Alla nascita, il cuore degli esseri umani è puro. Ciò che distrugge la sua sacralità sono le circostanze e l’ambiente.
Ascoltate la voce interiore. L’equanimità e l’amore sono, per gli uomini, diritti acquisiti dalla nascita.
Incarnazioni d’Amore,
quando l’uomo nasce, il suo cuore è puro, integro e privo di egoismo. Col passare del tempo, l’ambiente e le compagnie che egli frequenta distruggono questa purezza; infatti a causa di ciò, l’originario candore del cuore umano, che lo rende privo di pecche e difetti, nonché avulso da desideri ed egoismi, viene totalmente cancellato. Solamente l’influsso dell’ambiente e delle frequentazioni è causa della completa scomparsa della qualità umana.
Questo è un foglio di carta. Esso è integro e pulito e non ha alcun cattivo odore. Può essere usato e poi gettato nel cestino dei rifiuti, oppure finire nel negozio di dolci, dove verrà adoperato per avvolgere del pakoda (spuntino indiano di pasta fritta, generalmente farcito con cipolla), che poi verrà venduto. A quel punto questo pezzo di carta, senza macchia e cattivi odori, prenderà odore di pakoda. Se invece finirà nelle mani dei pescivendoli, e verrà da essi usato per incartare del pesce essiccato, prenderà l’odore di quel pesce; se verrà invece usato per avvolgere dei fiori profumati, ne assorbirà la delicata fragranza.
È dunque il foglio di carta ad essere responsabile dei buoni o dei cattivi odori? No, non lo è, non lo è! Esso assorbirà l’odore di ciò con cui verrà a contatto. È per questo motivo che si dice: “Dimmi con chi vai e ti dirò chi sei!” Dal tipo di persone che si frequentano e dalle cose con cui si familiarizza si otterranno risultati di un certo tipo o di un altro. L’uomo dovrebbe dunque aspirare alle cose positive e alle buone compagnie: solo in tal modo raggiungerà altezze elevate. Il bene e il male dipendono quindi dalle persone con cui si sta; alla nascita, infatti, tutti sono buoni, ma, a causa delle amicizie sbagliate, sciupano la propria vita.
Non ci si preoccupa di sapere se un’amicizia sia giusta o sbagliata, mentre è fondamentale indagare su ciò prima di frequentare qualcuno. Per questo motivo il Vedanta afferma: “Dalla buona compagnia viene il distacco, dal distacco si ottiene la liberazione, dalla liberazione dall’illusione viene la stabilità mentale, dalla stabilità mentale si raggiunge la liberazione dalla schiavitù”.
Se vogliamo tenere tutti i sensi sotto controllo, dobbiamo fare satsanga, cioè stare con le persone buone.
Che cosa significa sat? Sat significa “ciò che è permanente”. Che cos’è permanente a questo mondo? Tutto è effimero, fugace! Dio è l’unico a essere permanente. Quando dunque si hanno rapporti costanti con Dio, i nostri sentimenti appariranno stabili, ottimali, esemplari e immortali. È quindi fondamentale comprendere che la causa della propria rovina sono le compagnie sbagliate. Dal momento in cui l’uomo nasce sviluppa innumerevoli tipi di relazione e aspira a fare tante cose, ma, che ne sia cosciente oppure no, in lui alberga la paura. Soltanto Dio può distruggere questa paura, liberare da questo stato di timore: Egli è la sola risposta.
Non ogni fiore che sboccia diventerà un frutto, né ogni frutto che nasce diventerà maturo. Ogni frutto che giunge a maturazione, però, sarà destinato a cadere. L’uomo nasce, cresce, impara ogni sorta di inganni e nutre varie ambizioni, accontentandosi di vivere in questo modo. Bene, è lì che cade in errore.
Che cosa dovrebbe invece imparare? Che viene al mondo, cresce e poi raggiunge la beatitudine. Gli scienziati hanno inventato molte macchine. Hanno messo a punto macchine che vanno sulla Luna e altre che girano attorno al pianeta Terra. Esse sono meravigliose e stupefacenti, ma Dio ne ha inventata una che è la più misteriosa e prodigiosa: il corpo umano.
