La Dea Lakshmi risiede sulla lingua.
Incarnazioni dell’Amore,
dalla parola dipende la prosperità o la miseria dell’uomo. Legami, attaccamenti, morte, liberazione, tutto è condizionato dalla parola. Le amicizie e le relazioni interpersonali dipendono dall’uso che facciamo della lingua. Bisogna tenerla sotto controllo, poiché una buona o una cattiva reputazione sono frutto del modo con cui ci serviamo della parola.
Tutta la creazione si basa su tre princìpi: creazione (shrishti), conservazione (sthiti) e dissoluzione (layam). Il Cosmo è mantenuto in vita da questo triplice processo. L’esistenza della creazione implica necessariamente un creatore. Quindi, l’azione e chi la compie sono indissolubilmente legati. Chi compie l’azione? Qual è l’azione? Quale il risultato? L’indagine compiuta su questi tre aspetti ci rivela il segreto della creazione.
I tre “Ministeri” del governo di Dio
Si fa presto a criticare i lîlâ creativi del Signore, ma è ben difficile comprenderli. La vita andrebbe impiegata allo scopo di capire le vie del Signore. E il primo aspetto da capire è la creazione del Cosmo, o Srishti. Implicate in questo processo ci sono delle leggi che bisogna comprendere. Ad esempio, alla costruzione di un enorme ponte concorre una moltitudine di persone: un architetto, un ingegnere capo, degli assistenti, dei supervisori, un impresario e degli operai. Solo lo sforzo congiunto di tutte queste persone può ottenere il risultato della costruzione del ponte. Così è per il Cosmo, dove ci sono tre aspetti essenziali che vanno rispettati: la Creazione, la Conservazione e il Riassorbimento dell’Universo.
Nell’amministrazione di uno Stato servono vari ministeri ed una quarantina di ministri sono incaricati di svolgere funzioni di governo. Se, dunque, persino un piccolo Stato richiede degli amministratori, come pensate che non ci debba essere un Dio a sovrintendere la Creazione? Ciò che stupisce nel Creato è che sia all’essere umano sia alla materia sono affidate norme e leggi. L’Amministratore Capo in questo campo è Brahmâ. L’intero “Ministero della Creazione” è affidato al governo di Brahmâ.
Ma l’atto del creare in sé non è sufficiente. Ci dev’essere qualcuno che fornisce energia e protezione alla creazione. Questo è il ruolo svolto da Vishnu, Colui che protegge. Inoltre, nelle operazioni di trasformazione, crescita ed evoluzione sono implicate delle condizioni; dove c’è creazione, infatti, c’è anche necessariamente dissoluzione. Il principio che regola e sostiene le leggi della dissoluzione si chiama Îshvara. In questa legge ogni cosa trova un giusto compimento.
Questi non sono che dei “ministeri”, ma poi c’è chi li controlla; c’è un ministro-capo a cui giungono le relazioni dei vari ministri incaricati. Infine c’è il Primo Ministro. Quindi, Brahmâ, Vishnu e Maheshvara sono ministri; ma c’è poi chi può esercitare autorità suprema su di loro. Dio è la parola più largamente diffusa per indicare questa autorità. Gli Indiani la indicano con l’appellativo di “Bhâgavan”. Il Bhâgavan è quell’Uno che governa le tre funzioni di Creazione, Preservazione e Dissoluzione. A questa autorità sono stati attribuiti nomi diversi a seconda dei vari credo.
Prendiamo la parola GOD (Dio); è composta da tre lettere che sono l’iniziale di Generazione, Organizzazione e Distruzione. L’Entità GOD è rappresentata dalla combinazione di questi tre aspetti, che controlla e supervisiona. È un concetto sbagliato riferirsi a Brahmâ, Vishnu e Shiva come a singoli Dei: è il loro insieme che costituisce Dio. L’entità divina è più piccola del microcosmo e pervade l’intero Universo sotto forma di atomo. L’Essere divino è l’eterno Testimone. L’Âtma è l’atomo e l’atomo è l’Âtma. L’Âtma è onnipervadente e regola l’Universo intero. Esso è l’eterno Testimone.
