DISCORSO DIVINO

Potenza del Nome di Rama

17 ottobre 1988

È degno del nome di uomo
solo chi riesce a tenere sotto controllo
la propria mente,
ed è un saggio
chi sa usare adeguatamente
la propria intelligenza.
È di certo il migliore
chi sa agire in coerenza
col modo di pensare.
Questa è la Verità
proclamata da Shri Sathya Sai.
L'uomo, per giungere alla Liberazione,
non potrà liberarsi dai problemi
e dalle preoccupazioni
invocando semplicemente milioni di dèi;
ma diverrà egli stesso Liberazione
eliminando il proprio Ego.
In che cosa consiste, dunque,
la ricerca di Liberazione?




Incarnazioni del Divino Spirito!

Natura
[1] L'uomo, per realizzare la benché minima cosa, ha bisogno dell'ausilio della natura, la quale non appartiene ad altri che a Dio. Senza la condiscendenza di Dio, non esiste essere umano, per grande che sia, in grado di ricavare qualcosa dalla natura. Finché l'uomo non cercherà di realizzare questa verità di base, non gli riuscirà mai nulla; sarà sempre vittima di insuccessi.

L'esempio di Ravana
[2] Trovate un ottimo esempio nel Ramayana (30). Ravana si diede un gran da fare per avere Sita, trascurando però Rama. Per questo, lo sforzo di conquistare Sita senza la Grazia di Rama si rivelò vano. Perciò, non solo fallì nel proprio intento, ma alla fine perse anche la vita. Morirono i suoi genitori e tutto il suo clan fu estinto, ridotto in cenere.

Le due api
[3] Se volete che Dio vi sia favorevole, la via più giusta è quella della preghiera. La mente umana può essere paragonata ad un fiore di loto, su cui si sono posate due api. Scindendo la parola Madhu-kara (ape), ne risulta Madhu che si riferisce all'acqua e Kara ai raggi del sole. Il loto non può vivere senza questi due elementi essenziali. Il Signore, per mezzo dei raggi solari, fa evaporare l'acqua, che rimanda sulla terra sotto forma di pioggia. Queste due madhukara o api hanno preso la forma di Rama. Tutti coloro che ricorrono alla recita del Nome di Rama con amore, fede e completa fiducia, non solo si libereranno dai loro problemi, ma vedranno esauditi i loro desideri.

Fiducia
[4] Il requisito fondamentale per una vita di successo sta nell'avere fiducia in se stessi e solo con la fede e la fiducia in questo particolare Nome potrete avere in voi la persona che è significata dal Nome stesso. Se sfregate due bastoncini di legno, avrete del fuoco. Se agitate del latte, ne ricaverete del burro. Scrutando i segreti ed il mistero che trascendono il corpo, sperimenterete il dolce Nome di Rama come la stessa verità oggettiva e inconfutabile.

Vanità del mondo
[5] Sono davvero pochi oggi coloro che riescono a far questo. La maggior parte spreca il tempo, il corpo e tutte le energie impiegandoli al solo fine di ottenere benessere fisico e piaceri mondani. Ma dove portano questi piaceri? L'uomo non è stato capace di rispondere a questa domanda.



O uomo, pensaci un istante.
Dal sorgere del sole al crepuscolo
passi il tuo tempo
alla ricerca di sostentamento,
sciupando così la tua vita.
Ti stai dimenticando del Signore,
della vita, dello stesso Sathya
e così non ottieni nulla.
Oh, rifletti su questa grande verità,
o uomo!
Affrontando la vita in questo modo
profani il tempo che è sacro.
Che cosa guadagni?
Scopo della vita
[6] Qual è lo scopo della vita? Quale l'obiettivo? L'uomo non è stato capace di riconoscere questa verità. Considerato che nascere in forma umana è una grande fortuna, a che cosa vi gioverà una nascita così sacra se non realizzerete il vero scopo della vita?

Tenerezza del Nome
[7] Quando recitate il Nome del Signore, il vostro cuore si intenerisce ed i Piedi di Loto del Signore lasceranno su di esso le loro impronte indelebili. Potrete anche essere intelligenti e furbi, ma se non salmodiate il Suo Nome, perdete il vostro tempo. È indispensabile ammorbidire il cuore dell'uomo, e ciò sarà reso possibile soltanto dalla recita del Nome del Signore.