La macchina del corpo umano è quanto di più sorprendente e straordinario possa esserci. Perché Dio l’ha inventata? L’ha forse creata perché essa consumasse cibo, indossasse vestiti, si trovasse un riparo, bevesse, mangiasse e si muovesse qua e là? No, non è stato per questo. Anche gli animali si muovono in ogni direzione, mangiano e bevono. Il corpo umano non è stato donato a questo scopo. Esso è il tempio di Dio. Però, quanto usiamo male questo tempio! Per prima cosa dobbiamo farne buon uso, poi entreremo al suo interno.
Avete acquistato una grossa macchina e avete in mano le chiavi per metterla in moto. Potrete però usarla solo se saprete guidare; in caso contrario, essa diventerà molto pericolosa. In modo analogo, dobbiamo conoscere la tecnica adeguata per condurre il corpo nella giusta direzione. Il corpo umano, questa sacra macchina, viene usato in maniera scorretta, e deve sottostare a cattive abitudini. A causa dell’attaccamento, l’uomo cade nell’inganno, è incapace di conoscere la verità fondamentale che sta dietro al corpo umano e ne usufruisce alla stessa stregua degli uccelli e delle bestie.
Ma Dio non gli ha dato quel corpo perché lo usasse a quello scopo, e, per conoscere questa verità, è necessario sperimentare l’amore divino. Dobbiamo fare esperienza di quei riflessi della Divinità che sono i Valori Umani. La Verità è Dio. La Rettitudine è Dio. La Pace è Dio. L’Amore è Dio. Si è esseri umani se si hanno questi quattro valori. Gli animali nutrono amore, ma non i restanti tre valori. L’uomo, quindi, deve sapere come farne il giusto uso: solo allora la vita umana sarà santificata. L’uomo, invece, spreca tempo usando male il proprio corpo.
Incarnazioni d’Amore,
fra tutti i doni che Dio ha dato, l’amore e il tempo sono i più preziosi. Per ottenere l’amore, bisognerebbe fare buon uso del tempo; oggi, invece, l’uomo impiega i tre quarti del proprio tempo in modo errato e non fa completo buon uso neppure di quella quarta parte restante.
Prendiamo in esame gli studenti. La gente pensa che essi mettano a profitto il proprio tempo dedicandolo agli studi, mentre invece essi ne sprecano la maggior parte in attività di carattere non educativo piuttosto che impiegarlo nell’acquisire conoscenza. La stessa cosa vale per i capofamiglia e gli asceti. Pertanto, sia lo studente religioso, che il capifamiglia, come pure l’eremita e il rinunciante sprecano tre quarti del loro tempo. Come possono dunque nutrire buoni pensieri, buoni sentimenti e compiere azioni positive? Ciò non è possibile.
L’uomo fa ogni sforzo, ma, allorché l’ego gli sbarra la strada, ogni suo tentativo viene vanificato. Egli dovrebbe perciò svolgere azioni che santifichino il tempo a sua disposizione. A questo riguardo la Bhagavad Gita afferma: “Tu hai diritto all’azione, ma in nessun caso ai suoi frutti”.
Non lasciatevi coinvolgere dall’azione, né perdete tempo pensando ai suoi risultati. Agite senza pensare ai frutti del vostro agire. Questo è ciò che si vuole intendere quando si afferma: “Il dovere è Dio”. Solo l’azione compiuta senza aspettarsi i risultati sarà la manifestazione del Divino.
Voi vi considerate devoti. Non potete però considerarvi tali solo facendo servizio; dovete rendere servizio anche al divino Sé. Pensate che Dio è in ognuno e ovunque; abbiate la certezza che Egli è presente in tutto l’Universo.
Se voi pensate: “Sono andato al villaggio e ho aiutato le vittime dell’alluvione”, ritenendo in tal modo di aver reso servizio, quello in realtà non è un vero servizio.
