Ogni uomo nasce in questo mondo per assolvere a tre tipi di debiti.
* Il primo debito è verso Dio.
* Il secondo è verso i Saggi.
* Il terzo è verso i genitori.
Dio riempie di Sé ogni cellula del corpo umano, fornendole energia divina. È la forza del Divino che mantiene in funzione ogni membro del corpo, attraverso l'azione di quest'energia divina. Ne consegue che l'uomo dev'essere conscio di quest'energia e grato a Dio per il Suo sostegno e la Sua protezione. Se viene meno in questo, la sua vita è sprecata. Adempiere al debito verso Dio significa impegnarsi in azioni sante e nel servizio degli altri, dedicando perciò a Dio tutto ciò che si fa mediante il corpo. Quando un corpo cosi divinamente dotato è consacrato a propositi santi, nel compimento costante di opere sante, nobili e devote, il debito verso Dio viene sciolto. Poi c'è il debito verso i Saggi. Gli antichi Saggi o Rishi, dedicando tutte le loro energie alla penitenza e alla ricerca spirituale, hanno tramandato al genere umano le Sacre Scritture, perché servissero da guida per dare una norma alla vita di questo mondo e a quella dell'aldilà. Sono i Saggi che hanno offerto agli uomini le Upanishad, i Purana e le epiche, al fine di una sana regolamentazione della condotta vissuta secondo criteri ideali.
Bisogna riconoscere il supremo significato delle Scritture per nobilitare la vita. I sentieri tracciati dai Saggi mostrano quali sono le azioni da evitare e quali quelle obbligatorie per tutti; le loro ingiunzioni dovrebbero essere osservate scrupolosamente. È necessario adempiere ai doveri prescritti e rifuggire dalle azioni proibite. Solo in quel caso sarà estinto il debito contratto verso i Rishi. Il terzo debito è quello verso i genitori. Il corpo di una persona ha origine dalla carne e dal sangue della madre. Quanti sacrifici nel mettere al mondo un bambino e nel crescerlo con sollecitudine ed amore costanti! È indescrivibile. Il cibo che mangiate, i vestiti che indossate, la vita che conducete sono tutti doni dei vostri genitori. È principale dovere di ognuno compiacere i genitori. Solo allora sarà soddisfatto il debito con loro. E non è tutto. Il debito verso i genitori va ripagato con opere e servizi sociali appropriati. Il sacrificio di Dasharatha Per queste motivazioni l'imperatore Dasharatha saldò il suo debito con Dio e, per mezzo di sacrifici rituali e offerte, si sdebitò con i Rishi. Ma non seppe sdebitarsi con i genitori.
A loro mostrò il dovuto rispetto, ma per la mancanza di un valido figlio che fosse capace di compiere con giustizia il proprio dovere, non poté liberarsi dagli obblighi contratti verso i genitori. Dasharatha aveva compreso il valore supremo della Giustizia, perciò, per sopperire alla mancanza di un figlio, decise di compiere il Putrakameshti Yaga, ossia lo speciale sacrificio che viene celebrato per avere la benedizione di un figlio. Il desiderio di avere un figlio non dovrebbe essere determinato dal bisogno di conservare il patrimonio e le proprietà, né dalla prospettiva di assicurarsi le proprie esequie, né dall'opportunità di ricevere qualunque tipo di assistenza. Lo Scopo principale sarebbe quello di avere dei figli che pratichino con rettitudine il servizio sociale. E fu con questo intento che Dasharatha decise di celebrare il Putrakameshti Yaga. I saggi Vasishtha e Jabali, insieme ad altri, approvarono con entusiasmo la decisione dell'imperatore. A questo punto, Sumantra, Primo Ministro dell'imperatore, gli ricordò il consiglio che gli aveva dato precedentemente il Saggio Sanatkumara: "O re, avete dimenticato ciò che vi ha detto Sanatkumara, quando vi imponeva di chiedere le benedizioni del grande saggio Rishyasringa e di fargli compiere le sacre offerte sacrificali a Dio". Subito dopo, Dasharatha, scortato da una schiera di sacerdoti, si diresse all'Ashram di Rishyasringa, il quale rispose prontamente alla richiesta dell'imperatore e venne con sua moglie Shanta per adempiere a quel rito. Conformemente alla procedura prescritta dal Putrakameshti Yaga, Dasharatha iniziò con il sacrificio di un cavallo.