Metodo per la recita
[8] Non occorre assolutamente darsi pensiero per il metodo da adottare nella ripetizione del Nome del Signore. Recitatelo con amore ed Egli provvederà a voi benedicendovi con ogni dolcezza, santità e divinità. Non fatevi condizionare dalle varie circostanze della vita. Dio è dappertutto, Dio è Onnipervadente, Onnipresente, Onnipotente ed Onnisciente; non esiste un luogo in cui non possiate incontrarvi con Lui. Perciò, non aspettate un momento o un luogo opportuno; potete recitarne il Nome in qualsiasi momento e luogo.

Il Nome, Essenza dei Veda.
[9] I Veda sono infiniti. È impossibile possederne la completa conoscenza. Le Upanishad derivano dai Veda e vengono chiamate anche Vedanta. La Bhagavad Gita è la quintessenza delle Upanishad e comprende il divino poema cantato dal Signore. Questa canzone si accompagna al canto del Nome del Signore. Il "Nome", infatti, rappresenta l'essenza di tutti i Veda, di tutte le Upanishad e della Bhagavad Gita. Quando si ripete questo particolare Nome è come se si recitassero tutti i Veda, le Upanishad e la Gita assieme. La Gita è un dono fatto agli uomini perché potessero metterla in pratica, ma oggi c'è gente che la vende solo per far soldi. Voi credete di non far niente di straordinario recitando il Nome, ma non è così: questo Nome è l'essenza di tutte le scritture.

La preghiera delle Gopi
[10] Le Gopi (31) presero l'abitudine di pregare il Signore Krishna nei modi più svariati, con l'intento di cantarne il Nome così nobile ed eccelso.

Così pregavano il Signore Krishna:

"O Krishna, cantaci una canzone
con tale dolcezza
da stillare nettare da quel Nome.
Prendi tutta l'essenza dei Veda
e trasformala in un suono
che è lo stesso Dio.
Immetti quel nettare nel Tuo Flauto,
fanne sortire una melodia dolce come il miele.
Oh, Krishna,...".
La Gita e il Nome
[11] Sono ben sfortunati quegli esseri umani che non sono stati capaci di cantare un nome così dolce! Oggi, per mancanza di tempo, non si legge. Le Upanishad potrebbero paragonarsi ad una fitta foresta: una volta penetrati in essa, se ne può smarrire il sentiero e perdere di vista la meta. I Veda si basano unicamente sul suono divino. In realtà, sono la forma stessa di Vishnu, il quale non va soggetto a misure o limiti. Prendete dunque in mano la Gita. Non ci vuole molto a capirne l'unicità. Essa è stata offerta agli uomini perché la mettano in pratica, la ricordino, ne facciano oggetto di riflessione e ne traggano salvezza. Oggi, però, si perde tempo nel leggere i commenti sulla Gita, riducendo al minimo la lettura del testo originale. L'essenza della Gita va cantata nella forma del Nome. È semplicissimo. La recita di quel Nome è dolcissima ed estremamente accessibile a tutti. Una volta che siete riusciti a sedervi in un posto solitario per immergervi nella recitazione del dolce Nome del Signore, il vostro cuore si riempirà di dolcezza. In nessun'altra circostanza proverete tanta beatitudine.

Hanuman
[12] Narada e tanti altri personaggi delle sacre scritture basarono la loro disciplina spirituale unicamente sulla recita del Nome del Signore. Un vero devoto non accetta alcunché, - si tratti di cose o persone - se privo dell'impronta di quel Nome. Dopo l'uccisione di Ravana, Rama fece ritorno ad Ayodhya e, quando stava per essere incoronato, si mise a dispensare regali fra la gente. Ma a Hanuman non fece alcun regalo, e Sita Glielo fece osservare.