Vi faccio un breve esempio. Il sacro testo del Bhagavatam (“che è destinato a essere divino”) in telugu si dice Bhagavatamu. Esso contiene l’essenza dei Veda, l’essenza di ogni filosofia. Se lo scomponiamo in sillabe, esso diventa Bha, ga, va, ta, mu. Bha significa bhakti, (devozione); ga, sta per jñana (saggezza); va sta per vairagya (rinuncia, distacco); ta per tapas (penitenza, austerità). Avendo raggiunto questi quattro, si ottiene mu, cioè mukti, (liberazione).
È necessario cercare di comprendere il profondo significato del Bhagavatam.
Gopala (epiteto di Krishna) se ne andò da Gokula, raggiunse Mathura e lì cominciò a prender parte a numerose attività del regno, divulgando anche il proprio insegnamento circa il comportamento che i sovrani dovrebbero tenere. Le gopi, le pastorelle abitanti a Gokula, erano però profondamente tristi e l’intera Gokula appariva desolata, senza vita. Esse non sapevano che cosa fare. Il cibo non mancava e neppure i vestiti scarseggiavano, eppure esse non mangiavano né fruivano di tutti gli agi di cui erano circondate.
Per quale motivo? “Gopala, il respiro stesso della nostra vita non è qui!”, esse dicevano. Se ne dolevano giorno e notte, finché il loro corpo si indebolì e la loro mente cominciò a evidenziare un grave stato di turbamento. Gopala, che si trovava ancora a Mathura, sapendo quanto stava accadendo, si rivolse all’amico Uddhava e gli diede un messaggio, che è diventato noto come “il messaggio di Uddhava”. Egli si espresse con queste parole: “Uddhava, le pastorelle stanno attraversando un momento di grande tristezza a causa della Mia partenza. Raggiungile, e trasmetti loro il Mio messaggio affinché la loro mente possa ritrovare la pace”.
Uddhava era uomo di saggezza, un grande filosofo. Capiva infatti come si accende la lampada della saggezza interiore, e sapeva anche che Dio e onnisciente e onnipresente. Tuttavia non basta solo sapere queste cose!
Si recò quindi a Gokula e chiamò tutti a raccolta dicendo: “Ascoltate! Dio è ovunque! I Suoi piedi, le Sue mani e le Sue teste sono sparsi dappertutto. Ovunque vi volgiate, la Lo troverete!”
Le gopi, allora, sorrisero. Ma il loro non era un sorriso scaturito dalla beatitudine, ma un sorriso di scherno. Infatti esclamarono: “ Uddhava, tu ci dici tutto ciò. Ma sei stato capace di sperimentarlo? Ci parli del Dio senza attributi e senza forma, ma a noi non interessa. Noi vogliamo il Dio con forma e attributi. Che gusto può esserci in una Divinità senza forma?”
Esistono tanti oggetti di plastica, fra cui vari frutti; ma li mangiamo forse? Esiste dell’uva fatta di plastica; ma è possibile mangiarla? No, non lo è.
“La tua - esse proseguirono,- è solo vuota verbosità, e non ha niente a che vedere con la beatitudine che si prova nell’esperienza del Divino. Facci vedere Krishna nella Sua divina manifestazione: questo ci basterà. A noi non interessa la tua erudizione, il tuo sommo sapere!”
Mentre parlavano, le gopi non guardavano direttamente Uddhava; avevano infatti completamente abbandonato il loro cuore a Krishna.
“Krishna ha rubato i nostri cuori - esse continuarono - per questo Lo chiamiamo Hari, che significa “colui che ruba”. Nella nostra mente non c’è posto che per Hari. Noi abbiamo una sola mente, non tante menti. Anche quell’unica mente non è con noi, ma ha seguito Krishna a Mathura. Facci dunque vedere Hari!”
La frase “una sola mente” commosse il cuore di Uddhava e sortì in lui un cambiamento. Quella frase infatti allude al solo e autentico fondamento della Divinità. Unicamente con “una sola mente” possiamo giungere al Divino che è senza attributi, senza forma, puro, eterno, immacolato e onnipresente.
