Parte III
SADHANA
Capitolo VII
La porta interiore
D. 143 - Swami! Le buone compagnie sono una cosa essenziale per tutti. Hanno davvero quel significato che viene loro attribuito?
Bhagavan - Senza dubbio, le buone compagnie sono molto importanti per tutti voi. Dovete cercare la compagnie delle persone buone. Dovete rifuggire dalle cattive compagnie. È la gente che frequentate, che decide della vostra vita. Ecco perché viene detto: “Dimmi con chi vai e ti dirò chi sei!”
La polvere, quando c’è vento, si alza, ma la stessa polvere affonda nell’acqua. Un altro esempio: se mescolate una tazza d’acqua a dieci tazze di latte, il valore dell’acqua aumenterà. Ma se versate una tazza di latte in dieci tazze d’acqua, il latte perderà il suo valore. Vedete, questo spiega chiaramente quanto sia importante l’associazione, cioè la compagnia che frequentate. Nel Mahabharata si parla di Karna, il quale, nonostante le sue doti eccellenti di arciere, nonostante la sua intelligenza e la sua prestanza fisica, a causa delle cattive compagnie ha acquisito la fama di essere malvagio, e viene annoverato fra i quattro malvagi per eccellenza. Karna ha perso il nome e la fama, a causa delle cattive compagnie.
D. 144 - Swami, che consiglio dai a chi deve lavorare, e che si affanna a far tornare i conti, ma vuole seguire Swami?
Bhagavan - Vi ho detto miriadi di volte di tenere le mani nella società e la testa nella foresta. Lavorate bene e con entrambe le mani. Siate molto sinceri nel vostro lavoro e servite con tutto il cuore. Allo stesso tempo, tenete Dio come vostra meta ed obbiettivo. TeneteLo sempre in mente.
Prendiamo ad esempio una madre. Può essere molto occupata nelle faccende domestiche, ma non dimentica mai il suo bambino. Ella sa benissimo quando il figlioletto ha fame ed ha bisogno di essere accudito.
Avete visto lo spettacolo di danze nel nostro auditorium. La ballerina tiene due o tre vasi sulla testa, uno sopra l’altro, e muove la testa, le braccia e le gambe al ritmo dei tamburi. Con grande sorpresa del pubblico, i vasi rimangono esattamente nella stessa posizione, uno sopra l’altro, sulla sua testa, come la ballerina li ha sistemati prima di cominciare a ballare. Com’è possibile? La risposta è semplice: mentre balla, ella si concentra sui vasi che ha sulla testa, al fine di mantenere l’equilibrio.
Allo stesso modo, nella vita potete fare molte cose. Ma dovete sempre ricordarvi di Dio e mantenerlo come unica meta. Guardate sempre dentro di voi.
D. 145 - Swami! Solo Tu sai spiegare le componenti della nostra vita, sia spirituale che fisica. Solo Tu puoi farlo, a questo mondo. È inevitabile che frequentiamo la gente, a volte anche in modo piuttosto intimo. Nella vita quotidiana dobbiamo interagire gli uni con gli altri. Come dobbiamo rivolgerci agli altri, e che cosa è bene che diciamo? Per favore, Swami, spiegacelo!
Bhagavan - Voi credete che la vita mondana e quella spirituale siano due cose separate. Ma non lo sono. La spiritualità è consapevolezza. È conoscenza totale, non sono ‘pezzi’ d’informazione. Dovete parlare sempre dolcemente e a voce bassa. Potete rendere tutti felici, con un bel modo di parlare. Vedete, quando un corvo si poggia sul muro, e ripete ‘cra, cra’, lo scacciamo via, ma quando sentiamo il dolce verso di un cuculo, cominciamo ad imitarlo. Entrambi sono uccelli; in che cosa risiede, dunque, la differenza? Vedete, è solo nel suono! Allo stesso modo, il vostro modo di parlare fa la differenza! Il corvo infine non vi aveva fatto niente di male, ed il cuculo non vi aveva fatto alcun piacere. È solo il suono a piacervi, o a starvi antipatico. Dovete dire la verità, dovete parlare gentilmente. Non potete sempre fare dei favori a tutti, ma potete sempre parlare gentilmente, non è vero? Le vostre parole non devono mai ferire nessuno, non devono mai far del male.
Un giorno, un cacciatore cercava di catturare un cervo nel bosco. Un Saggio era seduto là e vide il cervo scappare velocemente, per sfuggire al cacciatore. Il cacciatore, nel cercare il cervo, vide il Saggio, e gli chiese se aveva visto passare un cervo. In risposta, il saggio disse: “Oh, cacciatore! L’occhio che ha visto passare il cervo non sa parlare e la lingua, che sa parlare, non vede. Che cosa potrei dire?” A questo modo riuscì a non dire alcuna bugia.
