Egli è il vero Dio dell'Amore ed è pieno d'amore verso tutti.
In verità, la Sua stessa forma è l'Amore.
Egli è traboccante d'amore; è per tutti il vero amore dolce come nettare.
Egli è il vero Avatara che si incarnò ovvero l'Amore Stesso.
Egli stimola in ciascuno la sete d'amore e di Krishna stesso.
Un cuore pieno d'Amore
L'Amore è un prezioso diamante. Non sarà mai nelle mani di gente egoista, neppure per un istante. Con l'egoismo non spartisce neanche mezzo secondo. Non entra mai in persone vanagloriose e che amano mettersi in mostra.[1] Non presterà mai attenzione all'egoismo, all'ego e alla ostentazione.
Ma dove lo troviamo questo Amore? Questo prezioso diamante lo potete ottenere solo nel regno dell'Amore, solo in Via dell'Amore potete averlo; potete comprarlo solo nella bottega dell'Amore. Potete averlo solo con un cuore pieno d'Amore. Perché non si riesce ad avere amore, quando tutto l'Universo ne è pieno? Voi credete che sia amore quello del mondo, ma quello non è amore. Qualsiasi cosa abbia a che fare con il corpo fisico, con i sensi, con la mente, con l'intelletto, non può essere chiamato Amore.
Tutto quanto si accompagna al corpo, ai sensi, alla mente ed alla ragione può dirsi affetto (anuraga), ma non Amore. Solamente una vita incentrata sullo Spirito può dirsi Amore. Non si dovrebbe vivere una vita basata sul fisico, sui sensi, sulla mente e sull'intelletto: finché l'uomo penserà a tutte queste cose, rimarrà pieno di egoismo, di ego, di boria. Per raggiungere un amore simile non sono necessarie le preghiere (japa), la meditazione (dhyana), lo voga , le offerte ed i riti (yajña). Non avrete amore per mezzo di queste pratiche, perché in tutte queste azioni si insinua un elemento di egoismo e di interesse personale. Dunque, non avrete amore pregando, meditando, facendo offerte e facendo celebrare dei riti. Avrete amore quando vi sarete completamente offerti.
Ecco perché Krishna disse: Sarva dharmân parityajya..., "Abbandona la dipendenza da tutti gli sforzi per ottenere un'evoluzione spirituale. Rifugiati solo in Me. Non essere triste, ti libererò da ogni peccato".[2]
Anche Gesù si espresse in relazione a questo problema. Egli disse: "Io sono la Via".
Anche Buddha usò un simile frasario: Sarvam sharanam gacchamî[3] "Mi rifugio nel Tutto".
L'essenza di tutte le religioni, la meta di tutta la morale e l'origine di tutte le Scritture è offrirsi totalmente, interamente al Signore. Gopika sono chiamati coloro che hanno offerto se stessi senza riserve ed interamente. C'è motivo di avere qualche dubbio circa la capacità di offrirsi interamente in un mondo pieno di azione e naturale. Non si riesce a vivere una vita scevra da egoismi, interessi personali, ego e ostentazioni, ma c'è un limite a tutto.
C'è un limite a tutto
Na shreyo niyaman vinâ: "Non c'è progresso senza sforzo, non prosperità senza disciplina". C'è un limite alla temperatura corporea, e questo limite è stato fissato entro i 98,4° e 98,6° F. Con questa temperatura uno è in salute. Allo stesso modo, superati certi limiti, l'ego diventa una malattia. L'ego è una malattia; l'ostentazione è una malattia; l'egoismo è una malattia; l'interesse personale è una malattia.
Tutte queste cose prendono il nome di bhava roga, malattie dell'esistenza. Ciò significa che tutti questi mali affliggono gli esseri umani di questo mondo. Non c'è amore quando non si riconosce la Divinità che pur dimora nel cuore di ognuno. Non è nemmeno giusto limitare la propria fede al Dio che risiede nel cuore: non fate nulla di straordinario se vedete Dio nel vostro cuore; voi dovete vedere voi stessi in Dio. In questo sta l'essenza dell'Amore (prema tattva).
Finché non vedrete voi stessi e la vostra stessa natura riflessi in Dio, sarete pieni di egoismo e di interessi, e non avrete spirito di sacrificio. Occorre rendersi conto che nel mondo a tutto c'è un limite. Ciascun uomo aspira ad avere piacere e gioia. Che cosa intendiamo per gioia? Nel linguaggio vedantico viene descritta come yoga. Vi sono alcuni che considerano lo yoga come un insieme di esercizi respiratori e di diete, ma non è questo il senso dello yoga.
Yoga significa gioia. Dove la otterrete? La potrete ottenere solo dalla Fonte della gioia. La gioia non può essere ricavata dalle cose, dal cibo, dal riposo, dalla posizione sociale, dal potere, dalle circostanze e dalle condizioni. In nessuno di questi casi si può ottenere gioia. Avrete gioia da Dio, che è la vera incarnazione della Gioia e del Diletto.
Quando è possibile ottenere questa gioia? Il nostro Shrikantha[4] disse che le Gopika e Radha hanno sempre considerato Krishna come indivisibile da loro, dimostrando sentimenti di unione atmica (ekâtmabhavana). Chi sono le Gopika[5]? Chi è Radha?
Si attribuisce un significato erroneo alla parola Gopika, e così su questo punto sorgono equivoci e malintesi che causano dolore. I nostri pensieri sono Gopika. La mente, che è un coacervo di tutti i pensieri, è Radha. I nostri pensieri e la mente dovrebbero immergersi in Krishna, che è pura conoscenza (Prajñâ). Questo è il significato di Prajnânam Brahmâ: "Dio è Pura Coscienza". Questa Coscienza è dentro, fuori, nella mente, nella memoria (citta), nel cuore, in ogni aspetto dell'essere umano.[6] Prajnâ è descritta come Dio. Essa è una costante ed integra consapevolezza, dove tutti i nostri sentimenti, la nostra mente e i nostri pensieri devono fondersi.
