DISCORSO DIVINO

L'occhio della Saggezza

4 aprile 1992

- Se si strofina più volte il legno di sandalo, ne aumenta il profumo;

- Se si continua a masticare la canna da zucchero, il succo diviene più dolce;

- Se si passa ripetutamente l'oro al crogiolo, diventa puro e più brillante.

- Il nobile non cessa di essere retto anche fra tutte le vicissitudini della vita.



La felicità, fine ultimo dell'uomo.

Incarnazioni del Divino Amore!

La vita umana è la cosa più preziosa del mondo, ma non tutti sono sensibili a questa verità. In che cosa consiste questo valore così prezioso? L'umanità non è riscontrabile solamente in ciò che è fisico e terreno.

Shareram âdyam khalu dharmasâdhanam,

"In verità, il corpo è il requisito principale per la realizzazione della giustizia".

È per il conseguimento della rettitudine che all'uomo è stato dato un corpo.

Dio è la miniera della Beatitudine (Ananda). Egli è eterno. Fra le miriadi di nomi che Gli si attribuiscono, il più eccelso è Sat-Cit-Ananda.

Sat significa "ciò che è immutabile nel tempo" passato, presente e futuro. Rispetto al tempo, al luogo e alle circostanze rimane sempre lo stesso: trascende tempo, spazio e condizioni.

Cit significa "piena consapevolezza" (paripurna Jñâna) e comprende la piena conoscenza di ogni cosa, - in campo sociale, morale, fisico, scientifico e spirituale - ed è la tela di fondo che fa da supporto ad ogni tipo di conoscenza.

Quando Sat e Cit esistono insieme, c'è Ananda, Beatitudine. L'umanità prende origine dalla Beatitudine, cresce nella Beatitudine e si fonde nella Beatitudine: la felicità eterna è il fine ultimo dell'uomo. L'uomo è nato nella beatitudine e manifestarla è suo dovere. In questo sta il segreto della storia umana.

Ciascun individuo compie svariati sforzi per essere felice. Dall'infanzia alla vecchiaia l'uomo fa ogni tentativo per assicurarsi uno stato di beatitudine; però, non riesce a trovarla nei luoghi dov'egli la cerca e, dal momento che egli stesso è la personificazione della beatitudine, è una pura follia cercarla all'esterno. C'è forse qualcuno al mondo che cerchi se stesso al di fuori di sé? E come una ricerca del genere si rivelerebbe sintomo di ignoranza, così cercare la felicità al di fuori di se stessi è segno di ignoranza.

L'acqua può esistere al di fuori del pesce, ma non il pesce all'esterno dell'acqua. I rami sono una porzione dell'albero; il bambino è parte della madre. Un ramo non può sopravvivere se distinto dall'albero; un bambino non può vivere senza madre.

Allo stesso modo, l'esistenza umana si basa sul Divino; l'uomo è una scintilla del Divino e, senza Dio, non può essere felice. Sfortunatamente, in un'epoca perversa come questa (il Kali Yuga) gli uomini mostrano di accettare a parole questa verità, mentre non ne hanno una viva ed intima esperienza; di conseguenza, si sforzano di cercar felicità esplorando il mondo materiale.



L'origine dell'uomo

Qual è l'origine dell'uomo? Donde è venuto? Qual è la sua prima casa? Non c'è un'anima che cerchi di fare opportune indagini su questo tema. L'uomo esiste, si muove, mangia e vive, ma da dove è venuto? Considerando la sua corporeità, egli dice di provenire da Madras, da Bombay o da qualche altra località. Oppure, facendo assegnamento sulla professione esercitata, si dichiara dottore, avvocato, agricoltore o altro.

Se si considera in relazione alla località, alla nazione o alla professione, non può comprendere il suo vero sé. Che cos'è questo vero sé?

La risposta è: manuja oppure mânava. Che significa Manu?