Un esempio semplice può far capire meglio questo concetto: in questa sala la luce è accesa; c’è chi legge, chi ascolta, chi dorme, chi entra, chi guarda altrove. La luce non ha nulla a che vedere con tutte queste persone che svolgono attività diverse: essa è solo un testimone. Così pure la luce del Sole viene adoperata da persone diverse per scopi diversi. Le buone azioni non conferiscono più splendore al Sole, né quelle cattive possono diminuirlo. Ognuno svolge il proprio compito; eppure il Sole elargisce la sua luce a tutti indistintamente. Senza Sole si fermerebbero tutte le attività. Il Sole si limita ad essere testimone delle azioni compiute sotto la sua luce, ma non è in alcun modo responsabile del loro risultato. Voi raccogliete il frutto delle vostre azioni.
Propiziarsi la Divinità
Il rapporto di causa-effetto, sia nella fruizione di quanto è stato compiuto, sia nella neutralizzazione dell’effetto, sia che si tratti di trasformare un cattivo risultato in buono, tutto è comunque sotto il diretto controllo di Brahmâ, Vishnu e Maheshvara. Che fare, quindi, per propiziarseli? I metodi sono indicati nei nove sentieri della devozione: shravanam (l’ascolto delle imprese del Signore); kîrtanam (il canto sacro); vishnusmaranam (pensare a Dio e contemplarLo); pâdasevanam (venerare i Piedi del Signore); archanam (la celebrazione dei riti); vandanam (l’adorazione di Dio in tutte le cose); dâsyam (il servizio); sneham (l’amicizia col Signore); âtmanivedanam (resa totale).
Coltivate l’amicizia con Brahmâ, Vishnu e Maheshvara e, con questo tipo di rapporto, i vostri crucci saranno risolti, proprio come quando si gode di un’amicizia influente che agevola la risoluzione dei vostri problemi. Queste divinità, se propiziate a dovere, hanno il potere di mitigare l’effetto di azioni compiute per sbaglio. Per propiziarsi la Divinità, è necessario meditare sulla Sua forma e recitare il Suo nome, come pure far meditazione e penitenza. Del resto, tutte le forme di culto sono finalizzate a questo scopo.
Forse vi domanderete perché paragonare il Divino che tutto pervade a figure umane. La risposta è semplice: segni e simboli fanno parte integrante del mondo. Per esempio, un vigile controlla il traffico facendo certi gesti con le mani e sulle strade sono stati adottati cartelli e segnaletiche allo scopo di evidenziare particolari situazioni. Sono simboli adottati per rendere più agevoli gli spostamenti e per mettere ordine nel comportamento della gente. Così pure, certa “segnaletica” è necessaria per semplificare il funzionamento della Creazione.
Facciamo un altro esempio. A scuola, i bambini chiedono di andare al bagno alzando un dito; quando hanno sete, invece di chiedere a parole il permesso di bere, accostano il bicchiere alle labbra. I segnali sono necessari per rendere più scorrevole ogni attività.
Brahmâ, il Supremo Creatore, gestisce tempi, luoghi, circostanze e azioni compiute in passato, dalla nascita alla morte. Ad ognuno, quindi, assegna un “settore” particolare, a seconda delle circostanze. È uno dei ruoli principali di Brahmâ, un ruolo che Lo vede operativo dovunque. Dunque, Brahmâ, il cui significato è proprio quello di “colui che pervade”, è onnipervadente.
Qual è il principio di Vishnu? Anch’esso è onnipervadente: dovunque è presente il principio della Creazione, è presente anche quello del Mantenimento. Ove c’è Brahmâ, c’è anche Vishnu, e dove c’è protezione (rakshana) c’è anche punizione (sikshana): Îshvara si occupa di svolgere questa funzione e anch’Egli è onnipervadente. Dovunque volgiate lo sguardo, troverete presente Dio. Brahmâ, Vishnu e Shiva sono tre in uno, sono la Trimurti. Ma è una verità che non viene capita.
L’uomo prega Dio in forme diverse e, così facendo, si pone dei limiti; si rivolge agli amministratori anziché a Dio in persona. Gli amministratori non fanno altro che raccogliere le richieste e inoltrarle a Dio.
