Se si perde denaro non c'č da preoccuparsi,
poiché se ne puņ guadagnare ancora.
Se si perde un amico se ne puņ trovare un altro.
Se si perde la moglie ci si puņ risposare.
Chi perde un pezzo di terra, puņ acquistarne un altro.
Si puņ rientrare in possesso di tutto quanto,
ma se si perde il corpo, esso non puņ essere riottenuto.
(Versi Sanscriti)
Incarnazioni del Divino Amore!
Il tempo č infinito; voi vivete diverse esperienze, ma esse sono solo momentanee.
A volte puņ succedervi di perdere del denaro, ma non dovete preoccuparvene: potete sempre riguadagnarlo. Potete incontrare molti amici, ma nessuno di loro č permanente: ne perderete uno e ne troverete un altro. Ad un certo punto della vita, la gente si sposa e conduce una vita familiare, ma né il marito né la moglie sono permanenti. Se la moglie muore, l'uomo puņ risposarsi e continuare la sua vita. Allo stesso modo, se perdete il vostro pezzo di terra potrete riacquistarne un altro. Ma se perdete il corpo, esso č perso per sempre.
Mentre vivete nel corpo, dovete sperimentare felicitą sia a livello materiale sia a livello spirituale.
Con il corpo l'uomo acquisisce ricchezze e proprietą, sperimenta piaceri e dolori; ma per quale motivo?
Desiderio di possedere ricchezza, moglie e progenie.
Tale triplice desiderio č la causa della felicitą e dell'infelicitą dell'uomo.
Nel passato diversi re conquistarono ricchezze e proprietą, ma non poterono trattenerle per sempre. La ricchezza non č duratura, non puņ redimere l'uomo, né conferirgli felicitą permanente. Vera ricchezza č quella spirituale. L'uomo non sa godere della vera felicitą a causa della sua aviditą per il denaro; tuttavia, continua a desiderarlo con bramosia. Il denaro č senz'altro necessario, ma entro certi limiti.
Il secondo desiderio č Dhareshana. Si possono avere moglie, figli, ricchezze e proprietą, e godere per qualche tempo della vita familiare, ma tale felicitą non č autentica, né eterna. Č da folli ritenere che si possa essere felici per sempre nella vita familiare.
Il terzo desiderio č Putreshana. L'uomo desidera un figlio, pensando che gli porterą felicitą. Non c'č nulla di sbagliato nell'aspirare ad avere un figlio, ma anche quella gioia sarą temporanea. Il re Dhritarāshtra ebbe molti figli, ma quale felicitą ne conseguģ? Nessuna; anzi, a causa loro dovette subire innumerevoli sofferenze e perse la propria reputazione.
Il re Dhritarāshtra ebbe tanti figli, ma quale fu la sua sorte?
Il saggio Suka non ebbe moglie né figli, ma ne soffrģ forse?
(Versi Telugu)
Č un errore pensare che chi abbia figli sia felice, mentre chi non ne ha, debba soffrire. Č un'illusione ritenere che ricchezza, moglie e figli diano felicitą. I tre desideri suddetti incatenano l'uomo e gli causano dolore. A cosa serve avere molti figli se questi sono cattivi? Č sufficiente averne uno che sia nobile ed ideale.
Prendete l'esempio del Rāmāyana (1). Secondo il calendario Telugu, questo č Chaitra (marzo-aprile), il mese che vide l'avvento di Rāma. Egli nacque nel giorno di Chaitra Suddha Navami. Questo mese č dunque stupendo, e si puņ dire lo stesso delle storie del Signore.
Le storie del Signore sono meravigliose e sacre nei tre mondi;
esse sono come falci che tagliano i legami terreni.
(Versi Telugu)
Delle tre mogli di Dasharatha (2), in nessun episodio del Rāmāyana si fa grande menzione di Sumitrā (3), la seconda moglie. Kausalya ottenne una buona fama, grazie a suo figlio Rāma; infatti, il suo nome viene al primo posto anche nel canto del Suprabhatam, che inizia con le parole: "Kausalya Supraja Rāma ... Oh nobile figlio di madre Kausalya!"
Kaikeyi desiderava che suo figlio Bhārata venisse incoronato re. Sumitrā, invece, non nutriva alcun desiderio del genere. Ella fu un esempio di virtł, parlava poco e dolcemente e si comportava in modo conforme al suo nome Su-Mitra, buona amica. Ebbe due figli: Lakshmana e Satrughna. Nessuno dei due aveva la possibilitą di diventare l'erede al trono, ma Sumitrā non se ne preoccupava. Ella mostrņ invece a tutto il mondo gli elevati ideali del servizio. Il suo desiderio era: "Quando Rāma diventerą Re, il mio primogenito Lakshmana, dovrą dedicarsi al Suo servizio". Allo stesso modo, voleva che il suo secondo figlio Satrughna si ponesse al servizio di Bhārata.