Divinità in potenza ed in atto
Se Dio esiste nella forma di una costante ed integra consapevolezza, ed essa è alla portata di mano di chiunque, perché gli avatara dovrebbero scendere ed apparire sulla Terra? Ci sono delle ragioni che spiegano l'apparizione di questo tipo di avatara. Prendiamo in esame due concetti: Pratyaksha e aparoksha[7], indiretto e diretto.
Esistono due aspetti: l'uno è il potere interiore (antah Shakti), l'altro è quello esteriore (bahih Shakti). In modo analogo, ci sono due concetti designati come antah bhûta (elemento interiore) e bahir bhûta (elemento esteriore). Vi è fuoco nella legna da ardere, ma quel fuoco è all'interno, implicito nella legna, non si vede. Non potete cucinare del cibo mettendolo solo sopra della legna. Solamente quando il fuoco immanifesto e invisibile nella legna si manifesta ed esce fuori si può cucinare il cibo e nutrirsene.
Ognuno è come legna da ardere. Il principio dell'Arma compenetra invisibilmente il corpo. Per rendere manifesta l'invisibile Divinità, è necessario compiere qualche esercizio spirituale (sâdhana).
Altro esempio: in tasca avete una scatola di fiammiferi, che però non bruciano i calzoni. Eppure, in ogni fiammifero c'è del fuoco (in potenza). Il fuoco appare quando sfregate il fiammifero contro la scatola. Una volta acceso, questo fuoco che si manifesta direttamente, può bruciare camicia, tasca e perfino il corpo stesso. Quantunque in ogni essere umano vi sia l'essenza di un'Anima Divina, il Principio dell'Amore, quest'ultimo sarà manifestato mediante il contatto dell'anima con l'Amore stesso. I punti di contatto della scatola e del fiammifero sono sempre gli stessi, ma è il loro sfregamento che produce il fuoco.
Amore divino e amore umano
Voi pensate che il vostro amore sia identico all'amore di Dio, ma l'amore di Dio è totalmente altruista né può subire modifiche. È puro, permanente, inqualificabile. Il vostro amore è egoista, pieno di interessi personali[8], soggetto a tante qualificazioni. È un amore il vostro che non può mescolarsi con l'Amore di Dio. Solo quando il cuore dell'uomo sarà libero dall'ostentazione, dalle gelosie e dall'egoismo, Dio vi prenderà dimora.
Se vi dedicate ai piaceri ed alla vita mondana, ignorando il sacrificio, per quanto virtuosi riteniate di essere, (...) sarebbe un amore artificiale e vi ingannereste pensando di essere uniti al Signore. Il mondo d'oggi è pieno di queste qualità. Voi credete di amare Dio, ma non ho visto nessuno che ami Dio. L'uomo ama Dio per se stesso e non per Lui. L'uomo ama le cose del mondo per l'utilità che da esse deriva.
In realtà, l'uomo ama gli oggetti per se stesso, non per gli oggetti in sé. Tutte le cose sono per il suo egoismo ed egli ama anche Dio per egoismo. Non è cosa facile giungere a Dio. Il cuore è un posto dove può sedersi un solo leone, è un trono per un solo sovrano; non è proprio un sofà a due posti, non è una musical-chair. Se il vostro cuore è zeppo di desideri, come farà Dio a sedervisi?
Quando lo sgombrerete e lo lascerete libero, Dio vi entrerà. Nel nome dell'Amore voi state giocando il gioco della musical-chair. Questa sedia non appartiene ad alcuno. Una volta viene dato il posto a sedere sulla sedia ad una persona e un'altra volta ad un'altra persona. Come fate a dire che il posto è dunque vostro?
Solo le Gopika avevano quel tipo di privilegio. La loro vita era vissuta esclusivamente orientata al Divino. Esse gioivano di tutti i sensi offrendo quella gioia unicamente a Dio. La loro contemplazione era piena di Dio; il loro ascolto era pieno di Dio. Esse offrivano a Dio tutti i piaceri sperimentati, non sentivano mai niente come proprio, ma, in qualunque condizione si trovassero, sapevano che Krishna, dopotutto, apparteneva loro.
Il mal di testa di Krishna
C'è una storia che lo dimostra. Krishna si prestò a mostrare il loro amore come esempio per il mondo. Un giorno, Krishna accusò improvvisamente un forte dolore di testa e chiese una medicina. L'onnisciente Krishna faceva sempre ricorso a questi giochi divini per impartire alla gente degli insegnamenti arcani. In quella circostanza, c'erano Satyabhâmâ RukminT, Nârada e Jâmbhavatî[9], i quali stavano molto vicini a Krishna. Egli non mangiava più nemmeno una briciola e si mise ad inscenare una commedia.
"Ah! Questo dolore è insopportabile!", esclamava. Nârada, alla vista di ciò, chiese: "Svâmi, dove posso trovare la medicina? Andrò a procurarla sicuramente!" "Se puoi andare a Repalle e prendere la polvere dei piedi delle Gopika per pormela sulla fronte, guarirò dal mio mal di testa", rispose Krishna.
Le Gopika erano grandi devote. Ma in Nârada si insinuò un sospetto egoistico nel sentire queste parole: "Svâmi, satatam yoginah: sono sempre immerso nel Krishna Yoga, pensando a Tè costantemente.[10] Survudâ sarva kâleshu sarvatra hari cintanam: in ogni momento, in ogni luogo, in ogni circostanza io penso a Krishna soltanto. V’è un devoto più grande di me, Svâmi, in questo mondo?".