Dovete aver già sentito parlare del grande re Harischandra. Se solo avesse detto una bugia, avrebbe potuto facilmente riavere indietro il regno che aveva perduto. Egli aderì alla Verità, e fu in conseguenza a ciò che suo figlio fu riportato in vita e la sua famiglia venne riunita. Non disse mai una sola bugia. Si attenne sempre e soltanto alla verità. Ecco perché il suo nome viene ricordato a tutt’oggi ed è destinato a durare fino a quando il sole, la luna e questa galassia esisteranno. Egli è la vera e propria incarnazione della Verità e viene denominato "Satya Harischandra"; la verità è la vita della parola; - le armi sono necessarie alla sopravvivenza di un forte (posto fortificato; N.d.T); - una firma dà vita ad una promessa di pagamento.
Non dovete parlare troppo. Se lo farete, per la società sarete una scatola di pettegolezzi, un uomo dalla lingua fuori controllo. Il troppo parlare fa diventare pazzi, parlar poco rende felici perché se non parlate non potete dire bugie, criticare, spettegolare e in genere parlare invano.
Se parlate troppo perdete il rispetto di voi stessi, e tendete anche a perdere la memoria. Perdete energia. Se accendete la radio e la tenete accesa ad alto volume per molto tempo, consumerete molta elettricità, giusto? Allo stesso modo, la vostra energia si consuma, se parlate troppo a lungo. Ricordatevi che è sempre nella profondità del silenzio che si può udire la voce di Dio. Se qualcuno vi saluta con un ‘ciao, rispondete: ‘ciao’; se qualcun altro vi saluta dicendo ‘salve’, rispondete con ‘salve’. Tutto qui: parlate solo quanto e quando è strettamente necessario.
D. 146 - Swami! Non è d¹aiuto ad una persona farle notare i suoi errori?
Bhagavan - Se pensi agli errori degli altri, anche voi diventate ‘difettosi’. Per confrontarvi con una persona cattiva e poterle resistere, dovete diventare anche peggiore di lei. È un peccato indicare gli errori degli altri. Se indicate gli errori degli altri con un dito, saranno tre le dita che vi verranno puntate addosso. Come dice il proverbio, un cane randagio cerca sempre delle ciabatte. Un maiale passa il tempo a rotolarsi nel fango. Anche voi assumerete l’aspetto di un maiale, se continuate a cercare le colpe altrui. Quando una scimmia trova un’arancia, che cosa fa? Leva la scorza e mangia il frutto, non è vero? Separare il buono dal cattivo si chiama ‘vibhagayoga’. Dovete rinunciare al male, a ciò che è indesiderabile. In Giappone c’è una città chiamata Kioto. Una donna stava passando in una certa strada, portando con sé un gran mucchio di vestiti avvolti in un pezzo di stoffa bianca e pulita. Questi vestiti erano tutti sporchi. Qualcuno le chiese: ‘Che significato ha tutto questo?’ Lei rispose: ‘Voglio mostrarvi ciò che è buono, perciò ho avvolto i vestiti sporchi in un pezzo di tessuto bianco’. Trovare colpe negli altri, prendersi gioco degli altri, criticarli, sono errori che non si devono fare.
D. 147 - Swami! Capiamo adesso che, riguardo alla conoscenza, eravamo in errore. Hai spiegato chiaramente che cosa è la consapevolezza, dicendo che è completa conoscenza di una parte, o un pezzo, di qualcosa. Come possiamo coltivare la consapevolezza?
Bhagavan - Per la consapevolezza la spiritualità è assolutamente essenziale. Non si può sviluppare la consapevolezza in alcun altro modo. Solo con un ‘background’ spirituale le cose vi appariranno ben chiare, ed avrete una comprensione totale, che è la consapevolezza. Altrimenti, ciò che acquisirete sarà una conoscenza libresca, superficiale, generale, ma non pratica. La conoscenza pratica è consapevolezza, ed è possibile solo sul sentiero spirituale.
Un piccolo esempio: piantate un seme in terra. Esso germina, e dà origine ad una pianta. Voi vi aspettate che il seme germini, se lo tenete in un barattolo? Impossibile. Allo stesso modo, la pianta della consapevolezza non cresce nel barattolo dei piaceri mondani, ma nel campo della spiritualità. La consapevolezza così sviluppata è vera consapevolezza.
