gli faceva dichiarare: "la mia terra!", che lo ha avvilito e turbato.
Questo tipo di attaccamento lega l'uomo ai propri beni e lo rende estremamente infelice al momento di separarsi da essi. E questo momento arriva inevitabilmente.