Il servitore č sempre al fianco del padrone. Ecco perché Lakshmana seguiva il Signore Rāma, mentre Satrughna era sempre in compagnia di Bhārata. Ella comprese la sacralitą del servizio ed esortņ i figli a seguire quella strada. Se studiate attentamente la sacra storia del Signore Rāma, potrete capire ed apprezzare i nobili sentimenti e gli elevati ideali di madre Sumitrā.
Quando Rāma era in procinto di partire per la foresta, madre Kausalya era inconsolabile. Solo Sumitrā non versņ una lacrima; cercņ di tranquillizzare Kausalya e di infonderle coraggio, dicendole: "Sorella cara, mio figlio Lakshmana accompagnerą Rāma nella foresta e si prenderą cura d'ogni sua necessitą; starą ben attento che Rāma non abbia difficoltą di nessun genere. Proprio come la palpebra protegge l'occhio, Lakshmana sarą sempre al servizio di Rāma; non devi preoccuparti per la sua sicurezza". Ella mandņ volentieri suo figlio nella foresta insieme a Rāma. Quale altra madre si sarebbe comportata in modo cosģ coraggioso e disinteressato?
Considerando l'impegno che Dasharatha aveva verso Kaikeyi, soltanto Rāma avrebbe dovuto andare in esilio; non c'era obbligo per Lakshmana di accompagnarlo. Sumitrā avrebbe potuto avvalersi di questi argomenti per impedire a Lakshmana di andare nella foresta, ma ella non sollevņ obiezioni d'alcun genere. "Lakshmana č nato solo per servire Rāma; č uno strumento nelle Sue mani. Rāma porta con Sé il Suo strumento. Chi sono io per mandare Lakshmana, o per trattenerlo, e chi č Lakshmana per decidere se andare con Rāma? Rāma ha ogni diritto di prendere Lakshmana con Sé". Questi erano i suoi sentimenti. Sumitrā benedisse il figlio Lakshmana e gli raccomandņ: "Figlio mio! Prenditi la massima cura di Sītā e di Rāma".
Quando Bhārata era sul punto di recarsi nel regno di suo zio Kekaya, Satrughna non ricevette alcuna comunicazione, se seguirlo oppure no. Tuttavia, egli si preparņ per accompagnarlo, sapendo che era suo dovere servirlo.
Nella storia dell'India, ci sono molte nobili madri come Sumitrā che incoraggiarono i figli a seguire la strada del servizio.
Rāma rappresentava per Sītā la vita stessa. Ella non avrebbe potuto sopportare la separazione da Lui neppure per un solo minuto. Per questo lo pregņ di poterlo seguire nella foresta.
Come per Sumitrā, anche il nome di Ūrmilā (4), moglie di Lakshmana, non trova gran rilievo nel Rāmāyana. Sumitrā ed Ūrmilā erano entrambe molto pure e condussero una vita di sacrificio. Ūrmilā era una pittrice assai brava, e passava la maggior parte del suo tempo a dipingere. Non era al corrente che Sītā, Rāma e Lakshmana erano pronti per andare in esilio. Ūrmilā stava dipingendo un quadro bellissimo ed aveva vicino a sé i colori. Lakshmana andņ da lei chiamandola ad alta voce. Questo la spaventņ; saltņ in piedi, schizzando inavvertitamente del colore sul quadro che stava dipingendo; cosģ fu rattristata nel vedere che il quadro era rovinato.
Lakshmana le chiese cosa stesse dipingendo. Ūrmilā rispose: "Sto dipingendo il quadro dell'imminente incoronazione di Sītā e Rāma. Voglio mandarlo a mio padre Janaka. Tutto il mondo si rallegrerą vedendo questo bel quadro". Lakshmana era abbattuto; le riferģ gli avvenimenti e disse: "L'incoronazione di Sītā e Rāma č annullata a causa di Kaikeyi, ed il quadro che stavi dipingendo č rovinato per colpa mia". Aggiunse poi che avrebbe accompagnato Rāma nella foresta.
Forse che una donna sarebbe stata tranquilla, apprendendo che il marito sarebbe andato nella foresta per quattordici anni? Al contrario, avrebbe sollevato una quantitą di domande - "Perché devi seguirlo? Tu non hai obblighi di andare nella foresta; solo Rāma ha l'ordine di andare. Non č necessario che tu lo segua". Qualsiasi donna avrebbe sollevato numerose obiezioni, ma Ūrmilā non ne avanzņ neppure una. Ella fu felice che suo marito avesse l'opportunitą di servire Sītā e Rāma. Disse: "Tu sei assai fortunato ad avere questa grande occasione; va con loro senza perdere neanche un minuto".