Si parla di Svayambhû Manu, "Manu che crea se stesso". Ja significa "nascita"; dunque, manuja si riferisce a chi è nato da Manu. L'uomo, quindi, viene chiamato manuja, in quanto le sue origini sono nell'autocreatore Manu. L'uomo, però, non si rende conto di questa realtà. Di conseguenza, sebbene sia l'incarnazione dell'Essere-Coscienza-Beatitudine (Sat-Cit-Ânanda), continua disperatamente a cercare felicità altrove.

Per quale ragione? Dimentico di una conoscenza più elevata (Jñâna) vive nell'ignoranza, nel sogno terreno delle illusioni e, immerso in questo stato di sonno, perde di vista la propria natura.

Una persona potrà anche essere un presidente, un imperatore o un primo ministro, ma, quando dorme, non è consapevole della propria posizione. Quando sogna e sperimenta dei ruoli, li considera reali e crede alla loro autenticità. In un sogno, un miserabile può credere di essere un imperatore o un presidente, ma, al momento del risveglio, si rende conto della sua vera posizione e della sua condizione di povertà.



La vista dell'ignorante e quella del saggio

Accade lo stesso anche nel sogno dell'ignoranza (ajñâna), quando l'uomo che dimentica la sua autentica forma di Essere-Coscienza-Beatitudine si identifica in una nazione, in una professione o in una forma fisica particolare. Questa ignoranza avvolge l'uomo in una coltre d'illusione. Proprio come si vede il chicco di riso coperto dalla pula, o l'acqua di uno stagno sotto uno strato di muschio, o il sole oscurato da una nuvola, così l'uomo avvolto nell'ignoranza è incapace di scorgere il proprio sé.

Perciò, le Upanishad hanno esortato l'uomo a svegliarsi dal sonno dell'ignoranza e a realizzare la propria vera natura. Se si toglie la gluma, si vede il chicco di riso, che c'era anche nella risaia; ma finché la gluma lo copriva, non si poteva scorgere.

Tutto ciò che è coperto da qualcosa è soggetto a mutamento ed è impermanente. I Veda hanno dichiarato: "Tutto quanto si percepisce, perisce". Vale a dire che tutte le cose che appartengono al mondo fenomenico sono destinate un giorno o l'altro a consumarsi. L'uomo vede coi propri occhi fisici tutti gli oggetti del mondo, oggetti che si muovono e che non si muovono: tutte quelle cose ad un certo momento scompariranno nella corrente del Tempo. Né gli occhi che vedono, né gli oggetti percepiti rimarranno. Tutti gli esseri viventi del creato sono dotati di occhi.

Qual è la peculiarità degli occhi di cui è dotato l'uomo? Qual è il significato singolare dell'esistenza umana? Sfortunato è quell'uomo che, venendo al mondo come essere umano, si accontenta della vista fisica. L'uomo deve acquisire l'occhio della Saggezza (Jânanetram). Senza quello, a che serve esser colti? A che gli servono intelligenza e poteri mentali? Che cosa c'è di peggio di un uomo incapace di riconoscere la divinità che ha in se stesso? L'uomo rappresenta il coronamento della creazione. Ecco perché le Scritture hanno esaltato le nobili virtù dell'uomo che le sa manifestare. Quindi, l'essere umano in quanto tale deve sforzarsi di acquisire l'occhio della Saggezza. L'occhio fisico non è adatto a questo.

Gli occhi non possono vedersi. Se sono così limitati, come potranno vedere la mente che è sottilissima? E se non riescono a vedere la mente, come potranno vedere l'Âtma, lo Spirito interiore? Se uno è incapace di conoscere se stesso, come farà a pretendere di capire gli altri? Gli occhi fisici non potranno mai vedere L'Âtma.