Dio è l’eterno testimone senza attributi e senza forma, pur potendo assumere a Suo piacimento qualsiasi forma; pur essendo senza qualità, le possiede tutte. Come nella semplice argilla non c’è il vaso, pur essendo il vaso fatto d’argilla, così Dio è dappertutto, con o senza forma, con o senza attributi.
L'inventario del cuore
Come possono gli uomini mettersi in relazione con Dio? Nell’uomo c’è citra, il segreto del proprio cuore. Esiste una divinità che ha nome Citragupta, “Colui che si nasconde nel cuore”.[1] Tutte le vostre azioni, buone o cattive, sono registrate nel cuore e a queste registrazioni vien data una forma, che ha il potere, per empatia, di attrarre gli eventi della vita. Dio non dà quello che non c’è, come non annulla ciò che è esistente; ha delegato le funzioni di creazione, mantenimento e distruzione a suoi amministratori, investendoli dei suoi poteri. L’amministrazione di Dio è svolta con equanimità e giustizia; per questo Egli è anche chiamato Dharmasvarûpa, “Incarnazione della Giustizia”. Egli non interferisce minimamente nella gestione dei territori affidati agli amministratori. È semplicemente un testimone; è detto perciò Satyasvarûpa, “Incarnazione della Verità”.
Contrariamente a quanto fa Dio, l’uomo d’oggi interferisce in tutto e dappertutto, e ciò comporta un’amministrazione iniqua e il conseguente affermarsi dell’ingiustizia e della falsità. Tra il regno della Giustizia di Dio e quello dell’ingiustizia umana esiste una differenza abissale. Dio è in verità l’espressione del Dharma, della Giustizia, della Rettitudine. Per questo Râma viene definito Vigrahavân Dharmah, la personificazione stessa della Rettitudine. Se non vi riesce di adorare la forma esteriore, cercate almeno di osservare i princìpi di verità e giustizia. Satyam vada, Dharmam chara: «Di’ la verità, osserva la giustizia», sono i comandamenti dei Veda.
Vi confiderò ora un segreto. Per tutto ciò che riguarda il dominio della creazione, propiziatevi Brahmâ; per il dominio della protezione e conservazione stabilite un rapporto con Vishnu; per tutto quanto concerne la distruzione, cercate un’intesa con Îshvara o Shiva. Però, se il vostro cuore è puro e pieno di devozione, può stabilire un contatto diretto con Dio. Non c’è più bisogno della mediazione o dell’intercessione di ministri: potete rivolgervi direttamente al Primo Ministro. Il diritto di accedere a Dio senza mediazioni si ottiene col completo abbandono a Lui (sharanâgati). Questo è ciò che si dice “da cuore a cuore”, “da amore ad amore”: è una relazione diretta. Con la preghiera (japa), la meditazione (dhyâna), i canti (bhajan) ci si ferma ai ministeri inferiori.
Le misteriose vie di Dio
Vyâsa disse: «Misteriose, sacre e magnifiche sono le storie e le vie del Signore». L’uomo ordinario non è in grado di afferrare i mezzi usati da Dio, e così si domanda: «Perché Swami si comporta in questo modo? Perché mi sottopone a tante difficoltà?». Troverete forse la risposta in questo racconto puranico.
Una volta Îshvara concesse a Brahmâsura il potere di ridurre in cenere tutto quanto toccasse. Ma il demone ebbe tutt’altro che senso di gratitudine per il dono, e architettò di distruggere Shiva stesso. Shiva, che non aveva la facoltà della protezione, dovette rivolgersi a Vishnu, ma persino Vishnu fu costretto ad attenersi rigidamente alle regole del dharma. Così Shiva non aveva la possibilità di punire Brahmâsura direttamente. Fece dunque ricorso a uno stratagemma. Assunse la forma di Mohinî, una giovane donna estremamente attraente. Al vederla, si risvegliò in Brahmâsura la passione e il desiderio di possederla. Mohinî riuscì a fargli promettere qualunque cosa in cambio delle nozze e Brahmâsura, che era privo di alcun senso di discriminazione oltre che di gratitudine, cadde nel tranello. Mohinî si mise a danzare, mentre Brahmâsura cercava di imitarne le movenze. Nel corso della danza, Mohinî pose la mano sulla propria testa, e Brahmâsura ripetè il gesto, ma, fu ridotto all’istante in cenere.