Sita ricordò a Rama:

"Lui è il re delle scimmie,
che accettò il compito affidatogli da Rama,
e lo ha portato a termine in modo eccellente.
Tu, però, non gli hai fatto alcun regalo."
Rama rispose: "È vero; non ho niente che possa valere come dono per Hanuman. Si fa presto ad accontentare la gente comune con qualunque regalo, ma a Hanuman, che è invaso dal Mio Nome, non posso offrire altro che Me stesso." Tuttavia, Sita non voleva che Hanuman rimanesse umiliato per essere, in quella grande assemblea, l'unico a non aver ricevuto regali e, perciò, ebbe un'idea magnifica: gli fece dono della sua collana di perle, dal valore inestimabile. Hanuman con dei morsi sfilò, una dopo l'altra, le perle della collana e le gettò fra l'assemblea. Tutti i presenti, vedendo che mordeva le perle e credendo che le mangiasse, pensarono che si trattasse di un tipico comportamento scimmiesco. Ma Sita, che aveva capito il senso di quel gesto, si rivolse a Hanuman, chiedendogli di fornire al popolo la ragione di quell'azione. E Hanuman rispose: "Madre, ogni pelo del mio corpo è intriso del Nome di Rama e non c'è motivo, dunque, che io indossi qualcosa che non reca il Suo Nome. Questa collana non mi interessa, perché non porta il Nome di Rama."

Hanuman fu il solo essere al mondo che non volle possedere altro che il Nome di Rama. Nulla è impossibile in questo mondo quando c'è l'aiuto del Nome del Signore.

L'amico inseparabile
[13] Stando così le cose, come fare per ripetere il Nome del Signore? Se ci si perde in innumerevoli descrizioni di Dio, Egli si allontana dal devoto, perché non è attirato da questo tipo di preghiera. Occorre arrivare a Lui con naturalezza. Come immaginarseLo? Come invocarLo? Si allontanerà vieppiù da voi, se non fate altro che descriverLo come Colui che risiede a Brindavan o ad Anandanavan o come Colui che risplende della luce di mille soli. "Amico caro, amato, unica mia aspirazione, dolcezza,...": se solo Lo chiamaste così, vi rimarrebbe sempre vicino. Ma dovete essere seriamente convinti che vi è caro. ConsiderateLo come un amico, come uno che non può mai separarsi da voi.

I Saggi e le Gopi
[14] I grandi Saggi e Profeti di un tempo, che per secoli si dedicarono alla celebrazione delle lodi del Signore usando categorie altisonanti, non riuscirono a raggiungerLo. Le Gopi, invece, non erano abbastanza colte per farne descrizioni gloriose e per lodarLo come il Sovrano di tutto o l'Imperatore, e così via, ma Gli si rivolgevano con estrema naturalezza, chiamandoLo semplicemente Gopala, che vuol dire Pastore. Perciò, non perdetevi in descrizioni elogiative, altrimenti Egli vi diventerà estraneo.

Amici da molte vite
[15] Il vostro rapporto con Lui dipende da un gran numero di nascite: è un vostro vecchio Amico e voi lo siete per Lui. Voi non siete degli intrusi per Lui. Manava (uomo) è una parola che significa "chi non è nuovo, colui che non fa la sua prima apparizione". Nelle vostre numerose nascite precedenti, avete avuto differenti genitori, mogli diverse e vari figli; ma, quand'anche aveste perso tanti genitori o figli, è rimasto Dio. Dio è unico.

Intimità con Dio
[16] Quando invitate a casa vostra una persona che conoscete da poco, gli usate del riguardo e gli dite "Entri, prego; si accomodi pure". Poi gli offrite rispettosamente una poltrona o una stuoia. Ma se si tratta di un vecchio amico, lo trattate familiarmente: "Dài, entra e siediti!". Se vi parate dietro la soggezione, Dio diventerà un estraneo per voi. Dio è il vostro amico più caro, è un vostro intimo: non trattateLo con distaccata riverenza. ApriteGli il cuore, dateGli il benvenuto con tanto amore e con sentimenti di intima amicizia. Sono purtroppo pochi i devoti che si rivolgono a Dio familiarmente e che possono vantare un'amicizia molto intima con Lui.

Tyagaraja
[17] Anche Tyagaraja si espresse in termini simili per descrivere la compagnia di Ramachandra e se ne rallegrò.

Anche Tyagaraja, nel salutare Rama

e nel pregarLo per la sua salvezza,

dimostrava familiarità e Gli dava del tu

senza tanti salamelecchi.

