Ciò che promuove la Pace universale,
che distrugge ogni possibilità di pensieri meschini,
e incoraggia l'unità e la collaborazione,
è vera Educazione.
Questa è la vera Educazione cui uno studente deve aspirare.
Incarnazioni del Divino Amore!
Il Principio di Rama attrae chiunque; esso può essere spiegato per giorni interi, ma in ogni caso la spiegazione non sarà soddisfacente. Il canto del cuculo vi potrà annoiare se continuate ad ascoltarlo a lungo; persino il nettare vi potrà sembrare aspro dopo un po' che lo bevete; la storia di Rama invece può essere letta innumerevoli volte, ma sarà sempre come nuova. Chi canta, o legge, o ascolta la sacra storia di Rama la troverà dolce come il nettare.
Nessuno conosce le origini del Ramayana, o quando esso fu cantato in pubblico. Tuttavia, sulla base di certi indizi, gli studiosi hanno tratto alcune deduzioni. La conversazione intercorsa tra Ravana e Sita, quando questi la rapì, dà un indizio dell'età che i personaggi del poema epico avevano a quell'epoca. Ravana disse a Sita: "Io ho ora 2000 anni, mentre tuo marito Rama ha solo 40 anni d'età, e tu ne hai 39".
La terra possiede parecchie forme d'energia. Tra l'etere1 e la terra c'è una fascia in cui è condensato un campo energetico, e questo è il motivo per cui l'etere non può attrarre la terra. Il potere del pianeta terra è inimmaginabile, infatti, la terra è considerata essere il deposito d'ogni forma d'energia. Predominante fra tutte queste Forze è il potere del magnetismo, ma ripetute
ricerche non sono riuscite a gettare luce sulla sua natura.
Sita era la figlia della Dea Terra, Bhudevi, perciò era chiamata anche Bhujata, nata dalla terra.
Quando Rama andò per sollevare l'arco del Signore Shiva, Bhudevi, la Terra, se ne rallegrò. Tutti i re e principi, riuniti nella vasta assemblea, non erano dell'età giusta per Sita, e neppure i loro aspetti erano idonei. Rama soltanto aveva un aspetto molto giovanile, e le Sue fattezze fisiche erano di là d'ogni descrizione; Egli era estremamente affascinante.
Così Bhudevi decise che Rama era adatto a Sita, e fece in modo che nulla potesse ostacolare la vittoria di Rama. Quando quest'ultimo sollevò l'arco di Shiva, usò la mano sinistra. Ciò voleva significare che a Rama bastava la mano sinistra per compiere qualcosa che per altri era impossibile. Questa fu, in realtà,
la grande forza della Madre Terra all'opera: essa ridusse il peso dell'arco ed intensificò la forza di Rama. In tal modo, la Madre Terra si comportò secondo la necessità del momento.
I Poteri meravigliosi e straordinari della Terra non trovano parole che li possano descrivere.
Tutti i minerali, i metalli e le sostanze chimiche della terra sono presenti anche nell'uomo. La forza elettrica, chimica, magnetica - e non solo queste, ma molte altre energie esistono nell'uomo.
Non è possibile quantificare, ma tutti i tipi di energie e di sostanze presenti nel nucleo terrestre sono presenti anche nell'uomo. Tuttavia, l'uomo non è in grado di comprendere quest'immenso potenziale.
La Divinità nell'uomo è sommamente sacra, ed egli è immensamente potente appunto perché la Divinità è in lui. Egli può compiere qualsiasi cosa, se solo vuole.
Grazie ai progressi della scienza, l'uomo ha raggiunto la luna, da cui ha persino riportato delle particelle di polvere. Tutto ciò, tuttavia, è solo l'espressione
manifesta della sua forza interiore, ed è un vero peccato che egli non riesca a riconoscere il suo vero potere innato.
Oggi tutti chiedono all'altro: "Chi sei?" - Ma non c'è proprio nessuno che si chiede: "Chi sono io?" Tutti i vostri problemi saranno risolti quando vi porrete tale domanda, e farete un'indagine al riguardo.