La storia è una dimostrazione di come anche Vishnu, nella sua funzione di protezione, si attenga scrupolosamente alle leggi dharmiche. I modi in cui Dio agisce sono governati da leggi cosmiche (shâsanam): neppure Egli stesso può contravvenire a tali leggi. Scritture (Shâstra) e leggi cosmiche coincidono.
Oggi l’uomo viola continuamente il codice morale di condotta, a differenza di Dio che non viene mai meno al Suo proprio codice morale. Perciò Dio in diverse occasioni attende il momento opportuno per ristabilire le regole di questo codice. Sulla base di ciò, non si può affermare che Dio sia impotente o incompetente. Dio è onnipotente, ma ciò non significa che Egli agisca in modo arbitrario; agisce in conformità alle leggi cosmiche. Le norme sul traffico stradale, per esempio, sono state emanate dal dipartimento di polizia. Per la strada troviamo l’indicazione di tenere la sinistra. Anche il capo della polizia, che si trovasse a percorrere quella strada, dovrà attenersi alla normativa; non starà sulla destra per il fatto che è il capo di polizia.
Allo stesso modo, Dio segue le regole da Lui stesso stabilite. In certi casi, Dio rimane tranquillo e attende le coincidenze del tempo e dello spazio fino al verificarsi delle giuste condizioni. Non pensate che Dio non abbia pieni poteri! Dio può qualsiasi cosa, ma segue le regole e fa in modo che anche gli altri le seguano.
Dio non è come l’insegnante di Matematica, Inglese o Fisica, che spiegano le lezioni e poi se ne vanno; Egli è come l’istruttore di Educazione Fisica: mostra agli alunni gli esercizi di ginnastica e li mette nella condizione di eseguirli a loro volta. Questo è ciò che significa «La mia vita è il mio messaggio». Egli insegna attraverso l’esempio; non si limita ad impartire dei precetti teorici.
La "posta" di Dio
Oggi, purtroppo, il Divino viene frainteso. Alcuni, mossi da delusioni o da false interpretazioni, cercano di rendere impopolare Dio, attribuendoGli la responsabilità delle loro sofferenze. «È Dio che ti punisce; Dio ce l’ha con te», dicono. Ma non è da Dio punire o perseguitare. Punizione e sofferenza sono conseguenze delle vostre azioni. Come responsabili dell’azione, ne siete anche fruitori. Dio non fa che “recapitare” al suo destinatario le conseguenze dell’azione, senza esserne assolutamente responsabile. È come un postino che recapita un gran numero di lettere ai destinatari. Il contenuto della lettera può arrecar gioia ad uno, dolore ad un altro; ma il portalettere è forse responsabile dello stato d’animo provocato dal contenuto delle lettere? Egli non fa che limitarsi a consegnare la posta all’indirizzo indicato, ma non risponde del contenuto.
Così, Dio è solo il testimone che consegna a ciascuno il frutto delle sue azioni. Se le vostre azioni sono tali da arrecarvi dispiacere, ma voi pregate Dio in modo soddisfacente, Egli riporterà il “caso” al dipartimento di competenza e il dolore verrà mitigato, perché Dio possiede questa autorità.
L’Autorità plenipotenziaria
Mentre la giurisdizione di Brahmâ, Vishnu e Shiva riguarda la creazione, la preservazione e la dissoluzione, un’autorità divina superiore (Shironâyakam) detiene un potere molto più elevato di quelli, al punto da vanificare ogni altro potere, in quanto prevale sulla Trinità stessa. Come avviene questo annullamento? Non si tratta di una semplice commutazione, bensì di una neutralizzazione degli effetti dell’azione.