La cosa più importante del mondo è la vita dello Spirito (Âtma-jevitam). L'esistenza del corpo, la vita psichica o intellettiva non bastano perché si consideri pienamente vita un'esistenza. Sembra che la principale preoccupazione dell'uomo sia quella di nutrire il corpo e di logorarlo fino alla morte. L'uomo, in preda alle forze del tempo, dello spazio e delle circostanze, non riesce a comprendere la propria natura vera. Dall'alba al tramonto, egli è preso da mille faccende. Studia un mucchio di libri e fa ragionamenti a iosa. E con quale risultato? Non ha imparato un bel niente! La soddisfazione che ne ricava di tanto in tanto finisce in delusione. Tutti questi sforzi sono come la corsa verso un miraggio, che non lo disseterà mai. Hanno solo l'apparenza dell'acqua, ma l'acqua non c'è.

Tutti i piaceri che derivano dal mondo materiale (Prakriti) sembrano dare felicità; in realtà essi non danno felicità, né beatitudine, perché non sono interminabili; vanno e vengono, lasciando dietro di sé uno strascico di sofferenza.



La vittoria sulla mente

Shamkarâchârya fece questa domanda: "chi è il vero conquistatore del mondo?" I suoi discepoli diedero risposte differenti. Uno di loro disse che poteva dirsi vero conquistatore chi avesse sottomesso il mondo e lo avesse posto sotto il suo dominio. Un altro disse che l'uomo che aveva scalato i monti dell'Himalaya e vi aveva piantato in cima la bandiera era un grande conquistatore. Un altro ancora disse che era un vero eroe chi avesse varcato gli oceani.

Shamkarâchârya ascoltò tutte le risposte sorridendo, poi disse:

«Miei cari studenti, state considerando una vittoria solo dal punto di vista del mondo. È un punto di vista che concede vincite a tutti. Un animale che lotta contro un altro animale, lo può vincere. Così pure, anche fra gli uccelli ci possono essere vincitori: anch'essi attraversano l'oceano e volano sui monti dell'Himalaya. Che vittorie sono queste? Non lo sono affatto».

Shamkarâchârya dichiarò che «il vero conquistatore è colui che sottomette la mente».

È un grave errore psicologico ritenere che si possa essere vincitori senza vincere la propria mente. La mente è collegata alla Luna. Si sa che la Luna non splende di luce propria. Se è luminosa di notte, da dove prende la luce? La prende per riflesso dal Sole. Si noti quanto fulgido sia il Sole; la sua luce è potentissima. Nessuno può guardarla direttamente e senza filtri, mentre la luce lunare è blanda e confortevole. Eppure, sia la luce solare che quella lunare hanno un'unica, identica provenienza. Che importanza ha dunque distinguerle?

Per quanto riguarda la mente, si possono vedere le sue qualità rajasiche quando essa è piena di desideri e, quando c'è una prevalenza di qualità tamasiche, c'è oscurità.

Quando i desideri della mente sono appagati, essa sperimenta uno stato di rilassamento; quando invece i desideri non vengono soddisfatti, la mente è inquieta. Tuttavia, non si surriscalda: è nella sua natura. Non è facile controllare la mente, che ha meritato di essere paragonata ad un groviglio di opinioni e immaginazioni. Non si riesce nemmeno per un solo istante a fermare il processo del pensiero. La mente sperimenta un incessante flusso di cogitazioni, come fossero interminabili onde di un oceano.

Shamkarâchârya disse appunto che il vero vincitore è colui che sa tenere sotto il proprio dominio l'incessante flusso di pensieri della mente.



I sensi si giocano l'uomo

Gli uomini d'oggi si vantano di un'infinità di successi, che però arrivano sempre insieme ad apprensioni. Perciò, sono guadagni privi di valore. L'uomo crede di aver capito a fondo vari fenomeni, ma non è vero. Sono i suoi sensi che con lui hanno delle esperienze. Egli immagina di servirsi degli organi di senso, ma non è assolutamente così. La verità è che i sensi gareggiano con lui, ma egli non è sensibile a questo fatto.

Se l'uomo avesse una vera padronanza sui sensi e ne avesse il pieno dominio, non andrebbe soggetto all'ansia (vichâram). Sono invece i sensi a spadroneggiare sull'uomo, perché si servono di lui per i loro godimenti. Il risultato è che l'uomo è diventato uno smidollato, è vittima della mancanza di pace e preda di molti dolori.