Anche quando Rama non c'era, quando non gli appariva, lui Gli si rivolgeva come se Lo stesse vedendo. "Dove ti cercherò? Tu sei dentro e fuori di me, pervadi tutto, in qualsiasi posto Ti si può incontrare". Se la relazione con Dio si fonda su un amore così intenso, dove andare a cercarLo? Cresciuto che è l'amore, proporzionatamente diminuisce anche la soggezione. Dio stesso vuole avere con i Suoi devoti un tipo di rapporto confidenziale e non ama rispetto ed ossequi privi d'amore. Tutto deve partire dall'amore e dall'amore soltanto. Recitando il Nome del Signore con un amore così puro, Egli vi rimarrà molto vicino.

La pazzia del Nome
[18] Considerate, inoltre, alcuni altri aspetti che sono implicati in questa relazione. La recita continua del Nome del Signore riempie di dolcezza. Ecco perché la gente ordinaria, che non è in grado di capire la dolce esperienza di chi recita il Nome, considera pazze queste persone. Di primo acchito, un pazzo ed una persona normale possono sembrare uguali. Ma, se osservate con maggiore attenzione, noterete che il pazzo può essere persino migliore del normale. Le responsabilità di un pazzo sono limitate, ma anche le sue azioni si mantengono entro limiti determinati, ed è per questo che non sempre si riesce ad intravvedere che una persona sana di mente può essere peggiore di quella pazza. Tuttavia, anche questa follia si può mitigare con l'amore e la devozione.

Quando un bambino si diverte nel gioco, suo padre gli può dire "Non fare il matto!"; ma che intendete dire con questa parola? che vostro figlio è matto davvero? Certo che no; è solo un'espressione affettuosa. Una mamma disperata perché non riceve più lettere dal figlio unico, dirà "Sto impazzendo!"... Questi modi di usare la parola "pazzo" sono, però, pieni di affetto. Perciò, quando si considera pazza una persona che va matta per il Nome del Signore, difficilmente si intende dire che quella persona sia davvero demente. Qualunque titolo vi affibbino, non datevene pensiero.

Coraggio e amore
[19] Cercate sempre il giusto sentiero, affinché il vostro stesso amore e la vostra stessa fede rimangano indefettibili. Se temete il mondo, quale sarà il guadagno che ne avrete? Non c'è assolutamente alcun motivo di aver paura o di temere il mondo. Perseverate nel recitare il Nome del Signore con coraggio, convinzione, fede e amore. L'amore conferisce maggiore intimità al rapporto fra voi ed il Signore. Sul piano dei convenevoli umani, trattando con il Signore, potete anche dimostrare il dovuto rispetto, ma quando siete soli usate pure l'intimità e l'amicizia che a Lui vi legano.

Gradi d'amore
[20] Uddhava era un amico intimo del Signore Krishna, ma Lo considerava sempre con un senso di timore, rispetto e dignità. Perciò, Krishna lo trattava sì amichevolmente, ma senza particolare confidenza. Krishna glielo aveva detto: "I cittadini di Mathura, quelli di Dvaraka e tutti i cittadini del mondo Mi sono cari, senza discriminazioni, come la Mia stessa vita. Ma quelle Gopi che contemplano continuamente e recitano senza sosta il Mio Nome sono la Mia stessa vita". C'è una differenza notevole fra l'essere come la vita ed essere la vita stessa. Quando dite che i devoti sono come la Mia vita, non vuol dire che siano la Mia vita. Quando viene un acquazzone e si formano grosse pozzanghere, dite "C'è un mare d'acqua!", ma in realtà non si tratta di un mare vero. Allo stesso modo, c'è differenza tra le persone che hanno accumulato amore, quelle che sono molto intime e quelle che sono la personificazione dell'amore. Chi ha già il cuore pieno d'amore, aiuti gli altri a fare lo stesso, utilizzando la propria esperienza.

Yashoda
[21] Uddhava si recò da Yashoda (madre adottiva di Krishna, N.d.R.), la quale gli chiese: "Come sta il mio Gopala?" E Uddhava le rispose: "Krishna, che ha il dominio su tutte le ricchezze ed il padrone di Mathura, è perfetto. Chi risiede nella mente di Muni è caro alle Gopi, è una vera incarnazione di beatitudine." "Lascia perdere tutte queste descrizioni - lo interruppe Yashoda -; non mi interessa questo "padrone di Mathura", non so chi sia questo individuo che "dimora nella mente di Muni". Quello che a me importa è che il mio Gopala stia bene". Yashoda era sempre assorta in quel Nome: Gopala. Non ammetteva n‚ accettava di buon grado qualunque altro nome o appellativo. Non riconosceva solenni descrizioni o tributi che non le ricordassero Krishna.