Krishna su questo punto non sembrò essere tanto d'accordo: "Tu potrai essere un devoto, Nârada, ma solo la polvere dei piedi delle Gopika Mi libererà dal mal di testa". La saggezza di Nârada non sapeva ancora discriminare del tutto ed egli puntava tutto sulla propria intelligenza. Una persona estremamente intelligente sa parlare in modo straordinario, ma quando l'intelligenza prevarica, subentrano molti dubbi. Quanto più uno si crede intelligente, tanto più si riempirà di sentimenti fuorvianti.
Nârada chiese allora a Krishna: "Non sarò un gran devoto io, ma Satyabhâmâ ha offerto tutta la sua vita a Krishna. Possiamo prendere la polvere dei suoi piedi?". Ma intervenne Satyabhâmâ: "Io sono la moglie e Krishna il marito. Come può la polvere dei miei piedi esser messa sulla testa del mio sposo? Non approvo! Se si facesse questa cosa, commetterei un grave peccato".
E qui ci troviamo di fronte ancora a dell'egoismo in piena regola. Satyabhâmâ sentiva che si sarebbe macchiata di un grave peccato mettendo la polvere dei suoi piedi sul capo di Krishna, e così non aderì a quella particolare richiesta. Anche Rukmini la pensava allo stesso modo. Intanto, il dolore di Krishna cresceva ogni istante più. Nârada fu costretto a recarsi a Repalle. Giunto che fu là, tutte le gopî gli si fecero intorno: "Dicci, per favore, come sta il nostro Krishna? Quando viene a Repalle?". E Nârada: "Non lo so. So solo che ora ha un gran mal di testa. Se mi trovo qui, è perché debbo portarGli la medicina".
"Oh, Nârada! Vi è una medicina a Repalle che può far guarire Krishna dal mal di testa? Se ci vuoi dire dove possiamo trovarla, andremo subito a prenderla". "Solamente la polvere dei vostri piedi può rimuovere il mal di testa di Krishna!", rispose Nârada. Allora una gopî corse a prendere un lenzuolo, vi raccolse la polvere dei piedi di tutte le compagne. Poi fece un pacchetto e lo diede a Nârada perché lo portasse a Krishna. Potete vedere in questo un esempio di abnegazione.
Le gopî non pensarono alla loro propria devozione e non ebbero il minimo dubbio che la polvere dei loro piedi potesse esser data a Krishna. "Noi siam devote, noi siam serve", dicevano. Tutto quanto esse volevano era la felicità di Krishna. "Per noi non ci sono argomentazioni o controargomentazioni in un problema del genere. La nostra vita è interamente di Krishna. La Sua gioia è la nostra gioia".
Nell'istante in cui fu consegnata la polvere insieme a questo sentimento di unione spirituale, Krishna "guarì". Anzi, quando Nârada giunse con la polvere, Krishna stava conversando, dispensando sorrisi a destra e a manca.
Voi siete come Nârada: pensate di essere devoti e passate la vita chini su voi stessi e preoccupandovi di far bella mostra. Solo le Gopika erano libere dall'egoismo, dall'ego e dalla vanagloria: nessuno di voi ne è immune. Al mondo d'oggi credono tutti di agire per lo Svâmi. In ciascun essere umano troverete dell'egoismo, in grandi o piccole proporzioni. Finché la gente sarà piena di superbia, Dio non riverserà il Suo amore.
Quale ne è la ragione? Splende il sole. Quando le nubi lo velano, voi non potete vederlo. Allora, non esiste più lo splendore del sole? No, certo. Le nubi impediscono al fulgore del sole di raggiungere gli uomini. Allo stesso modo, Dio è la vera incarnazione dell'Amore e l'egoismo, la superbia e la vanagloria finiscono per essere delle nubi che oscurano la Grazia e l'Amore di Dio, impedendo loro di cadere sui devoti.
Amore e rifugio nel Signore
L'amore è la via regale che fa riconoscere e manifestare la Divinità nascosta nell'uomo. Nel mondo vi è il potere della ricchezza. Vi è un certo numero di persone che sono piene di boria a causa della loro prodezza fisica, del loro denaro, della loro posizione e potere. Senza la Grazia di Dio tutte queste cose sono un inutile spreco.
Nel Mahabhârata c'è un'eccellente esempio offerto da Krishna a questo proposito. Egli mostrò una differenza tra Ârjuna e Karna[11]. La prodezza e la forza di Karna era assai superiore a quella di Ârjuna. Nell'uso dell'arco Karna era di gran lunga superiore ad Ârjuna. E così pure nell'uso di tutte le armi. Ma a Karna, che era così superiore ad Ârjuna, cosa accadde alla fine?
Ârjuna si rifugiò in Krishna, mentre Karna si mise sotto la protezione di persone piene di malvagie qualità, come Duryodhana[12], Dushshâsana[13] e tutti gli altri. Ârjuna cercò rifugio nel Signore che è totalmente per gli altri, eterno, fulgido e glorioso. Karna, invece, si votò alla rovina e ad ogni sorta di sofferenza rifugiandosi presso persone cattive e perverse.
(Canto)
Si possono possedere forza fisica e intelligenza straordinarie,
ma senza la Grazia di Dio si diventa degli inetti.
Che cosa è successo ad uno come Karna
che le possedeva entrambe? Ascoltate, o figli di Bharat.
Karna non si rifugiò in Dio e non si guadagnò mai la Sua Grazia. A che serve avere ogni potere? Tutte le Scritture - Mahabhârata, Bhâgavata, Râmâyana, Itihâsa, Purâna - hanno dimostrato questa particolare verità: che la sola Grazia Divina può conferire successo e che la forza bruta non vincerà mai.