“Quindi - le gopi aggiunsero - abbiamo affidato le nostre menti a Krishna e non guarderemo alcun altro viso se non il Suo!”
In quel mentre arrivò un’ape che servì loro come strumento per inviare il messaggio. Esse non guardavano in direzione di Uddhava. “Se guardassimo Uddhava - esse dissero - romperemmo il nostro voto. Basta che volgiamo i nostri occhi solo verso Krishna; basta che ascoltiamo le Sue parole di loto. Per farci sperimentare la beatitudine è sufficiente l’amore di Krishna: non ci servono altre forme, altri suoni o le parole di qualcun altro. Perciò i nostri cuori ora si sono inariditi. Non facendo altro che piangere per Krishna, nei nostri occhi non è rimasta neppure una lacrima e anche i nostri cuori bruciano e sono diventati aridi. Come puoi pensare di raggiungerci con la barca che porta il messaggio di Krishna se il fiume del nostro cuore è in secca? La barca può forse navigare sulla sabbia? Il nostro cuore è pieno di sabbia, è un deserto, e noi non possiamo farvi entrare la barca che reca il messaggio. È meglio che torni da dove sei venuto. Tu credi al Dio senza attributi. Noi non vogliamo Quello, ma aneliamo al Dio con una forma!”
Così dicendo lo invitarono ad andarsene. Uddhava, allora, raccolse la sua intelligenza e dichiarò: “Io non sono affatto saggio, ma ignorante”.
Dicendo tali parole, offrì alle gopi il foglio di carta contenente il messaggio di Krishna, affinché lo leggessero, ma esse gli dissero: “Uddhava, noi non viviamo in una città, ma in un piccolo villaggio ove non esistono scuole. Non sappiamo né leggere né scrivere e la nostra vita è interamente assorbita nello Spirito universale. Dato che non sappiamo leggere, come puoi aspettarti che leggiamo il messaggio? Non lo vogliamo! È meglio che tu lo porti con te”.
Uddhava si innervosì molto per il fatto di dover portare indietro il messaggio a Krishna. Attaccamento o odio, beatitudine o felicità devono essere tutti guardati in modo equanime, e questo devoto, Uddhava, in quel momento era arrabbiato. Una delle gopi, avendo compreso ciò, disse: “Uddhava, tu ti lasci trasportare e illudere dal fatto di ritenerti saggio. Invece sei assolutamente, perfettamente, ignorante. Noi non vogliamo leggere il messaggio perché non impareremmo nulla. Anche se sapessimo leggere un po’, dopo aver preso il foglio ed esserci messe a leggerlo, cominceremmo a piangere e tutte le lettere, a causa delle lacrime, finirebbero cancellate. C’è anche un’altra ragione. A causa della separazione da Krishna, i nostri cuori stanno bruciando. Questa separazione è come bruciare fra le fiamme. Se, con queste mani ardenti, prendessimo il foglio e ci mettessimo a leggerlo, esso ben presto si ridurrebbe in cenere. Tu non ti sforzi assolutamente di capire la nostra situazione; quindi non vogliamo inviare, per mezzo tuo, il nostro messaggio. C’è un solo tipo di relazione fra noi e Krishna”. Dicendo queste parole, presero l’ape come intermediaria e si misero a cantare (Swami intona questi versi):
“O ape, riferirai le nostre parole a Krishna”?
Digli di alzare gli occhi almeno una volta e di guardarci.
I nostri cuori sono desolati e aridi come un deserto e in essi non ci sono fiori.
Digli di farli ricrescere e sbocciare con il Suo sguardo gentile e delicato.
Nel cielo della nostra mente passano nuvole oscure e i nostri cuori sono in un buio pesto.
Non sappiamo dove andare e che fare. Nei nostri cuori rannuvolati e nell’oscurità
possa Krishna accendere la lampada della Sua forma divina”.
Questo fu il messaggio che esse mandarono a Krishna.