Per questo sacrificio era richiesto un cavallo dalle caratteristiche specifiche, che doveva portare tutte le insegne rituali. In primavera ci si mise a cercare un cavallo adatto, ma fu soltanto con l'avvento della primavera successiva che si riuscì a trovarlo. Un altr'anno trascorse prima che il cavallo fosse preparato adeguatamente per lo Yaga. Poi, il cavallo fu lasciato libero di girare per la reggia. Dopo questa sacra missione, ritornò la primavera dopo e questo significa che la preparazione del sacrificio richiese tre anni. Poi apparve Brahma. Chi è questo Brahma? Viene descritto come una divinità con quattro facce. Questo Brahma quadrifronte disse a Dasharatha: "O re, i tuoi desideri saranno esauditi. Compi sollecitamente il sacrificio". Rincuorato dall'assicurazione della divinità distribuì a destra e a manca doni con particolare munificenza e completò il sacrificio.
Le Scritture dichiarano che "il sacrificio è la vera forma di Vishnu". Di quale Vishnu si parla qui? Non si tratta della figura che porta la conchiglia e il disco. Per Vishnu si intende il Supremo che permea ogni cosa nel cosmo. A completamento del sacrificio, una divinità scaturita dal fuoco sacrificale apparve davanti a Dasharatha, con in mano una ciotola di payasam, un liquore dolce, che ha la straordinaria proprietà di rappresentare l'essenza di tutti i Veda. Quando le tre regine di Dasharatha bevvero quella pozione, nacquero i quattro Veda nella forma dei quattro figli di Dasharatha: Rama, Lakshmana, Bharata e Shatrughna. Il simbolismo del Ramayana Rama rappresenta lo Yajur Veda, che è la concretizzazione della Giustizia. Lakshmana, che era sempre immerso nella recitazione del Nome di Rama e sempre dedito al Suo servizio, rappresenta il Rig Veda. Bharata, che amava cantare sempre il nome di Rama e trovava diletto nel salmodiare il nome divino, rappresenta il Sama Veda. Shatrughna, che era sempre dedito a servire gli altri tre fratelli ed aveva vinto i nemici interiori ed esteriori, rappresenta l'Atharvana Veda.
I quattro fratelli, dunque, rappresentano i quattro Veda. È solo dallo studio del significato esoterico del Ramayana e non da punti di vista superficiali che si rivela con chiarezza il pieno senso dell'epica. Dalla nascita dei quattro fratelli si può trarre un ulteriore punto di vista. Il mantra del Suono Primordiale AUM è stato considerato qualcosa di inscindibile dal Supremo Dio. In queste tre lettere, la vocale A sta per Lakshmana, la U sta per Bharata e la M sta per Shatrughna. L'Omkara, che nasce dalla combinazione di questi tre suoni, rappresenta Rama. Per questo le Scritture hanno dichiarato che il Principio di Rama simboleggia l'Omkara primordiale. Per giunta, Valmiki rivelò l'unico significato di Rama, Lakshmana e Sita come una manifestazione dell'Omkara. Lakshmana, rappresentato dalla vocale A, si trova alla destra di Rama, Rama, rappresentato dalla U, sta al centro e Sita, rappresentata dalla M, si trova alla sinistra di Rama. Valmiki descrisse l'insieme dei tre come l'incarnazione della Divinità. Si può osservare il simbolismo del Ramayana da un'altra angolazione. Il corpo umano, con i suoi cinque organi di percezione ed i cinque organi di azione, rappresenta l'auriga, Dasharatha.