La vita di mondo e la vita di Grazia
Nascita dopo nascita, per molte vite, abbiamo vissuto una vita di mondo, ed è questa la ragione per cui (l'istinto animalesco) esercita una tale forza su di noi. Non siamo quindi stati capaci di godere di quella Divina Grazia, che è piena di splendore, del Principio dell'Amore. Quando una persona ha trascorso la sua vita in prigione e si è abituata a dormire sul nudo pavimento, quando viene scarcerata per aver raggiunto la fine della sua pena e fa ritorno a casa dove trova un letto lussuoso, non riesce a prendere sonno, anche se in un letto confortevole.
Qual è la ragione? La ragione è che si era abituata a dormire per terra, su un pavimento rozzo e, quindi, si troverà a suo agio per riprendere sonno solo quando si rimetterà per terra. Così pure, uno che è infarcito di pensieri, sentimenti ed esperienze mondani, non potrà mai rallegrarsi di pensieri, sentimenti ed esperienze di santità, non apprezzerà mai la dolcezza divina del Principio dell'Amore, non riuscirà mai a sperimentare l'essenza divina della Suprema Pace.
La causa va ricercata nel patrimonio mnemonico di sue esistenze precedenti, piene di pensieri, sentimenti ed eventi cattivi. Una volta liberati da quei sentimenti, potrete avere, solo allora, sentimenti divini in voi. Se nella testa non c'è niente, è possibile mettervi dentro qualcosa. Ma se la mente è piena di cianfrusaglie, non sarà facile svuotarla. Se non la svuotate, potete farci entrare il nettare della Grazia? Se volete riempire questo bicchiere di latte, dovete prima gettare l'acqua che c'è dentro. Ci si può avvicinare sempre più a Dio solo dopo aver sgomberato la mente da pensieri, azioni e tendenze cattive. Ciò che resta da fare è liberarsi dai cattivi pensieri.
Qual è l'essenza di Krishna? L'essenza di Krishna è il principio dell'Amore. Che cosa si intende per "amore"? L'Amore di Dio è l'unico vero amore. L'amore del mondo non può mai esser chiamato "amore", è solo affetto.[14] L'uomo ricava piacere dagli affetti nel nome dell'amore: li chiama amore, ma essi non sono che affetti terreni. Li spaccia per amore, mentre non lo sono. Vedete? Si guarda solo al nome ed alle forme dell'uomo, ma non si guarda alla purezza del cuore dell'uomo!
(Canto)
Puoi forse catalogare fra i pappagalli parlanti tutti gli uccelli verdi che vedi?
Puoi forse chiamare ape qualunque insetto che va a posarsi su un fiore?
E se copri un asino con pelle di tigre lo puoi chiamare tigre?[15]
Se un elefante ha addosso del grasso, potrà esser scambiato per un grosso maiale?
No, no, no! Non potete certo scambiarlo! Queste non sono che apparenze esteriori. Se volete davvero sapere chi siete, dovete liberarvi da tutte queste esteriorità. Nel mondo odierno sono molto diffuse queste malattie. Solo dopo che vi sarete riempiti di Amore Puro potrete liberarvi da quelle malattie. Non esiste altra via migliore di quella dell'Amore: Esso permane in voi, quando vi trova liberi dall'orgoglio e dall'ego.
Colui che è libero da questi mali può avvicinarsi almeno un po’ alla Fonte dell'Amore. Capire l'essenza dell'Amore non è affar di poco conto. Voi credete di sapere e così, pur trascorrendo un certo numero di vite, non riuscirete mai a comprendere il Principio dell'Essere Divino. State tutti godendo una vita temporanea. Vi tenete ad essa stretti, ma in questo modo non vi stringerete al Dio Eterno. Chiunque aspiri e lotti per ottenere questa vicinanza, la potrà avere.
L'esistenza di Krishna ha dimostrato diverse cose. Le Gopika hanno offerto tutta la loro vita a Krishna. Shrî Kanth descrisse questa devozione coi versi: "Krishna, se tu diventassi un albero, io mi trasformerei in rampicante per avvolgerTi". Le gopî erano così e, riconoscendo la veridicità di questo sentimento, si realizzarono in pieno accordo ad esso.
Chi sono le gopî? Tutti coloro che vivono l'essenza dell'Atman. Coloro invece che fondano la propria vita sul mangiare e derivati sono dei peccatori. Il primo è gopî, l'altro è papi, peccatore. Non si fa che pensare al mangiare, riducendo la vita ad un'esistenza materiale, priva della dimensione spirituale. Bisognerebbe sempre pensare allo Spirito, all’Âtman. Dedicate tutte le vostre azioni al Signore, come fossero delle offerte.
Tocca a Dio dire: "Siete Miei"
Lo Shrîmad Bhâgavatam presenta molti esempi di vite ricche di quel tipo d'Amore. Le gopî non avevano mai paura di critiche e dei vari problemi relativi all'esistenza terrena. Non si curavano mai degli elogi né delle critiche. "è Krishna - pensavano - che deve accettare ed apprezzare; a che scopo preoccuparmi della lode di altri? Se Krishna dicesse anche una sola volta 'Lui o lei Mi appartiene', mi basta". Non ha valore dire che Dio è vostro. È Dio stesso che deve poter dire "Questa persona è Mia". Allora la cosa ha valore.
Anche Ârjuna per molto tempo fu affetto da sentimenti egoistici: "Krishna è mio amico; Krishna è mio cognato; Krishna è mio parente, mio auriga, mio intimo amico ed alleato"[16], e continuava a pensarla in questo modo. Finché il suo pensiero era così articolato, non comprese mai correttamente l'essenza di Krishna. Fino a quel momento visse la vita di un congiunto, si sentiva cognato. Ârjuna era estremamente intelligente e ricorrendo a tutta la sua intelligenza,[17] si mise a fare dissertazioni con Krishna, in modo tale che esaurì tutte le sue esigenze razionali.
