“Né lo studio dei Veda e dei Vedânga né lo studio di altre Scritture può lacerare il velo di mâyâ, l’illusione,
che separa l’anima individuale da Dio. L’individuo è su un lato del velo di mâyâ e Dio sull’altro.
L’azione è da una parte, la causa dall’altra.”
Ragazzi e ragazze!
La gente pensa che, per gioventù, si intenda giovani uomini e giovani donne ma non è così. Il termine ‘gioventù’ denota certe caratteristiche. Le qualità peculiari dei giovani sono la purezza, la sacralità e il coraggio. Oggigiorno, tuttavia, i giovani vengono generalmente associati con arisadvarga (i sei nemici interiori), vale a dire kâma (il desiderio), krodha (l’ira), moha (l’attaccamento), lobha (l’avidità), mada (l’orgoglio) e mâtsarya (la gelosia).I giovani dovrebbero comprendere il potere dei sensi e farne uso adeguato, dovrebbero possedere coraggio e forza di carattere e usare un linguaggio ed un comportamento appropriati. I giovani dovrebbero vivere il satsanga. La gente crede che satsanga significhi stare in compagnia di gente buona ma non è così. Sat significa ‘Verità’ la quale è immutabile in tutte e tre le dimensioni del tempo. Essa è presente, in modo uniforme, nei trikâla (le tre dimensioni del tempo), nei triloka (i tre mondi) e nei triguna (i tre attributi, ovvero tamas, rajas e sattva).
Sat (la Verità) è altamente sacra; Essa dà felicità in tutte e tre le dimensioni del tempo. Vivere in compagnia di Sat è vero satsanga ed è davvero indispensabile per sviluppare un buon carattere. Manu, che per primo codificò il Dharmashâstra (trattato sul Dharma) e lo trasmise al mondo, mise in particolare rilievo l’importanza del satsanga. I tre princìpi basilari del suo insegnamento sono:
bhadram pashantu (vedete il bene); bhadram shrunvantu (ascoltate il bene); bhadram kurvantu (fate il bene).
Essi sono ideali sommamente importanti per i giovani. Se poi svolgiamo un’indagine approfondita della Verità, comprenderemo che questi tre princìpi sono necessari non solo per i giovani ma per tutti quanti. Non dovete pensare che sia difficile praticare questi ideali, non lo è affatto. Mettere in pratica qualità nobili è il più facile dei sentieri; noi lo troviamo difficile perché non usiamo il giusto approccio. Per prima cosa, dovreste alimentare la retta visione, il retto ascolto e il retto agire.
I vostri occhi dovrebbero essere colmi di compassione e le vostre parole suonare dolci come miele;
il vostro volto avere un aspetto sorridentee il vostro cuore esser traboccante di sentimenti dolcissimi, tanto da arrecare gioia a tutti.
Studenti!