Lakshmana le disse: "Non potrai vedere Sītā e Rāma per i prossimi quattordici anni; recati subito alla residenza di Sītā per avere la Sua benedizione"; ma Ūrmilā non si mosse, anzi, gli fece fretta affinché li raggiungesse senza indugio. "Non voglio essere d'impedimento, non perdere un solo istante, va subito con loro e resta al loro servizio". Prima che Lakshmana partisse, ella volle da lui una promessa: "Tu devi vivere nella foresta per quattordici anni senza di me. Puņ essere che qualche volta tu accada di pensare a me e pronunciare il mio nome. Promettimi di non pensare a me, né di dire mai il mio nome. Contempla costantemente i Nomi Divini di Sītā e Rāma e servili con tutta sinceritą e devozione. Se ti accompagnassi nella foresta, non potresti dedicare tutto il tuo tempo al loro servizio. Resterņ qui, per non esserti d'intralcio".
Alle parole di Ūrmilā, Lakshmana fu sorpreso e sollevato. "Dove č possibile trovare una moglie cosģ nobile e devota?"- esclamņ. Quindi, si accomiatņ da lei e immediatamente partģ.
In questa terra dell'India ci sono molte nobili madri come Sumitrā e mogli virtuose come Ūrmilā. Fin dall'antichitą, l'India ha goduto di grande stima per merito di donne nobili come loro.
A Nord dell'India, abbiamo come confine le montagne dell'Himālaya. Questa terra č santificata dai fiumi perenni Gange, Yamunā e Sarasvatī. Questi tre simboleggiano la triade di Bhakti, Jńāna e Vairāgya (devozione, saggezza e rinuncia). Non solo: tre grandi poemi di questa terra, il Rāmāyana, il Bhāgavata (5) ed il Mahābhārata (6), brillano come fari ad illuminare il cammino dell'uomo. Essi gli insegnano come trasformare la sua vita in una vita ideale. Questa terra vide la nascita di Sacre Scritture, quali la Bhagavadgītā, che porta il suo messaggio d'unitą all'umanitą. Questa terra ha dato i natali ad anime nobili come il Buddha, che propagņ il messaggio della non violenza, insegnando che la non violenza č il Dharma pił grande.
La sillaba 'Bha' indica luce, radiositą, splendore: i Bhāratiya, gli Indiani, sono perciņ coloro che aspirano alla luce ed allo splendore Divini. Dovete essere all'altezza della reputazione di Bhāratiya, rendendo sacre le vostre vite e realizzando la Divinitą.
Se approfondiste la sacra storia di Bhārat, apprendereste che fin dall'antichitą questa terra ha divulgato il sacro messaggio della Divinitą ed ha donato pace e sicurezza alle altre nazioni.
Ci sono numerosi episodi che attestano la nobiltą di Sumitrā e di Ūrmilā, e che non sono riportati nel poema del Rāmāyana.
Quando Lakshmana svenne sul campo di battaglia, per farlo rinvenire, Hanuman avrebbe dovuto procurare l'erba Sanjivani da una certa montagna. Non sapendo, tuttavia, riconoscere le erbe necessarie, egli sollevņ l'intera montagna e con essa volņ verso il campo di battaglia. Sul suo percorso, doveva sorvolare il luogo di Nandigrama (dove Bhārata aveva preso dimora in una capanna in attesa del ritorno di Rāma dall'esilio). Vedendolo, Bhārata pensņ che si trattasse di un demone, e lanciņ contro di lui una freccia. Colpito, Hanuman precipitņ gił insieme alla montagna. Presentņ i suoi omaggi a Bhārata, gli spiegņ la situazione ed il motivo per cui stesse trasportando la montagna Sanjivani. Bhārata fu felice di sapere che Lakshmana sarebbe ritornato in vita. Mandņ a chiamare immediatamente le sue madri ed i sudditi; anche Ūrmilā arrivņ. Udendo che Lakshmana era svenuto sul campo di battaglia, tutti ne furono rattristati, tranne Sumitrā. Anche Ūrmilā non ne fu turbata; abbassņ il capo ed ascoltņ il racconto di Hanuman. Udendo tutta la storia, Kausalya si disperņ. Sumitrā la consolņ dicendole: "Sorella! Perché ti preoccupi? Nulla di male puņ accadere a Rāma; Lakshmana se ne prenderą buona cura. Entrambi i miei figli sono nati per rendergli servizio. Nel caso Lakshmana morisse in battaglia, manderņ l'altro mio figlio, Satrughna, ad aiutare Rāma in guerra".
Come puņ una madre essere capace di tanto sacrificio?