Ravana, dopo aver rapito Sita, la stava portando attraverso l'oceano a Lanka. Egli era un tipo molto materialista e voleva, quindi, impressionare Sita, ostentando le sue ricchezze, i suoi poteri, l'opulenza ed i successi conseguiti. Con questo intendimento, egli portò Sita negli appartamenti privati del suo palazzo, ma ella non vide e non si accorse di nulla. La moglie di Ravana, Mandodari, si rattristò molto nel vedere la piega assunta dagli eventi, ed avvertì il marito in questi termini: "Oh Signore! Perché stai promuovendo la tua
caduta? Si afferma giustamente che quando il momento della distruzione è prossimo, il buon senso se ne va del tutto.
Perché hai voluto portare qui una donna così casta e pia come Sita?
Questa è la nostra mala sorte.
Tu non fai nessun tentativo per comprendere la vera natura di madre Sita; ma in ogni caso per far questo, devi dapprima conoscere e controllare te stesso. Sita non può rimanere negli appartamenti interni del palazzo, scegli invece un luogo tranquillo dove possa rimanere e trarre un po' di serenità, pensando al Signore Rama".
Seguendo il consiglio di Mandodari, egli fece sistemare una casetta per Sita nel giardino di Ashoka Vana, dove ella avrebbe potuto vivere in pace. Mandodari è da considerare una moglie ideale, perché - come un ministro che mette in guardia il suo re contro il pericolo - ella diede tempestivi consigli a Ravana, e fece sinceri tentativi per proibirgli di deviare dalla retta via.
Mandodari gli disse: "Signore! Invece di pensare al Signore Rama, tu intrattieni pensieri di lussuria; per questo non potrai mai avere buona fortuna, e la tua
disfatta si sta avvicinando. Il motivo è che tu hai pensieri malvagi e distruttivi. Non far mai piangere una donna, non devi mai farle versare neppure una lacrima. Se invece la farai soffrire, per ogni lacrima da lei versata, tu dovrai versarne mille. Non far mai del male ad una donna e non causarle mai delle preoccupazioni".
In tal modo Mandodari fece del suo meglio per tentare di far comprendere a Ravana la sua folle stoltezza.
Un giorno, Mandodari andò da Sita e la implorò: "Oh figlia della Madre Terra! Accetta i miei rispetti. Tu sei una donna casta e nobile, sei sommamente sacra e pura.
Mio marito è un uomo malvagio, le sue cattive azioni lo porteranno alla rovina ed alla sua distruzione. Infatti, si afferma:
Con buoni sentimenti, l'uomo gioisce della felicità;
Con cattivi sentimenti, diventa egli stesso malvagio.
I suoi cattivi propositi lo rendono malvagio. Ti prego, perdonalo e salva me dalla vedovanza".
Questo episodio di Mandodari che supplica Sita non è riportato in nessuna versione del Ramayana.
Nel frattempo Sita era completamente persa nella contemplazione di Rama e le suppliche di Mandodari non vennero da lei neppure registrate.
Com'era intanto la situazione a Lanka? Così come oggi, la gente era molto agitata, c'era uno strano senso di disagio e d'inquietudine tra i cittadini; essi reprimevano nei loro cuori la loro sofferenza, e non l'esprimevano apertamente per timore di essere perseguitati da Ravana.
Intanto Sarama, moglie di Vibhishana, si assunse l'incarico di servire Sita. Conversò diverse volte con lei, e cercò di infonderle forza e coraggio: "Madre! Sono davvero fortunata a servire una santa donna come te. Solo il tuo puro carattere può conferire un po' di pace a Lanka. Ravana non è un re comune, è eccezionalmente malvagio ed è una gran sfortuna per noi che tu sia caduta nelle sue mani". Sarama fece del suo meglio per consolare Sita e per innalzare il
suo spirito.