Ridusse il parlare, cadde ai Piedi di Krishna e alla fine si arrese. Gli disse: "Farò qualsiasi cosa Tu mi chieda di fare, seguirò la Tua parola, mi rallegrerò della Tua parola, la sperimenterò e la praticherò, la seguirò". Solo dopo che Ârjuna ebbe formulato questa promessa riuscì a capire l'essenza di Krishna.
Supponiamo che scriviate una lettera ad un amico e che la indirizziate a lui in raccomandata. Se volete sapere se la lettera è stata recapitata all'amico, dovete attendere la cartolina di ritorno per ricevuta. In mancanza di questa attestazione, la vostra lettera non è pervenuta a destinazione. Voi pensate di avere amore per Me. Il vostro amore dovrebbe raggiungerMi, come una raccomandata, e la ricevuta di ritorno deve partire da Me per giungere a voi. Solo allora potrete essere sicuri che la vostra lettera è pervenuta. Ciò significa che è Dio a dover dire "Tu sei mio". Finché Dio non lo dice, non siete di Dio.
Fiducia è certezza di ottenere
Quando apparterrete a Dio? Quando avrete offerto voi stessi a Lui, quando vivrete in accordo al principio atmico, quando vivrete nella convinzione di essere Spirito: allora vi sarà possibile. Non è tanto facile, ma si deve fare qualche sforzo per ottenere questo. Non abbiate dei dubbi, non pensate: "Io sono un essere ordinario; non potrò mai giungere a quella meta, non merito quella grazia, non avrò mai quella ricompensa...". Se avrete una ferma convinzione e decisione, otterrete.
Abbiate questo tipo di serietà. "Chi ha fede, raggiunge la Conoscenza". Una persona dotata di fede, può attingere la Conoscenza e la Saggezza. Se continuate a dire: "Non ci riesco!", perderete anche qualunque altra capacità. Se volete avere successo, siate convinti di poterlo fare. Benché il nibbio abbia ali, se non si decide ad allargarle, non può nemmeno muoversi di un millimetro. Perfino una formica, tanto piccola, quando lo decide, può spostarsi per miglia. Se avete la fermezza di volere, ottenete qualunque cosa.
Ma, negli esseri umani, c'è di mezzo l'ego che viene a frapporsi, ed è molto diabolico; è una malattia gravissima, per liberarsi dalla quale serve molto tempo. Il morbo dell'ego è assai diffuso al giorno d'oggi nel mondo. Liberatevene. Non c'è assolutamente posto per l'ego. Perché siete egoisti? È forse perché siete ricchi? Non c'è nessuno più ricco di voi? È perché siete belli? Quanti altri sono più belli di voi! È per la vostra cultura? Quante altre persone sono assai più colte di voi! È per le vostre qualità, per le vostre virtù? Ci sono innumerevoli persone che ne hanno più di voi! Perché dunque vi inorgoglite? Che grave malattia! È il morbo dell'ignoranza. Estirpate questo ego. Il corpo non è che uno strumento.
Shariram âdyam khalu dharma sâdhakam:
"II corpo, invero, è indispensabile per raggiungere un retto vivere (dharma) ".
Lo scopo del corpo è quello di mettere in pratica il retto agire. Vivete la vostra vita in sintonia con questa idea ed allora vi avvicinerete sempre più a Dio, finché Lo raggiungerete.
Nell'Amore il successo
Incarnazioni del Divino Amore,
rallegratevi a questo Amore. Quando c'è questo Amore, non vi può essere odio nel mondo e, quando non c'è odio, non c'è più violenza di nessun tipo. Quante azioni violente oggi nel mondo! Quante attività crudeli! Perché? Amor proprio ed ego ne sono la causa. Bruciateli, dunque! Solo allora saranno esaltate in voi le virtù dell'altruismo.
FONDATE LA VITA SULL'AMORE
CRESCETE NELL'AMORE
VIVETE NELL'AMORE
CHIUDETE LA VITA CON AMORE
Quando sperimenterete questo Amore, non fallirete mai. I problemi e le difficoltà sono sentiti dalla persona che non ha amore. Shrî Kanth, riferendosi a Niraja, una gopî che stava accendendo la lampada, si espresse in questo modo: "In quella fiamma, ella vide Krishna e, persino quando le sue dita stavano ustionandosi, non se ne accorgeva. Ella si dimenticò perfino di avere un corpo". Questo è vero amore. Finché vi preoccupate se le dita possano bruciacchiarsi alla fiamma, vuoi dire che l'amore per il vostro corpo prevale su quello per il Signore.
Voi date maggior amore ad un corpo che dura poco e abbandonate il principio dell'Atman, che è eterno, immortale. Sperimentate il principio dell'Unità atmica. Gli Avatâra discendono sulla Terra per predicare questo tipo di amore. Dio vive in ogni essere umano: è come l'olio di sesamo. Dio abita in voi, come l'olio è nel seme. Potrete fare un bagno nell'olio di sesamo solo dopo che avrete spremuto il seme per estrarlo. Estraete l'olio (dell'amore) dal seme (del corpo). Le difficoltà l'uomo le incontra a causa di questa mancata operazione.
La vera fede è stabile e pura
(Canto)
La fragranza del sandalo proviene dal processo di estrazione.
A forza di masticare la canna da zucchero se ne avverte la dolcezza.
L'oro è sempre più puro quanto più lo si fonde al crogiolo.
Allo stesso modo, per una persona buona, le difficoltà in aumento dovrebbero rendere la sua fede sempre più stabile. Una persona che perde la fede quando si trova a dover fronteggiare difficoltà, è un demone. Le difficoltà dovrebbero rafforzare la fede, come l'oro che diventa sempre più puro al fuoco. Non ci si deve mai abbattere, non ci devono essere mai momenti di debolezza. Se compare quel sentimento impuro, vuoi dire che non c'è devozione. Si può scegliere sempre il tipo di devozione; lo sguardo può orientarsi in qualsiasi direzione.
