DISCORSO DIVINO

Le celebrazioni di Mahâshivarâtrî

8 marzo 2005

La festa di Mahâshivarâtrî è una delle più importanti dell’India. Essa cade il 14° giorno del krishna paksha la quindicina o metà (paksha) scura (krishna) di mâgha (gennaio-febbraio), un mese del calendario induista. Si tiene, dunque, nel periodo di luna calante e viene celebrata, con canti devozionali, durante la notte. Shivarâtrî significa "notte" (râtrî) di "buon auspicio" (shiva). In tutto il Paese, la gente affolla i templi di Shiva e trascorre la notte in adorazione e contemplazione del Divino. Il Signore Shiva viene adorato come Yogîshvara (il Signore degli yogin) ed è considerato lo Yogin e il Rinunciante ideale, ragion per cui, in questo giorno, i Suoi devoti si uniscono, per così dire, a Lui nelle Sue austerità, astenendosi dal cibo e dal dormire come omaggio al Principe degli yogin. Le celebrazioni di Shivarâtrî, a Prashânti Nilayam, hanno avuto inizio la mattina dell’8 marzo e Baba, mostrando la Sua divina Forma alle migliaia di persone riunite nel Sai Kulwant hall, ha riempito i cuori di gioia. Dopo esser salito sul palco, Baba ha invitato Anil Kumar, professore allo Shrî Sathya Sai Institute of Higher Learning, a parlare alla gente. Anil Kumar ha quindi cominciato a raccontare un episodio avvenuto allorché egli si trovava a Kodaikanal con Baba: in quell’occasione, mentre Gli era seduto accanto, aveva con sorpresa notato, attorno alla Caviglia sinistra del Maestro, il segno tipico lasciato da una cavigliera; la caviglia destra non evidenziava segno alcuno. Egli aveva pertanto pregato Swami di rivelargli il significato di ciò e il Maestro gli aveva spiegato che ciò rappresentava Lui Stesso come Ardhanârîshvara, il Principio divino in cui sono presenti sia il Signore Shiva sia Madre Pârvatî. Ardhanârîshvara rappresenta infatti l’aspetto androgino di Shiva, la cui metà sinistra del Corpo viene raffigurata come femminile (Pârvatî, la Shakti o Energia di Shiva) e quella destra come maschile (Shiva).

Baba, molti anni fa, rivelò di essere la manifestazione di Shiva-Shakti e Anil Kumar ha avuto il privilegio di constatare personalmente la verità di quella dichiarazione.

Alle parole di Anil Kumar hanno fatto seguito i discorsi di Narendranath Reddy e di G.K. Raman; anch’essi hanno narrato la loro esperienza all’assemblea dei devoti. In seguito, dopo il Suo Discorso, Swami si è seduto e con un gesto della Mano ha materializzato una collana d’oro, chiedendo agli studenti di che materia fosse fatto quell’oggetto. Essi hanno risposto trattarsi di oro ed, a quel punto, Baba, con un nuovo movimento della Mano e cogliendo tutti di sorpresa, ha trasformato quella collana in un anello d’oro. Anche questa volta ha domandato di che materiale quell’anello fosse fatto e gli studenti, all’unisono: "D’oro, Swami!" Allora Swami ha invitato uno studente a salire sul palco e gli ha infilato l’anello al dito. Poi ha ripetuto il movimento circolare con la Mano… ed ecco apparire un’altra collana d’oro. Era davvero uno spettacolo sconvolgente vedere Baba creare la materia con tanta disinvoltura. C'è tuttavia un significato profondo nelle Sue azioni: Baba intendeva dimostrare ciò che aveva già citato nel Discorso, ovvero che lo stesso Principio divino è presente in tutto. Gli ornamenti possono apparire differenti, ma sono tutti fatti dello stesso materiale: l’oro. Allo stesso modo, sebbene i nomi e le forme cambino, l’Âtma, vale a dire il Sé, è presente in ognuno. Dopo di ciò, gli studenti della scuola e dell’università di Baba hanno cantato inni e canti devozionali propiziatori rivolti al Signore Shiva.