Bhārata disse ad Ūrmilā: "Madre, sarai addolorata nell'apprendere che tuo marito Lakshmana č svenuto sul campo di battaglia". A quei tempi la gente si rivolgeva alle donne con l'espressione 'madre'. Ūrmilā rispose: "Non ne sono per niente preoccupata, perché mio marito si trova col Signore Rāma stesso. Ogni cellula del suo corpo č satura del Nome Divino di Rāma. Sono sicura che non gli succederą alcun inconveniente". A quel punto Hanuman si rivolse a lei: "Madre, nessuno puņ essere certo che tuo marito resusciti. La situazione č assai difficile. Rāma ama moltissimo Lakshmana, lo considera come la Sua stessa vita, ed č sconfortato dal dolore". A queste parole Ūrmilā rise e rispose: "Hanuman, nessuno al mondo puņ comprendere la Divinitą di Rāma e la natura di mio marito. Rāma č veramente il Paramātma; non c'č motivo di preoccupazione, perché tutto questo č il Suo gioco Divino. Anche mio marito non nutre preoccupazione alcuna; forse le frecce scagliategli da Rāvana e dai suoi figli gli avranno fatto un po' male, ma non c'č alcun rischio per la sua vita, perché ogni cellula del suo corpo č satura del Nome Divino di Rāma. Infatti non č svenuto, si sta solo godendo un buon sonno in pace".
Nessuno puņ comprendere il legame di sacro amore che esisteva tra Rāma e Lakshmana. Quando questi svenne sul campo di battaglia, Rāma gemette: "Cercando in tutto il mondo, potrei trovare un'altra moglie come Sītā, ma non certo un altro fratello come Lakshmana!"
Nel Rāmāyana non si parla molto della grandezza di Lakshmana e Satrughna. Poiché la natura di questo mondo č fisica, la gente dą importanza solo agli aspetti fisici; parla solo di Sītā e di Rāma, ma non mostra interesse per i sacrifici compiuti da Lakshmana, Satrughna e dalle loro mogli.
Ūrmilā sollecitņ Hanuman a riprendere senza indugio la via del ritorno, poiché Rāma ed altri lo stavano attendendo. Poi affermņ: "Io sono figlia del re Janaka (7), nuora del re Dasharatha, e moglie di Lakshmana. Tutti e tre sono uomini di veritą e rettitudine, quindi nessun pericolo puņ colpire mio marito". La sua determinazione era tale che non si mosse dal luogo in cui si trovava, quando il marito partģ per la foresta, e passņ tutto il tempo dipingendo. Persino Sumitrā aveva qualche ansia, ma Ūrmilā era imperturbabile. La sua natura era pura, immacolata e completamente disinteressata. Purtroppo, fino ad oggi, i Bhāratiya non hanno contemplato la nobiltą di Sumitrā e Ūrmilā. Madre Sumitrā non nutriva ambizioni che i suoi figli occupassero posizioni di autoritą; voleva invece che seguissero il cammino del servizio.
Non č sufficiente che voi pensiate solo a Rāma e Sītā; dovreste ricordare anche i grandi ideali rappresentati da Lakshmana ed Ūrmilā. I quattro fratelli Rāma, Lakshmana, Bhārata e Satrughna sono come i quattro Veda. Una volta il saggio Vashishta affermņ che i quattro Veda avevano assunto la forma di questi quattro fratelli che ora giocavano nella casa del re Dasharatha.
Ciņ che oggi dovete realizzare o capire bene, č che il Signore non potrą mai incorrere in alcun pericolo. Egli inscena una rappresentazione Divina allo scopo di stabilire un ideale per il mondo. Solo chi ha il cuore puro puņ comprendere le Sue mosse. Ūrmilā soltanto poteva capire il cuore sacro di Lakshmana. Madre Sumitrā soltanto poteva conoscere la natura dei suoi figli. Č naturale che la madre capisca la natura dei propri figli. Questa sacra terra di Bhārat ha donato al mondo le gemme pił preziose in forma di madri ideali e di mogli ideali. Molti altri episodi meravigliosi e misteriosi accaddero, ma essi non sono rivelati nel Rāmāyana.
Oggi festeggiate il Capodanno; di fatto, dovreste considerare ogni secondo come l'inizio di un nuovo anno. Molti si preoccupano pensando a quali cambiamenti porterą l'Anno Nuovo nel campo sociale, politico ed economico: nessun cambiamento accadrą. Se ci dovesse essere qualche cambiamento, non aspetterebbe certo l'arrivo dell'Anno Nuovo; infatti, molti cambiamenti hanno luogo ogni momento. Voi potreste chiedervi quali siano i grandi cambiamenti che porterą con sé questo nuovo anno. Quello che č successo l'anno scorso, avverrą anche quest'anno; ma non preoccupatevi di tutto ciņ. Quello di cui dovete preoccuparvi č che non c'č alcuna trasformazione nel vostro cuore, sebbene gli anni passino. Dovete eliminare le tendenze malvagie presenti nei vostri pensieri, parole ed azioni; festeggiate l'arrivo del nuovo anno, intrattenendo sentimenti nobili e divini. Gioite della visione del Principio Divino Immanifesto, in questo mondo manifesto.