Per esempio, c’è un flacone di medicine su cui è indicata la data di scadenza: 1932. La bottiglietta rimane sullo scaffale fino al 1945; contiene il medicinale, ma, essendo scaduto, non è più efficace. Similmente, esiste il karma, ma Dio può annullarne gli effetti: può farlo “scadere” e, quindi, può neutralizzare l’effetto di qualsiasi cosa. In questo consiste la suprema autorità di Dio! La Trinità – Brahmâ, Vishnu e Maheshvara – presiede alla creazione, conservazione e distruzione, ma c’è un Dio che la governa e la sovrasta: Egli può mitigare le conseguenze del karma, è in grado di neutralizzare qualsiasi situazione.
Questa è la prerogativa di Dio: creare qualunque cosa voglia, proteggerla e portarla a dissoluzione. Dio, quindi, è colui che esercita l’ultimo supremo controllo sulla creazione, conservazione e distruzione. Per avere Dio, bisogna semplicemente arrendersi a Lui. Solo allora potrete avere con Lui un collegamento diretto. Fintantoché non si verifica questa resa totale, sprecherete tempo in petizioni ai vari ministeri. Non perdete tempo! Il tempo è un’incarnazione di Dio. Il tempo inghiotte il corpo, ma Dio inghiotte il tempo. Questo è il Dio Onnipotente a cui dovete arrendervi.
Le vibrazioni dell’ambiente
A volte, nell’arrendervi, si verificano tempi, luoghi e circostanze che possono indurvi a prove e dubbi. Mentre Râma e Lakshmana vagavano nella foresta in cerca di Sîtâ, si fermarono sotto un albero a riposare. A un tratto Lakshmana balzò in piedi dicendo che non poteva più sopportare oltre le prove a cui Dio li stava sottoponendo. Senz’acqua e senza cibo, il corpo si stava indebolendo sempre più, ed egli desiderava tornare ad Ayodhyâ. Non era più disposto a subire ulteriori prove.
Râma gli disse sorridendo: «Alziamoci e spostiamoci. Ne parleremo più tardi». Da sempre Lakshmana considerava Râma come suo padre, il suo tesoro, la sua stessa vita. Giammai avrebbe voluto vivere ad Ayodhyâ senza il suo adorato Râma. Poteva sopportare di rimaner senza i genitori, ma non senza Râma. Come mai nella mente di Lakshmana poterono presentarsi pensieri tanto negativi? Non appena si furono allontanati dal luogo dov’erano, Lakshmana incominciò a provar rimorso e, dopo aver capito la propria follia, si gettò ai piedi di Râma implorandone il perdono. «Come ho potuto pensare in modo così insensato?», si chiedeva.
Râma allora gli spiegò: «Lakshmana, la regione che abbiamo attraversato è un luogo frequentato da una demonessa di nome Shupanaka. Sotto quell’albero, infatti, è solita riposarsi. I suoi pensieri negativi hanno contaminato tutta la zona!».
Ogni suono rimane in vita sotto forma di vibrazione e l’effetto negativo delle vibrazioni assorbite in quel luogo avevano prodotto in Lakshmana pensieri negativi. Ma, una volta abbandonato quel posto, i pensieri negativi sparirono immediatamente.
Fate quindi attenzione alle compagnie e agli ambienti che siete soliti frequentare. Le vibrazioni di un posto intaccano le persone che lo frequentano. Qui avete vibrazioni divine e in qualsiasi altro luogo potete avere vibrazioni demoniache. Dio crea vibrazioni divine; il male provoca vibrazioni demoniache. Sappiate discriminare tra i due tipi di vibrazioni.
È molto importante il satsang, lo star insieme a persone di buoni sentimenti. L’amicizia coi buoni porta in definitiva alla realizzazione di Dio. Coltivate queste amicizie e rimanete in loro compagnia. Sebbene la compassione divina sia infinita, molto dipende dalla vostra condotta; una buona condotta conferisce direttamente la Grazia divina.
"Dio mio!"
La gente si domanda dove sia Dio, ma anche uno che non lo sa, il cosiddetto non credente crede in Dio.
Nehru, che fu Primo Ministro dell’India, non credeva né in Dio né nella spiritualità. Il suo agnosticismo era il prodotto dell’ambiente in cui crebbe. Una volta andò in visita a Madurai, nel Sud India, dove fu ricevuto dai membri dell’Assemblea Legislativa e da quelli del Parlamento, i quali lo indussero, volente o nolente, ad una visita al tempio di Mînakshi. Nehru, che aveva bisogno del loro appoggio politico, non potè rifiutarsi e, a mala voglia, entrò nel tempio.