Nel pomeriggio due eminenti oratori hanno parlato alla folla nel Sai Kulwant hall. Il primo, shrî S.V. Giri, ex vicerettore del Shrî Sathya Sai Institute of Higher Learning, ha spiegato il significato dei vari Nomi del Signore Shiva che, come si è detto, è Ardhânîshvara, perché entrambi i princìpi, maschile e femminile, sono egualmente presenti in Lui. Questa verità è evidente anche nella vita di Swami, giacché Egli tratta uomini e donne allo stesso modo ed esorta la società a tributare alla donna il dovuto rispetto. L’altro appellativo dato a Shiva, cioè Nîlakantha, è anch'esso riferibile a Baba, poiché, proprio come Shiva inghiottì il veleno halâhala per salvare il mondo dal suo effetto letale, così pure Baba è pronto a sopportare qualunque sofferenza fisica allo scopo di proteggere i Suoi devoti e garantirne il benessere. Dopo shrî S.V. Giri, Swami ha invitato a parlare A.V. Gokak, che ha recentemente assunto l’incarico di vicerettore dello Shrî Sathya Sai Institute of Higher Learning. Gokak ha affermato che il lingam, simbolo di Shiva, rappresenta la Divina Consapevolezza da cui tutto è emerso e in cui tutto, alla fine, si riassorbirà. Egli ha proseguito dicendo che, allo stesso modo, le varie fedi e religioni del mondo trovano compimento ai Piedi di loto di Bhagavân Shrî Sathya Sai Baba ed ha concluso affermando che occorrerebbe abbandonare la ristrettezza mentale e l’intolleranza verso le altre religioni e progredire verso quello stadio finale in cui colui che medita comprende di essere una sola cosa con l’oggetto della meditazione. Dopo il Discorso del pomeriggio, Swami ha dato il via al canto dei bhajan. I canti devozionali sono proseguiti senza interruzione per tutta la notte e sono stati eseguiti dai devoti dei Centri Sai di Bangalore, Delhi e Mumbai, nonché da altri devoti provenienti dai paesi d’oltremare. Il Sai Kulwant hall si è riempito di sacre vibrazioni, frutto dell’espressione di tanta devozione. È stato anche rappresentato l’Ekâdasha Rudra Pârâyana, nel corso del quale il Rudram, il mantra vedico in lode a Shiva, disseminato di strofe tratte dal Chamakam, viene cantato undici volte.

La mattina del 9, alle 6,30, Sai Baba è entrato, per la gioia degli occhi dei presenti, nel Sai Kulwant hall e alle 7 ha accettato l’ârati, ponendo in tal modo fine al canto dei bhajan. Egli ha poi fatto distribuire alla folla il prasadam (il cibo consacrato), costituito di pulihora (riso al tamarindo) e laddu (tipico dolce indiano). Vedere i membri della famiglia Sai, senza distinzione di classe, razza o nazionalità, sedere sotto lo stesso tetto e gustare il prasadam offerto dall’amorevole Madre Sai, scaldava davvero il cuore. Nel pomeriggio, Swami ha tenuto l’ultimo Discorso delle celebrazioni di Shivarâtrî al termine del quale Gli è stato offerto l’ârati.






((D.D. del 8 marzo 2005 – mattino))



Sperimentare l’onnipervadente Consapevolezza Divina

Il Signore del Kailâsa ha manifestato la Sua Forma divina

con la luna crescente che Gli adorna la testa,

la fresca acqua del Gange che scorre attraverso

i Suoi riccioli arruffati, l’occhio splendente in mezzo alla fronte

e il collo color porpora brillante come il luccichio di una mora.

Egli indossa braccialetti di serpenti e una serpe come cintura,

tutto il Suo corpo è cosparso di vibhûti,

la fronte è adorna di un punto di kumkum,

le labbra rosse brillano di succo di betel;

orecchini d’oro tempestati di diamanti pendono dalle Sue orecchie

e tutto il Suo corpo di colore bruno risplende di divino fulgore.


Il "Propizio"

Nessuno sembra aver fatto uno sforzo per comprendere il significato e l’importanza di Shivarâtrî. In effetti, la stessa parola Shivarâtrî rivela il suo significato: Shiva significa "propizio" e râtrî significa "notte". Per questo Shivarâtrî vuol dire "notte propizia". Sorge allora la domanda: "Chi è Shiva?" Shiva non è altro che la Consapevolezza Divina che pervade tutti gli esseri viventi; questo Shivattva (Consapevolezza Divina) permea non solo gli esseri umani, ma anche gli uccelli, le bestie e gli animali. In effetti, ogni momento della nostra vita può esser considerato come Shivarâtrî; non dobbiamo aspettare Shivarâtrî in un giorno particolare dell’anno.