D. 148 - Swami! Adesso è chiaro che questo genere di ‘consapevolezza’ non è disponibile nelle nostre istituzioni didattiche, e che la consapevolezza è tuttavia estremamente importante per tutti noi. Tu sei l’incarnazione di Dio del mondo odierno. Perché non ci fai la Grazia, e ci concedi il dono della consapevolezza?
Bhagavan - Se tutto viene fatto da Dio stesso, a voi che cosa resta da fare? Come potreste far uso della mente e dell’intelletto, che Dio vi ha dato? Non vi rendete conto che gli strumenti divini della mente e dell’intelletto di cui siete dotati sarebbero sprecati, se Dio facesse tutto al posto vostro? La madre cucina e serve il cibo, ma non può mangiare al posto del bambino! Se il bambino si fa male, la madre è molto triste, ma non può fasciarsi al posto del figlio! Anche se vi sedete davanti ad un piatto pronto di patate al curry e chapati, dovete però prendere il cibo in mano e portarlo alla bocca. Se ripetete meramente ‘patate, chapati’ la vostra fame verrà forse soddisfatta? Dovete far lavorare la bocca e le mani, non è vero? Allo stesso modo dovete usare la mente e l’intelletto.
Arriverete ad avere la conoscenza di tutto. Mediante il vostro sforzo, acquisirete la Grazia di Dio. Con lo sforzo (krsi) si può diventare persino un ‘rishi’ (un Saggio). Fate il vostro dovere, pensando allo stesso tempo al Signore. Anche Krishna disse lo stesso ad Arjuna: ‘Arjuna! Ricordati di Me e combatti!’ Ripetendo il Nome di Rama, Hanuman riuscì ad attraversare il possente oceano. Fate quindi il vostro dovere, ed acquisirete tutto ciò che volete.
- Swami! Gli aspiranti spirituali osservano delle pratiche di austerità, quali i digiuni, le veglie etc., perché le considerano ‘spirituali’. Ti chiediamo di illustrarcene l’importanza ed il significato profondo in esse contenuto.
Bhagavan - Le tradizioni, i riti e le antiche pratiche di Bharat hanno un significato. Gli aspiranti hanno senza dubbio delle esperienze divine. Ma oggi la gente è attratta da riti esteriori e pomposi, dei quali non capisce l’intimo significato. Si sono dimenticati i fini dei riti, gli scopi che essi avevano all’origine. Quasi tutti i riti sono diventati meccanici e monotoni, una ‘routine’. Non c’è nessuno che ne spieghi le finalità. La maggior parte della gente non è consapevole dei loro significati sottili. Perciò non trovate nessuno che faccia delle penitenze o che pratichi dei riti con sincerità. L’uomo non ha bisogno di cambiare. Ciò che deve cambiare è la mente. Supponete di stare viaggiando verso qualche posto lontano, e di restare improvvisamente senza cibo: potete considerare la vostra impossibilità di mangiare un ‘digiuno’? Vi sarà di qualche utilità spirituale? Un paziente che non mangia cibo normale, sta praticando il digiuno? Che cosa dovete capire da questo? Sentire Dio in voi è vero ‘digiuno’, e non la forma letterale del digiuno. ‘Upa’ significa vicino e ‘vasa’ vuol dire Dio. Perciò ‘Upavasa’ significa ‘vivere vicino a Dio’. Significa che ci si deve volgere all’interno, sentire Dio e pensare a Lui costantemente. Questo è il vero digiuno, nel suo vero senso. Oggi, vediamo gente che digiuna nel giorno di ‘ekadasi’, ma che poi mangia il doppio il giorno dopo. I seguaci di Madhvacharya osservano la festività di ‘Bhisma ekadasi’ digiunando, ed in tale occasione non ingoiano neppure la loro saliva.
Nello stato del Karnataka, dicono in dialetto ‘kannada: bida bedi bittu keda bedi’, che significa ‘non praticate la rinuncia per poi abbandonarvi al vizio’, intendendo con questo che, una volta che avete rinunciato a qualcosa, non dovete riprendervela. È una brutta abitudine. Prendono la farina ben macinata e conservano l’impasto per tre giorni, per poi farne dei gustosi ‘dosa’, dolci tipici dell’India meridionale. Nel Kannada si dice che per un giorno di digiuno in un mese, la gente prepara fino a quaranta ‘dosa’! È digiuno, questo? Certamente no!
Perché si fanno le veglie? Perché si sta svegli una notte intera? Il significato è quello di tenersi al di fuori della felicità mondana, dai piaceri dei sensi e dalle comodità materiali. Dovete non pensare ad alcunché di materiale, ed essere svegli e vigili, rivolti al nocciolo interiore, l’Atma. Dovete essere svegli per quanto riguarda la Divinità interiore rinunciando alle seccature del mondo.