Il Dharmashâstra proposto da Manu è molto importante per l’uomo. Ciò che è ora chiamato ‘legge’ si basa sul Dharmashâstra di Manu. Oggi, però, la legge non viene messa in pratica. L’uomo dovrebbe essere sempre sorridente: solo in tal caso potrebbe irradiare pace sugli altri. Il sorriso aggiunge bellezza all’essere autentiche creature umane. La sacralità è una qualità essenziale dell’essere umano ma quand’è che egli diventa ‘sacro’? Lo diventa allorché, nella vita, mette in pratica i valori umani. L’uomo perde la propria sacralità se manca di valori umani; deve, pertanto, concretizzarli. L’uomo che è privo di valori umani non è un essere umano ma un demone a tutti gli effetti. Supponiamo che, camminando per strada, vi imbattiate in un vostro nemico: se lo guardate come tale, fate aumentare in lui l’odio e potrebbe verificarsi una baruffa fra di voi, proprio lì sulla strada stessa; se invece, con un viso sorridente, lo salutate così “Ciao, amico mio!”, anch’egli vi ricambierà nello stesso modo e l’odio fra di voi svanirà. Potete sviluppare l’amicizia solo parlando in maniera amorevole. Attraverso le buone parole, potete sviluppare l’unità fra i giovani e diffondere ovunque felicità. Ci sono tre fasi nel cammino verso l’autorealizzazione: io sono nella Luce, la Luce è in me, io sono la Luce. Quando comprenderete che voi siete la Luce, troverete Luce ovunque. Potrete raggiungere questo stadio finale attraverso la devozione e l'abbandono. Quando si pone la domanda ‘dov’è Dio?’, alcuni dicono: “È nel mio cuore.” Non è la risposta esatta. (Mostrando il proprio fazzoletto, Swami afferma: N.d.T.) Dov’è questo fazzoletto? È nella Mia mano. Perciò la Mia mano è più grande del fazzoletto. Allo stesso modo, quando affermate che Dio è nel vostro cuore, significa che siete superiori a Dio. Quindi, non dite che Dio è in voi ma che voi siete in Dio. Una volta compresa questa verità, svilupperete spontaneamente umiltà e devozione ed a quel punto il sentimento di odio verrà completamente sradicato. L’autoindagine può portare l’uomo alla beatitudine. Come ho detto stamani, l’ira è la causa prima dell’odio. L’amore non potrà crescere in voi finché e a meno che non sradichiate l’ira.
Chi si fa dominare dalla collera non sarà vittorioso in nessuna impresa, commetterà dei peccati e sarà schernito da tutti.
Anche i suoi parenti lo abbandoneranno e perderà l’altrui rispetto e i propri averi. L’ira lo porterà alla completa rovina.
Pertanto, non date spazio alla collera. Una volta che essa sarà entrata nel vostro cuore, attirerà tutte le altre qualità malvagie. Riempitevi il cuore d’amore: allora l’odio e l’ira non potranno avvicinarsi a voi. A causa dell’impatto del Kali Yuga (l’era delle tenebre), l’ira, l’ego e la gelosia sono in crescita fra i giovani odierni; di conseguenza, viene totalmente dimenticata la propria natura di esseri umani.
Incarnazioni dell’Amore!
Fate sì che l’amore permei ogni goccia del vostro sangue. Rifuggite da tutte le qualità negative. Le Upanishad dichiarano: “Tat tvam asi” (Tu Quello sei). ‘Tat’ indica il principio trascendentale della Divinità e vi si fa riferimento con la parola ‘Quello’ perché tale principio è al di là dei sensi. ‘Tvam’ corrisponde all’individuo, all’‘io’. Pertanto, ‘Tat tvam asi’ indica ‘tu sei Quello’. Il Vedânta tratta principalmente due aspetti: ‘Quello’ e ‘questo’. ‘Quello’ è oltre i sensi e ‘questo’ rientra nella loro sfera. Voi non siete ‘questo’: siete ‘Quello’. Dovete comprendere e sperimentare questa verità. Giacché ‘Quello’ trascende i sensi, voi siete incapaci di afferrarNe la forma. ‘Tvam’ è vicino a voi per cui potete chiaramente visualizzarne la forma. Per poter visualizzare chiaramente ‘Tat’ dovete trasformarlo in ‘Tvam’. Solo a quel punto potrete affermare: “Io sono Io.” Supponiamo che vediate da lontano una corda mentre camminate su una strada: la vostra mente si chiederà che cosa sia, in realtà, ‘quel’ dato oggetto. Poiché si trova a una certa distanza da voi, lo scambiate per un serpente. Nel momento in cui vi avvicinate ad esso e lo illuminate col fascio di luce di una torcia, capirete che ‘questo’ è una corda, non un serpente. Fintantoché la corda è lontana (‘Quello’), voi nutrite dei dubbi. Allorché vi avvicinate e vedete (‘questo’), il dubbio è chiarito. Quando scambiate la corda per il serpente siete invasi dalla paura; quando vi avvicinate e avete la possibilità di constatare, il timore svanisce. Qual è la causa della paura nell’uomo? Egli pensa che il Divino sia lontano da lui e nutre dubbi circa la Sua forma reale. In primo luogo avvicinatevi al Divino: sarete, allora, liberi da ogni timore. Questo è l’insegnamento delle Upanishad. ‘Upa’ significa ‘vicino’, ‘ni’ vuol dire ‘sotto’, ‘sad’ significa ‘sedersi’. Quindi le Upanishad vi conducono più vicini a Dio. Una volta avvicinati a Dio, potrete visualizzare la Sua vera forma. Le Upanishad testimoniano la vicinanza del Divino. Ovunque siate, dovreste pensare di essere vicini a Dio. Non è tuttavia sufficiente che siate vicini a Dio: dovreste anche esserGli cari. Quando avrete maturato la vicinanza a Dio e l’esserGli cari, sarete liberi dalla paura.