Onnipervadente Consapevolezza

Incarnazioni dell’Amore!

La Consapevolezza di Shiva è onnipervadente. Come possiamo limitarla a un tempo o a un luogo particolari?


Sarvatah pânipâdam tat sarvatokshi shiromukham

sarvatah shrutimalloke sarvamâvritya tishthati

Con mani, piedi, occhi, testa, bocca e orecchie che pervadono ogni cosa,

Egli permea l’intero universo.


Se una volta analizziamo questo aspetto attentamente, apparirà ovvio che tutto ciò di cui siamo testimoni all’intorno è Consapevolezza di Shiva e nient’altro. Shiva non rappresenta una forma particolare con i capelli arruffati e una pelle di tigre; dovunque guardiamo e qualunque forma incontriamo, che sia un bambino o una persona anziana, una donna o un uomo, in ogni forma risplende la Consapevolezza di Shiva. Come potete descrivere l’onnipervadente Consapevolezza di Shiva o limitarla a un momento e un luogo specifici? La gente esegue una forma particolare di danza per rappresentare la Shiva Tândava (la danza Cosmica di Shiva e Pârvatî), ma questa è solo simbolica e non descrive la vera Shiva Tândava. Come si può descrivere la Coscienza Trascendentale di Shiva che le parole non possono descrivere e che la mente non può comprendere?


Il Signore dai tre occhi

Il Signore Shiva è descritto da alcuni come Mukkanti (il Signore dai tre occhi). Tutti noi abbiamo solo due occhi, ma Dio ha anche un terzo occhio. Noi siamo consapevoli solo del passato e del presente, non possiamo visualizzare il futuro; solo Dio può. Il Signore Shiva, che può visualizzare il futuro con il Suo terzo occhio, cioè Jñâna Netra, viene dunque definito come Mukkanti. Persone differenti descrivono Dio in modi differenti; Lo si descrive anche incarnato in varie forme, ma tutte queste descrizioni non riescono a darNe un’idea completa.


Tutto è Shiva

Ognuno descrive Dio e Gli assegna un nome e una forma particolari a seconda della sua immaginazione; Dio, il Senzanome e Senzaforma, è onnipresente e onnipervadente. Egli è Avânmânasagochara (Indescrivibile a parole e Incomprensibile alla mente) e Aprameya (Incommensurabile). Chi può descrivere una tale Divinità? C’è solo un segno distintivo della Divinità e cioè la Consapevolezza. Questa Consapevolezza Divina assume qualunque forma voglia permeare, sia quella di un cane, di un corvo, di una gru o di un essere umano. Îshvarattva può quindi esser descritto come Consapevolezza Divina. Essa permea non solo tutti gli esseri umani, ma anche gli insetti, gli uccelli, le bestie e gli animali. Uno dei Nomi che le vengono attribuiti è Shivattva (Consapevolezza di Shiva); per cui, non è corretto descrivere Shivattva con appellativi come Mukkanti, Trinetra ecc.; Shivattva indica la onnipervadente Consapevolezza Divina. In effetti, tutti i devoti che siedono in questa sala sono Incarnazioni del Signore Shiva.


Sarvam shivamayam

Tutto ciò che percepisci in questo mondo oggettivo è una manifestazione di Shiva.


Essa pervade tutti e tre i mondi cioè la terra, lo spazio e il mondo inferiore; esiste in tutti e tre i periodi di tempo: il passato, il presente e il futuro. È indescrivibile. Qualsiasi periodo di tempo è insufficiente a descrivere Shivattva. Molta gente adora questa onnipresente e onnipervadente Consapevolezza Divina descrivendola con nomi e forme differenti. Proprio come l’onnicomprensivo Amore Divino non fa distinzione tra esseri viventi, anche la Consapevolezza Divina non fa differenze; siamo solo noi che facciamo distinzioni tra persone come mio padre, mia madre, mio fratello, mia sorella ecc., basate sulle nostre relazioni terrene con loro. In effetti, ogni essere vivente è una Incarnazione della Divinità; Dio assume tutti i nomi e tutte le forme. Voi siete Dio.