Una notte Sarama fece un sogno profetico. Ella aveva una figlia di nome Sakini, la quale fece lo stesso identico sogno. Nel sogno si vedeva molto vividamente Lanka completamente arida e desertica; tutti gli alberi erano seccati e caduti, il palazzo reale era andato distrutto, mentre Ravana incespicava confuso senza avere neppure una goccia d'acqua da bere.
Questo fu il sogno. Ella comprese che - quello che nel sogno aveva visto essere la cattiva sorte di Ravana - altro non era se non la diretta conseguenza delle sue azioni malvagie. Pur tuttavia, non poté fare a meno di rattristarsi.
Nel frattempo Ravana si recò ai giardini dell'Ashoka per far visita a Sita, e per annunciarle che ormai c'era il conto alla rovescia dei giorni che le restavano per
accettarlo. Sita, di fronte a tali minacce, rimaneva nel più assoluto distacco.
Un giorno Sarama le andò vicino, si prostrò a suoi piedi e pregò:
"Madre! Questa è davvero un'unica grande fortuna; anche mia figlia è stata benedetta per aver avuto una simile opportunità. Mio marito è una persona di buon carattere, ed è anche un devoto di Rama; egli si è arreso a Rama sulla riva del mare. Sono davvero emozionata al pensiero che tutta la nostra famiglia abbia avuto quest'unica opportunità di essere al servizio di Rama". Udendo le
parole di Sarama, Sita si sentì un po' tranquillizzata, e realizzò d'avere qualcuno intorno a lei, di cui potersi fidare.
In quel momento, entrò in scena Hanuman. Aveva cercato Sita in tutta la città di Lanka; egli continuava a censurare se stesso a causa della situazione in cui veniva a trovarsi. Per cercare Sita, egli era costretto a guardare tutte le donne, e ad entrare negli appartamenti privati del palazzo. Egli percepì le cattive vibrazioni che emanavano dalle crudeli demoni che abitavano in quelle stanze e le loro azioni erano grottesche. Hanuman biasimò se stesso: "Quale peccato sto mai commettendo! Sono tali le scene su cui i miei occhi si devono posare?
Questi occhi devono vedere La Divina Forma del Signore Rama, e non simili spettacoli disgustosi; d'altra parte sono costretto a farlo se voglio trovare Sita, ma non devo permettere che tali situazioni mi sopraffacciano".
Rafforzando così il suo proposito, Hanuman s'arrampicò sulle pareti delle camere interne e continuò la sua ricerca.
Quando Hanuman venne catturato e portato davanti a Ravana, fra i due si verificò un'interessante conversazione.
Ravana stava tenendo un'assemblea in un'immensa sala del palazzo.
Ravana osservò il prigioniero e gli chiese: "Tu sei una scimmia; hai distrutto interi giardini. Chi ti ha mandato qui, oh stolto?"
Hanuman non era un essere comune! Replicò usando lo stesso duro linguaggio: "Oh stolto! Lo stesso eroe che ha mutilato le orecchie ed il naso di tua sorella mi ha mandato qui!" Ravana si arrabbiò a quelle parole e minacciò Hanuman: "Oh impudente e folle! Nessun re ha mai osato rivolgersi a me in tali termini! Controlla la tua lingua o ti metterò in silenzio per sempre!" Hanuman di rimando
ribatté: "Forse nessuno prima d'ora ha osato svilirti in questo modo.
Io sono il servo di Rama e ti parlerò sicuramente con questo tono, poiché tu non meriti niente di meglio!"
Questa fu la conversazione fra Hanuman e Ravana; quest'ultimo aveva già
ricevuto la notizia che Hanuman aveva fatto visita a Sita e che i due si erano scambiati dei messaggi. Quando Hanuman, prima d'andarsene, appiccò a Lanka, Ravana cominciò a preoccuparsi, pensando che ora Rama poteva arrivare in qualsiasi momento, e prese in considerazione la possibilità di una sua sconfitta per mano di Rama. Gli effetti della sua coscienza impura erano tali che lo indussero ad immaginarsi tutta la scena, senza lasciargli un momento di pace!