Ma che cosa si fa in nome della ‘veglia’ (jagarana)? Si gioca a carte per tutta la notte, o si va a vedere tre film al cinema uno di seguito all’altro. La guardie notturne, le infermiere di turno all’ospedale, i capostazione di turno... nessuno di essi dorme di notte. Fanno una ‘veglia’? Certo che no! Il mero saltare una notte di sonno è un rito esteriore. Nel compiere questi riti la gente dovrebbe conoscere la propria Realtà interiore, invece di compierli meccanicamente come fa, diventando oggetto di ridicolo e di scherno agli occhi degli altri.
D. 149 - Swami! Alcuni di noi vogliono fare la puja, altri consigliano la meditazione, altri ancora dicono che si devono leggere le Sacre Scritture o ci assicurano che otterremo ottimi risultati mediante la ripetizione del Nome di Dio. Sono confuso, non so che cosa fare e quale pratica scegliere. Potresti dirmi, per favore, qual è la migliore fra queste pratiche e quale di esse dovrei introdurre nella mia sadhana?
Bhagavan - Potete seguire una qualsiasi di esse se lo fate con amore totale, con disinteresse, con purezza di cuore, con concentrazione sul punto prefissato e in stato di resa per quanto riguarda la realizzazione e la sperimentazione di Dio. Seguite il sentiero a voi più consono. Qualsiasi pratica che vi si addice e vi procura pace (shanti) e beatitudine (ananda) può essere seguita. Ma non imitate mai gli altri. Non fate mai la scelta a seguito delle parole di qualcun altro e per imitare il sentiero altrui. Seguite il sentiero che avete scelto voi stessi. Altrimenti perderete anche la vostra strada. L’imitazione è umana, ma la creazione è Divina.
Eccovi un esempio che vi dimostra come si diventa dei perdenti se si seguono gli altri. C’era un mercato della frutta e si era nella stagione dei mango, che si trovavano in abbondanza. Uno dei venditori si procurò un cartello su sui era scritto: ‘Qui si vendono frutti di mango buoni e freschi’, e lo mise davanti al suo negozio. Uno straniero si avvicinò a lui e gli chiese: “Signore! Per quale motivo ha scritto sul suo cartello la parola ‘qui’? È totalmente superflua, dato che ci troviamo in un mercato in cui si vende solo frutta. Le consiglio di cancellarla”. Il venditore mandò allora il cartello al pittore affinché cancellasse la parola ‘qui’. Ora sul cartello si leggevano le parole: ‘Si vendono frutti di mango buoni e freschi’. Più tardi, nel negozio entrò un altro uomo e disse: “Signore, lei non dimostra di essere troppo intelligente! Ha letto bene ciò che è scritto sul suo cartello? Siamo nella stagione dei mango, e tutti i negozi vendono solo mango! Perché specificare che si tratta di frutti ‘di mango’, se qui si vendono solo quelli? Dovrebbe lasciare la parola frutti ed eliminare la specificazione ‘di mango’!”
Il venditore chiese al pittore di fare ciò che il cliente aveva detto, così che poi sul cartello rimase la frase: 2Si vendono frutti buoni e freschi’. In seguito entrò un altro cliente e disse al venditore: “Che stupidaggine è mai questa? Trova forse qualcuno che venda frutti cattivi? È proprio buffo leggere ‘buoni frutti’, è proprio sciocco! Rimuova le parole ‘buoni frutti!”
Il venditore si lasciò convincere ancora una volta, col risultato che ora sul cartello erano rimaste solo le parole: ‘Si vendono’.
Un amico del venditore passò per di là e, al leggere il cartello, rimase scioccato. “Sei diventato matto? Che cosa intendi con ‘si vendono’... vendi cartelli, o che cosa?” Il venditore allora chiamò il pittore e gli fece cancellare anche le parole ‘Si vendono’, rimanendo con un cartello bianco. A questo punto il pittore mandò il conto al venditore, chiedendo di essere pagato sia per aver dipinto il cartello che per averlo cancellato a più riprese. Che cosa era successo al venditore che aveva dato retta a tutti? Aveva perso sia il cartello che il denaro. Questo succederà anche a voi, se seguirete i consigli altrui. Il vostro Guru vi prescrive il metodo più adatto a voi. Non vuole che tutti, in massa, seguano lo stesso sentiero. I metodi per la Sadhana individuale vengono consigliati in base alle capacità, alla comprensione ed al livello della consapevolezza spirituale di ciascuno.