Vi sono molti nomi, a migliaia.

Sono tutti per la vostra soddisfazione.

Vari nomi
[22] Vi è un solo Nome: Gopala, ovvero Sri Rama. Dio concede la Sua apparizione a coloro per i quali è naturale recitare il Nome di Rama o di Krishna e concede la visione della Sua Forma, facendosi intimo con coloro che Gli si avvicinano recitandone il Nome con naturalezza.

Diritto di chiedere
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[23] Un padre può occupare una posizione assai prestigiosa, può guadagnare un lauto stipendio, possedere un sacco di palazzi ed un cospicuo conto in banca; ciò nonostante, se un suo figlio ha bisogno di una camicia, gliela va a chiedere, va da suo padre e, a pieno diritto, gli dice: "Vorrei comprare una camicia. Il tuo stipendio, la tua posizione, il tuo conto in banca non mi interessano...!". Anche voi, dunque, chiedete a Dio: ne avete pieno diritto, un diritto acquisito con l'amore. Questo diritto vi compete come risultato del vostro amore incondizionato.

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Incarnazioni del Divino Spirito,

Dio è amore
[24] se volete Dio, non vi serve leggere le Scritture. È facile accedere a Dio. Non chiedeteGli ricchezze, carriera, soldi, terreni e proprietà: Egli si fa vostro intimo soltanto con l'amore. Se volete raggiungerLo, non c'è bisogno di tanti canti devozionali: tutti questi tipi di culto non sono altro che modi diversi per santificare il proprio tempo. Quando si santificano le azioni, ne viene di conseguenza santificato anche il tempo impiegato per esse. Scopo di queste azioni è la purificazione del cuore, ma a questo non arriverete mai se non con l'amore, che solo può avvicinarvi a Dio. Convertite l'amore in amore disinteressato e fate sì che cresca sempre più. Non lasciatelo degenerare in amore per il proprio "ego". Per definire l'amore c'è una sola parola: Amore, e Dio è l'autentica incarnazione dell'amore. Quindi, per raggiungere Dio, vera incarnazione d'amore, una sola cosa è necessaria, ed è appunto l'amore.

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Per vedere un chiaro di luna non vi serve una torcia; lo potete vedere grazie al suo stesso chiarore. Così, giacché Dio è l'autentica incarnazione dell'amore, a Lui arriverete solo per mezzo dell'amore.

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L'amore delle Gopi
[25] Tutti i tipi di sacrifici, i rituali e le offerte sacrificali, tutte le opere di carità, di penitenza e di austerità, se manca l'amore, sono finzioni. Nutrite costantemente la convinzione che la Divinità dimora nel vostro stesso cuore. Fra Me e voi non esistono divisioni. Il Mio amore è in voi ed il vostro è in Me. In questo incontro tra i due, noi diventiamo Uno. Le Gopi raggiunsero il dolce Signore soltanto pronunciando un nome: Krishna.

Se diventi un fiore, sarò un'ape
che vola cantando intorno ad esso.
Se diventi un albero, sarò una liana
che avviticchia il tuo tronco.
Se diventi l'oceano, sarò un fiume
per immergermi in Te.
Se diventi l'immenso ed infinito cielo,
sarò una stella per brillare in Te.
Se diventi il monte Meru, sarò un torrente
per scorrere fra le tue valli.
Amore nello studio
[26] Solo chi avrà un simile rapporto col Signore, potrà chiamarsi devoto. Potrete legarvi al Signore, solo recitandone il Nome. Alcuni credono che sia superfluo ripetere il Nome del Signore e rimangono indifferenti. Altri si chiedono che cosa mai si possa ottenere con questa ripetizione del Nome e dicono: "Recitate la Gita e i Veda". Qualunque testo sacro recitiate, però, fatelo con amore. Se vi accostate ai Veda per studiarli, fatelo con amore. Non accettate nulla che sia privo d'amore. È stato detto:

Il nostro cuore è senza amore.
Fa' che questo torrente d'amore
fluisca nel nostro cuore
e da lì sgorghino solo cascate d'amore
per formare fiumi d'amore
che scorrano per immergersi in Te.
Alla base di tutto, quindi, ci sia l'amore. Al mondo non esiste nulla di più grande dell'amore.