Allora, che fare per tenere sotto controllo i sensi? Occorre rendersi conto che i sensi non sono altro che degli strumenti. Sono chiamati karanam, ossia "strumenti", e siete voi che dovreste maneggiarli. Non dovreste diventare il loro giocattolo, come purtroppo sta accadendo oggi. L'uomo, infatti, è diventato uno strumento tra le grinfie dei sensi e, per conseguenza, è impotente ad agire nella maniera giusta. E non è tutto. Egli abusa anche dei sensi. È dunque necessario tenere i sensi sotto controllo. Soltanto in quel caso i sensi saranno impotenti a causare dei danni all'uomo.



La "formula" di Dio

Prendete, per esempio, la facoltà di vedere. Voi credete che siano gli occhi a vedere gli oggetti. No. L'occhio è materia inerte. Chi è dunque che vede? È l'Âtma. Quando notate le luci di un'automobile, credete che le lampadine siano accese, ma le lampadine sono accese per la corrente elettrica che le alimenta. Guardate le orecchie. La gente sente un programma radiofonico dagli altoparlanti; potrebbero pensare che gli altoparlanti siano la fonte di ciò che odono, ma, se non ci fosse l'elettricità, gli altoparlanti sarebbero muti. Anche qui, ora, il fattore fondamentale è la corrente: le orecchie fungono da altoparlanti e, per mezzo della corrente atmica, esse sono in grado di ascoltare.

Perciò, L'Âtma è alla base del funzionamento di tutti gli organi di senso. Gli scienziati, che non fanno uso di questa terminologia, chiamano questo Motore Primo "forza" o "energia".

È un'energia che non serve a niente senza materia e, parimenti, la materia non serve a nulla se non c'è energia.

La formula di Dio può essere così enunciata:

m + e = D (Materia + Energia =Dio).

Il "funzionamento" del Divino dev'essere visto secondo questa combinazione. Ad esempio, non si può vedere senza occhi. È una verità. Ma, se mancasse la luce del sole, gli occhi potrebbero vedere? Gli occhi possono vedere una persona solo grazie alla luce solare. Nel contempo, la luce solare, a sé stante, non servirebbe a niente.

Esiste un certo numero di non vedenti al mondo, che non sono in grado di vedere lo splendore del sole. Possono forse per questo negare l'esistenza del sole? Il cieco non può vedere il sole, ma chi ha occhi per vedere, può vederlo. Per grande che sia uno studioso, quando dorme, non può vedere il mondo, mentre una persona completamente incolta, che però sia sveglia, può vederlo. Per vedere nello stato di veglia, è irrilevante l'erudizione o l'intelligenza. L'uomo ha bisogno dell'occhio della Saggezza per vedere il bene e il male nel mondo.



Significato del Nuovo Anno

Oggi è l'inizio di un nuovo anno (Yugâdi). Qual è la prima stagione di quest'anno? È la primavera (Vasanta-ritu). Qual è il mese più importante dell'anno? È Chaitramâsa (marzo-aprile, primo mese dell'anno). La quindicina di luna crescente (Sukla paksha) è la parte migliore del mese. Considerando i giorni, il primo del mese lunare è importante. Tutti questi elementi concomitanti oggi rivestono un significato particolare che contraddistingue l'inizio di un nuovo anno.

L'era in cui viviamo è il kali-yuga. Ci sono quattro Yuga o Eoni: Krita-Y., Treta-Y., Dvâpara-Y. e Kali-Y.

Che cosa fanno gli Indiani per celebrare l'avvento di un nuovo anno? Dopo le sacre abluzioni del mattino, indossano vestiti nuovi, mangiano dei dolci e celebrano la giornata come un'occasione festosa. Sono molti anni che hanno luogo queste celebrazioni, ma la gente quanto ha assimilato le verità sottintese in esse? Sono mutati gli abiti, ma le inclinazioni sono rimaste le stesse.