Ora vi racconterò un episodio, tratto dalla vita di Ramakrishna Paramahansa, che vi illustrerà questo concetto. Una volta un discepolo di nome Brahmananda stava attraversando il fiume in barca per andare a comprare alcune cose necessarie ai residenti dell’Ashram. Gli capitò di ascoltare la conversazione che si svolgeva fra gli altri passeggeri della barca. Uno disse che Ramakrishna stava rovinando molti giovani, che perdevano il loro tempo adagiandosi nella pigrizia in nome della devozione e che era sorprendente vederli con le teste rasate e vestiti di abiti color ocra. Brahmananda a queste parole si sentì pervadere dalla tristezza e pianse. Quella sera tornò all’Ashram. Ramakrishna gli chiese che cosa era successo sulla barca mentre attraversavano il fiume. Brahmananda racconto l’episodio. Si sentiva male, mentre riferiva a Ramakrishna le critiche sollevate contro di lui. Ramakrishna si infuriò: “Brahmananda! Come hai potuto stare a sentire queste critiche! Come hai potuto sopportare che il tuo Guru venisse insultato a questo modo? Come reagiresti se ad essere attaccati fossero i tuoi genitori? Come hai potuto stare a sentire tutto questo?!²”
Il giorno successivo, toccò a Vivekananda andare al mercato. Montò sulla barca e si trovò in viaggio. Anche Vivekananda dovette sorbirsi il timoniere che parlava male di Ramakrishna, accusandolo di far diventare i ragazzi pigri ed inutili. Vivekananda non riuscì a trattenere la propria rabbia. Si alzò immediatamente, prese il timoniere per il collo ed era pronto a gettarlo nelle acque del Gange. Gli altri passeggeri riuscirono a stento a calmarlo. Alla sera, come faceva sempre, Ramakrishna, circondato dai suoi giovani discepoli, chiese a Vivekananda che cosa era successo sulla barca. Questi riferì con orgoglio la propria reazione nei confronti del timoniere. Ramakrishna rispose: “Non hai vergogna del tuo comportamento? Non sei riuscito a controllare la tua rabbia? A che cosa serve la tua Sadhana? Ti sembra il giusto modo di comportarsi, per un Brahmachari?”
Vivekananda allora chiese: “Swami! È molto strano sentirti parlare così. L’altro giorno ti sei arrabbiato perché Brahmananda era rimasto tranquillo quando venivamo criticati. Oggi, che io ho reagito alle stesse parole, biasimi me. Che cosa significa, Swami?”
Ramakrishna, sorridendo, rispose: Una bicicletta ha due ruote. C’è troppa aria nella ruota anteriore, e bisogna lasciarne uscire un po’. Nella ruota posteriore c’è poca aria. Dev’essere gonfiata ancora un po’. Allo stesso modo, Brahmananda deve acquisire più spirito, mentre il tuo temperamento dev’essere frenato”.
Ecco perché il livello spirituale è importante sul sentiero spirituale. Non dovete imitare e seguire gli altri.
D. 150 - Bhagavan! Nel nostri namavali (sequenza dei Nomi di Dio) chiamiamo Dio con tantissimi Nomi. Ne abbiamo più di cento denominati ‘astottara’ ed altri mille chiamati ‘sahasranama’. Di tutti questi nomi, qual è il migliore, e qual è il nome esatto di Dio?
Bhagavan - Tutti i nomi e tutte le forme sono solo suoi. Non esiste niente nell’Universo che non Gli appartenga. Dovete vedere Dio come l’abitante del vostro cuore. Draupadi, quando venne spogliata ed umiliata, pregò Krishna di aiutarla, chiamandolo ‘brndavanasancari’ (Colui che si trova a Brindavan) e ‘mathuranatha’ (Colui che si trova a Mathura). Questo provocò qualche ritardo nell’intervento di Krishna per accorrere in suo aiuto. Infatti, per provare la verità delle parole della sua preghiera, Krishna dovette andare da Brindavan a Mathura e da lì raggiungerla per aiutarla. Se lei Lo avesse chiamato ‘Hrdayavasi’, l’Abitante del suo cuore sarebbe apparso immediatamente davanti a lei e l’avrebbe tratta in salvo istantaneamente.
Nei Bhajan avete cantato ‘brndavanasancari’ (Colui che si trova a Brindavan). In questo momento mi trovo a Kodaikanal. Quindi non vedete che sbagliate? Nei Bhajan cantate ‘prasantivasa, partivihara’: (Colui che è a Prasanthi Nilayam e a Puttaparthi), vero? No, Io sono a Kodaikanal, non a Parti o a Prasanthi. Ma se mi chiamate ‘Hrdayavasi’, l’abitante del vostro cuore, anche se fisicamente sono altrove, riceverete da Me una risposta immediata.