Offerta d'amore
[27] Qualsiasi altra ricchezza offriate al Signore, non Gli sarà gradita.

Il mio corpo come una foglia,
il mio cuore come un fiore,
la mia mente come un frutto,
le mie lacrime come acqua che porta
il Tuo Nome per offrirTelo.
Con quel Nome potete offrire tutto, ma se dietro quell'offerta non ci sarà amore, non sarà accettata. Senza amore, nulla Gli sarebbe gradito. In quest'epoca di ignoranza non c'è sentiero più agevole della ripetizione del Nome del Signore.

Incarnazioni del Divino Amore,

L'amore è in tutti
[28] esistono vari tipi di persone: ci sono le persone ordinarie, gli sciocchi, gli ignoranti, gli eruditi, ma in tutti c'è amore, perché questo frutto dell'amore può sbocciare e fiorire in ciascun cuore. Tuttavia, questo frutto è ricoperto di una buccia intrisa d'odio, gelosia, invidia, alterigia. Per questo, vi riesce impossibile assaporarne la dolcezza, ma coloro che riescono a rimuovere la buccia dell'odio, potranno gustare il dolce succo di quel frutto. Superate le sensazioni di piacere e dispiacere. Lasciate il posto al solo Nome del Signore e ponetelo alla base di tutto. Non serve cercare il Signore in qualche luogo particolare, come fosse un'entità separata da voi: Egli è vicinissimo a voi. Dio è riscontrabile nell'intima natura di ogni cosa.

Incarnazioni del Divino Amore,

Un carbone acceso
[29] eccovi un piccolo esempio.

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C'è un carboncino acceso che maneggiate noncuranti perché ricoperto di cenere. Da dove proviene la cenere? Dal fuoco. Così, mentre la cenere ricopre quel carbone, sotto è ancora ardente. Se soffiate via la cenere, rivedrete il fuoco. Lo stesso vale per il Nome di Dio.

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Se volete avere la visione di Dio, cercateLo all'interno di voi, nel vostro cuore. Intorno a quel Nome c'è indifferenza: è l'illusione che ha ricoperto quella Realtà, ma Essa esiste con certezza: se infatti rimuovete l'illusione, quella Realtà Si manifesterà in tutta la Sua Gloria. Se perseverate nella ripetizione del Nome, sarete liberi, beati e avrete tutto quanto vorrete. Perciò, salmodiate il Nome del Signore e avvicinatevi a Lui.

Il potere d'unione
[30] Tutte le religioni accettano questa verità: questo Nome le riconcilia tutte. Yoga e tecniche di controllo del respiro non riscuotono molta simpatia presso Musulmani, Cristiani e Buddhisti, ma la salmodia del Nome è accettata da tutte le religioni - Buddhismo, Cristianesimo, Islamismo, Zoroastrianesimo. Anche i Cristiani cantano il Nome; anche i Sikh lo recitano. La ripetizione del Nome è l'unico modo per giungere alla Liberazione, poiché tutte le religioni l'accolgono. Nel Nome tutti gli uomini si riconciliano armoniosamente e tutte le religioni sono ricondotte all'unità. Questa è la sua potenza: l'unità. Recitate quel Nome. Tenetevi stretti ad esso e godetene la beatitudine. È un sentiero facilissimo. Non ce n'è uno più semplice.

(Prashanti Nilayam, 17 Ottobre 1988 Festa di Navaratri)




(30) Il Ramayana è il poema epico che narra gli episodi della vita di Rama. Fu scritto da Valmiki ed è composto di 24.000 versi suddivisi in sette libri. Due sono gli insegnamenti fondamentali proposti dal Ramayana: Il valore del distacco e la necessità di diventare consapevoli del Divino che dimora in ogni essere. (torna al testo)

(31) V. nota 13. (torna al testo)





SCHEDA DI STUDIO N° 4


La nascita dell'Avatar Rama


Shri Rama è la settima incarnazione di Mahavishnu e fu un potentissimo re della dinastia solare.