Episodi divini

Una volta Pârvatî, la consorte del Signore Shiva, Gli chiese: "Come fa la gente a riconoscere la Consapevolezza Divina che si dice sia onnipervadente?" Îshvara rispose che la stessa Consapevolezza che è immanente in Lui permea tutti gli esseri viventi e spiegò anche come la stessa permeasse anche ogni cellula del corpo di Lei. Non la si può spiegare; si può solo sperimentarla.

Una volta Pârvatî non trovava Suo figlio Vinâyaka nonostante Egli fosse molto vicino al Signore Îshvara. Ella cercava Vinâyaka in ogni dove meno che nelle divine vicinanze del Signore Îshvara. Che strano! In egual modo oggi l’uomo cerca Dio dovunque senza sapere che egli stesso è una Incarnazione del Divino Âtma. Il Signore Îshvara non ha mai stirato i Suoi capelli; Egli li ha lasciati nella loro foggia naturale, come riccioli arruffati. I Suoi riccioli arruffati, il Suo terzo occhio e il Suo corpo coperto di cenere sono stati lasciati nella loro situazione e nel loro colore naturali, ma essi appaiono differentemente a persone diverse. Chi può descrivere il colore e lo splendore del corpo del Signore Shiva? Una volta nacque una controversia tra Lakshmî e Pârvatî circa l’apparenza fisica del Signore Îshvara e del Signore Vishnu. Durante la discussione Lakshmî chiese: "Pârvatî! Come hai potuto corteggiare questa strana persona che non tiene pulito il Suo corpo e lo cosparge di cenere residua della cremazione?" Pârvatî si offese e replicò: "Ammâ! Tuo marito Vishnu si adagia sul serpente Shesha ed è di colore blu; perché non correggi i Suoi modi e cerchi di cambiare il colore del Suo corpo?" Mentre stavano discutendo in questo modo, entrò in scena Sarasvatî e cercò di dar Loro un consiglio: "Nella Loro apparenza fisica possono esserci alcune differenze ma, per quanto Mi riguarda, non trovo nessuna differenza tra Loro. Io vedo che la stessa Consapevolezza Divina permea ambedue queste Forme. Voi entrate in polemica perché non riuscite a rendervene conto; dimenticate quindi tutte le differenze esteriori."

Questo tipo di natura trascendentale è immanente solo in Sarasvatî.


La fervida immaginazione dei devoti

Tutte queste differenze nella forma fisica sono solo nella mente degli esseri umani, ma Dio è privo di attributi. Sono i devoti ad assegnare a Dio nomi, forme e attributi differenti; basandosi sulla loro immaginazione, essi dipingono Dio in varie forme come il grande artista Ravi Varma1. Dio assume la forma che voi pensate. La gente descrive la forma di Dio come Rudra (il "Fiammeggiante", aspetto terrifico di Shiva) e Shântisvarûpa (Incarnazione della Pace), ma Dio è sempre soltanto Shântisvarûpa; Egli è sempre amabile e sorridente. Immaginare una tale Incarnazione della Pace in forma diversa è solo opera del devoto; se proprio esistono tali illusioni occorre liberarsene.


Dio non ha attributi

Bisogna raggiungere la Divinità coltivando amore per Dio; è solo l’amore che può legarLo. L’Unità di Dio deve essere realizzata attraverso tale Amore divino. Se Dio, che è privo di attributi, deve essere descritto, la descrizione sarà:


Ekam nityam vimalam achalam sarvadhî sâkshibhûtam bhâvâtîtam trigunarahitam

L’Uno senza secondo, l’Eterno, il Puro, l’Immutabile, l’Intelligenza onnipervadente

che tutto attiva, il Testimone di ogni cosa, al di là dell’immaginazione,

al di là dei tre guna: sattva, rajas e tamas.


Noi attribuiamo differenze a un tale Dio privo di attributi e ne siamo contenti. Ciò non è corretto. L’Unità di Dio deve essere compresa. A questo riguardo non deve esserci confusione, anche se poeti e artisti come Ravi Varma hanno rappresentato Dio in forme differenti dando espressione alla loro capacità immaginativa. Quali che siano le forme o i ritratti concepiti da poeti e artisti, Dio è solo Uno. Per esempio il Signore Vinâyaka appare sempre lo Stesso, dovunque lo vediate; Egli non ha attributi di sorta. Ganapati è Colui che non ha attributi. Egli non ha alcun capo al di sopra di Sé; è per questo che è chiamato Vinâyaka. Se fate un’analisi, [scoprirete che] ogni nome assegnato a Dio vi rivela un significato. Dato che non ha alcun capo al di sopra di Sé, anche Brahmâ, Vishnu e Maheshvara Lo adorano.