Nonostante fra gli Hindu sia motivo di biasimo fare dei templi oggetto di eccessiva conversazione, i capi politici fecero notare a Nehru le gemme e i diamanti incastonati nell’effigie della Divinità e il loro inestimabile valore. Nehru chiese allora: «Perché dei gioielli tanto preziosi sono stati sprecati per un idolo di pietra?». Ma, sulla via del ritorno, Nehru, inciampando su un gradino, esclamò: «Dio mio!». Non semplicemente «Dio!», bensì «Dio mio!». Riflettete su questa esclamazione. Ognuno ha un Dio, che invoca come suo.
Dio è innato in tutte le cose e si manifesta anche se non se ne è coscienti. Tutti hanno una sorta di fede. La fede in Dio è connaturata nell’uomo, mentre i dubbi sulla sua esistenza sono delle artificiali elucubrazioni della mente. Voi state inquinando la vita con cose artificiali. Dovreste basarvi esclusivamente sulla vostra natura interiore, quella fondamentale. Tale sentimento di identificazione con l’Âtma si chiama svabhâva o âtmabhâva.
Chi è spirituale?
È indispensabile la spiritualità per realizzare l’Âtma. La spiritualità non consiste nelle pratiche di devozione come la preghiera, il canto e la meditazione; significa sopprimere le qualità animali e coltivare quelle divine. Perciò, chi ha intrapreso il sentiero spirituale deve distaccarsi dalla bestialità e sviluppare gli aspetti divini che gli sono propri. Che utilità potrà mai avere qualsiasi pratica devozionale se non vengono rimosse le caratteristiche animalesche?
Criticare gli altri, calunniare, far chiacchiere e pettegolezzi, ridere e parlar male del prossimo, son tutte tendenze subumane. La divinità e la potenza dell’atomo sono innate in tutto e in tutti. Rispettate, quindi, ed amate tutti; tenete a mente questa verità mentre svolgete i vostri compiti. Pratiche come japa e dhyâna arrivano solo ai dipartimenti inferiori. Abbandonatevi a Dio, in modo da raggiungerLo senza mediazioni di sorta. Fate come Lakshmana che si rivolse a Râma con queste parole (Swami canta):
O Râma, Tuo è tutto quanto posseggo.
Mi arrendo a Te; sono uno strumento nelle Tue mani;
ogni Tua parola è un ordine.
Una volta, trovandosi insieme nella foresta, Râma ordinò a Lakshmana di costruire una capanna. «Dove la debbo costruire?», chiese Lakshmana. «Dove vuoi tu», gli rispose Râma. A queste parole Lakshmana si rattristò profondamente. Allora Râma gli si fece vicino per chiedergli il motivo di tanto sconforto. Lakshmana gli spiegò allora quanto fosse per lui insopportabile pensare alla propria volontà come separata da quella dell’adorato Râma. «La volontà di Râma è la mia», diceva costantemente. Acutissima e sottile era l’intelligenza di Lakshmana.
Una volta, Thyâgarâja, giunto al colmo della sopportazione, si mise a deprecare Râma, il quale, pur essendo sempre stato considerato come la cosa più importante della sua vita, non gli aveva risparmiato sofferenze. Rivoltosi a Râma, protestò contro di Lui: «O tu non sei abbastanza potente da difendermi, o io non ho sufficiente devozione». E giunse alla conclusione che Râma non era in grado di proteggerlo. Poi, però, dopo aver riflettuto sulle sue parole, si pentì e si ravvide (Swami canta):
Se non avessi potenza, come
potrebbe amarti Lakshmidevi?
Come ti adorerebbe Lakshmana?
Come farebbe a seguirti il saggio Bhârata?
Immensi e indescrivibili sono i poteri di Dio!