Anche il Râmâyana porta numerosi esempi su questo punto. Rama, Lakshmana e Sita trascorsero 14 anni nella foresta con tutti i problemi che ne derivarono. All'epoca erano giovanissimi: Rama e Lakshmana avevano rispettivamente venti e ventun anni, e Sita aveva diciott'anni. Vivevano tutti e tre insieme e, nonostante il lungo periodo di 14 anni vissuti insieme, Lakshmana, non guardò mai neppure una volta il volto di Sita.
Quando Sita fu rapita da Râvana, Rama e Lakshmana si misero sulle sue tracce nella foresta. Dopo aver stretto amicizia con Sugriva,[18] Lakshmana incominciò a descrivere Sita.[19] Sopraggiunse Hanûmân con una piccola borsa, contenente dei gioielli, e disse che questi gioielli erano stati probabilmente lasciati da Sita quando (...).[20] Rama non guardò mai i gioielli indossati dalla moglie, e Lakshmana, in relazione a ciò era ancor peggio. Rama domandò a Lakshmana: "Lakshmana, guarda se questi gioielli appartengono a tua cognata". Ed egli li guardò.
(Canto)
Non conosco i bracciali (di Sita); non conosco i suoi orecchini,
ma riconosco le cavigliere perché mi sono sempre inchinato ai Suoi Piedi.
Allora disse (Lakshmana): "Fratello, non ho mai visto i bracciali, potrebbero non essere suoi; non conosco gli orecchini, ma queste cavigliere sono Sue, perché solevo prostrarmi ai Piedi di Loto di Sita. Ogni giorno solevo toccare i Suoi Piedi e pertanto li riconosco.”
Vedete? La gioventù dovrebbe notarlo... Sebbene fosse vissuto con Rama e Sita per 14 anni, egli non guardò mai il volto di Sita neppure una volta. Tale era il carattere di Lakshmana. Una volta Rama prese la sua mano e disse: "Questo è il mio namaskaram. In età sono maggiore rispetto a tè. Non c'è nulla di più grande della virtù e del carattere.”(...)
Rama disse: "Nessuno può superarti in carattere, vorrei toccare i Tuoi Piedi". Dio apprezza le buone qualità e il carattere, non Gli importano le altre cose. Superficialità inquinante.
I giovani d'oggi guardano per prima cosa la faccia delle persone. Potete arguire da voi quanto sia cattiva questa inclinazione. Un uomo di carattere dovrebbe guardare i piedi, non la faccia. Oggigiorno, il loro parlare, le loro canzoni sono piene di malvagità, piene di concetti inquinanti. L'aria è inquinata, il parlare è inquinato, la vista è inquinata, il modo di ascoltare è inquinato, le mani... com'è difficile quantificarne i peccati!
Perché deve esistere della gioventù smidollata? Dovreste essere dei modelli. Solo così avrete vissuto una vita che possa dirsi in linea col modello di Rama. Ogni studente dovrebbe diventare un ideale, ma questo oggi sembra irraggiungibile. Esistono molte ragioni che vanno tenute in considerazione per capire questo fenomeno. Le cattive amicizie generano cattive inclinazioni ed è a causa di esse che la gente va in rovina. Sono sempre le compagnie che si frequentano a provocare un'evoluzione o un'involuzione.
La polvere sta per terra e sale al cielo quando si unisce al vento. La polvere non ha ali per volare, ma sono la compagnia e l'amicizia con l'aria che hanno portato in alto la polvere. Se invece la polvere si allea con l'acqua, va a finire nel fiume e si deposita per terra. Non ha gambe per scendere. È l'amicizia o la compagnia che decide il carattere e l'atteggiamento che assumerete. Per questo dice il proverbio: "Dimmi con chi vai e ti dirò chi sei".
Se fate amicizia con dei malvagi, diverrete anche voi malvagi. Un orefice che ha indossato un camice bianco sta eseguendo un lavoro; soffia nel crogiolo e, a causa di questo lavoro, i suoi bianchi abiti si stanno sporcando. Ogni volta che soffia nel crogiolo, dei pezzi di carbonella vanno a cadere sul camice. Sta lavorando all'oro e tutta la polvere d'oro si va a posare sui suoi abiti. Ciò che si tiene vicino condiziona. State con buone compagnie; allora diverrete virtuosi e pieni di carattere.
Che significa "spiritualità"?
L'amore non è del mondo, ma è divino. Che cosa si intende per spiritualità? Cantare bhajan è spiritualità? È spiritualità fare la pujâ, ossia compiere dei riti devozionali? È spiritualità pregare (japa) ? È spiritualità far meditazione? Tutte queste cose non sono spiritualità! Questi sono tutti aspetti secondari della spiritualità, una sorta di optional !
Il vero significato della spiritualità consiste nel distruggere la natura animalesca dell'uomo, trasformare la natura umana in natura divina. Ma voi fate ogni sorta di pratiche spirituali, come preghiere, meditazioni, bhajan, ecc., senza però distruggere la vostra natura inferiore. Nelle trascorse età del Krita, Treta, Dvapara Yuga, la gente malvagia veniva riconosciuta come tale.
Dharmaraja appariva come Dharmaraja soltanto. Shakuni[21] appariva come Shakuni. Duryodhana[22] si comportava come Duryodhana. Ma nell'età di Kali l'uomo indossa le vesti di Dharmaraja.[23] Sappiate individuare il livello dei vostri pensieri. Se si parla di spiritualità e di devozione, significa che dovete distruggere la natura animale in voi. Che vuol dire "natura animale"? Il mangiare, il bere, l'istinto o l'inclinazione verso qualcosa sono tutte cose comuni ad animali e uomini; ma,
"la saggezza è la natura unica dell'uomo".