Incarnazioni del Divino Amore!
Nessun essere umano, né la ricchezza, potrą conferirvi beatitudine permanente, perché essa scaturisce dal vostro cuore: dovete, quindi, volgere la visione all'interno.
Il Signore permea ogni cosa,
sia all'interno sia all'esterno di tutto ciņ.
(Versi Sanscriti)
Quando svilupperete la visione interiore, automaticamente proverete beatitudine eterna. L'uomo aspira ad ottenere gioia, ma non č necessario che ne vada in cerca, essa č in lui e con lui. La felicitą non č del corpo.
Questo corpo č un ricettacolo di sporcizia,
ed č incline ad ammalarsi; non puņ attraversare
l'oceano del Samsāra, il ciclo delle nascite e delle morti.
Oh mente, non indugiare nell'inganno
che il corpo sia permanente.
Prendi rifugio ai Divini Piedi di Loto!
(Versi Telugu)
Come puņ questo corpo darvi felicitą permanente? Solo i Piedi di Loto del Signore vi possono concedere vera felicitą.
Oggi fra gli Indiani non c'č devozione, né il senso di abbandono a Dio; essi si lasciano ingannare da effimere cose materiali, ma riescono almeno a ricavarne felicitą? Proprio per niente.
Tutto ciņ non č altro che uno spettacolo di burattini: tutto quello che vedete in questo mondo non č altro che una commedia di marionette. Uno č re, e uno č povero. Non č forse cosģ quello a cui assistite? Qualcuno lo puņ forse negare?
Ecco la tendenza che prevale nel mondo: l'oscuritą dell'ignoranza č la causa fondamentale dell'illusione. Come potete comprendere Sattva, il Principio della purezza, se siete immersi nel Tamo Guna, ignoranza ed ottusitą?
Incarnazioni del Divino Amore!
Essere nati a Bhārat, India, č la vostra fortuna, e vivere qui č una fortuna ancor pił grande. Dovete essere orgogliosi di essere figli di Bhārat. Se qualcuno dovesse chiedere le vostre credenziali, affermate orgogliosamente che siete Indiani. Questa č, di per sé, gią una gran qualifica. C'č un sacro significato interiore in questa parola Bhāratiya, Indiani; ma voi non fate il benché minimo sforzo per capirlo.
Oh figli di Bhārat! Conducete vite esemplari ed irradiate pace e felicitą al resto del mondo. Sin dall'antichitą, molti Indiani hanno fatto della loro esistenza un ideale per il mondo intero, vivendo nella gioia e condividendola con gli altri. Perché voi dimenticate e trascurate tali nobili ideali?
Incarnazioni del Divino Amore!
Non dimenticatevi della sacra storia dell'India, non mettetela nell'oblio affermando che ormai č vecchia. Non č semplice comprendere i sottili Principi contenuti nella nostra cultura. Puņ essere che abbiate letto il Rāmāyana molte volte, ma avete colto la nobiltą di Sumitrā e la santitą di Ūrmilā? No. Ūrmilā era la figlia del re Janaka, mentre Sītā venne trovata dal re mentre arava la terra. Sītā era quindi la figlia adottiva, mentre Ūrmilā era la figlia naturale. Il re aveva deciso di dare Sītā in sposa a Rāma, ed Ūrmilā in sposa a Lakshmana.
Sītā era la personificazione di Shakti, l'Energia; ma di qual tipo di energia? Essendo ella la figlia della madre terra, era satura di potere magnetico. Pertanto Sītā sposņ Rāma, ed Ūrmilā sposņ Lakshmana.
Chi era Lakshmana? Egli era Adishesha (8) stesso, che porta il peso della madre terra. Ūrmilā era una donna di grandi qualitą e nobili virtł; era una pittrice cosģ brava che sapeva dipingere qualsiasi cosa in pochi istanti.
Oggi la gente ricorda il nome di Kaikeyi e Mantharā, ma non quello di Ūrmilā che manifestņ invece sacri ideali. Ella rimase per quattordici lunghi anni nella stessa stanza in cui si trovava quando Lakshmana partģ per la foresta, finché quest'ultimo fece ritorno, e non ebbe mai desideri materiali. Io posso rivelarvi certe cose, ma non tutti possono comprenderle.