Studenti!
Gli insegnamenti delle Upanishad e del Dharmashâstra di Manu sono molto profondi; solo con una minuziosa indagine sarete in grado di comprendere il loro significato. Tutto il vostro essere è divino ma voi siete incapaci di capire la divinità latente nell’umanità. Voi studiate numerosi libri e acquisite vari tipi di istruzione. Siete in grado di conoscere tutto eccetto voi stessi. Una volta Nârada incontrò Sanatkumâra e gli chiese di accordargli la conoscenza del Sé. Sanatkumâra domandò: “Che cosa ti fa pensare di essere idoneo ad acquisire la conoscenza del Sé?” Nârada rispose di aver perfetta padronanza dei quattro Veda e delle sei Shâstra. Allora Sanatkumâra disse: “Nârada, a che serve studiare i Veda e le Scritture se non si mette in pratica ciò che vi è scritto? Se tu hai posto in essere quello che hai da essi imparato, avrai sicuramente acquisito la conoscenza del Sé.” Fu in questo modo che Sanatkumâra impartì un grande insegnamento a Nârada. Tutto il vostro studio dei Veda e delle Scritture, tutte le vostre visite ai centri di pellegrinaggio avranno scarsa utilità se non conoscerete il vostro vero Sé. Invece di chiedere agli altri “Chi sei tu?” domandate prima a voi stessi “Chi sono io?” Chi sono io? Io sono Sai Baba. Una volta che avrete saputo chi siete, conoscerete anche tutto ciò che riguarda gli altri. Il Signore Krishna disse: “Mamaivâmsho jîvaloke jîvabhûta sanâtanah” (l’eterno Âtma presente in tutti gli esseri è parte di Me Stesso). Ogni essere è un riflesso del Divino. L’oggetto e il suo riflesso non differiscono l’uno dall’altro. Quando comprenderete questa unità, non sarete ingannati dalla molteplicità. Bisognerebbe vedere l’unità nella diversità ma l’uomo d’oggi fa esattamente il contrario. Si sente orgoglioso della sua intelligenza e cerca di mettere in mostra le proprie capacità intellettive; di conseguenza diventa egocentrico e l’ego gli rovina letteralmente la vita.
Incarnazioni dell’Amore!