Adorare Dio come tale

Incarnazioni dell’Amore!

Oggi la gente esaspera le differenze tra gli esseri umani attribuendo nomi e forme differenti a Dio che è senza nome, senza forma e senza attributi. Questo è un grave errore. La Divinità viene divisa dai devoti; l’Unità di Dio non viene compresa, con il conseguente risultato di futili argomentazioni e confutazioni. Che sia Râma, Krishna, Îshvara o Vishnu, questi sono solo nomi diversi assegnati a Dio dai devoti, ma Dio è solo Uno. Questi nomi vengono assegnati a Dio solo per la nostra soddisfazione; nella Divinità, invece, non alberga alcuna differenza! La migliore sâdhanâ sarebbe realizzare l’unità nella Divinità e adorare Dio come tale. Voi potete comunque adorare Dio nella forma che preferite, a questo non si può fare obiezione, ma l’unità che sottende alle differenti forme e ai diversi nomi non dovrebbe essere mai dimenticata. Pensare che il Signore Râma possa essere arrabbiato se voi adorate il Signore Krishna e viceversa è una concezione erronea; tali differenze possono essere sentite dai devoti, ma non esistono nel Signore Râma e nel Signore Krishna. Dio non nutre tali sentimenti negativi; solo negli esseri umani esistono differenze e sentimenti negativi. In effetti non c’è alcuna possibilità che i sentimenti negativi coinvolgano il Divino: Egli è soltanto totalmente positivo.


Devozione unidirezionale

Cari studenti!

Non attribuite a Dio alcuna differenza o sentimento negativo. Voi potete adorare Dio in qualsiasi forma e nome vi piaccia. Nel caso troviate una qualunque differenza nel Divino, l’errore è imputabile ai vostri sentimenti negativi e non a Dio. Adorate quindi Dio con devozione unidirezionale.


Prashânti Nilayam, 8 marzo 2005 (mattino),

Sai Kulwant Hall,

Celebrazioni di Mahâshivarâtrî

(Tradotto dal testo inglese pubblicato sul sito internet dello Shrî Sathya Sai Central Trust di Prashânti Nilayam http://www.sssbpt.org/)




Râja Ravi Varma (1848-1906), il pittore del Kerala più celebrato, fu l’iniziatore del particolare stile romantico che ancora oggi è usato nei cartelloni pubblicitari cinematografici. Appartenente alla famiglia reale di Travancore, fu ritrattista apprezzato sia dagli Inglesi sia dall’alta società indiana e creatore di opere "storiche" dedicate ai grandi classici del passato e della tradizione, in uno stile che è una sintesi perfetta di illusionismo occidentale e di lussureggiante India del sud.

((DD dell’8 marzo 2005 – pomeriggio))

Figli dell’immortalità

"In questa terra di Bhârat, immensamente sacra, la tolleranza

è qualità dominante del nostro carattere.

Di tutte le promesse religiose, la più grande

è l’aderenza alla Verità, così difficile da praticare.

In questa terra di Bhârat, il sentimento più dolce e più rispettabile

è quello verso la madre.

Gettando alle fiamme la struttura morale del nostro Paese,

che decreta il rispetto di sé come più importante della propria stessa vita,

alla gente è stato dato il pugnale della libertà sfrenata,

a imitazione del modo di vivere occidentale.

Ahimè! Che cosa posso dire dei governanti di questa terra di Bhârat?

I Bhâratîya di oggi sono proprio come l’elefante,

che non è cosciente della propria forza."

Incarnazioni dell’Amore!

Finora, nessuno è stato capace di comprendere l’unicità, la grandezza e la santità di questa sacra terra di Bhârat; la sua cultura è più nobile e più santa di tutte le altre. Questa cultura unica pervade uniformemente il microcosmo e il macrocosmo. Sfortunatamente, al giorno d’oggi, i Bhâratîya l’hanno dimenticata e praticano la cultura altrui.