Non basta indossare vestiti nuovi; sono le abitudini che debbono cambiare. Se non si trasforma il carattere non ha alcun senso l'osservanza di queste festività. Gli Indiani hanno sempre celebrato solennemente la nascita degli Avatâr, come pure la nascita dei fondatori delle varie fedi. Gli anniversari della morte di uomini malvagi come pure quelli dei santi sono celebrati festosamente. Ma la celebrazione dello Yugâdi non ha nulla a che vedere con la nascita di un Avatâr, né con la nascita o con la morte di un santo o di un profeta. Questa festa si richiama puramente al mondo fenomenico (Prakriti). Riveste importanza per chiunque. È un'occasione per comprendere la natura dell'universo. Se vogliamo sapere chi è Dio, la risposta ce l'abbiamo nella Natura, manifestazione visibile di Dio. La Terra gira intorno a se stessa con la velocità di centinaia di miglia all'ora. Qual è la conseguenza del movimento di rotazione? Abbiamo la notte e il giorno. Grazie a questo alternarsi di notte e giorno, l'uomo può riposarsi.

Inoltre, la Terra si muove attorno al Sole alla velocità di migliaia di miglia all'ora e, a causa di questo movimento di rivoluzione, si alternano le stagioni, portando piogge, messi e i frutti della terra. La Natura, dunque, senza attendere alcuna remunerazione, nutre l'uomo.

Nel calendario indù esiste un ciclo di sessant'anni che ha inizio con Prabhaya e finisce con Akshaya. L'attuale anno è il sesto del ciclo e porta il nome di Angirasa. Il messaggio in esso implicato riguarda i sei nemici fondamentali dell'uomo: lussuria, collera, illusione, avidità, orgoglio e invidia. Sono nemici che l'uomo si ritrova in ogni parte del suo corpo.



Auspici e previsioni

Ci sono nove divinità che presiedono agli avvenimenti dell'anno. Sono il Sole e i pianeti.

Fra questi nove, sei sono benefici. Durante quest'anno, ciò che accadrà sarà nel complesso di buon auspicio. Per giunta, ci sarà abbondanza di granaglie e di altri prodotti agricoli. I monsoni saranno normali. I prezzi, però, continueranno a levitare a causa di un'errata politica dei governi. Tuttavia, in generale, nell'amministrazione pubblica ci saranno tranquillità e ordine e i conflitti politici saranno in diminuzione. Potranno esserci delle discriminazioni e degli antagonismi, ma non disordini gravi. Ciò è dovuto al fatto che i pianeti predominanti si trovano in una posizione favorevole, in equilibrio fra loro e disposti bene.

Quando un governante e il suo comandante in capo sono in disaccordo, ne soffre la nazione. Quest'anno, il governante e il comandante in capo dei pianeti sono in amicizia e ciò produce un benefico effetto sul mondo. Angirasa è uno dei nomi del Signore, e significa che l'essenza (rasa) di Dio percorre ogni membra (Anga) dell'uomo. Dal momento che l'anno porta il nome del Signore, sarà necessariamente un anno buono. Le attività devozionali saranno in aumento, ma è probabile che lo siano rispetto al tipo di predicazione e di diffusione del messaggio piuttosto che alla pratica e alla concretizzazione.



Devozione all'Onnipresente

La devozione dovrebbe esprimersi nella condotta. Novantanove persone su cento dichiarano di essere devote, ma non ce n'è una sola fra esse che mostri di possedere delle buone virtù. Si predica e si professa devozione per interessi personali e non come un mezzo di realizzazione spirituale. Dovete tenervi stretti ad un solo ideale.

Gli uomini d'oggi vivono senza ideali. Occorre che capiscano qual è il loro scopo nella vita.