Sītā indossava un sari giallo al momento dell'incoronazione; ebbene, trascorse tutti i quattordici anni nella foresta, indossando lo stesso Sari. Lo stesso fu il caso di Ūrmilā: portņ lo stesso sari, finché Lakshmana fece ritorno. Essendo le figlie del Re Janaka, esse non avevano alcun attaccamento al corpo; infatti, il re era conosciuto con l'epiteto Vaideha, privo d'attaccamento al corpo.
Se indagaste a fondo, scoprireste che ci sono molti segreti nascosti nel Rāmāyana, ma gli Indiani non fanno alcuno sforzo per comprenderli.
Una volta, dopo aver ascoltato molti discorsi sul Rāmāyana, venne chiesto a qualcuno quale fosse il nome della consorte di Rāma; poiché non se ne ricordava il nome, la risposta fu: "Sig.ra Rāma". Questo č il triste stato delle cose! Gli Indiani conducono una vita piena d'ignoranza: ignorano la nostra antica cultura e vengono traviati dal modernismo.
Abbiamo un unico amico ed č Dio. C'č un solo testo sacro ed č l'antica storia dell'India. Dovete studiare questo sacro testo e non rovinare ed inquinare la vostra mente leggendo romanzi insignificanti.
Incarnazioni del Divino Amore!
Da questo primo giorno dell'Anno Nuovo, riflettete sui sacri ideali manifestati dagli uomini e dalle donne del Rāmāyana, e seguitene le orme. Derivatene gioia e condividetela con gli altri. Tenete alto il buon nome di Bhārat, sviluppate il sentimento della nazionalitą, non dimenticate mai la vostra madre patria. Se qualcuno vi chiede il vostro nome, non rispondete: "Rāamayya oppure Krishnayya, ecc.". Dovete orgogliosamente affermare che siete un Bhāratiya, un Indiano; gli altri sono solo nomi dati al corpo, mentre Bhāratiya č il nome che avete acquisito alla nascita. Chi č un Bhāratiya? Bha significa splendore, luce e Divinitą. Pertanto un Bhāratiya č chi nutre un intenso amore per Dio. L'India č centro di pace e sicurezza; quello che non č presente in India, non esiste in nessun'altra parte del mondo. Nessun altro paese ha ottenuto una cosģ nobile fama come l'India.
Dovete sostenere e promuovere la gloria del paese; seguite gli insegnamenti del Rāmāyana e rendete le vostre vite sacre. Questo sacro poema epico ha un gran messaggio da trasmettere. Numerosi altri poemi non hanno superato la prova del tempo, ma il Rāmāyana, sebbene siano trascorsi migliaia d'anni, continua a rimanere sempre fresco nella mente di tutti.
Il nome Rāma fu dato dal Saggio Vashishta. Quando pronunciate la parola "Ram", aprite prima la bocca per emettere il suono "Ra". Nel momento in cui la bocca č aperta, tutte le vostre cattive qualitą ne fuoriescono. Quando invece pronunciate la "M", chiudendo la bocca, sbarrate l'ingresso alle malvagitą che sono appena uscite. Questo č il significato interiore per cui si recita il Nome di Rāma.
In questa ricorrenza del Capodanno, avete imparato molte cose nuove: santificate le vostre vite, mettendole in pratica.
(Sai Baba canta il Bhajan: "Hari Bhajan Bina....." e poi continua il Discorso).
Incarnazioni del Divino Amore!
Ieri č stato celebrato il Capodanno Telugu; oggi festeggiamo l'Anno Nuovo del Tamil e del Kerala. Come vedete, i nomi sono diversi, ma il significato interiore č uno ed il medesimo. Celebrare una festivitą non significa semplicemente alzarsi presto il mattino, fare le sacre abluzioni, indossare abiti nuovi, mangiare dolci deliziosi, ecc. Se voi capiste il loro significato interiore, celebrereste queste feste nel vero spirito.
Quello č il luogo demarcato dal fiume Chitravati
che sinuoso incanta.
Quello č il luogo dove tutt'intorno vi sono stupende piantagioni di Mango
che simboleggiano prosperitą e letizia.
Sui quattro lati, a protezione del luogo, stanno di guardia le Divinitą
Pārvatī (9) e Parameshvara (10). Accanto c'č il lago voluto da Chikkavadiyar,
ed una cittą che testimonia la gloria di Bukkarayalu.
Lą giace Puttaparthi nella sua Divina Maestą,
diffondendo grandezza e gloria in tutto il mondo.
(Versi Telugu)
Che cosa significa il nome Puttaparthi? Parthi vuol dire splendore. Puttaparthi č, quindi, il luogo dello splendore, č il faro di luce. Nei tempi passati era chiamato Puttavardhini. Putta significa "formicaio", perché prima tutt'intorno c'erano formicai e serpenti.