L’importanza di recuperare i Valori Umani

I grandi Valori Umani di Satya (Verità) e Dharma (Rettitudine) sono in declino in questa santa terra di Bhârat. Fino a ora, comunque e fortunatamente, nessuno è stato capace di sradicarli. Non esiste niente di più sacro della Verità e della Rettitudine; esse sono, per l’essere umano, come i due occhi. Sfortunatamente, le persone vanno oggi perdendo l’uso di questi due occhi, diventando conseguentemente cieche. Nonostante gli studenti dei tempi attuali cerchino una educazione elevata e acquisiscano diplomi, stanno perdendo di vista tali grandi Valori Umani. Invece di favorire una cultura così sacra e nobile e condurre la vita in accordo con i princìpi che essa propugna, la gente spreca il proprio tempo in vane ricerche. È solo la pratica dei grandi Valori Umani di Satya (Verità), Dharma (Rettitudine), Shânti (Pace) e Prema (Amore) che ha fatto del paese di Bhârat il grande condottiero spirituale del mondo intero. Solo quando li promuoviamo abbiamo il diritto di esser chiamati Bhâratîya nel vero senso della parola; perdere di vista anche uno di questi valori ci toglie il diritto al grande nome di Bhâratîya. Vero tyâga (sacrificio) è condurre la vita praticando costantemente questi Valori Umani nel proprio viver quotidiano. La nostra vita deve essere un continuo viaggio da Satya a Prema nella successione di Satya, Dharma, Shânti e Prema. Tali valori devono penetrare nel nucleo del nostro cuore e fluire in ogni cellula del nostro corpo.


L’intera creazione proviene dalla Verità;

nella Verità tutta la creazione si riassorbirà.

C’è un posto in questo universo in cui la grandezza della Verità non sia percepita?

L’intero universo è una manifestazione della Pura Consapevolezza;

riconoscete questa realtà.


Il vero significato di Satya e Dharma

Dal momento in cui un essere umano nasce dal ventre di sua madre, sono la Verità e la Rettitudine a sostenerlo e allevarlo. Le donne di Bhârat hanno sopportato molte dure prove per sostenere questi grandi Valori assieme ai loro compiti domestici e altri impegni pesanti. Ciononostante, esse li hanno sempre insegnati ai loro figli. Swami conosce molto bene quanta sofferenza i genitori di questi figli sopportino nel tirarli su; ciò che oggi si chiede agli studenti di acquisire non è l’istruzione e gli importanti titoli di studio, ma l’essenza della Verità e della Rettitudine. Si deve comprendere il vero significato di Satya e Dharma. La parola "Satya" consiste di tre lettere: "Sa", "Ta" e "Ya". La lettera "Sa" rappresenta la qualità Satvica, "Ta" la qualità di Tyâga (il Sacrificio) e "Ya" le qualità di Yama e Niyama (il controllo dei sensi interni ed esterni). Quindi, la parola "Satya" significa promuovere la qualità Satvica con spirito di sacrificio mantenendo il controllo dei sensi. Sfortunatamente, oggi stiamo perdendo di vista questi grandi Valori Umani che formarono il nucleo della cultura dei Bhâratîya. L’uomo d’oggi non sa che cosa siano Satya e Dharma. Dharma è interpretato come "dovere"; questa interpretazione non è corretta: è solo una traduzione inglese espressa in modo alquanto inadeguato! La vera interpretazione di Dharma è Dhârayati iti dharmah, "ciò che sostiene è il Dharma". Esso sostiene la vita umana. Satya (la Verità) emerge da Hridaya nabhi (la regione del cuore) di un essere umano, per cui un uomo che conduce la vita secondo Satya e Dharma diventerà santo. I Pândava e Draupadî vissero nobilmente seguendo Satya e Dharma. Tutte le vostre presenti difficoltà e umiliazioni sono dovute al fatto che non aderite al Dharma.


