Akbar, come tutti sappiamo, fu uno dei più grandi imperatori della dinastia Moghul. Egli amava l'umanità ed aveva molto rispetto per le grandi anime, a qualsiasi religione appartenessero.
Aveva sentito della reputazione di Guru Nanak , del suo intento di unire Indù e Mussulmani e desiderava dargli il benvenuto ed onorarlo alla sua corte.
Inviò, dunque, il suo Ministro a portargli l'invito affinchè egli potesse graziare con la sua presenza la corte reale.
Guru Nanak mandò a dire: "Io rispondo solo alla chiamata di Dio, Imperatore degli Imperatori, ed entrerò solamente alla Sua corte."
Quando l'Imperatore ascoltò questo messaggio, il suo rispetto per Nanak crebbe ulteriormente, e gli mandò un altro messaggio in cui gli chiedeva di incontrarlo per lo meno nella moschea. Nanak acconsentì .
Nel giorno e nell'ora stabilita entrambi, Akbar e Guru Nanak, entrarono nella moschea accolti, con tutti gli onori,dai teologi Islamici.
Secondo le usanze, il teologo islamico doveva iniziare la prima delle preghiere, pertanto, si sedette sulle proprie ginocchia ed iniziò a pregare ad alta voce.
Nanak, in quel momento, si mise a ridere sonoramente.
Tutti i mussulmani del tempio si arrabbiarono, ma non osarono pronunciare parola dato che si trovavano alla presenza dell'Imperatore.
Adesso era il turno di Akbar, egli si sedette in maniera composta sulle sue ginocchia ed incominciò la sua preghiera. Nanak rise ancora più forte.
L'atmosfera nella moschea stava diventando molto tesa; i devoti erano lividi, le loro labbra contorte e pronte per insultare Nanak.
Ma Akbar fece un gesto per zittirli e calmò la situazione.
All'uscita Akbar si avvicinò a Nanak ed in tutta umiltà gli chiese: "Reverendissimo! Posso sapere il motivo del vostro riso durante la sessione della preghiera? "
Guru Nanak rispose: "Oh re, come potevo trattenermi dal ridere, quando vedevo chiaramente che nè il teologo, nè vostra maestà stavano pensando a Dio, durante la preghiera! Il teologo pensava al figlio malaticcio mentre voi stavate pensando ai due bellissimi cavalli arabi che vi sono appena stati regalati. Si possono chiamare, queste, preghiere? O non si tratta forse di pura ipocrisia?"
Il teologo islamico e l'Imperatore chiesero perdono a Nanak e lo ringraziarono per aver aperto i loro occhi alle proprie debolezze.
Ricordate che la preghiera non è una sequenza di parole, recitate per abitudine, allo scopo di compiacere Dio, ma l'intento sincero di risvegliare e far sorgere la Divinità in noi.
Dovremmo pregare con piena concentrazione, è la sostanza del sentimento che conta, non la voce né le parole.
"La mera adulazione è povera adorazione" (Baba)
da: "Chinna Katha II" - Sri Sathya Sai Books and Publication Trust (A.P.) - India