In un certo qual senso, si puņ affermare che anche il Rāmāyana sia scaturito da un formicaio, perché il suo compositore, il Saggio Vālmīki (11), emerse da un formicaio. Egli era completamente ricoperto da un formicaio, con serpenti che vi entravano ed uscivano.
Nel vostro cuore, che puņ essere paragonato ad un formicaio, ci sono i serpenti delle cattive qualitą. Se voi recitate, o cantate il Nome Divino, tutti quei "serpenti" verranno fuori. Ripetere il Nome di Dio č come il suono melodioso che incanta i serpenti e li fa uscire dal formicaio. Tale melodia č la nota che vi dą vita e respiro. Dovete ripetere il Nome di Dio per liberarvi delle cattive qualitą. Oggi, sono molti a non dare importanza alla recitazione del Nome Divino, ma č un grosso errore.
In quest'era di Kali (12), solo il canto del Nome Divino
puņ redimere le vostre vite.
Non c'č altro rifugio.
(Versi Sanscriti)
Cantare le glorie del Signore č sommamente sacro. Oggi il Paese deve affrontare innumerevoli difficoltą, perché la gente non ripete il Nome di Dio. Fate in modo che in ogni strada si riverberi la Sua Divina Gloria. Fate che ogni singola cellula del vostro corpo sia colma del Suo Nome Divino. Niente puņ darvi la gioia, il coraggio e la forza che potete ricavare dal ripetere il Nome del Signore.
Lasciate pure che gli altri ridano di voi, non badate loro. La gente puņ dire: "Quello č un importante funzionario, com'č che anche lui ripete il Nome?"
Chiunque abbia un cuore, ha il diritto di cantare il Nome di Dio. Il cuore č il medesimo in tutti. Cosa c'č di sbagliato se anche un alto funzionario recita il Nome Divino? Giovane o vecchio, ricco o povero, tutti devono ripetere il sacro Nome. Solo gli stolti deridono chi recita il Nome del Signore.
Se qualcuno dovesse chiedervi: "Che cosa! Anche tu sei diventato un devoto? Anche tu reciti il Nome?" Rispondetegli: "Sģ, sono un devoto del Signore, non sono cosģ "grande" da non ripetere il Nome di Dio. Non solo io, ma anche tu, tuo padre, tuo nonno, il tuo bisnonno..... tutti devono ripetere il Nome Divino. Qual č lo scopo di essere nato come essere umano, se non pensi a Dio?" L'altro puņ replicare che egli non crede in Dio. - "Se non hai fede, quello č il tuo destino; ma io ho fede e ripeto il Nome del Signore. Dio puņ non esistere per te, ma Egli esiste per me. Chi sei tu per negare l'esistenza di Dio? Che diritto hai di mettere in discussione la mia fede?"
Se voi ripetete il Nome di Dio con tale coraggio e convinzione, potete essere certi che tutti i vostri sforzi avranno successo. Non abbiate timore di nessuno. Cantate la Gloria di Dio con tutto il cuore, senza inibizione alcuna. Sola allora potrete sperimentare la Beatitudine Divina. Iniziate la recitazione del sacro Nome proprio da questo momento, la ricorrenza dell'Anno Nuovo. Non č necessario che abbiate strumenti musicali per farlo. E' sufficiente che esso scaturisca dal centro del vostro cuore. Siate vigili, affinché la vostra mente non sia inquinata da pensieri cattivi. La vostra mente č come una Vīna (strumento musicale). Ogni pensiero negativo produrrą una nota discordante; perciņ colmate la vostra mente di nobili pensieri e cantate la Sua Gloria. Solo cosģ potrete divenire il beneficiario della Grazia e dell'Energia Divina.
Una volta i pastori pregarono Krishna cosģ: "Oh Krishna! Ti preghiamo, canta per noi con tutta la tua dolcezza e melodia. Parlaci e riempi i nostri cuori di gioia. Prendi l'essenza dei Veda e trasformala in melodia Divina; ponila nel tuo Divino Flauto e falla uscire sotto forma di melodioso canto. Oh Krishna, canta per noi!" Ascoltando il dolce canto di Krishna, essi si persero in quell'estasi e dimenticarono tutte le traversie che avevano subito. Tale č la dolcezza della musica Divina.
La gente del Kerala e del Tamil festeggia oggi il Nuovo Anno. In questa fausta ricorrenza, vi benedico affinché abbiate pace, felicitą e prosperitą. Possiate santificare le vostre vite e condurre una vita ideale, elargendo gioia a tutti. Che la vostra vita sia felice; non č necessario che cerchiate la beatitudine all'esterno, essa č dentro di voi. Da oggi sviluppate devozione ed abbandono a Dio. Non siate timorosi, e cantate la gloria del Signore ovunque siate. Solo cosģ potrete condurre una vera vita umana. Essendo nati in questo paese, le vostre vite devono essere esemplari.