Il cuore è Ayodhya, dove non è facile penetrare, sebbene vada soggetto a piacere e dolore. Il corpo è in relazione alle tre qualità - Sattva, Rajas, Tamas - simboleggiate dalle tre mogli di Dasharatha: Kausalya indica Sattva, Sumitra indica Rajas e Kaikeyi indica Tamas. Questo vuol dire che il corpo umano è il risultato della combinazione delle tre qualità, dette anche guna. I quattro obiettivi dell'uomo Qual è il compito che dovrebbe essere svolto dal corpo? I quattro obiettivi della vita richiesti all'uomo sono: la Rettitudine, la Ricchezza, il Desiderio e la Liberazione. I quattro fratelli si possono considerare come simboli di questi quattro obiettivi. L'acquisizione della ricchezza è strettamente legata alla rettitudine e il desiderio va messo in relazione con la liberazione finale.
L'uomo d'oggi, invece, ignora la Rettitudine e la Liberazione e corre dietro soltanto alla Ricchezza e al Desiderio e, di conseguenza, diventa vittima della sofferenza e della povertà. Delle quattro finalità della vita, la Rettitudine è la più importante. Che cosa si intende per Rettitudine o Dharma? Consiste essenzialmente nella purezza di pensieri, parole ed azioni. La completa armonia tra pensieri, parole ed azioni è il contrassegno di un'anima altamente evoluta, di un Mahatma. Nessuna realizzazione si può concludere nella vita se manca questa unità in pensieri, parole ed azioni. È dovere di ciascun uomo raggiungere un simile compimento, conducendo una vita di triplice purezza, come fece Dasharatha. La purezza del cuore giunge a coronamento di tutte le pratiche spirituali. Un amore esclusivo Bisogna rendersi conto che nel cuore c'è posto per una sola persona e che questo posto non va inteso come un comodo divano o come una poltrona da concerto. Là nel cuore andrebbe collocato soltanto Dio. È a causa del fatto che la fedeltà degli uomini d'oggi va soggetta ad una continua volubilità che la loro devozione si annacqua e le loro aspirazioni rimangono inadempiute. Con un cuore puro ed una devozione unilaterale si può raggiungere qualunque cosa in questo mondo. Sita dimostrò un disprezzo totale per tutti i piaceri del mondo, quando scelse di accompagnare Rama nella foresta.
Tutte le argomentazioni di Rama sui gravi rischi della foresta, e sugli animali selvaggi che vi si aggiravano, non servirono a niente. Ella diceva che, finché era al suo fianco il Signore di tutti gli esseri, nessun pericolo avrebbe corso. Tuttavia, quando alla vista del cervo dorato nella foresta, espresse il desiderio di averlo, si creò una distanza fra lei e Rama ed ebbero inizio le sue paure. Finché rimarrete attaccati alle cose del mondo, a qualunque culto vi dedichiate, non avrete la realizzazione di Dio. Non è necessario rinunciare a tutto; basta godere ogni cosa come un dono di Dio e offrire tutto a Lui. Ogni cosa è una manifestazione di Dio: potete gustare tutto con quella consapevolezza. La devozione di un demone Persino alcuni demoni compresero la Divina Realtà di Rama. Maricha fu tra coloro che realizzarono l'onniscienza, l'onnipotenza e la divina grandezza di Rama. Il saggio Vishvamitra si affidò a Rama (ed a Lakshmana) per impetrare la protezione della sua offerta sacrificale dai saccheggi della demonessa Tataka e dei suoi figli, fra i quali uno era Maricha. Dopo che Rama uccise Tataka, comparve Maricha per compromettere il sacrificio. Rama gli lanciò contro una freccia che lo gettò distante alcune miglia.