Il fine della vita è l'essenza divina (Âtma), il Sat-Cit-Ananda, (l'Essere-Coscienza-Beatitudine), che si trova dentro l'uomo. La gente si nutre di materie inerti e adora oggetti privi di vita, sprecando la loro stessa vita e ignorando che il Divino è presente nelle stesse cose che mangia e che adora sotto forma di coscienza (chaitanya). Ogni gesto compiuto con amore si rivelerà di immensa utilità.

Gli animali servono l'uomo sgobbando e contribuendo ad un raccolto maggiore, ma l'uomo li tratta con crudeltà: egli ferisce le creature che lo servono.

Però, va davanti ad immagini di animali, come per esempio il Toro di Shiva (Nandi), per offrirgli del culto. Che stoltezza! Dio è onnipresente, ma la Sua onnipresenza va percepita nella sottile forma della Coscienza. Questo è il sentimento che dovrebbe radicarsi sempre più nell'uomo.

Isâvâsyam idam sarvam, "II Cosmo intero è pervaso da Dio" si legge nelle Upanishad. Dio è in ciascun essere umano. L'intento dell'uomo d'oggi consiste più nel dividere l'Uno nei molti che nel realizzare l'unità sottostante alla diversità.

Compito primario dell'uomo d'oggi è intravedere l'unità che soggiace alla molteplicità.



Fede incrollabile e devozione non volubile

Crescete la vostra fede e consideratela ferma ed immutabile: una fede ferma e una chiara visione sono condizioni essenziali. Gli uomini proclamano la loro fede in Dio solo quando i loro desideri sono appagati, ma Lo deridono quando non vengono soddisfatti. Quei desideri sono per lo più gretti e banali.

Non sanno gli uomini che Dio non vede l'ora di accontentarli in aspirazioni ben più grandi! Ignari dei tesori dall'incalcolabile valore che giacciono nelle casseforti di Dio, vanno in cerca di chincaglierie. Invece di diamanti, vogliono un pezzo di carbone e, se non l'ottengono, si sentono pure delusi.

Dio vuol darvi un diamante, ma voi non avete la pazienza di attendere un altro po' per averlo. Aspettate delle ore in coda per prendere l'autobus o per fare il biglietto del cinema e non dedicate cinque minuti per pensare a Dio. La vostra disposizione d'animo verso Dio non dovrebbe subire gli umori derivanti da un desiderio meschino nella soddisfazione del quale speravate.

Dovete esser certi che qualunque cosa vi accada è per il vostro stesso bene. Dovete essere fermamente persuasi che, indipendentemente dalla risposta ai vostri desideri, niente di dannoso vi accadrà. Siate saldamente piantati nella vostra fede, nella buona e nella cattiva sorte. Sviluppate una visione ottimistica verso la vita.

Davanti ad un bicchiere riempito a metà d'acqua, l'ottimista è felice per l'acqua che c'è dentro, mentre il pessimista si lamenta del bicchiere mezzo vuoto. Occorre vedere entrambe le verità. Per esempio, è vero che non c'è rosa senza spine, ma il saggio la coglierà senza prenderla per le spine. Un ottimista, guardando un ciclo notturno, gioisce per la frescura della notte; il pessimista invece guarda per terra e si deprime per il buio che c'è sotto i suoi piedi.

Allora, guardate in alto; è un delitto mirare alle cose basse. Non guardate all'ingiù. Sviluppate pensieri elevati.



La causa della delusione

Se l'uomo d'oggi è in preda alla delusione, è perché manca di pensieri nobili. Perché rimane deluso? Perché si è costruito delle aspettative; se compisse il proprio dovere senza aspettarsi nulla, non avrebbe delusioni.

Il dovere è Dio ed il lavoro è adorazione. I risultati vengono da sé. Una mente fragile s'imbatte in fallimenti; un uomo dalla mente forte riesce a fare ciò che vuole. Volgete la vostra mente a Dio ed allora sarete liberi da schiavitù. Siete prigionieri perché occupate tutto il vostro tempo nell'inseguire le cose del mondo. Una mente pura è come una perla nell'ostrica. La vita del mondo è come un oceano, dove potete trovare la perla di una mente pura nell'ostrica del corpo umano.