D. 151 - Swami! Il mantra ‘Gayatri’ è stato cantato per intere epoche in questa santa terra. Ma abbiamo sentito dire che le donne non possono cantarlo, anzi, che nessuno può farlo, fuorchè i bramini. Dobbiamo cantarlo in orari particolari o possiamo farlo quando ci è più comodo, nelle ore scelte da noi? Quali sono l’importanza ed il significato del mantra Gayatri? Ci sentiremo molto fortunati se ci concederai di sentire la risposta direttamente dalle Tue labbra divine.
Bhagavan: Tutti devono cantare la Gayatri. Si tratta di un mantra che trascende le barriere di casta, di comunità, sesso, nazionalità, tempo e spazio. È un mantra che tutti devono cantare ripetutamente. Tre sono le cose principali nel mantra Gayatri. Innanzitutto, dovete sapere che ‘Bhur’, ‘Bhuvah’ e ‘Suvah’ nella Gayatri non sono tre mondi separati. Voi pensate che ‘Bhur’, ‘Bhuvah’ e ‘Suvah’ siano tre mondi distinti, ma fate un errore. Sono tutti dentro di voi. ‘Gayamulu’ significa ‘sensi’. La Gayatri ha a che fare con il controllo dei sensi, ecco perché si chiama così. Il corpo ha i sensi di percezione e di azione. Questo primo aspetto della Gayatri viene definito ‘materializzazione’, o Gayatri.
Il corpo può funzionare solo se in esso c’è vita. L’attività pulsante è dovuta alla vita. Il principio vitale vibra nel corpo, e lo rende funzionale ed operativo. Il secondo aspetto della Gayatri, che è la forza vitale, si chiama ‘vibrazione’, o ‘Savitri’. Il terzo aspetto della Gayatri è il suono primevo dell’Omkara, che ha origine dall’ombelico e va verso l’alto. OM è la combinazione di tre suoni, A, U ed M.
A all’inizio è emesso dall’ombelico. U ha origine nella gola, ed M esce dalle labbra.
‘Soham’ viene cantato nel nostro processo respiratorio, sebbene non ne siamo consapevoli, e si chiama ‘Japa Gayatri’. Quando inspiriamo, emettiamo il suono ‘so’ e quando espiriamo esce il suono ‘ham’. Il mantra ‘soham’ viene ripetuto ogni giorno 21.600 volte nel nostro processo respiratorio. Nel mantra, il secondo suono in ‘so’ è la ‘o’, mentre il secondo suono in ‘ham’ è la ‘m’. I due suoni formano la parola ‘om’. Il ‘Soham’ viene ripetuto costantemente nei tre stati di veglia, sogno e sonno profondo. L’intero alfabeto si è formato a partire dalla madre delle sillabe, il suono primevo ‘OM’.
Per illustrarvi questo concetto, vi farò un piccolo esempio. Nell’alfabeto inglese, abbiamo 26 lettere, dall’A alla Z. Tutte le parole e le frasi, sia parlate che scritte, sono formate solo da queste lettere, giusto? Voi vedete che l’armonium ha dei tasti. Quando premete sul mantice l’aria entra, così che quando pigiate i tasti ottenete i diversi suoni delle note musicali (do re mi fa sol la si). Usando solo questi sette suoni, vengono composte innumerevoli canzoni (ragas). Non è vero? Conoscete il violino. Ha delle corde sulle quali potete suonare tutte le canzoni. Allo stesso modo la ‘Omkara’ è il suono primevo, il suono primordiale da cui hanno avuto origine tutti gli altri suoni.
Se vi chiudete con forza entrambe le orecchie, sentirete il ‘Pranava’, la ‘Omkara’, dentro di voi. Se andate molto vicini ad un polo elettrico ed ascoltate con il vostro orecchio appoggiato ad esso, sentirete il suono primordiale della ‘Om’. Questo è il suono (interno) nel silenzio (esterno). Questo è il suono Divino che si sente nella profondità del silenzio. Potete sentire i passi di Dio solo nel silenzio. Questo terzo aspetto della Gayatri che si riferisce alla OM, il suono primordiale, la facoltà di parola e la fonte principale è conosciuto come ‘radiazione’ o ‘Savitri’. A livello corporeo, quindi, è ‘Gayatri’, cioè ‘materializzazione’. Come principio vitale è ‘Savitri’ ed infine, come fonte originaria del suono è ‘Saraswati’, o ‘radiazione’. Questi sono i tre aspetti del mantra Gayatri. In altre parole l’Energia Atmica, la fonte divina, è la radiazione (Saraswati), che entra nel corpo come ‘vibrazione’ o ‘principio vitale’ (Savitri), affinchè questo corpo fatto di materia diventi funzionale - e questo processo è la ‘materializzazione’ (Gayatri).