Quell'esperienza fece realizzare a Maricha la divina potenza di Rama, tanto da dichiarare che nessuno poteva esserGli pari. Quando andò da Ravana, gli parlò dei singolari poteri che Rama aveva persino quand'era giovinetto: "O Ravana, non c'è nessuno al mondo potente quanto Rama. Non esiste nessuno che possa reggere al Suo confronto. La Sua insuperabile bellezza va oltre ogni descrizione. Il Suo aspetto fisico affascina persino gli uomini. Io ho osservato la Sua divina avvenenza". Ravana tenne a mente tutto quanto gli aveva detto Maricha. Più tardi, la sorella di Ravana venne in pianto da lui con un orecchio e il naso sanguinanti. Le chiese Ravana: "Come ha potuto qualcuno, sorella, tagliarti orecchio e naso che sono in posti così diversi? Con tutti i poteri che hai, dov'eri quando ti hanno tagliato prima un orecchio e poi il naso? È impossibile ferirli con un sol colpo". Shurpanakha rispose: "Fratello, che ti debbo dire? Non ho fatto altro che contemplare continuamente la forma di Rama e, mentre avevo lo sguardo fisso sul Suo volto, non mi rendevo conto di ciò che mi stava capitando. Tutti i miei sensi erano paralizzati, mentre ero rapita alla vista dell'aspetto affascinante di Rama. Quando Rama mi lasciò, mi resi conto della mia condizione.E non è tutto. Sita è ancor più bella di Rama". La sorella continuò dicendo a Ravana che, dopo aver visto la leggiadria di Sita, ebbe la sensazione che soltanto Ravana fosse degno di Sua moglie e che lei non meritava, di rimanere nella foresta. Dopo parole di quel tenore, la passione di Ravana si risvegliò.
Convocò ancora Maricha per dirgli che aveva bisogno del suo aiuto in un'impresa importante: "Tu sei una persona le cui capacità spiccano in modo straordinario - gli disse - Puoi capire i demoni e allo stesso modo puoi dedicare la tua attenzione a Dio. Sei in grado di assumere qualsiasi forma. Perciò, devi andare nella foresta Dandakaranya per separare Rama da Sita". A questo punto Maricha disse a Ravana: " Ma è una proposta sciagurata! Si dice che gli uomini che partoriscono propositi scellerati siano destinati alla distruzione. Nessuno potrà vincere Rama, né potrai mai sperare in tutta la tua vita di avere Sita. Rama è Dio incarnato! Abbandona questa idea suicida". Ma Ravana, ancor più acceso di passione, non tenne in alcun conto l'ammonimento di Maricha. Gli disse anzi che, se non avesse fatto quanto voleva lui, gli avrebbe mozzato la testa. Maricha pensò tra se: "In entrambi i casi la mia vita è in pericolo.
Piuttosto che morire per la mano malvagia di questo Ravana, preferisco incontrare la morte sotto la mano divina di Rama". Fu col preciso desiderio di farsi trucidare da Rama che Maricha aderì agli ordini di Ravana. Fu dunque un demone che riconobbe per primo la divinità di Rama. Rama, l'intimo Sé Il Principio di Rama viene chiarito nel Gayatri mantra. Rama è l'incarnazione dei tre aspetti del Tempo; Egli è il Signore dei tre mondi ed è l'incarnazione delle tre qualità. Per questo Rama è lo Spirito che dimora intimamente in ciascun essere umano. Non è necessario essere un grande studioso o uno scienziato per comprendere questa verità. Per quanto celebre sia uno studioso, se non ha occhi, non può vedere il mondo. Per quanto grande sia uno scienziato, se è profondamente addormentato, non può vedere niente. Ma un semplice uomo con gli occhi aperti, indipendentemente dal fatto che sia scienziato o studioso, se è sveglio è in grado di vedere il mondo. L'energia della vista non proviene dall'erudizione né dalla scienza, ma è un dono di Dio. Inoltre, l'erudizione non abilita un teologo a capire la sua propria natura, sebbene egli insegni agli altri. La vera cultura consiste nel coltivare un cuore puro. Chiunque abbia un cuore purificato, prima o poi sperimenterà il Divino. Ci sono molti esempi di anime che hanno raggiunto questo obiettivo. * Valmiki in origine era un ladro di prim'ordine, ma per grazia dei saggi, divenne l'autore del Ramayana. * Nanda sperimentò la Divinità, sebbene fosse un fuoricasta. * Kuchela, immerso nella miseria, si assicurò la grazia del Signore. * Gajendra, il Signore degli elefanti, e * Dhruva, un semplice adolescente, poterono con la loro devozione ottenere la grazia del Signore. * Shabari, un'indigena analfabeta della foresta, divenne una grande devota con il costante ricordo del nome di Rama e, per mezzo della sua devozione, visse in un Ashram la beatifica esperienza della visita di Rama, Lakshmana e Sita.