Mârkandeya, ovvero l’obbedienza assoluta a Dio

Si dovrebbe obbedire al Comando divino con fede totale e senza alcuna contestazione. Mârkandeya nacque in seguito a un dono di Îshvara ai suoi genitori. Îshvara chiese loro se preferissero un figlio virtuoso con una vita breve o un figlio non molto virtuoso, ma che vivesse a lungo. Essi optarono per un figlio virtuoso, ragion per cui nacque Mârkandeya che aveva buoni pensieri, buoni atteggiamenti e buona condotta. Îshvara informò i suoi genitori che egli sarebbe vissuto solo sedici anni; ciononostante, i genitori furono felici di esser stati benedetti con un figlio virtuoso. Gli anni passarono e Mârkandeya entrò nel sedicesimo anno. I suoi genitori furono affranti dal dolore nel ricordare le parole di Îshvara; sua madre piangeva spesso al pensiero della morte imminente del figlio. Mârkandeya non riusciva a comprendere la causa del suo dolore e si chiedeva perché ella piangesse. Un giorno trovò i suoi genitori distrutti dal dolore; dietro sua richiesta essi rivelarono che la sua morte era molto vicina come deciso dal Divino e che questa era la causa del loro dolore. Il giovane fu dispiaciuto del fatto che il Volere di Îshvara non gli fosse stato rivelato sino allora, perché per questo egli aveva sprecato il tempo prezioso che gli era stato concesso. Non volle dunque perdere altro tempo: fece un bagno di primo mattino, andò al tempio di Îshvara, cominciò a recitare Namah Shivâya, il sacro mantra pañchâshari (di cinque sillabe) dedicato a Shiva, con totale sincerità e devozione e si perse nella Sua contemplazione. Egli non si aspettava alcuna ricompensa per le sue preghiere e considerava la contemplazione di Dio come suo dovere primario. Il giorno seguente era previsto fosse l’ultimo del suo soggiorno terreno, per cui egli rimase nel tempio; i suoi genitori, non avendolo visto tornare a casa, andarono al tempio e sedettero all’ingresso piangendo al pensiero della imminente fine della vita di Mârkandeya. Come deciso dal Signore, egli lasciò le sue spoglie mortali nel momento in cui compì il sedicesimo anno. I suoi genitori erano affranti. Appena Mârkandeya ebbe lasciato il suo corpo mortale nel mondo esteriore, il suo jîva (spirito) raggiunse il Signore Shiva nel mondo divino. Il Signore era estremamente compiaciuto della sincera devozione di Mârkandeya e disse: "Mârkandeya! Il giorno odierno segna il compimento del tuo sedicesimo anno; tu sei venuto a Me serenamente, ti sei inchinato al Mio Volere con fede e obbedienza incondizionate. Sono soddisfatto della tua devozione." Mentre Îshvara parlava a Mârkandeya in questo modo, Madre Pârvatî intervenne dicendo: "O Signore! Visto che egli ha obbedito al Tuo Comando senza alcuna riserva, perché non lo rimandi ai suoi genitori?" Îshvara volle che Pârvatî Lo coadiuvasse e insieme ridiedero vita al corpo di Mârkandeya. Quando i genitori notarono qualche movimento nel corpo del ragazzo, la loro gioia non conobbe limiti. Egli si alzò e disse: "Miei cari madre e padre, il Signore Îshvara e Madre Pârvatî mi hanno riportato in vita."

È solo Dio a poter salvaguardare la vita di un essere umano. Alcuni medici dichiarano di poter dare buone medicine o compiere operazioni chirurgiche per salvare la vita di una persona; essi fanno numerose promesse in questo senso, ma falliscono. A parte Dio, nessuno può salvare o prolungare la vita di una persona; solo Lui può interferire con la legge del karma. Con la grazia di Dio si può ottenere qualunque cosa in questo mondo.

Cari studenti!

Voi dovete sforzarvi di ottenere la grazia di Dio fin dalla vostra fanciullezza; se pregate per la Sua grazia e vi sforzate di ottenerla, Egli vi proteggerà.


La sacra danza del Nome

Incarnazioni dell’Amore!

Oggi è il santo giorno di Shivarâtrî. Shiva significa "buon auspicio"; quando c’è Shiva non può esserci shava (cattivo auspicio, malaugurio). Bisogna trascorrere questo santo giorno di Shivarâtrî nella costante contemplazione di Dio, recitando il sacro Nome di Shiva dalle prime ore del mattino fino a che non si va a letto. Il Nome di Dio deve danzare sulla vostra lingua. La Divinità è eterna; non La si può ottenere tanto facilmente. Nonostante si siano date alcune vaghe definizioni, come eterno, immutabile ecc., nessuno è stato finora in grado di spiegare il Divino. La corretta definizione della Divinità dovrebbe essere:


Ekam nityam vimalam achalam sarvadhî

sâkshibhûtam bhâvâtîtam, trigunarahitam

L’Uno senza secondo, l’Eterno, il Puro, l’Immutabile,

l’Intelligenza onnipervadente che tutto attiva, il Testimone di ogni cosa,

al di là dell’immaginazione, al di là dei tre guna: sattva, rajas e tamas.