Ora, dobbiamo fare un passo indietro e ritornare a Hanuman quando era in cerca di Sita. Hanuman era in cima ai tetti degli appartamenti privati, a da lontano spiava i grandi alberi dell'Ashoka Vana.
Egli con un salto raggiunse questi giardini, e là sotto un albero finalmente vide, persa, Madre Sita. Ella era veramente molto triste. Hanuman s'arrampicò sull'albero, sotto cui Sita sedeva, e cominciò a cantare le glorie del figlio di Dasharatha proprio dall'inizio. Sita era perplessa e guardò in su con gran stupore. Ella si chiese: "Chi è quella scimmia?"
Non aveva mai visto prima una scimmia Vanara, per cui Hanuman le era completamente estraneo. In risposta al suo sguardo interrogativo, Hanuman, giunte rispettosamente le mani, esclamò:
"Madre! Io sono un servo del Signore Rama, sono qui per servire i Tuoi piedi di Loto". Gli argomenti di Hanuman non sortirono alcun effetto su di lei; ella non prese nota della sua presenza, né delle sue spiegazioni. Aveva avuto l'amara esperienza che i demoni riuscivano ad acquisire un gran varietà di forme ed erano maestri nel creare stratagemmi illusori; sospettò, quindi, che anche
Hanuman facesse parte dello stesso complotto.
Hanuman saltò giù dall'albero e, recitando incessantemente il Nome di Rama, si rivolse a Sita:
"Madre! Ecco qui la prova della mia identità". Egli porse a Sita l'anello ricevuto da Rama. Sita rispettosamente si pose l'anello sugli occhi e disse a Hanuman:
"Hanuman, come sei fortunato! Fu Rama stesso a darti quest'anello? Questo era un regalo che il re Janaka fece al mio Signore il giorno del mio matrimonio. Dov'è Rama ora, come sta?" Ella domandava ansiosamente notizie del Signore. Hanuman le infuse coraggio, dicendo: "Madre! Sii coraggiosa, Egli sarà qui a breve; arriverà definitivamente e ti porterà via con sé. Non preoccuparti. Se
sei ansiosa di rivederlo, e lo permetti a questo tuo umile servo, ti prego siediti sulla mia schiena ed immediatamente ti porterò in volo da Rama". Sita sorrise ed esclamò: "Hanuman, se mi dovessi sedere sulla tua schiena per ritornare da Rama, tu saresti accusato di aver commesso lo stesso peccato di rapimento compiuto da Ravana. Non voglio che tu abbia una cattiva fama. Rama stesso deve venire qua, uccidere Ravana e liberarmi dalla prigionia. Sino a quel momento aspetterò e sopporterò pazientemente questa tortura.
Ti prego, porta questa notizia al mio Signore Rama".
Con grande riluttanza e tristezza, ella diede a Hanuman il permesso di partire, ma questi non riuscì a sopportare il grande abbattimento di Sita; allora egli decise di impartire ai demoni una dura lezione, e procedette alla totale distruzione dei meravigliosi giardini Ashoka. Alla fine, però, fu catturato e portato al cospetto di Ravana. Hanuman accusò quest'ultimo di essere un peccatore ed un re malvagio, e che era davvero una gran sfortuna per i cittadini di Lanka avere lui come re. Egli aggiunse che se il governante era così malvagio, che cosa si poteva dire dei suoi sudditi? Hanuman in tal modo riversò su Ravana tutto il suo disprezzo.
Successivamente, quando Hanuman fece ritorno da Rama, gli riferì le buone notizie. Rama, Lakshmana, Sugriva, il re dei Vanara, e l'esercito delle scimmie lo stavano aspettando ansiosamente sulla spiaggia. Hanuman atterrò proprio davanti a loro, e venne salutato con congratulazioni per la vittoria conseguita, e con benedizioni da parte del battaglione dei Vanara. Essi lo lodarono:
"Hanuman! E' con questo tempestivo, utile e sacro spirito di servizio a Rama che hai conquistato il Suo cuore; tu hai davvero portato delle buone notizie. D'ora innanzi possa la buona sorte salutare Rama".