Un uomo senza saggezza è peggio di un animale. Se prevale in voi la natura animale, qualunque cosa facciate diventa inutile. Distruggete la natura animale in voi. Dovete trasformarvi da umani in divini. Questa è il giusto tono della devozione. Non servono parole. Dovete provarlo nell'azione. Ecco la vera prova della devozione.
Prashanti Nilayam, 21 Agosto 1992
Compleanno del Signore Krishna o Krishna Janmâshthumî
da: Mother Sai n.6/92
Note:
[1] Adambara è il termine usato. Significa: comportamento chiassoso, parlare a voce alta o eccessivamente, pompeggiare, ostentare con enfasi, usare parole altisonanti.
[2] Bhagavad Gita XVI11, 66. Lett.il verso sarebbe da tradurre: "Abbandona i dharma", e questa è anche la traduzione dell'interprete dello Svâmi.Dharma qui è inteso proprio come l'insieme di tutti i doveri religiosi coi quali un fedele cerca di raggiungere un miglioramento spirituale. L'interpretazione del versetto è delicata e non deve prestarsi ad equivoci .Il Signore Krishna - ed oggi il Signore Satya Sai - non intende con questa citazione vanificare tutti gli sforzi che un'anima compie attraverso le discipline spirituali, ma pone l'accento su due aspetti importanti:
1) le pratiche spirituali sono improduttive se non provengono dal cuore, e l'attaccamento ad esse è ancor più pernicioso;
2) il completo abbandono a Dio sostituisce ogni pratica spirituale.
Il v. sopraccitato viene cosi tradotto dal Ramakrishna Math: "Abbandona la dipendenza da tutti i dharma. Vieni a Me quale solo rifugio. Non addolorarti. Io ti libererò da ogni peccato".
Raphael traduce nel seguente modo: "Metti da parte le tue incombenze, vieni a Me, come unico rifugio. Io ti libererò da tutti i mali, cessa dunque di affliggerti".
Shamkara commenta il v. in un'ottica advaita, cioè avulsa da qualsiasi dualismo, suggerendo la rinuncia a tutte le azioni, rette e non rette, in vista dell'unica immersione nel Divino, Îshvara, il Sé di tutti: "Io stesso sono quell' Îshvara; non credere che vi sia qualche altra cosa al di là di Me. Quando tu sarai fermo in questa fede, io ti libererò da tutti i peccati, da tutti i vincoli di dharma e adharma, manifestandoMi come il tuo stesso Sé. Perciò qui è già stato detto 'Io distruggo il buio nato dall'ignoranza con la luminosa lampada della saggezza, dimorando nel loro Sé. Pertanto non addolorartì".
[3] Una delle preghiere chiave del Buddismo è il famoso Trisharan, ossia il Triplice Rifugio: Buddham sharanam gacchamî, dharmam sharanam gacchamî, sangham sharanam gacchamî. "Mi rifugio nel Buddha; mi rifugio nel dharma, mi rifugio nella comunità monastica (sangha) ". Qui Sai Babà supera la tradizione buddista per mostrare che il Grande Risvegliato aveva coscienza della totalità.
[4] Religioso e filosofo, autore anche di un commento ai Brahmâ sûtra. Si dice fosse discepolo di Vishnusvâmin, considerato dalla tradizione il più antico fondatore della scuola vishuddhâdvaita, che fu poi rigenerata dal più famoso Vallabha.
[5] Gopika è sinonimo di gopî
[6] La traduzione nel testo segue l'inglese dell'interprete. La frase telugu-sanscrito di Babà è molto più complessa: questa prajnâ è nella mente, nell'intelletto, nell'organo interno (il corpo sottile)". A questo punto Baba cita una frase famosa del Nârâyana sûktam, tratta dai Veda (Taittiriya Aranyaka): Sarvatra antar hahishcha sarva vyapya prajnâ sthitah, "Tutto ciò è pervaso dalla Consapevolezza dentro e fuori". La frase originale è invece: Antarbahishcha tatsarvam vyapya Nârâyanah sthitah: "Tutto ciò è pervaso da Nârâyana dentro e fuori". In pratica lo Svâmi sostituisce a Nârâyana la parola Prajñâ.
[7] Pratyaksha è uno dei sei promana o "mezzi di prova". "mezzi conoscenza" della logica indù. Si tratta della "percezione mediata o indiretta" e si oppone ad aparoksha, "apprendimento diretto o intuitivo". Aparoksha significa "diretto, immediato, non riflesso, presente e attuale.
[8] Svaprayojana, cioè prayojana = uso, utilità; Svaprayojana = che bada alla propria utilità, ai propri interessi egoistici.
[9] Satyabhâmâ, che lett. significa "Di vero splendore", è la figlia del principe Yâdava Satrâjita, nonché una delle tre mogli di Krishna. Rukmini è figlia di Bhîshmaka, re del Vidarbha e sposa di Krishna. Nârada è il nome del mitico veggente, di cui si fa già menzione nell'Atharva Veda. Jâmbhavatî è figlia di Jâmbhavat, Re degli Orsi, una tribù aborigena secondo alcuni, alleali di Rama nell'invasione di Lanka. Jâmbhavat, costretto a riconoscere la superiorità di Krishna, Gli cedette la famosa gemma shyâmantaku, insieme alla propria figlia Jâmbhavatî.
[10] Il versetto citato è parzialmente tratto dalla Bhagavad Gita, XII, 14: Samtushtah satatam yogi yatâtmâ dridhanishchayah mayy arpita manobuddhir yo madbhaktah sa me priynh: "Soddisfatto, risoluto, equilibrato, con la mente e l'intelletto rivolti a Me, che mi è devoto, quello yogi Mi è caro".