Nel mondo vi sono molti devoti come questi che hanno raggiunto la realizzazione di Dio senza una profonda cultura e senza discipline complicate. Perciò, il Divino Principio di Rama non è qualcosa di cui ricordarsi una volta all'anno, ma in ogni momento della vita. La Festa di Rama cade in un periodo dell'anno in cui la Natura si spoglia degli abiti vecchi per rivestirsi dei nuovi. Rama, dunque, rappresenta tutto ciò che di bello c'è nella Natura. Il messaggio del Ramayana Il Ramayana è stato diviso in due parti: il Purva Ramayana e l'Uttara Ramayana. La prima parte - il Purva Ramayana - parla della prodezza eroica di Rama nell'annientare Vali, Ravana e altri. La seconda - l'Uttara - rivela la compassione di Rama. Valmiki ha paragonato la dolcezza del Ramayana alla dolcezza del succo di zucchero di canna. Lo zucchero di canna ha una corteccia dura e piena di nodi; nonostante questo il succo che ne proviene è dolce. Così, anche se nel Ramayana si riferisce la storia di malvagità e vi si raccontano episodi tristi, l'epica conserva la sua dolcezza. Il messaggio del Ramayana è inesauribile. Il Ramayana, quando la sua storia viene capita nella sua intima essenza, trasforma la natura d'un uomo. Non si deve guardare a Rama come al Principe di Ayodhya, ma come allo Spirito che dimora nell'intimità del cuore di ognuno.
Dedicate la vostra mente, le vostre parole e il vostro corpo a Dio e vi eleverete dal livello umano a quello divino. Alcune gesta di Rama sono state criticate da studiosi di vari campi. Ma, se si guarda dalla giusta prospettiva, si scoprirà che Rama ha agito in ogni caso secondo la natura della persona per la quale, interveniva. Nell'uccisione di un'orchessa, si è accusato Rama del peccato di assassinio di una donna. Ma non è così. Egli con quell'uccisione distruggeva le qualità tamasiche simboleggiate dal mostro crudele. Diede la liberazione a Shabari, che rappresentava la qualità ragiasica. Purificò Ahalya, che rappresentava la qualità sattvica, assolvendola da tutti i suoi sbagli, e la restituì a Gautama. Nel caso dei fratelli Rakshasa (demoni), annientò Kumbhakarna e Ravana, che simboleggiavano le qualità tamasiche e ragiasiche, e al governo di Lanka pose Vibhishana, che simboleggiava le qualità sattviche. Solo quando si annientano le qualità tamasiche e ragiasiche, si fanno regnare le qualità sattviche nel proprio cuore. Questo è il primo dovere di ogni essere umano; dovrebbe essere questo il vostro ideale. È nell'impregnarsi delle qualità di Rama e nell'adattarsi a quello stile di vita che sarete in grado di divinizzarvi. Uno studente ha fatto riferimento al consiglio dato da Shiva a Parvati di recitare il nome di Rama. Il termine Manorami usato nel passo citato ha due significati: uno si riferisce a Parvati, l'altro esprime la " gioia mentale" che si dovrebbe provare nel nome di Rama. L'Essenza di Rama è una delizia del cuore.
(Swami concluse il discorso con vari canti dedicati a Shri Rama) (Brindavan, 3 Aprile 1990 Festa di Ramanavami o Compleanno del Signore Rama) da Mother Sai 5/90