Poi Radhika aggiunse: “Siamo pronte a morire pensando a Te. Se moriamo ora, o Krishna, a causa della separazione da Te, quando tornerai sulla Terra per ristabilire il dharma, facci rinascere di nuovo con Te. Se rinascerai come albero, permettici di rinascere rampicante che si avviluppa attorno a Te. Se rinascerai come fiore che sboccia in tutta la sua bellezza, facci essere l’ape che, ripetendo il Tuo nome, Ti ronza intorno e poi entra in Te. Concedici una nascita come questa. Se rinascerai come montagna simile al monte Meru, o Krishna, fa’ che possiamo essere la cascata che scorre su di Te. Se poi sarai un vasto oceano, consentici di essere il fiume che si riversa in Te diventando con Te una sola cosa”.
Esse pregarono di poter avere una simile rinascita. Ciò significa seguire una sola direzione, essere nell’unità, non nella molteplicità. La vera filosofia insegna a stabilire una relazione fra l’individuo e l’Universo. Una volta che l’individuo abbia raggiunto il Divino, diventa un tutt’uno con l’Universo. Le gopi anelavano alla Coscienza Cosmica; non volevano quindi restare a un livello individuale. In questo consisteva la loro devozione.
Che tipo di servizio bisognerebbe svolgere? Potete fare qualunque servizio, ma consideratelo come fosse fatto a Dio. Il modo migliore per amare Dio è amare e servire tutti. Sviluppate la certezza che Dio è presente in tutti e in tutto; tutto è infatti una manifestazione del Divino. Egli è presente in qualunque forma, in qualunque oggetto, in qualunque luogo. È dappertutto: non c’è luogo dove Egli non sia presente.
Per tale motivo le gopi dissero: “O Uddhava, tu parli dal punto di vista dell’io. Fintantoché rimarrai su questa posizione, non potrai capire la Divinità. Noi, invece, abbiamo perso il senso dell’io e non viviamo più in quella ristretta realtà. L’io fa nascere anche il tu. Quando ci sono l’io e il tu, lì c’è il mondo. Noi non vogliamo questa pluralità, vogliamo l’unità. Questa è la Verità ed è eterna. Questo è il sentiero giusto”. Anche a Uddhava esse insegnarono questa lezione.
Oggi le ex studentesse del campus di Anantapur hanno chiamato, la loro associazione di alunne, “Regno della Madre Sai”. Esse lavorano e fanno servizio in armonia col sacro nome che l’associazione porta. Abbiamo ascoltato la relazione che esse hanno presentato; hanno fatto molto di più di quanto hanno riferito. Swami ha infatti voluto che esse presentassero un breve resoconto del loro operato. Sebbene abbiano svolto un’ingente attività, esse hanno esibito un breve rapporto. Stanno infatti lavorando moltissimo.
E non solo qui. Ce ne sono molte che sono andate via da questo posto e sono sparse in tutto il mondo: Canada, America, Germania, Giappone. Ovunque, esse offrono lo stesso servizio, aiutando la collettività ovunque si trovino e dando lustro al Shri Sathya Sai Institute of Higher Learning. Inoltre, spendono tutti i soldi che guadagnano.
Quando i genitori hanno chiesto loro perché mai facessero tutto ciò, esse hanno dato le risposte giuste: “Padre, madre, ci avete forse dato un’educazione? Colui che ci ha permesso di avere un’educazione è stato solo Swami. E per di più ce l’ha data gratuita. Si è inoltre preso cura della nostra salute. La salute è ricchezza. Solo Swami è salute e ricchezza. Tutto ciò che guadagniamo è giusto sia speso per il Suo servizio. Inoltre, non sprechiamo neppure un paisa”. Questa è stata la loro spiegazione, e ciò ha portato una trasformazione nei loro genitori. Tutti voi sapete ciò.
Nel nostro General Hospital c’è una dottoressa, oculista. Si chiama Vansa ed è vedova. Ha una figlia che ha studiato nel nostro college e che ora si trova in Australia. È lì con suo marito e ha determinato in lui un cambiamento. Anche il marito si dedica al servizio, ed entrambi spendono il loro denaro in attività di servizio. Non hanno figli.
È venuta la madre di lei a pregarMi di conceder loro dei figli, ma la ragazza ha detto: “Perché dovrei averne? Non voglio responsabilità. Swami è tutto. Non voglio legami come questo! Tutte sono mie sorelle e i loro figli sono i miei figli. Non ho bisogno di figli miei personali. Permettimi di camminare libera, libera!”
Ci sono molte, molte donne che pregano di potere far servizio liberamente, ma non si può dire altrettanto degli uomini. Non solo. In certe opere epiche e nei testi sacri, si parla di numerose donne di grande devozione. Sappiamo di Savitri, che riportò in vita il marito defunto: ella appartiene a questa sacra terra. Anche Candramati, che placò le fiamme divampanti, appartiene a questo Paese, come pure Sita, che saltò fra le fiamme per dimostrare la propria virtù, e Damayanti, che ridusse in cenere un demone grazie alla forza della sua castità.
Grazie a tali donne, l’India è una terra sacra e feconda. Per merito di simili donne virtuose e nobili, non solo l’India, ma tutto il mondo può ottenere benefici e prosperità. Se, infatti, non ci fossero persone nobili come queste, come potremmo trovare la luce ovunque? Perciò, non bisognerebbe nutrire scarsa considerazione verso le donne né ritenerle deboli, poiché esse hanno grandi capacità e ingegno.
Devo dirvi ancora alcune cose. Il prossimo anno questo Corpo compirà il Suo settantacinquesimo anno. Per poter fornire cibo gratuito a tutti i devoti che interverranno al settantacinquesimo compleanno, le ex studentesse del campus di Anantapur, le “Messaggere di Sathya Sai”, si sono riunite. Hanno messo a punto un grosso progetto e hanno già cominciato ad attuarlo. Sono infatti già pronti, per la distribuzione gratuita, mille sacchi di riso, che serviranno per dieci giorni.
Il movimento delle “Messaggere di Sathya Sai” annovera tremila componenti. Esse non hanno una mente vacillante; infatti la loro devozione e sincerità sono aumentate giorno dopo giorno. Sono pronte a distribuire settantacinquemila sari; hanno dato l’ordinazione per settantacinquemila sari con lo stesso disegno.
La devozione e la sincerità sono più diffuse fra le donne: ecco perché le donne simboleggiano la devozione e gli uomini la saggezza. La devozione (la donna) entrerà direttamente nel palazzo, mentre la saggezza (l’uomo) entrerà solo nella sala delle udienze. Infatti, nell’antichità, tutti potevano riunirsi nella sala delle udienze dei palazzi reali, ma gli uomini non potevano accedere alle stanze interne degli stessi, mentre le donne, simbolo di devozione, potevano liberamente entrare.
Antah = interno; pura= luogo; solo la devozione può entrare nell’ antahpura, il luogo interno. Antahpura significa quindi Antaratman, lo Spirito interiore. Le donne, che si trovano all’interno, possono quindi vedere gli uomini, ma non viceversa.
L’uomo si considera saggio, ma è ignorante: la sua è solo conoscenza libresca che non gli permette di accedere al santuario interiore. La maggior parte delle donne, invece, possiede la conoscenza pratica ed è grazie a loro se gli uomini si trovano qui.
Non potrebbero neanche fare un solo passo avanti senza la devozione e l’umiltà delle donne, le quali li indirizzano verso il sentiero devozionale. La Mia opinione è che le “Messaggere di Sathya Sai” debbano aumentare affinché il Mio messaggio si diffonda in tutto il Paese che, in tal modo, progredirà nel bene. E lo stesso dovrebbe avvenire in tutto il resto del mondo. Bisognerebbe recuperare e ristabilire l’antica cultura.
Se infatti comprendiamo la devozione delle gopi di quei tempi, i nostri cuori cominceranno a sciogliersi, così come avvenne per Uddhava, uomo di saggezza, che si recò da Krishna implorandoLo così: “Concedimi anche solo una frazione della devozione delle gopi, i cui insegnamenti sono unidirezionali”. Gli uomini, invece, hanno così tante menti! Una è sufficiente: questo è vero Vedanta ed è l’insegnamento profondo delle gopi.
L’ultima volta vi raccontai che, alla corte del re Janaka, c’erano Yajñavalkya e altri grandissimi eruditi. Nessuno poteva superare Yajñavalkya, tuttavia in quell’assemblea solo Gargi poteva tenergli testa. Ella gli pose diverse domande a cui egli non seppe rispondere. Quando gli chiese: “Yajñavalkya, tu sei un saggio e io ti rispetto. Vorrei che rispondessi a una mia domanda: che cosa c’è fra la Terra e il Cielo?”, egli non fu in grado di rispondere.
“Non importa”, Gargi disse. “Sapresti dirmi il nome di tutte le cose che sono sulla faccia della Terra?” Anche a questo egli non seppe rispondere. Allora Gargi disse: “La Terra è solo Cielo, il Cielo è solo Cielo e tutte le cose sono espressioni del Cielo. Tutto è uno. C’è solo una verità, ma i saggi la chiamano con molti nomi”. Ella affermò che non esiste nient’altro che Dio.
Noi crediamo che esistano le persone, le montagne, le colline e gli alberi. Ma gli alberi non sono veramente alberi, le montagne non realmente montagne, e le colline non veramente colline. Gli esseri umani non sono realmente esseri umani, ma solo marionette. Pertanto, tutto è manifestazione del Divino. Voi guardate il mondo da un punto di vista materiale e quindi gli uomini vi sembrano solo tali: se guarderete tutti come manifestazioni del Divino, tutti vi appariranno come forma di Dio. Yad bhavan tad bhavati: “Si diventa ciò che ci si sente”.
L’intero Universo è dunque forma di Dio. Allah, Gesù, Zoroastro, nomi che avete appreso dalle vostre religioni, indicano tutti la stessa Divinità. La cosa più importante è dunque comprendere questa verità. Potreste pensare che il Natale sia una festività solo per i cristiani, ma non è così. Tutti dovrebbero celebrarlo e sentire che non esistono differenze fra cristiani, mussulmani e indù.
Mettete quindi da parte tutte le differenze ed espandete la vostra visione. C’è un solo Dio, e dimora nel cuore. Quando avrete compreso questa verità, sviluppato devozione e vi sarete arresi a Dio, esisterà una sola religione, quella dell’Amore, e ci sarà una sola casta, quella dell’umanità. Ogni singola persona al mondo appartiene a una sola religione. Quale? Quella dell’umanità, che non deve andare perduta.
È necessario che ci sia la qualità umana: umanità non significa altro che questo. Il Dio che risiede nel cuore è uno solo: è questo che bisogna sentire. Chi, nel proprio cuore, non nutre amore, non è né cristiano, né mussulmano, né indù, né sikh. È solo un demone. Come si può ritenersi esseri umani se non si nutre amore? Non esiste questo o quel Dio, poiché ce n’è uno solo, e dimora nel cuore.
Solo a Prashanti Nilayam c’è una completa unità di tutte le religioni. È davvero una grande cosa che i cristiani, provenienti da 64 paesi, si siano qui riuniti per celebrare il Natale.
Questo principio di unità è segno di vera devozione ed esempio delle parole vediche: “Esiste una sola verità, anche se i saggi la chiamano con molti nomi”. Il Natale non è solo per i cristiani, ma per tutti. È la festività per chiunque abbia preso una forma umana. Mi auguro, quindi, che tutte le differenze vengano completamente cancellate.
Per quanto riguarda voi, “Messaggere di Sathya Sai”, ci sono ancora tante cose che dovete fare. La distribuzione di cibo, di medicine e l’insegnamento ai bambini sono fondamentali, ma, assieme a queste attività, bisognerebbe incrementare anche la spiritualità. Se essa viene distrutta, anche la vita lo sarà. Perciò fate sì che la spiritualità sia il centro di ogni vostra attività. Questo vale non solo per le “Messaggere di Sathya Sai”, ma anche per i ragazzi. Anch’essi dovrebbero infatti intraprendere simili attività.