La “Sai-shakti”
Così pure, chi potrebbe misurare la potenza di Sai? Per quale motivo pensate che la gente venga qui da Paesi come l’Argentina o l’Australia? Pensate forse che siano scriteriati e privi di buon senso? E qual è la ragione per la quale voi venite qui? Come potreste misurare la Sai-shakti, l’Energia di Sai? Credete che milioni di persone sarebbero attratte qui, per giunta senza invito, se non fosse per l’immenso potere di Swami? Basta questo a dimostrare la verità riguardo Swami. La gente viene qui perché intuisce la potenza di Swami (applausi).
Tenacia e costanza
Per riconoscere il Divino non serve saper padroneggiare le Scritture e aver studiato le Upanishad. Nessuno è in grado di fornire una descrizione appropriata di Dio, poiché Egli, credetemi, va al di là di ogni definizione, e ciò che basta è l’esperienza tangibile del singolo. Sia nella gioia che nel dolore, non perdete la fede; rimanete vicini a Lui. Ve lo ripeto spesso: dovete essere decisi. Afferrato ciò che va afferrato, non mollate la presa abbandonando Dio; desiderato ciò che valeva la pena desiderare, non vi rinunciate abbandonando Dio; chiesto ciò che dovevate chiedere, non desistete allontanandovi da Lui; presa la decisione che andava presa, non modificatela. A Lui spetta aiutarvi; a voi chiedere; a Lui concedervi la Grazia, a voi pregare per averla: non demordete sin quando non l’avete ottenuta! Alla fine Dio si intenerirà e accondiscenderà alle vostre richieste. È questa la caratteristica di un autentico devoto. O Dio vi conferirà il dono della Grazia, o voi, totalmente immersi nel pensiero di Lui, arriverete a perdere la coscienza del corpo.
Non rinunciate mai a questo anelito, in qualsiasi condizione vi troviate. Per raggiungere il Divino è indispensabile la perseveranza; determinazione e perseveranza sono qualità assai rare oggi. La gente ha una devozione part-time, mentre pretende la Grazia full-time! Potrà mai un lavoratore part-time prendere un salario intero? Se avrete devozione piena, avrete la Grazia in pienezza; non solo: vi saranno riconosciuti anche gli straordinari, la pensione e gli extra.
Amate Dio e adorateLo con fede salda e costante. Il momento giusto per incominciare a coltivare questo tipo di fede è la gioventù. Non tentennate; abbiate una fede senza esitazioni e non volgete mai lo sguardo indietro.
Avete cantato tutta notte dei bhajan, che però, anziché essere degli akhanda bhajan (dei canti ininterrotti), sono dei khanda bhajan (canti frammentari, incompleti), cioè dei bhajan “part-time”. Il cerchio è completo allorché si ritorna al punto esatto da cui si è partiti:
Quello – il Brahman Supremo – è Infinito,
e questo – il Brahman condizionato – è Infinito.
L’Infinito (condizionato) procede dall’Infinito (Supremo).
L’Infinito (Supremo) rimane inalterato,
anche se l’Infinito Universo da Quello proviene.[2]
Un cerchio incompleto, invece, è un semicerchio, cioè una devozione parttime. Abbiate una devozione piena, perfetta (pûrna). In qualsiasi luogo o circostanza pensate a Dio; qualunque cosa facciate, fatela come lavoro di Dio. Fate che ogni vostra attività si traduca in azione spirituale. Divinizzate tutto: questo è il senso degli akhanda bhajan. Non rinunciate a Dio; non abbandonateLo. Pensate a Lui costantemente. Tutto è Dio. Voi siete Dio. Lottate per ottenere questo stato supremo.
(Baba conclude il discorso col canto “Hari bhajana bina shuka shanti nahi”)
Prashanti Nilayam, 28 Febbraio 1995.
Auditorium Pûrnachandra-Mahâshivarâtrî
Traduz. integrale da cassetta.
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Note:
[1] Lett. “Il quadro segreto”. Nel “quadro segreto” della coscienza di ognuno, lo scrivano degli dèi, nato dal corpo di Brahmâ quando questi era immerso in profonda meditazione, registra le buone azioni e quelle cattive, e alla morte presenta il bilancio del bene e del male fatto.
[2] Invocazione iniziale della Îshâvâsyopanishad.