C'era una volta un re che si chiamava Sikhadhwaja il quale si sentì preso dallo
spirito della rinuncia e se ne andò nella foresta per praticare l'ascetismo.
Sua moglie, la regina Choodala, aveva un senso del distacco molto più profondo del
marito ma non lo aveva mai dato a vedere.
Quando il re lasciò il palazzo, lei decise di seguirlo; si mise addosso un abbigliamento maschile, indossò una tunica ocra ed un rosario di
rudrakshas ed andò nella giungla a cercarlo.
Dopo qualche tempo lo trovò e, fingendo di non conoscerlo, gli chiese chi fosse.
Il re rispose che era il governante del regno ma che aveva rinunciato ad ogni ricchezza, ai suoi tesori, al suo esercito ed alla sua corte...
Choodala si avvicinò a lui e quindi gli domandò:
"Dimmi, mio sovrano, per il bene di chi hai rinunciato a tutte queste cose?"
"L'ho fatto per avere la pace!" rispose il re "ma devo confessare che non l'ho ancora
ottenuta..."
Choodala allora gli disse che rinunciare alle 'cose' non porta alcun frutto, ciò a cui
bisogna invece rinunciare è al desiderio di queste cose ed all'orgoglio di possederle.
Si deve essere distaccati dagli obiettivi del mondo esterno in modo da concentrare
l'attenzione verso l'interno e conquistare i nemici del regno interiore fino a divenire
maestri di se stessi.
Allora il re si gettò ai piedi di questo Guru che era venuto ad illuminarlo e nello
stesso istante Choodala gli rivelò la sua identità.
Fu questo uno dei casi in cui la moglie (sati) divenne il Guru del proprio marito
(pati).
Anticamente vi erano molte donne di tale levatura che ispiravano rispetto ed onore,
poiché erano educate ai valori della vita molto più di quanto non lo siano oggi.
da: "Chinna Katha II" - Sri Sathya Sai Books and Publication Trust (A.P.) - India