Quando Lanka era governata da Ravana, un vero flagello per il mondo, sulla terra dilagarono crudeltà ed efferatezze inimmaginabili, quali matricidi, parricidi, fratricidi, uccisione di mucche, discordie e odi fra la buona gente, stragi d'infanti, sequestri e rapimenti di donne, uccisioni di asceti, latrocini, ecc. Quando il mondo fu lacerato da tanto affanno, Bhumidevi, Dea della Terra, assunse la forma di una mucca e andò a rifugiarsi presso Indra a Svarga. Gli riferì di tutte le atrocità perpetrate da Ravana e dagli altri demoni (Rakshasa). Allora Indra condusse Bhumidevi da Brahma, il quale li rinviò da Shiva a Kailasa, in quanto l'eliminazione di Ravana non era in suo potere. Shiva non ritenne opportuno da parte sua uccidere Ravana e perciò mandò Brahma insieme con gli altri da Vishnu, confortandoli con queste parole: "Ho deciso di incarnarmi come il figlio di Dasharatha, re di Ayodhya. Anche voi, Deva, dovrete nascere sulla terra per aiutarmi ad uccidere Ravana e gli altri malvagi demoni e per dare protezione a Bhumidevi e ai buoni che sono sulla terra." (Cf. Kamba Ramayana, Purva Kanda)

Il re Dasharatha, della dinastia solare, regnava su Kosala che aveva per capitale Ayodhya. Il grande saggio Vasishtha era il precettore di famiglia. Il suo regno, sostenuto dalla collaborazione di valenti ministri come Sumantra ed altri, prosperò in uno stato di supremo benessere. Dalla moglie Kausalya aveva avuto una figlia, Shanta. Gli anni passavano, ma non riusciva ad avere un figlio maschio. Un giorno, il re Lomapada, intimo amico di Dasharatha, si recò ad Ayodhya. Lomapada, che non aveva figli, chiese a Dasharatha se gli concedeva di prendere in adozione sua figlia Shanta. Ottenuto il consenso, Lomapada diede Shanta in isposa a Rishyashringa.

Per avere un figlio, Dasharatha ebbe una seconda moglie, Kaikeyi, figlia del re di Kekaya, ma la ripudiò perché sterile. Sposò quindi Sumitra, figlia del re Kashi. Ma, anche dopo molti anni, nessuna delle tre mogli di Dasharatha gli poté dare un figlio.

Un giorno, Dasharatha andò a caccia spingendosi all'interno della foresta. Mentre si riposava sulle rive del fiume Sarayu, udì un rumore simile a quello prodotto da un elefante quando risucchia acqua dal fiume. Ignorando il fatto che si trattava del suono provocato dal figlio di un asceta che stava riempiendo un vaso d'acqua per i suoi genitori, il re scoccò una freccia contro di lui. Quando Dasharatha andò sul posto, si rese conto del tragico equivoco: aveva colpito inconsapevolmente un ragazzo brahmino, il figlio di un muni (asceta che ha fatto voto di silenzio). Il ragazzo giaceva ferito e agonizzante. Spiegò come poté a Dasharatha chi era e gli descrisse il motivo della sua presenza lì. Dopo di che, spirò. Dasharatha, piangendo sulla disgrazia, si recò dai genitori del ragazzo, portando con sé il vaso pieno d'acqua. I genitori, che erano ciechi, pensarono che il figlio stesse per rientrare, quando Dasharatha rivelò loro la tragica storia. Il vecchio muni, dopo aver maledetto il re che avrebbe ucciso per aver causato la separazione dal figlio, morì; e la moglie pure morì gettandosi fra le fiamme della pira al funerale del marito. Il re, terribilmente afflitto, fece ritorno ad Ayodhya.

Solo Vasishtha e Sumantra furono informati della maledizione, la quale, sebbene causa di un forte dolore, implicava che Dasharatha avesse figli. Perciò, Vasishtha consigliò al re di compiere per opera di Rishyashringa il sacrificio (yajna) chiamato putrakameshti. Di conseguenza invitò ad Ayodhya sua figlia Shanta col suo genero Rishyashringa, il quale fece offerte nel sacro fuoco cantando l'inno putrakama. Sennonché dal fuoco sorse un essere divino con un vaso d'oro pieno di nettare degli Dei, che scomparve nuovamente nel fuoco dopo aver consegnato il vaso a Rishyashringa. Costui a sua volta lo consegnò al re, a cui i saggi consigliarono di spartirne il dolce contenuto fra Kausalya e Kaikeyi. Una parte di quel nettare fu dato anche a Sumitra. Le tre regine concepirono e, a tempo debito, