Si può essere autorevoli in ogni campo del sapere,
superare sul piano dialettico i propri oppositori,
farsi onore sul campo di battaglia combattendo con valore e coraggio,
essere imperatori di vasti reami,
offrire bestiame e oro come atto caritatevole,
riuscire a contare le innumerevoli stelle del cielo,
conoscere i nomi dei diversi esseri viventi sulla Terra,
essere esperti delle otto forme di yoga,
andare anche sulla Luna,
ma non essere in grado di controllare il corpo, la mente e i sensi.
Volgete la vostra visione interiormente e raggiungerete
lo stato supremo di equanimità mentale.
Incarnazioni dell’Amore,
la forza di volontà, il potere di discriminazione e il potere d’azione sono, in questo mondo, elementi indispensabili all’uomo per assolvere qualsiasi compito. La forza di volontà è la determinazione con cui si esegue una mansione, e il potere discriminativo attiene ai modi e ai mezzi da usare per portarla a compimento. Essi non sono però sufficienti se manca il potere d’azione. Se si vuole creare una stoffa è necessario avere del cotone; da questo si ottengono dei fili che, a loro volta, devono essere intessuti. Ciò costituisce il potere d’azione.
Il potere di discriminazione si ha, invece, allorché ci si chiede che genere di attrezzatura occorra per eseguire quel lavoro.
L’uomo ha in sé queste tre potenzialità, ma ciò non basta; deve infatti associarle l’una all’altra.
La Causa Primigenia della Creazione
Vi faccio un breve esempio. Supponete di avere dei fiori, filo e ago; potete avere una ghirlanda? Non dovrà forse esserci qualcuno che la crei servendosi di quegli elementi?
Se avete un recipiente per l’olio, uno stoppino e una lampada, potranno essi da soli produrre luce? No. Deve esserci qualcuno che accenda lo stoppino.
Se disponete di oro e pietre preziose, potete avere dei gioielli? No, a meno che non vi rivolgiate a un orafo che provveda a crearli.
Ci sono qui due cause: una primaria, l’altra strumentale. L’orafo crea i monili usando l’oro, ma chi ha creato l’oro? Dio. Egli è dunque la Causa originaria e l’orafo la causa strumentale: essa è inutile senza il Principio Primo, cioè Dio.
Egli, Principio sostanziante, è il creatore del mondo; l’uomo, causa strumentale, cerca di sperimentare e beneficiare di questa creazione, ma dimenticando Dio, la Causa originaria, e pensando di essere l’artefice di quanto avviene, si inorgoglisce quando ottiene qualcosa.
Se non ci fosse il Fondamento primario, l’uomo non potrebbe avere nulla.
Gli studenti di scienze sanno che due parti d’idrogeno e una d’ossigeno, una volta aggregate, formano l’acqua. Gli scienziati vanno fieri di aver fatto una tale scoperta e ignorano Dio che è il creatore dell’idrogeno e dell’ossigeno.
In quest’era moderna, l’uomo si lascia trascinare dalla sensazione di essere lui l’artefice di tutto, e dimentica il Fondamento primario. Il vasaio crea il vaso, ma, senza l’argilla e l’acqua, non può farlo. Egli è solo un mezzo, cioè la causa strumentale, e Dio, che ha creato l’argilla e l’acqua, è la Causa precipua.
Gli Indiani ritengono che, in questo mondo, ci siano 8.400.000 specie, che si possono classificare in quattro categorie: la prima è quella degli a¾¬aja (esseri nati dalle uova), la seconda dei pi²¬aja (nati dal grembo materno), la terza degli svedaja (nati dal sudore), la quarta degli utbhûja (nati dalla Terra). Ognuna di queste categorie annovera 2.100.000 specie; in totale esse assommano a 8.400.000 specie.
Gli esseri sono molti, ma il principio vivente è lo stesso in tutti.
Ci sono infinite onde nell’immenso oceano e ognuna di esse è diversa dall’altra. Le onde possono variare di forma, ma la loro origine comune è l’oceano. Allo stesso modo, tutti gli 8.400.000 specie provengono dall’oceano del Sat-Cit-Ananda; essi hanno qui la loro origine.
L’Uomo è, per sua sostanza, divino
Che cosa significa Sat-Cit-Ananda? Sat è l’Essenza, immutabile ed eternamente presente; Cit significa pura Consapevolezza. Sat è come lo zucchero, Cit come l’acqua: quando essi vengono mescolati non si ha più né zucchero né acqua, ma sciroppo. Allo stesso modo, la combinazione di Sat e Cit dà come risultato Ananda, cioè la Beatitudine. Sat-Cit-Ananda si trova in ogni creatura vivente, ma l’uomo non riesce a comprendere questa sua vera identità e cerca fuori la felicità. È come se cercasse fuori se stesso; come potrebbe riuscirvi? Deve invece guardare dentro di sé.
Nello stato di veglia ci sono quattro aspetti: il tempo (kžla), l’azione (karma), la ragione (kžrana) e il dovere (kartavya).
Supponete di aver deciso di andare in macchina a Bangalore per partecipare a un programma. Partite alle 5 del mattino e arrivate a Bangalore alle 8: le 3 ore che ci impiegate costituiscono il tempo, il viaggio in macchina è l’azione, il programma è la ragione e il parteciparvi è il dovere, ciò che deve essere fatto. Nello stato di veglia sono presenti questi quattro aspetti. Ora, supponiamo che alle 10 di notte facciate un sogno: siete andati a Bangalore e avete preso parte a un programma. Quando siete partiti? Con quale mezzo? Quando siete arrivati? Qual è stata la motivazione? Non potete saperlo. Ciò significa che i suddetti quattro aspetti non esistono nello stato di sogno. Nello stato di sonno profondo non c’è tempo, non c’è ragione, non c’è dovere, né azione: si sperimenta unicamente la Beatitudine.
Nello stato di veglia compite diverse mansioni servendovi del vostro corpo; nello stato di sogno create tutto, compresi voi stessi; nello stato di sonno profondo assaporate la beatitudine. Nei tre stati siete una sola persona e sempre la stessa. In base a ciò, si può dire che l’uomo è immutabile in tutti e tre i periodi di tempo e sperimenta, direttamente o indirettamente, la Beatitudine. Egli sperimenta l’unità in tutti e tre i periodi di tempo; una volta che avrà compreso questo spirito di unità, divergenze e conflitti non avranno ragione di esistere. Fintantoché ci si identifica con il corpo si trova solo molteplicità.
I tre peccati di ›a¾kara
Una volta Adi ›a¾kara si recò a Kžµi e pregò così il Signore Viµvanžtha: “O Signore, sono venuto qui per redimermi dai tre peccati che ho commesso”.
Non aveva fatto del male a nessuno né rubato nulla; perché allora si era definito peccatore? Egli spiegò il primo peccato con le seguenti parole: “Sono stato io a dichiarare: Yatho vžco nivartante apržpya manasž saha. Sebbene io sappia che Tu sei al di là della portata del pensiero e della parola, ho cercato di descriverTi con una serie di appellativi: †µa, Gir¢µa, Nareµa, Pareµa. Ho commesso il peccato di non mettere in pratica ciò che predicavo. Questo è il mio primo peccato. Benché dichiarassi che Dio è ovunque, mi sono recato fino a Kžµi per avere il Tuo darµan, come se Tu fossi presente solo là. Ho commesso il peccato di dire una cosa e farne un’altra. Questo è il mio secondo peccato. Sono io ad aver detto: Na pu²yam, na pžpam, na sukham, na dukham, che significa: “Non c’è merito, né peccato, né gioia, né dolore”; ciononostante, sto pregando per l’espiazione dei miei peccati. Questo è il terzo peccato che ho commesso”.
Il significato delle affermazioni di ›a¾kara è che la disarmonia di pensiero, parole e azioni è di per sé un peccato.
“Il malvagio è colui che non osserva l’unità di pensiero, parola e azione”.
“Anima nobile è colui che ha conseguito l’unità di pensiero, parola e azione”.
Il Nome di Dio, unica salvezza
Ogni azione di ›a¾kara è un insegnamento all’umanità. Quando stava tornando da Kžµi, incontrò un uomo che era intento a mandare a mente la formula grammaticale di Pž²ini, ripetendo continuamente: Duk©ñ Kara²e, Duk©ñ Kara²e. ›a¾kara, allora, decise di impartirgli un insegnamento; gli si avvicinò e gli chiese quale beneficio avrebbe ricavato dalla ripetizione della grammatica di Pž²ini. L’uomo rispose che sarebbe potuto diventare un grande pa²¬it, andare alla corte del re, guadagnare un mucchio di denaro e condurre una vita felice. Quando ›a¾kara gli chiese che ne sarebbe stato di lui dopo la morte, l’uomo gli rispose di non saperlo. ›a¾kara, allora, gli disse: “O uomo stolto, cerca di comprendere che il corpo, il denaro e il potere sono temporanei. Raggiungi la beatitudine eterna, che potrai godere anche dopo la morte”. Poi cantò questi versi:
Bhaja Govindam, bhaja Govindam,
Govindam bhaja, mû¬hamate
Sa¼pržpte sannihite kâle
Nahi nahi rak¹ati ¬ukrñkara²e
(O uomo stolto, canta il nome del Signore. Quando l’ora della morte s’avvicina solo il Signore può salvarti, non la tua grammatica).
Benché non ne avesse un profitto personale, ›a¾kara si adoperò intensamente per l’emancipazione dell’umanità.
Impegnarsi in sacre azioni
Non solo ›a¾kara, ma anche K©¹²a fece lo stesso. Nella Bhagavad G¢tž, Egli dichiara: “Non c’è niente nei tre mondi che Io debba fare, né alcuna cosa che Io debba ottenere. Tuttavia, per offrire un insegnamento all’umanità, Io Mi impegno indefessamente nell’azione dall’alba al tramonto, in modo che gli uomini seguano il Mio ideale e santifichino la propria vita”. Solo attraverso l’azione l’uomo può redimersi.
“È la sola azione quella che ti concerne, mai i suoi frutti”.
“L’uomo è legato al mondo dal karma”.
Nessuno può passare il proprio tempo senza esser coinvolto nell’azione.
Quando Io chiedo a qualcuno degli stranieri che cosa stia facendo, Mi sento rispondere: “Nulla”, poiché si ritiene che azione significhi esser coinvolti in qualche tipo di mestiere o affare.
In realtà anche il processo di inspirazione ed espirazione è un tipo di azione, come lo è il movimento delle palpebre. Il corpo è costantemente occupato in qualche attività; la cosa migliore è impegnarlo in azioni sacre, come ›rava²a¼, ascoltare le storie che riguardano il Signore; K¢rta²a¼, cantare le Sue glorie; Smara²a¼, ricordare il Suo Nome; Pždasevana¼, il servizio reso ai Suoi Piedi di Loto; Arcana¼, l’adorazione (di Dio nei riti); Va¾dana¼, il profondo rispetto di tutto e di tutti (vedendo in essi una forma del Divino); Džsya¼, servire tutti indistintamente; Sakhya¼, il sentimento di amicizia (per Dio); Atmanivedana¼, offrire sé stessi al Signore, cioè abbandonandosi a Lui completamente.
Dovreste comprendere che, qualunque disciplina spirituale intraprendiate, ripetizione del Nome del Signore, penitenza, yoga, meditazione o canto sacro, è per la vostra stessa soddisfazione. Dio non ne ha bisogno. Alcuni pensano che il loro culto sia per il bene di Dio; è una visione errata. Qualunque cosa l’uomo faccia è per il proprio bene e per soddisfare i suoi scopi egoistici.
La visione del vero Sé
Quando inspirate, voi fate il suono So; quando espirate, pronunciate Ham. Unendo le due parole, si ha Soham, che significa “Io sono Quello”, vale a dire “Io sono Dio”. Dato che continuate a ripetere “Soham, Soham”, a che vi servono le pratiche spirituali?
Dov’è Dio? Come si può vederLo? Queste domande, riguardanti vedere e sperimentare Dio, esistono fin dall’antichità. Infatti occorre intraprendere il cammino spirituale per conoscere la propria vera identità, cioè il Divino. Chi conosce la sua vera identità è un autentico aspirante. Se non si realizza questa verità, ogni disciplina spirituale sarà una perdita di tempo.
“Il corpo è stato donato per compiere sacre azioni”.
Qual è il nostro Dharma? L’Amore è il nostro Dharma; la Verità è il nostro Dharma; la Pace è il nostro Dharma. Dovremmo seguire il nostro Dharma.
La qualità dello zucchero è la dolcezza; se esso non fosse dolce non potrebbe essere chiamato zucchero. Allo stesso modo, l’Amore è la nostra qualità naturale; senza di esso non potremmo essere chiamati esseri umani. In voi c’è l’Amore, ma voi lo limitate alla vostra famiglia, agli amici e ai parenti. Ricordate, però, che i vostri parenti vi accompagneranno solo fino al cimitero; solo Dio è sempre con voi e lo sarà anche dopo la vostra morte.
“La vita umana è molto rara”. Questa vita tanto sacra e nobile non dovrebbe essere sprecata. Poiché siete nati come esseri umani dovreste avere fisso in mente un ideale.
Una ballerina, mentre danza, tiene sempre a mente il ritmo; allo stesso modo, voi dovreste costantemente ricordare la vostra innata divinità, qualunque azione compiate.
Mžyž, l’illusione, è come una nartak¢, una ballerina, che cerca sempre di distrarvi. Per tenere sotto controllo questa nar-ta-k¢, dovete cambiare l’ordine delle lettere di questa parola, trasformandola in k¢r-ta-na; dovete cioè cantare il Nome del Signore. (Applausi).
In questa era di Kali il Nome del Signore è il solo rifugio
Molta gente aspira a sžk¹žtkžra, la visione del vero Sé. Gli occidentali dicono di volere la Liberazione, ma non sanno che cosa essa veramente significhi. Se volete vedere il vostro Sé, dovete abbandonare l’attaccamento al corpo, sviluppando invece quello verso il Sé. Solo allora otterrete sžk¹žtkžra.
Quando nascete, urlate koham, koham, che significa: “Chi sono io? Chi sono io?” Non dovreste morire con questo interrogativo sulle labbra. Nel momento della morte dovreste essere in grado di affermare con gioia: Soham, cioé: “Io sono Dio”. Trovare la risposta alla domanda “chi sono io?” è vera Liberazione.
Oggi avete infinite preoccupazioni, come la nascita, la morte, la vecchiaia, le perdite, gli insuccessi, la vita famigliare, ecc., tutte cose che voi stessi vi create e che nascono a causa del vostro attaccamento e della vostra illusione. Non le dà Dio. Chi è quello che dà è quello che riceve, dal momento che voi stessi siete Dio?
Fintantoché siete preda di bhrama, l’illusione, non potete raggiungere Brahma, Dio. Come la cenere copre il fuoco, così mžyž cela la vostra vera identità. Si può vedere il fuoco quando la cenere viene soffiata via; allo stesso modo, quando si abbandona l’attaccamento al corpo si può avere la visione del Sé.
La Divinità attraverso l’Unità
Recita il Vedžnta: “La Verità è una, ma i saggi la descrivono in molti modi”. L’acqua, a secondo dei diversi linguaggi, assume nomi differenti; allo stesso modo, Dio è uno, ma è adorato in molte forme e con molti nomi.
“Io” è il primo Nome di Dio. Sia il povero che il milionario usano il termine “Io” per parlare di sé. Esso è la vostra vera identità. La singola lettera I (Io) fa riferimento all’Atma, mentre la parola di tre lettere eye (occhio), si riferisce al corpo; esso ha tre attributi, mentre l’Atma non ne ha nessuno. L’Atma è Beatitudine Suprema; è l’eterno testimone ed è al di là di ogni descrizione.
“La stessa Divinità è presente in tutti gli esseri”
Incarnazioni dell’Amore,
cercate di sperimentare e di beneficiare dell’amore che è in voi.
Se qualcuno dice che Dio non c’è, ditegli: “Forse il tuo Dio non esiste per te, ma il mio Dio per me esiste. Non hai alcun diritto di mettere in dubbio l’esistenza del mio Dio”. Dovete sostenere ciò con convinzione; questo ridurrà al silenzio il vostro interlocutore.
Ognuno, a modo suo, è pazzo. Il mondo stesso è come un manicomio; alcuni traggono diletto dal vanto di sé, altri colpiscono e accusano altre persone. La pazzia per Dio, però, è la più nobile. Il Signore si cura che abbandoniate la pazzia per il mondo e che diventiate pazzi per Lui. Solo pochi fortunati saranno benedetti da questa pazzia per Dio. Se tutto il mondo svilupperà la pazzia per Dio, sarà libero da ogni conflitto e la pace avrà il sopravvento.
Studenti, Incarnazioni d’Amore,
dopo ogni riunione per il canto dei bhajan, si prega per la pace del mondo (Lokžssamastž sukhino bhava¾tu).
Al mondo si trovano solo pezzi (pieces), non pace (peace). Se invece si alimenterà l’amore e la tolleranza verso i propri simili non ci sarà bisogno di pregare per la pace.
Sviluppate in voi l’amore e condividetelo con almeno dieci persone ogni giorno. In India ci sono 950 milioni di persone; se ognuna di esse distribuisse continuamente il proprio amore agli altri, tutti diventerebbero una cosa sola. Da questa unità scaturirà la Divinità. Dove c’è errore c’è paura; dove c’è amore, la paura non esiste. Perché temere quando io vi sono vicino e caro? (Applausi).
Dovreste avere piena fede nel Divino. Molti devoti vengono qui, ma quanti sono risoluti e stabili nella loro fede?
Tutti i desideri mondani sono negativi per natura. I sentimenti negativi sono d’ostacolo al raggiungimento di quelli positivi. Perciò non impregnatevi di sentimenti negativi, ma sviluppate quelli buoni e pensate a Dio con fede incrollabile.
Baba ha concluso il Discorso con il bhajan: “Hari Bhajana Binž Sukha Sžnti Nahi”