Uno dei Nomi attribuiti al Signore Shiva è Mrityunjaya, che significa "Colui che ha trasceso la morte". Questo da un punto di vista terreno ma, se si vuole afferrare la vera ed eterna natura della Divinità, occorre comprendere la relazione tra il Signore Shiva e Madre Pârvatî.


Un Nome da scegliere

Una volta c’era una piccola divergenza di opinione tra di Loro circa il Nome [più] appropriato da dare al Loro Bambino. Pârvatî voleva chiamarLo con un Nome particolare scelto tra i numerosi del Signore Shiva mentre quest’ultimo scelse di chiamare il Bambino Amritaputra (figlio dell’immortalità). In effetti, ogni essere umano è Amritaputra; anche le Upanishad lo definiscono tale e rivelano la vera identità degli esseri umani rivolgendosi ad essi nel seguente modo:


Shrunvantu vishve amritasya putrâh

"Ascoltate, oh voi tutti figli dell’immortalità!"


Cari devoti e studenti!

Anche voi siete Amritaputra e non anritaputra (figli dell’immortalità e non della falsità). Colui che è un Amritaputra non è toccato da alterazione o morte e voi siete effettivamente le Incarnazioni dell’Immutabile Eterno Principio. Una volta Madre Pârvatî stava addormentando il piccolo Ganapati dondolando la culla e cantando una ninnananna: "O Amritaputra! Dormi, Mio caro, dormi. Se Tu stai sveglio, tutto il mondo starà sveglio." Lakshmîdevî, la Consorte del Signore Vishnu, si avvicinò e assistette alla scena. Ella pensò che quella fosse una ninnananna piuttosto strana, per cui chiese quale fosse il Nome del Bambino e Pârvatî Le disse che il Suo Nome era Amritaputra. Lakshmîdevî chiese altresì dove quel Nome fosse stato preso e Pârvatî rispose che era stato il Signore Shiva ad averlo attribuito al Piccolo. Colui che discende da Îshvarattva (il Principio di Îshvara, o Shiva) è Îshvara Stesso.


Amritaputra, non anritaputra

Incarnazioni dell’Amore!

Voi non leggete i sacri testi antichi; a meno che non li leggiate, non potrete comprendere ciò che è in relazione con voi.

Cari studenti!

Voi siete tutti Amritaputra e, naturalmente, la gente si aspetta che viviate coerentemente con questo grande Nome. In effetti, nel nostro Paese, i nomi dati ai bambini dagli anziani hanno significato e importanza rilevanti: essi non vengono dati casualmente o per gioco. Al fine di comprendere il significato recondito e la santità di questi nomi, dobbiamo leggere i sacri testi come i Purâna. Incapaci di comprendere l’eterna realtà dei valori di Satya e Dharma, noi percorriamo strade sbagliate. Ripetiamo semplicemente le parole Satya, Dharma, Shânti e Prema come pappagalli, ma non facciamo alcuno sforzo per comprendere le effettive implicazioni e il significato di questi grandi Valori Umani. Tutti voi siete Amritaputra, non anritaputra (figli della falsità, della non verità).


Cari studenti!

Cercate di comprendere la vera natura ed il significato dei nomi. È un fatto che nessuno abbia mai visto il Signore Îshvara in Persona; la gente Lo chiama Kailâsavâsi (il Signore che risiede nel Kailâsa). Dov’è il Kailâsa? È solo quando meditate su di Lui nel silenzio profondo che potete visualizzare il Signore Îshvara nel Kailâsa. Quindi si deve praticare mauna (il silenzio); questo silenzio implica totale quiete dei pensieri e delle parole.


Incarnazioni dell’Amore!

Voi siete tutti Amritaputra; rimanete quindi costantemente [immersi] in questa consapevolezza e proclamate di essere degli Amritaputra. Qualunque nome vi sia stato dato, premettete Amritaputra a quel nome. Considerare voi stessi anritaputra è un grave errore ed una denominazione errata. Realizzate quindi la vostra vera natura e chiamate voi stessi Amritaputra.

(Baba conclude il Discorso con il bhajan: "Prema Mudita Manase Kaho…")

Prashânti Nilayam, 8 marzo 2005 (pomeriggio),

Sai Kulwant Hall,

Celebrazioni di Mahâshivarâtrî