Per prima cosa, conoscete voi stessi. Quando avrete conosciuto voi stessi, avrete conosciuto tutto il resto. È davvero essenziale che i giovani comprendano questa verità. Non ci si può far chiamare ‘giovani’ in base all’età e alla forza fisica. Chi è un giovane? È colui che è dotato di amore, verità e beatitudine. Quando avrete realizzato il vostro vero Sé, sarete colmi di beatitudine e, a quel punto, sarete liberi da ogni preoccupazione. Se mancate di beatitudine e siete tormentati dalle preoccupazioni, significa solo che non sapete chi, in realtà, siete. Voi siete il riflesso di Dio. Tutto ciò che vedete Ne è il riflesso; tutto ciò che udite, la risonanza; tutto ciò che sperimentate, la reazione. Stando così le cose, perché dovreste preoccuparvi? Una volta, un pastorello portò alcune mucche a pascolare su di una vicina collina. Mentre le mucche stavano mangiando, egli intonò una canzone. Udì allora l’eco della propria voce e rimase perplesso: pensò che un’altra persona stesse cercando di imitarlo e di prendersi gioco di lui. Andò allora su tutte le furie e gridò: “Chi sei? Perché canti la stessa canzone che canto io?” Immediatamente udì l’eco di tutto ciò che aveva detto. Si sentiva umiliato e voleva conoscere la persona che gli stava facendo il verso e che lo stava offendendo. La sera, quando fu di ritorno a casa, narrò tutto l’accaduto alla madre. Il giorno seguente, ella lo accompagnò sulla collina e gli chiese di cantare nuovamente: ancora una volta si udì l’eco. La donna sorrise ed esclamò: “Figliolo, ciò che senti è l’eco della tua canzone che proviene dalle colline!” Il ragazzo era stupefatto: fino allora aveva ignorato l’esistenza di tale fenomeno. In seguito non si adirò più quando, fra le colline, udiva l’eco della canzone che stava cantando poiché sapeva trattarsi semplicemente di una risonanza. Il fatto che l’uomo non conosca la Verità è, in lui, causa di ira, odio e gelosia. Egli non nutrirà più tali sentimenti verso gli altri quando comprenderà che il mondo intero non è che una risonanza e un riflesso dei suoi sentimenti. Il santo Tyâgarâja così cantava: “Telisi râma cintana ceyave manasa.” (O mente! Conosci la Verità e medita sul Signore Râma). Non ha senso cantare il nome di Râma senza comprenderne l’efficacia. Ciò che udite all’esterno non è che la risonanza di ciò che pronunciate: non proviene da qualche altro luogo. Mentre vi parlo, voi tutti potete udire la Mia voce. Se Io non vi parlassi, come potrebbe esserci una risonanza? La reazione, il riflesso e la risonanza provengono da dentro. La felicità e il dolore nascono dall’interno. Noi stessi siamo la causa del nostro dolore: nessun altro può trasmettercelo, non lo prenderemo su di noi se altri vorranno darcelo. Esso proviene da dentro. Qualunque cosa sperimentiate esternamente non è che una vostra reazione, un vostro riflesso, una vostra risonanza. Quando comprenderete questa verità e vi comporterete di conseguenza, vi colmerete di beatitudine. Se volete affermare il principio della Divinità, cercate di comprendere chi siete. Ogni uomo è nato con tre diversi debiti: daiva runam (il debito verso Dio), rishi runam (il debito verso i saggi) e pitru runam (il debito verso i genitori). Dovete compiere azioni nobili per poter ripagare il debito verso Dio. Il Divino permea tutte le membra del vostro corpo; Egli è presente in ogni atomo e in ogni cellula del vostro corpo sotto forma di rasa (essenza). Ecco perché Dio viene lodato nel modo seguente:
Angirasa namah
Mi inchino rispettosamente a Colui che tutto pervade in forma di essenza.
Nello stato di veglia, voi pensate di proteggere il vostro corpo; ma chi lo custodisce mentre dormite? Non altri che Dio. Egli permea il vostro corpo da cima a fondo sotto forma di rasa (essenza) e vi protegge in tutti e tre gli stati dell’esistenza: jâgrat, svapna e sushupti (veglia, sogno e sonno profondo). Stando così le cose, non è forse vostro dovere essere grati a Dio? Per esprimerGli gratitudine dovreste fare satsanga, sviluppare sentimenti nobili e compiere azioni sacre. Dato che Dio vi protegge in ogni momento, è vostro precipuo dovere estinguere il debito che avete verso di Lui. Quando avete un comportamento nobile e, nella società, aiutate gli altri, voi pagate il vostro debito a Dio. L’altro debito che dovete estinguere è quello verso i saggi che compilarono i Veda, le Shâstra, l’Itihâsa e i Purâna (Scritture, poemi epici e mitologie). Essi compresero la natura del Divino e la diffusero nel mondo. Potete pagare il vostro debito verso di loro mettendo in pratica i loro insegnamenti. Il terzo debito è quello verso i vostri genitori. Vostra madre vi porta in grembo per nove mesi e si prende cura di voi con amore e premura. Vostro padre provvede a fornirvi cibo, vestiario e istruzione. Ecco perché le nostre Scritture lodano la madre e il padre come fossero Dio.