D. 152 - Swami! Come Ti dobbiamo adorare? Come dobbiamo servirti? Non riusciamo a decidere. Ci puoi gentilmente indicare il modo?
Bhagavan: Dio non ha bisogno del vostro servizio. Lui lo fa; non lo richiede da voi. Dio desidera da voi solo una cosa: l’amore. Neppure l’amore è vostra proprietà. Non è una vostra proprietà ancestrale. Questo amore non vi è stato dato da nessuno. Non è il manufatto di qualche fabbrica. Non si può acquisire da un Guru. Voi siete nati con l’amore. È il dono di Dio. Quindi, esso deve essere dato a Lui, perché è Suo, e voi dovete restituirglielo amandoLo incessantemente.
Vi faccio un piccolo esempio. Molta gente viene invitata in speciali occasioni, quali, per esempio, un matrimonio. Per preparare cibo su larga scala avete bisogno di grandi utensili. Li prendete a nolo per un giorno o due e li restituite dopo averli usati. Ma dovete restituirli puliti ed in perfette condizioni, senza alcun danno. Non è così ? Allo stesso modo, il cuore umano è un contenitore pieno d’amore, donatovi da Dio, che deve esserGli restituito intatto. Questa è vera forma di adorazione.
Come amare Dio? Il modo migliore di amare Dio è amare tutti e servire tutti. Se tutto appartiene a Lui, se Lui è Colui che vi dà tutto ciò di cui avete bisogno, che cosa può volere d’altro, oltre all’amore? Un cuore puro è il tempio di Dio. Dove si trova? Dico sempre agli studenti che ci dev’essere perfetta armonia fra pensiero, parola ed azione. Oggi, ad ogni livello, troviamo solo egoismo. Dietro tutto ciò che viene detto e fatto, c’è l’egoismo. Ma la vera adorazione è un atto altruistico di servizio reso con amore. Fate il vostro dovere con sincerità. Il servizio all’uomo è il servizio a Dio. Non avete bisogno di adorare Dio con i fiori, che appassiscono e si decompongono. Cogliete i fiori della virtù, del carattere e dell’amore dal giardino del vostro cuore ed adorate Dio con fiori preziosi.
D.153 - Swami! Puoi dirci gentilmente come possiamo acquisire anandaprapti, il raggiungimento la felicità permanente, e conseguire dukhanivrtti, la cessazione della sofferenza?
Bhagavan: Questi due livelli di coscienza non sono separati l’uno dall’altro, come avete detto voi. Quando la sofferenza viene rimossa, siete felici. L’assenza di felicità è la causa del dolore. Le due sono correlate fra loro. L’assenza di luce è l’oscurità. Ovunque ci sia luce non può esserci il buio. L’assenza di uno dei due corrisponde alla presenza dell’altro. Se esplorate i metodi per rimuovere la sofferenza, la felicità emerge, naturalmente ed automaticamente.
Se investigate sulle cause del dolore, vi renderete conto che l’ignoranza è alla base di tutte le sofferenze. Che cosa è responsabile dell’ignoranza? L’ego. E che cos’è l’ego? L’ego è attaccamento. Che cosa è l’attaccamento? È la coscienza corporea. Il dolore sopravviene a causa dell’attaccamento al corpo. Si può essere felici sia spiritualmente che fisicamente, se i propri sensi sono sotto controllo. Infatti, la tristezza non è un sentimento naturale per l’uomo. Ecco perché si devono trovare dei metodi per rimuovere la tristezza, che è artificiale. La sofferenza può essere rimossa solo tramite la preghiera e seguendo il sentiero spirituale. Se dei cavalli indolenti vengono nutriti troppo, diventeranno ancora più pigri. Allo stesso modo, se agite seguendo i capricci e le fantasie dei vostri sensi essi si rinforzeranno giorno dopo giorno ed alla fine non sarete più degli esseri umani. L’uomo deve confrontarsi con tre tipi di sofferenze: ‘adhyatmika’, ‘adhibhautika’ e ‘adhidaivika’. Le sofferenze ‘adhyatmika’ sono quelle fisiche e mentali. La sofferenza fisica vi rende mentalmente malati. Le vostre irregolarità mentali si aggiungono alla vostra malattia fisica. Ecco perché esse vengono contrassegnate come ‘adhyatmika’. Il secondo tipo di sofferenza viene chiamato ‘adhibhautika’, ed è causato dal morso di uno scoprione o dalle ferite inflitte da animali e da altre creature. Il terzo tipo di sofferenza, chiamato ‘adhidaivika’, insorge a seguito di cicloni, alluvioni, terremoti, incidenti dovuti ad incendi e varie altre calamità naturali.