Molto presto tutti i paesi del mondo dovranno seguire l'India. Nel campo spirituale Bhārat deve diventare la guida del mondo intero. Questo č il mio desiderio.
Nei tempi passati l'uomo adorava la Natura. E' la natura che ci offre cibo, indumenti e riparo; non solo, ci fornisce anche metalli preziosi come l'oro e l'argento. Che cosa c'č di sbagliato nell'adorare la Natura? Tutti i riti di adorazione praticati nel passato erano molto sacri. Bhūmātā, la Madre Terra, Gomātā, la mucca, Vedamātā, i Veda, e Dehamāta, la madre naturale, devono essere venerati.
Poiché la gente ha smesso di adorare Dio, c'č disordine e confusione in tutto il mondo; tutti sprofondano nel dolore, poiché hanno perso la fede nel Sé. Che senso ha la vita senza fiducia in Sé. Solo l'adorazione di Dio puņ proteggere la nazione. Il Paese sarą benedetto con abbondanza e prosperitą, e la sua gente sarą felice solo se penserą a Dio. Nelle nostre preghiere quotidiane ripetiamo il mantra "Shānti, Pace" per tre volte. Che cosa significa? Dobbiamo conseguire la Pace a tre livelli: fisico, mentale e spirituale. Non c'č pace nel mondo esterno, s'incontrano solo tribolazioni, perché la Pace č dentro di voi. Sforzatevi di manifestare la vostra pace interiore.
Incarnazioni del Divino Amore!
Trascorrete la notte intera nel cantare il Santo Nome e diffondete quest'Energia spirituale a tutto il mondo. Chi č Īshvara? Egli pervade ogni cosa. Come il vento soffia ovunque liberamente, cosģ noi troviamo che il Principio di Īshvara č onnipervadente. Condividete il vostro Amore con tutti, e propagate il Nome Divino al mondo intero.
Swami ha concluso il Suo Discorso con il Bhajan "Hari Bhajan Bina Sukha Shānti Nahi...."
Brindavan, Whitefield - Bangalore 14 aprile 2002
Sai Ramesh Krishnan Hall
Note:
1) Rāmāyana - Il poema epico, scritto da Vālmīki, che narra gli episodi della vita di Rāma, e del suo esilio nella
foresta insieme con la moglie, Sītā, ed il fratello, Lakshmana.
2) Dasharatha - Nome del sovrano di Ayodhyā e padre dell'Avatāra Rāma.
3) Sumitrā era una delle tre mogli di Dasharatha, e madre di Lakshmana e Shatrughna.
4) Ūrmilā - figlia del re Janaka, e moglie di Lakshmana, fratello di Rāma.
5) Bhāgavata Purāna č uno tra i maggiori testi antichi, attribuito a Vyāsa, che tratta della cosmogonia e narra le leggende
dei ventuno principali Avatār, riportando estesamente la storia di Krishna.
6) Mahābhārata - Nome di un antico poema epico, il cui autore fu Vyāsa, poeta e Saggio illuminato. Esso narra della
guerra tra i Pāndava ed i cugini usurpatori Kaurava, culminata nella battaglia del Kurukshetra, dove l'Avatār Krishna
impartģ al suo amico e discepolo Arjuna l'insegnamento esoterico contenuto nella Bhagavad Gītā.
7) Janaka - Sovrano di Mithilā e padre di Ūrmilā e Sītā. Fu un re famoso per la sua vasta conoscenza e la sua santitą.
8) Adishesha - il serpente dalle mille teste che tiene la terra sulla sua testa.
9) Pārvatī - Nome di Durgā. E' la consorte di Shiva, l'aspetto della Sua Shakti, o Energia; č la Madre dell'Universo.
10) Parameshvara - Altro Nome di Shiva. Il Signore Supremo, l'Onnipotente.
11) Vālmīki, il cui nome originario era Ratnakara, un esperto ladro ed assassino, venne trasformato dall'incontro con i
Sette Saggi, i quali gli diedero un Mantra. Egli meditņ cosģ a lungo sul Nome e Forma di Rāma, finché il suo corpo
fu completamente ricoperto da un formicaio.
12) Kali Yuga, era del ferro o delle tenebre. Questa quarta era, che č l'etą attuale in cui viviamo, comprende un periodo di
432.000 anni, ed ebbe inizio quando l'Avatar Krishna abbandonņ la Sua Forma umana sul finire del terzo Dvāpara Yuga,
o era del bronzo, il quale comprendeva un periodo di 864.000 anni.