[11] Karna è uno dei personaggi di maggior spicco nella guerra tra Pândava e Kaurava ed è il più aspro rivale di Ârjuna, il principe Pându. Apparentemente era di umili origini, essendo stato allevato da una povera coppia senza figli, che lo aveva trovato sulle rive del fiume Yamunâ (Mahabhârata, Adi Parva, 67). In realtà, Karna era figlio naturale di Kuntî, - madre dei Pândava e poi moglie del re Puru, - la quale lo aveva abbandonato dopo la nascita. Adulto, Karna divenne un arciere e un auriga estremamente abile, ma, a causa del suo basso lignaggio, non poté partecipare al torneo della principessa Draupadi, che, secondo le usanze, sarebbe andata in sposa al campione del torneo stesso. Quando poi Ârjuna fu dichiarato vincitore, Karna rivolse altrove la propria ambizione e si unì ai Kaurava, venendo proclamato sovrano di Anga da Duryodhana, principe reggente dei Kuru che si assicurò in tal modo un prezioso alleato per l'imminente conflitto con i Pândava. Karna fu poi ucciso da Ârjuna nell'ultimo giorno dell'epica battaglia, quando il suo cocchio affondò nella terra morbida, in modo da rendere inutile il suo infallibile giavellotto - a lui donato da Indra - efficace solo nei combattimenti ravvicinati e letale per un solo colpo. Kuntî rimase sconvolta dal dolore, non solo per la scomparsa del suo figlio maggiore, ma anche per il fatto che, a causa dell'antico segreto, questi era stato ucciso dal suo fratellastro. Il rimorso non impedì però alla donna di far conoscere la verità ad Ârjuna e agli altri suoi familiari, per i quali la vittoria divenne allora più amara di ogni sconfitta. Il nome Karna (da karna, "orecchio" secondo la mitologia puranica) è legato al modo in cui si manifestò alla nascita. La sua nascita è attribuita a Sûrya, che era stato invocato con un mantra concesso a Kuntî dal saggio Durvasa, ed egli nacque con una corazza e con orecchini sfolgoranti.
[12] Figlio maggiore del re Dritarâshthra. Fu lui, ad un certo momento, a guidare i Kaurava contro i Pândava.
[13] Fratello di Duryodhana: fu colui che tentò di denudare Draupadi strappandole di dosso il sârî, nella sala delle assemblee dei Kaurava, sârî che Krishna, invocato da Draupadi, fece miracolosamente allungare di infiniti metri di stoffa.
[14] I due termini contrapposti in sanscrito sono prema (amore) e anuraga (affetto), un po’ come facevano i Greci, che usavano distinguere tra eros (amore nei sensi), filia (amicizia), agape (amore sociale) e karis (amore divino, grazia).
[15] Allusione ad una nota favola tratta dal Pañchatantra, "L'asino vestito della pelle di tigre".
[16] Non si tratta di una ripetizione, ma di una connotazione diversa. Infatti, la prima volta che lo Svâmi ha usato "amico" si è servito del termine snahin (= affezionato, preso da sneha ossia da tenerezza, attaccamento, simpatia); qui usa il termine mitrulu, da mitra = compagno, amico, alleato.
[17] II termine qui usato per "intelligenza", e glossato dall'interprete con intelligence, non è buddhi ma medha Shakti. La differenza tra i due vocaboli è di estrema importanza, giacché nel lessico occidentale è sempre faticoso far notare la linea di demarcazione che distingue le due realtà. Buddhi è intelletto nel senso di potere razionale ed intuitivo, ed ha una connotazione che supera qualitativamente la semplice ratio, non si limita al mero raziocinio. Medha Shakti, invece, si riferisce alla forza speculativa fornita dalla ragione; una forza che deve cedere le armi quando si trova di fronte l'Incomprensibile, l'Ineffabile, Colui che non può essere preso nella rete dell'intelligenza. Colui che confonde il gioco dei sapienti e degli intelligenti.
[18] II termine sanscrito da cui abbiamo glossato "amicizia" è sneha, che vuoi dire "tenerezza, amore, attaccamento, affetto, simpatia, amicizia". Sugriva è il cosiddetto "re delle scimmie", figlio del Sole o Sûrya. Fu detronizzato da suo fratello Bâlin, ma venne in seguito reintegrato nelle sue funzioni da Rama a Kishkindhyâ.
[19] Interessantissima la terminologia usata dallo Svâmi: Sita viniyoga. Viniyoga è un vocabolo del linguaggio tecnico religioso e filosofico, i cui significati sono i seguenti:1) uso, applicazione, impiego (spec. di un verso in un rituale); 2) distribuzione, divisione; 3) relazione, correlazione (è il nostro caso). Quindi, la traduzione letterale e più appropriata sarebbe "incominciò la relazione su Sita", oppure "si mise a esporre una relazione su Sita" piuttosto che "fare una descrizione", tenendo in considerazione quanto precedentemente detto a proposito della ritrosia di Lakshmana a guardare il volto di Sita.
[20] Lo Svâmi sussurra in telugu una frase che risulta poco comprensibile nella registrazione.Sembra dire "quando qualche demone deve averla importunata".
[21] Figlio del re Subala del Gândhâra, nonché zio dei principi Kaurava. Era un esperto nel gioco dei dadi, e fu lui a consigliare Duryodhana durante la sfida con Yudhishthira, quando quest'ultimo perdette tutti i suoi possedimenti.
[22] Nome del figlio maggiore del re Dhritarâshtra: fu lui, ad un certo momento, a guidare i Kaurava nella guerra contro i Pândava.
[23] Dharmaraja o "Re del Dharma", Sovrano della Giustizia.E un appellativo di Yudhishthira, figlio maggiore del re Pându e di Prithâ (Kuntî), fratello di Ârjuna, ecc. nonché condottiero dei Pândava. A proposito di questo, un poeta disse di lui:"Egli si chiama Dharmaraja, ma le sue azioni sono demoniache."