Prima che Hanuman si accomiatasse da Sita, ella gli aveva dato la sua corona, uno dei gioielli che le erano stati regalati da Anusuya, la moglie del Saggio Agastya. Rama conosceva bene quel gioiello e non appena gli fu consegnato, si sentì felice ed allo stesso tempo angosciato. Rama apprese la notizia che Sita era al sicuro e ciò rallegrò il suo cuore; Hanuman gli riferì poi in dettaglio tutto quello che era avvenuto a Lanka.
Oh! Sri Rama, ascolta la mia preghiera!
Accetta il sacro gioiello che Sita ti ha inviato.
L'ho vista tremare come un passerotto in gabbia,
circondata da numerose demoni crudeli.
Oh! Quanto l'hanno terrorizzata con le loro minacce e le loro armi!
La povera madre può solo chinare la testa piena di paura e d'angoscia.
Oh! Sri Rama, ascolta la mia preghiera!
Per primo c'è Indrajit,
poi viene il comandante capo Prahasta.
I vasti cortili, i palazzi sontuosi,
i grandi mercati e gli splendidi giardini:
ho visto tutto questo!
Oh! Rama ascolta la mia preghiera!
Così Hanuman descrisse in gran dettaglio tutto ciò che aveva visto a Lanka. Udendo le condizioni di Sita, Lakshmana immediatamente impugnò arco e frecce, e sollecitò il fratello ad alzarsi e ad intervenire subito. Egli osservò: "Non è questo il momento di prendersi anche un solo istante di riposo. Corriamo immediatamente a porre fine alle sofferenze di Madre Sita, e portiamola al
sicuro!" Rama, calmo, rispose: "Pace, pace, pace! Non si deve agire in fretta. Senza l'opportuna ricerca, l'indagine e la pianificazione, qualsiasi azione può produrre solo risultati negativi.
Procediamo cautamente". Sugriva diede istruzioni ai suoi amici e parenti di approntare un grosso esercito, ed ordinò di entrare a Lanka per distruggere Ravana, e di fare poi ritorno.
Con entusiasmo e vigore, l'esercito dei Vanara, comprendente eroi esperti come Sugriva, Hanuman, Jambavanta ed altri, raggiunse velocemente le sponde di Lanka. L'intera città era in preda al panico. L'esercito delle scimmie occupò tutta la campagna attorno a Lanka. Erano sulle colline, in cima agli alberi, nella pianura, ed ovunque! Gli abitanti di Lanka non conoscevano le scimmie prima di aver visto Hanuman, ma il ricordo della distruzione, che Hanuman aveva provocato durante la sua visita precedente, era ancora ben vivido nelle loro menti. Essi si domandavano:
Oh! Da dove arriva questa terribile scimmia?
Chi ha mandato a Lanka tale foriero di distruzione?
Le nostre case sono in rovina, le nostre famiglie senza tetto,
le case incendiate. Oh! Dove possiamo rifugiarci?
Dicono che sia il messaggero di Rama, venuto per incontrare Sita.
Egli è contento di aver avuto la visione di Sita, che calma e rinfresca, ma la sua rabbia ha dato fuoco alla nostra città!
Oh! Che distruzione! Che calamità!
La nostra città è in rovina per quella scimmia!
Oh! Da dove è arrivata questa tremenda scimmia?
Ravana va incontro a sicura disfatta.
Egli ha rapito la casta e pia Sita,
Se il messaggero è così forte,
Oh! Cosa sarà mai del suo Signore!
Con questi pensieri, i cittadini di Lanka erano in preda al terrore. La scimmia che aveva causato quella tremenda distruzione, era ora riapparsa insieme a tanti altri suoi simili! I ministri di Ravana, gli uomini di corte e gli alleati erano persi e non sapevano cosa fare.