Mâtru devo bhava pitru devo bhava
Considerate vostra madre e vostro padre come Dio.
È vostro precipuo dovere esprimere gratitudine ai vostri genitori. Una volta che avrete estinto questi tre debiti raggiungerete la dimora celeste della Trinità, Brahmâ, Vishnu e Maheshvara (Shiva). I giovani odierni, tuttavia, non hanno rispetto verso i loro genitori. Neppure con la propria madre, che li ha messi al mondo e li ha allevati con amore e sacrificio, essi parlano amorevolmente.
Studenti!
Potete studiare adeguatamente, farvi un nome ed ottenere una buona reputazione nella società ma non dovete mai dimenticare che tutto ciò lo dovete ai vostri genitori. Chi non porta rispetto ai genitori e non manifesta loro gratitudine commette un grave peccato ed un tradimento. Madre, padre, maestro e Dio: questo è l’ordine prioritario dato dagli antichi. Alla madre è assegnata la posizione più elevata perché è nel suo grembo che il bambino apprende le prime lezioni. Madre Kaushalyâ guadagnò grande stima poiché diede i natali al Signore Râma e Lo crebbe in modo esemplare. A tal riguardo, il santo Tyâgarâja così cantò:
“O Râma! Quali grandi penitenze compì madre Kaushalyâ per meritare la grande fortuna
di baciare amorevolmentela Tua luminosa e morbida guancetta?
Quali grandi penitenze compì il re Dasharatha per guadagnare il diritto di rivolgersi affettuosamente e Te chiamandoti ‘figlio’?”
Le personalità divine nascono da tali nobili genitori solo come risultato delle grandi penitenze che questi ultimi hanno compiuto. Il Santo Tyâgarâja descrisse diffusamente la grande fortuna di madre Kaushalyâ e di re Dasharatha. Le donne simboleggiano, in generale, l’amore e la devozione. Nel palazzo di Dio, esse hanno il diritto di entrare nell’antahpura (le sale interne) mentre gli uomini hanno accesso solo al Durbar Hall (le sale esterne). Ciò significa che coloro che sono colmi di devozione e senso di abbandono si avvicinano di più al Divino.
Incarnazioni dell’Amore!
Riempitevi il cuore di devozione e senso di abbandono. Meditate ogni momento sul Nome di Dio sia che siate felici sia che stiate soffrendo: sarete allora inattaccabili dalle preoccupazioni. Non abbiate mai fretta.
La fretta crea spreco; lo spreco genera ansia.
Quindi, non abbiate fretta.
Comprendete che Dio è ovunque: Egli è in voi, con voi, intorno a voi, sopra di voi e sotto di voi. Non esiste luogo senza Dio.
Sarvatah pâni pâdam tat sarvatokshi shiro mukham sarvatah shrutimalloke sarvam âvritya tishthati
Con mani, piedi, occhi, testa, bocca e orecchie che tutto pervadono, Egli permea l’intero universo.
Quando affermo che Dio è ovunque, voi potreste chiedere: “Dov’è? IndicameLo!” Sì, Io sono pronto a mostrarveLo ma voi avete occhi per vederLo? Avete la lingua per porre la domanda ma non gli occhi per vedere. Intendo gli occhi della saggezza, non gli occhi fisici. Anche gli uccelli e gli insetti posseggono occhi fisici con cui vedere il mondo esterno. Serpenti, scorpioni, rane ecc. hanno tutti occhi fisici; sono però forse in grado di vedere Dio? Con tale genere di occhi non potete aspettarvi di vedere Dio: dovete sviluppare gli occhi della saggezza alimentando amore, devozione e senso di abbandono. Quando avrete gli occhi della saggezza, considererete Dio molto vicino a voi e Lo tratterete come un vostro caro vecchio amico. Il Santo Tyâgarâja sviluppò tale intimità col Signore: ecco perché poté comporre canti in cui si rivolgeva al Signore Râma usando termini confidenziali proprio come potrebbe avvenire col proprio amico del cuore. Uno di questi famosi canti è:
“O Râma, vieni nella nostra casa!”