La perla è la Verità dell'Atma, immacolatamente pura, priva di attributi, eterna e immutabile. Il suo fulgore e la sua purezza non hanno uguali. L'Âtma non ha gambe, ma si muove più veloce che qualsiasi altra cosa; non ha mani, ma può afferrare qualunque cosa; non ha occhi, ma nell'universo non esiste nulla che Gli sfugga.

Per avere esperienza dell'Atma, il solo mezzo è la Via dell'Amore. Se siete pieni d'Amore, il Signore è facilmente raggiungibile. L'Amore è Dio: vivete nell'Amore. La nostra vita dev'essere vissuta nell'Amore.

Gli anni vanno e vengono, le stagioni cambiano, le guerre continuano; ma, se solo aveste un briciolo della Grazia Divina, riuscireste in tutto. Per godere i benefici di questa Grazia, dovete volgere lo sguardo dentro di voi. Purtroppo, la vostra visione è tutta verso l'esterno.

Ciò che vedete dipende dall'orientamento del vostro angolo di visuale. Quindi, cambiate la vostra visione in una visione d'Amore (Premadrishti).

È stato detto che il Cosmo è illusorio (mitya) e che solo l'Assoluto, il Brahman, è reale. Ma non è giusto: anche il Cosmo (jagat) è reale, giacché, quando voi avete una visione piena d'amore, il cosmo intero appare pervaso dall'Assoluto (Brahmamâyâm). Se guardate il mondo con occhi fisici, vi sembrerà dalla nascita alla morte un fascio di infelicità.

L'amore di Dio è la sola via per uscire da questo stato di miseria. Acquisite questo amore almeno ora. Non c'è nulla di più grande di questo, che Io posso trasmettervi.



L'intruglio bene-male della vita

Incarnazioni del Divino Spirito,

voi sentite molti discorsi ed esortazioni da oratori rinomati, ma essi non diverranno parte di voi finché non mettete in pratica almeno qualcosa di ciò che avete sentito.

Qualunque sia la posizione che occupate in una banca, è vostro solo il conto che vi avete depositato. Così, per grandi che siano gli insegnamenti che avete sentito, saranno vostri solo quelli che sapete mettere in pratica. Tutto quanto avete ascoltato non vi appartiene solo per il fatto che vi avete prestato ascolto. La salute e l'istruzione in sé non sono né buone né cattive; dipende dal loro impiego. Se si usano per fini giusti, diventano buone e ciò richiede purezza di cuore.

Nel giorno di Yugadi, fra i contadini esiste l'usanza di mangiare lo yugadi pachchadi. È una salsa (chutney) i cui ingredienti sono dei fiori di neem, del succo di mango, miele, zucchero e altri sapori di diverso tipo. Il significato di questo composto sta ad indicare che la vita è un intruglio di bene e di male, di gioie e dolori, e che tutto va considerato alla stessa stregua.

Tutte le esperienze vanno prese con sentimenti di equanimità.

Ognuno prenda la decisione di affrontare con calma qualunque cosa accadrà quest'anno, accettandola di buon grado. Siate aperti a tutto. Non lamentatevi di qualsiasi cosa spiacevole, ma considerate tutto come fosse destinato al vostro bene. Gli uomini debbono essere superiori al dolore e alla gioia, al successo e al fallimento.

Questo è il messaggio principale della festa dello Yugâdi: tutto ciò che accade sia preso come dono di Dio. Il mondo è un miscuglio di piaceri e dolori, fra loro inseparabili.

Il piacere è la risultanza di una pena. Crescendo sempre più nell'equanimità, dovete mantenere con cura la vostra fede in Dio, riempire il vostro cuore dell'Amore di Dio e compiere il vostro dovere con dedizione.

Questo è il primo dovere dell'uomo.



Brindâvan, 4 Aprile 1992 Festa dello Yugadi o Capodanno indù.