Come fece l'esercito dei Vanara ad attraversare l'oceano? Il possente Hanuman era in grado di farlo, ma l'intero esercito? Rama si era propiziato il dio ell'Oceano
con una freccia, e quella Divinità aveva acconsentito, facilitando loro il passaggio.
I Vanara innalzarono grida di guerra contro i demoni. Ravana non riusciva a sopportare tutto quel rumore; di certo, una battaglia cruenta era imminente. Ravana era sicuro che in quella guerra sarebbe andato incontro alla sua fine. E tale era anche il sentimento che aleggiava fra i cittadini di Lanka; infatti, si domandavano: "Perché mai questo malvagio re è così desideroso di andare incontro alla sua disfatta? Si comporta in modo da ridurre in cenere non solo se stesso, ma l'intero suo regno". Dentro di sé, tutti criticavano e condannavano
Ravana, e nessuno nutriva sentimenti positivi nei suoi confronti.
La guerra ebbe inizio. Fu una battaglia feroce e cruenta. Indrajit, il figlio primogenito di Ravana, che aveva sconfitto lo stesso dio Indra, si gettò nella
mischia. Era il secondo giorno di battaglia, ed egli vestito splendidamente nella sua tenuta da guerra, fu scambiato dai Vanara per Ravana stesso. Indrajit portò gran distruzione e scompiglio tra le loro truppe; nessuno poteva eguagliarlo per potenza e valore. Vibhishana si rivolse a Rama e gli spiegò: " Rama! Devi trovare una maniera per ucciderlo. Se lo uccidi, sarà come colpire Ravana stesso. Indrajit è un potente sostegno per l'esercito di Ravana. Se lo colpisci nel pollice egli cadrà senz'altro".
Così avvenne, e Indrajit cadde. Vibhishana fu visto asciugarsi le lacrime. Lakshmana ne fu sorpreso, e gli chiese: "Vibhishana, sono morti in tanti in questa battaglia, perché piangi solo per Indrajit?" Vibhishana rispose: "Signore! Era come se fosse il mio stesso figlio, piango per questo senso di attaccamento paterno. In ogni caso, era indispensabile toglierlo di mezzo.
L'arroganza di Ravana era primariamente basata sulla forza di Indrajit.
Ci sono parecchi altri eroi come lui, dai quali Ravana dipende". Vibhishana fece a Rama un breve resoconto circa i diversi guerrieri dell'esercito di Ravana, e così uno alla volta, Ravana cominciò a perdere i suoi celebrati generali.
In breve, anche Kumbhakarna, fratello di Ravana, entrò nella mischia, ma solo per trovare anch'egli la propria fine. Come si può pensare che possa combattere una persona che non fa altro che mangiare e dormire? Un poeta illustrò un aspetto interessante a proposito dei nomi di questi tre fratelli. I
loro nomi si scrivono Rabhana, Vibhishana e Kumbhakarna. La seconda sillaba in tutti tre è 'Bha'.
La sillaba 'Bha' significa 'AH', che indica che sarebbero stati tutti ridotti in cenere.
Alla fine, Ravana stesso scese sul campo di battaglia. In cuor suo aveva una grossa preoccupazione,ma la rimuoveva e la celava in sé. Non appena una delle sue teste veniva abbattuta, un'altra prendeva subito il suo posto. Annientare Ravana si dimostrava impossibile. Fu ancora Vibhishana a
rivelare a Rama il segreto dell'invincibilità di Ravana, e ad indicargli dove dovesse puntare la freccia. Egli disse: "Rama! Non è peccato tradire un simile malvagio.
La sua morte può essere solo di beneficio per tutto il mondo. Io non aspiro, né desidero regnare, ma il cattivo Ravana deve essere ucciso". Rama seguendo le indicazioni di Vibhishana, scagliò la sua freccia, e così anche Ravana trovò la sua fine sul campo di battaglia.