Quando si invita un nuovo amico nella propria casa, ci si rivolge a lui usando parole piene di riguardo mentre, se si invita un vecchio amico, non gli si parla in modo formale e cerimonioso; ci si rivolgerà a lui in maniera informale usando la massima confidenza e spontaneità. Dovreste sperimentare tale intimità con Dio giacché Egli è il vostro caro vecchio amico. Non considerate il Divino qualcuno al di sopra di voi, trattateLo come fosse vostro. Ciò è unicamente possibile quando si sviluppa l’amore.
Incarnazioni dell’Amore!
Fate ogni sforzo per pagare il debito verso Dio poiché Egli permea tutto il vostro essere e vi protegge. Chi è responsabile della circolazione sanguigna nel corpo? Come mai il sangue non trasuda mentre circola nel corpo? Voi pensate di avere sostentamento per mezzo del cibo ma né il cibo né il sangue possono sostenervi. Solo Dio è responsabile di ciò. Dovete, comunque, ogni goccia del vostro sangue ai vostri genitori. Il cibo che essi assumono diventa il vostro sangue. È quindi vostro precipuo dovere rispettare e riverire i vostri genitori. Se voi, oggi, non rispettate i genitori, i vostri figli, in futuro, non rispetteranno voi. A che servirà, allora, lamentarsi? Portate rispetto ai genitori e fornite un buon esempio ai vostri figli. Chi non rispetta i genitori è, a tutti gli effetti, un rakshasa (demone). Non vivete come un rakshasa ma come un mânava (essere umano). Chi è un mânava? Ma significa ‘ignoranza’, na significa ‘senza’ e va vuol dire ‘comportarsi’. Chi si comporta senza ignoranza è un vero mânava.
Incarnazioni dell’Amore!
È un errore considerarsi giovani in base all’età e alla forza fisica. Si può essere definiti ‘giovani’ solo quando si posseggono virtù come l’amore, la tolleranza, l’aderenza alla verità e la rettitudine. I giovani sono dotati di immensa forza e sono i liberatori del mondo. Non basta che rafforziate il corpo facendo esercizio fisico: dovete rafforzare l’intelletto. Quando rispetterete e riverirete i vostri genitori, Dio si manifesterà davanti a voi. La storia di Pundarîka offre ampia testimonianza di ciò: mentre stava massaggiando i piedi dei suoi genitori, gli apparve il Signore Pânduranga (Krishna) e gli disse: “O Pundarîka, Io sono venuto per colmarti della Mia grazia.” Pundarîka rispose: “Signore! Sto facendo un servizio ai miei genitori. Ti prego, aspetta un po’!” Spinse quindi un mattone, che si trovava vicino a lui, verso il Signore e Gli chiese di sedersi. Il Signore voleva metterlo alla prova e quindi esclamò: “Sciocco che non sei altro! Che bisogno c’è di servire i tuoi genitori quando Io, il Signore dell’universo, sono qui di fronte a te? Vieni, piuttosto, a servire Me!” Pundarîka rispose: “Signore! Tu ora sei venuto a offrirmi il Tuo darshan ma dove sei stato tutti questi giorni? Il primo dovere che devo compiere è servire i miei genitori giacché essi mi hanno messo al mondo e nutrito con amore e affetto. Dopo che avrò servito loro, servirò Te. Per favore, aspetta fino a quel momento!” Il Signore fu molto soddisfatto della devozione di Pundarîka e lo elogiò in questi termini: “Mio caro, questi sono il vero amore e la vera devozione che Mi aspetto dai Miei devoti!” Non si ricava alcun beneficio dall’adorare Dio senza servire i genitori con amore e devozione. Ognuno dovrebbe emulare l’esempio di Pundarîka e servire i genitori. Prima servite loro e poi potrete pensare a Dio. Se volete realizzare Dio, per prima cosa sviluppate amore e devozione verso i vostri genitori.