Generalmente le donne hanno meno libertà degli uomini. Se alle donne fosse stata concessa la stessa libertà che hanno avuto gli uomini, il mondo ora sarebbe ben diverso. Esse subiscono molte limitazioni sia da parte del padre, che del marito, che dei figli; ma, nonostante tutti gli ostacoli che incontrano, vanno avanti.
Gli uomini non trovano simili ostacoli. Se la moglie lo intralcia, il marito le dice: “Chiudi il becco!”; se i genitori gli mettono dei freni, il figlio maschio dichiara: “Non è cosa che vi riguardi!” In questo modo gli uomini hanno la possibilità di aggirare gli ostacoli. Dato che godono di così grande libertà, c’è da chiedersi perché non intraprendano attività spirituali, non vivano in modo spirituale e non diffondano insegnamenti e ideali spirituali. Che cosa dovrebbero fare? Dovrebbero servire la società. Se non si serve la società, a che sarà servito aver ricevuto un’educazione? Non se ne potrà vedere l’utilità. Se non si serve la società i libri dovrebbero essere gettati nel fuoco.
Che cosa significa guadagnare? Vuol dire forse far soldi? È bene piuttosto guadagnare le buone qualità! Non c’è già tanta gente che accumula ricchezze? Ma che cosa porterà con sé quando lascerà questo mondo? Niente di niente. Così, chi ha fatto dei soldi sarà costretto ad andarsene a mani vuote. È ovvio che guadagnare è necessario, ma bisognerebbe anche impiegare il proprio denaro per servire la società. Solo se questo vien fatto ci saranno dei miglioramenti nel proprio Paese.
Voi sapete quanta inquietudine ci sia oggigiorno nel mondo, e quanta paura e preoccupazioni imperversino ovunque. È dovere dei giovani porre rimedio a una simile situazione dando il buon esempio, che si attua cominciando col servire i genitori. Se non si è capaci di fare ciò, com’è possibile occuparsi del proprio Paese?
Ci si curerà per primo dei genitori, poi di tutta la famiglia e infine della comunità: solo così si potrà essere in grado di servire il proprio Paese.
Studenti,
è importante che vi auguriate che il Paese e la società progrediscano. Abbiate spirito patriottico! È una grave scorrettezza non averlo.
L’India è una terra veramente sacra ed è il Paese degli indù. Se non si è capaci di proteggere un Paese come questo, a che sarà servito studiare? Quando andate nei vari villaggi a prestare servizio, non aspirate ai frutti del vostro operato! Dio vi ricompenserà per le vostre azioni e vi proteggerà. Servire il proprio Paese significa veramente servire Dio.
Studenti, Messaggere di Sathya Sai, sono molto contento del lavoro che state svolgendo, ma Mi auguro che miglioriate sempre più.
Voi sapete in quale modo una madre impartisca la sua benedizione. Dovreste agire in modo tale da ricevere, dalla vostra, approvazione e una simile benedizione. Perché? Perché probabilmente un giorno anche voi diventerete madri. Servite oggi i vostri genitori, in modo che i vostri figli possano a loro volta servire voi quando ce ne sarà bisogno. Solo chi serve i genitori sarà servito dai propri figli. Correggetevi oggi se non vorrete piangere domani; si raccoglie ciò che si è seminato.
L’unica cosa che valga la pena di ottenere al mondo è l’Amore di Dio: è la cosa più dolce e più grande che si possa avere e conduce alla beatitudine e all’immortalità. Se otterrete questo Amore potrete avere qualunque cosa. A questo fine, impegnatevi nel lavoro sociale!
Moderate il desiderio di raggiungere titoli scolastici sempre più prestigiosi e di guadagnare di più. Se guadagnate, sono molto contento, ma usate il vostro denaro per il benessere della società. Rivolgete la mente e il cuore completamente a Dio: solo allora sarete santificati e diverrete studenti esemplari.
(Swami conclude cantando: “Prema mudita manase kaho”)
Prashanti Nilayam, 25 dicembre 1999,
Festa di Natale, Sai Kulwant Hall.
(Trad. integrale dal telugu-inglese)