Mandodari accorse, piangendo angosciata: "Signore! Quante volte ti avevo avvertito di non avere nulla a che fare con donne caste, pie, sposate, e di non guardare con lussuria donne spiritualmente elevate. Ora raccogli le conseguenze dei tuoi peccati. Hai accumulato una quantità di vizi. Quando
cercavo di dissuaderti non mi hai mai prestato attenzione. Giustamente si afferma:
Un buon consiglio non viene mai accettato,
sebbene dato con cuore puro.
I cattivi consigli sono molto attraenti all'orecchio.
Come può certa gente realizzarMi?
A che servono tutti i conseguimenti se non si ascoltano i buoni consigli? La rovina è sicura. Anche Ravana non poté sfuggire a questo destino, e pagò
quindi con la sua vita.
I Vanara esultarono alla caduta di Ravana. Anch'essi avevano perso molti compagni. Sita venne condotta da Rama. Stranamente, Rama non sollevò la testa per guardarla.
Sita era molto ansiosa ed impaziente di vedere finalmente Rama. Era stata separata da suo marito per dieci mesi, e voleva vederlo almeno una volta. Rama sembrava non nutrire alcun interesse, anzi, ordinò a Lakshmana di preparare un falò per permettere a Sita di provare la propria castità. L'intenzione di Rama era che Sita passasse attraverso il fuoco per provare al mondo di essere senza macchia, sacra, e pura. Solo dopo tale prova, Rama l'avrebbe accettata. Rama sapeva dell'innocenza di Sita, ma nel mondo si sarebbero comunque diffuse voci su di lei. Se Sita avesse superato la prova del fuoco, nessuno avrebbe osato aprire bocca. Sita salutò Rama, camminò intorno al fuoco tre volte, e quindi vi saltò dentro. Apparve il dio del Fuoco, che proclamò: "Rama! Sita è innocente. Ella è una donna di alte doti, santa e virtuosa. Non hai motivo di angustiarla ancora. Io mi ritiro e mi spengo". Allora
Sita fu portata a Rama. Le scimmie erano tutte emozionate al pensiero di cogliere la visione di Madre Sita, e si ammucchiarono in frenetico disordine per vederla; Rama accettò, quindi, Sita al Suo fianco.
Nel frattempo Vibhishana portò il cocchio volante, Pushpaka Vimana, e lo mise a disposizione di Rama. Questo veicolo apparteneva al fratellastro di Ravana. Ravana l'aveva sconfitto in battaglia e glielo aveva sottratto. Rama, Lakshmana, Sita, Vibhishana, Sugriva e tutti gli altri montarono sul cocchio e
si diressero in volo verso Ayodhya.
Bharatha attendeva ansiosamente l'arrivo di Rama. Quel giorno scadeva il termine che gli aveva dato per il Suo ritorno ad Ayodhya, ed era preoccupato di vedere se Rama fosse arrivato. Aveva tenuto pronto un carro per ricevere Rama e portarlo ad Ayodhya. Con somma gioia, egli vide il Pushpaka Vimana avvicinarsi nel cielo. I cittadini di Ayodhya esultarono, i loro cuori erano aridi per non aver visto Rama in quei quattordici lunghi anni. Lo stato delle donne
era indescrivibile, avevano passato quattordici anni di grande disperazione, persino incapaci di gustare il loro cibo ed erano perciò ridotte a scheletri. Per consolarsi, esse avevano trascorso il tempo cantando il nome di Rama.
Shatrughna arrivò da Ayodhya con ghirlande per suo fratello e sua cognata. Il cocchio Pushpaka Vimana atterrò e tutti saltarono giù. Accadde a quel punto una meraviglia. Shatrughna non aveva visto Bharatha da molto tempo, poiché quest'ultimo si era volontariamente esiliato a Nandi Grama.
Shatrughna restò stupefatto nel vedere che Bharatha e Rama apparivano
identici! Tale meraviglia fu vista da tutti. Avendo Bharatha passato ogni momento di quei quattordici anni in costante contemplazione di Rama, aveva egli stesso acquisito le sembianze e gli attributi di Rama. Mentre tutti erano presi dallo stupore, Lakshmana andò a scuotere Shatrughna.