Incarnazioni dell’Amore! Ragazzi e ragazze!
Almeno da oggi in poi, servite i vostri genitori e diventate ricettacoli del loro amore. Questo è il segno della vera devozione, e significa essere autenticamente umani. Voglio raccontarvi un episodio accaduto nella Mia vita. Un giorno, Madre Îshvarâmmâ venne da Me e disse: “Swami, Tu hai ogni potere in Te, nulla Ti è impossibile. Il nostro è un piccolo villaggio e la gente soffre per mancanza di trattamenti medici adeguati. Ti prego, costruisci un piccolo ospedale per curare i bambini del villaggio!” Le assicurai che sarebbe stato edificato un piccolo ospedale per far fronte alle necessità del villaggio. Nello spazio di poco tempo l’edificio fu eretto, e Gopala Reddy, primo ministro dell’Andhra Pradesh, invitato all’inaugurazione, fece la seguente considerazione: “Swami, che bisogno c’è di un ospedale in questo villaggio!” Io risposi: “Gli abitanti del villaggio non sono, forse, esseri umani? Non hanno per caso necessità di cure mediche? È per il loro benessere che ho fatto costruire questo ospedale.” Qualche tempo dopo, Madre Îshvarâmmâ Mi chiese di erigere, nel villaggio, una scuola. Disse: “Swami, provo grande dolore nel vedere i bambini percorrere a piedi la strada fino a Bukkapatnam per andare a scuola.” Subito accondiscesi al suo desiderio e, per cominciare, feci erigere una piccola scuola. A mano a mano che i giorni passavano, la fama di Swami si diffondeva in lungo e in largo. Un giorno Madre Îshvarâmmâ tornò da Me con una richiesta: “Swami, per realizzare i miei desideri hai costruito un ospedale e una scuola. Desidero, tuttavia, che si attui un’altra cosa. La gente del nostro villaggio deve coprire lunghe distanze su carri trainati da buoi per procurarsi dell’acqua. Poiché ne portano giorno dopo giorno dei vasi colmi, le spalle di queste persone si gonfiano. Ti prego, fai scavare un pozzo nel villaggio e risolvi il problema dell’acqua.” Aveva chiesto una piccola scuola e ora c’è un’università (forte applauso); voleva che si costruisse un piccolo ospedale e Swami ha fondato gli ospedali di alta specializzazione; voleva un pozzo per il villaggio e Io ho fornito acqua potabile all’intero distretto di Anantapur. Io vi do tanto anche quando chiedete poco. Nessuno però si fa avanti con desideri così nobili. La gente chiede; ma come chiede? Chiede con le labbra, non col cuore.
“Cerco, cerco, sono alla costante ricerca di un vero essere umano che metta in pratica la rettitudine.”
Vado in giro a cercare una persona retta ma non riesco a trovarla. Si può comprendere la vera forma di Dio solo quando si segue il retto sentiero.
Incarnazioni dell’Amore!
Rendete servizio ai vostri genitori e cercate di soddisfare le loro aspirazioni. Compite attività di servizio nel vostro villaggio e lavorate per il suo sviluppo. Innanzitutto alimentate il rispetto per voi stessi. Ciò fatto, avrete rispetto anche per gli altri. Ci sono molte altre cose che devono esservi insegnate. Domani, Swami vi parlerà nuovamente.
(Baba ha terminato il Discorso con il bhajan: “Pibare Râma Rasam...”).
Whitefield, 12 aprile 2003,
Sai Ramesh Krishan Hall
Raduno dei giovani del Kerala
(Tratto da Sanâtana Sârathi, settembre 2003