Innanzitutto dovete sapere che la mente è la causa sia del piacere che del dolore. Se la vostra mente è positiva, non importa se siete a casa vostra o in una foresta. Dovete riempire la vostra mente d’amore. Pensando costantemente a Dio, sviluppando una fede sempre maggiore in Lui, e seguendo il sentiero spirituale, potete senza dubbio rimuovere la vostra sofferenza. Naturalmente, il controllo dei sensi è un presupposto assolutamente necessario. Se comprendete il vostro vero Sé, l’Atma, avrete la beatitudine, ‘ananda’. La beatitudine è lo stato che si trova al di sopra del dolore e del piacere. La beatitudine è non-duale. Essa viene anche definita ‘prajña’. Dato che ‘prajña’ è immensa, le Scritture dicono ‘Prajnanam Brahma’. ‘Prajna’ è divina. ‘Prajna’ è presente nel corpo, nella mente e nell’intelletto in modo uniforme. ‘Prajna’ è conosciuta anche come ‘Antarvani’, la voce interiore. Se riuscite ad esercitare un controllo sia sui sensi esterni che in quelli interni, potete ascoltare la vostra ‘antarvani’, la voce interiore. Se seguirete la vostra voce interiore ed agirete in conformità ai suoi dettami, avrete la beatitudine.
‘Janma’, o nascita, è responsabile di tutte le vostre sofferenze. Dove non c’è nascita, non c’è alcuna opportunità di provare piacere o dolore. ‘Janma’ è dovuta al karma, la conseguenza delle azioni passate. Le cause del karma sono l’attaccamento (raga) e l’odio (dvesa). Intraprendete un’attività solo se vi piace farlo, o se la preferite ad un’altra attività. Non è vero? Tutte le azioni pertanto nascono da uno di questi due stati mentali, ‘raga’ e ‘dvesa’. Esse provengono dall’ego (ahamkara) e dall’ignoranza (ajnana). ‘Ajnana’ è la maggior causa di sofferenza. L’ignoranza sparisce solo se si rinuncia all’ego. Per lasciar cadere l’ego ci si deve innalzare al di sopra dell’attaccamento e dell’odio. Per farli sparire ci dev’essere totale inazione (akarma), perché le azioni e le loro conseguenze conducono al punarjanma. Come dichiara il poema Bhajagovindam (Contempla Govinda) di Adi Shankara: “si nasce, vita dopo vita, dentro il grembo della madre, sempre di nuovo, morte dopo morte.” La nascita e la morte sono responsabili di tutto il dolore. Ecco perché si deve seguire il sentiero spirituale in vita: per non dover nascere di nuovo. Invece di mangiare lo zucchero, potete diventare lo zucchero stesso! Questo è lo zucchero della beatitudine (ananda). È lo zucchero della liberazione. È lo zucchero di ‘sayujya’, l’unione con Dio. La liberazione, o ‘mukti’, è l’unica soluzione per alleviare le sofferenze. La felicità che traete dall’ascoltare una persona che vi piace o nel leggere un testo che vi piace viene definita ‘priyam’. Quando riuscite ad ottenere ciò che desiderate realmente si chiama ‘modam’, o gioia. L’esperienza della gioia dopo aver acquisito ciò che volevate è chiamata ‘pramodam’ (gioia suprema). Se qualcuno comincia a parlarvi di tutto ciò che vi piace, siete contenti. Questa felicità è ‘priyam’. Se vedete o incontrate i vostri cari, ne sarete estremamente felici. Questo tipo di felicità è ‘modam’. Se ricevete, e possedete, ciò che vi è molto caro, la vostra esperienza può essere descritta come ‘pramodam’.
Quando leggete del potere divino su grandi poemi epici, quali il Ramayana e il Mahabharata, o sentite parlare dei lila di Dio incarnato o della devozione celebrata nella Bhagavata e su altri Testi Sacri, vi sentite molto felici. Questo è ‘priyam’. Se metterete in pratica tutto ciò che avete imparato da questi libri immortali, ne ricaverete una forma di gioia descritta come ‘modam’. Se vi identificate con la Divinità e vi immergete in Essa, la Beatitudine Suprema che ne otterrete sarà quella che viene definita ‘pramodam’. Quindi, al primo stadio viene l’ascolto di tutto ciò che riguarda Dio (priyam), poi, come secondo stadio, si mette in pratica tutto ciò che si è ascoltato (modam), ed infine, al terzo stadio, si sperimenta la Beatitudine (pramodam). Questa è la strada per essere beati (anandaprapti).