Rama venne inghirlandato, ed una ghirlanda fu presentata a Sita, e tutto il gruppo mosse in processione verso Ayodhya.
Ad Ayodhya, c'era allegria e felicità, e tutti i giorni furono organizzate cerimonie La popolazione era estremamente felice nel ricevere Rama dopo quattordici anni. Questo era dovuto al potere della benedizione di Sua Madre; infatti, Kaushalya aveva benedetto Rama:
"Figliolo! Possa tu trascorrere quattordici lunghi anni come passeresti quattordici minuti. Nessun ostacolo ti fermerà, perché Tu sei l'Incarnazione del Signore Narayana. Nessuno Ti può intralciare.
Tornerai sicuramente ad Ayodhya sano e salvo". Al Suo ritorno, ella abbracciò affettuosamente Rama.
Fu poi la volta di Sumitra. Ella era una buona amica per tutti. Le sue virtù erano indescrivibili.
Era emozionata per il vittorioso ritorno di Rama. Aveva sempre avuto fiducia che nessuno potesse far del male a Rama o infastidirlo, per la semplice ragione che nessuno poteva essere nato con tale capacità. Portò la propria nuora Urmila da Lakshmana. Era da quattordici anni che Lakshmana ed Urmila non si vedevano. Ella si gettò ai piedi del marito. "Signore! E' stata la tua totale dedizione a Rama che ti ha salvato e protetto per tutto questo tempo, devi sempre pensare a Rama.
E' stato il Suo sacro Nome a proteggerti e guidarti." Ella non stava in sé dalla gioia, e cosparse di polvere rossa i piedi di Lakshmana, come si usava a quei tempi.
Anche Kaikeyi arrivò sulla scena. Ella non era malvagia, come comunemente la si raffigura. Era pienamente cosciente dello scopo dell'Incarnazione di Rama. Diede atto a Sumitra che erano stati i suoi auguri e le sue benedizioni a proteggere suo figlio Lakshmana. La casa di Dasharatha era davvero fortunata ad avere quattro gioielli di figli e quattro nuore altrettanto virtuose. Sumitra
fece riunire le quattro coppie, le benedisse felice, e si ritirò. Ella disse a Rama: "Ho passato quattordici anni pensando a Te. Era mio grande desiderio vederti dopo tutto questo tempo. Ora Ti ho visto e ne sono santificata. Lo scopo della mia vita è raggiunto". Ella non desiderava altro dalla vita, e presto morì tranquilla.
Anche Kaikeyi era soddisfatta ed in pace con se stessa. Era stata oggetto di attacchi maligni, ma non aveva prestato ad essi alcuna attenzione. Ella era consapevole della missione che Rama doveva intraprendere. Quando Rama era ragazzo, ella gli insegnava a tirare con l'arco. Rama l'aveva allora avvisata: " Madre! Mi sono incarnato per porre fine ai demoni. Tu devi mettere in programma di essere parte di questa missione". Fu questo il motivo per il quale
Kaikeyi insistette nel pretendere da Dasharatha quelle due concessioni che sembravano senza cuore. Ella finse di soggiacere alle maligne esortazioni di Manthara, e domandò a Dasharatha di esiliare Rama. Tutto ciò era ormai passato. Rama era tornato vittorioso ed ognuno cantava inni alla Sua gloria. Anch'ella morì, soddisfatta del ruolo avuto nel grande disegno.
Ayodhya era decorata sontuosamente e festeggiava il ritorno dei suoi principi.
Brindavan (Whitefield) 22 maggio 2002
CORSO ESTIVO 2002 SULLA CULTURA E SPIRITUALITA' INDIANA
Note:
1) Etere - E' la parte più pura ed alta dell'aria o cielo, è un fluido sottilissimo che riempie tutto lo spazio.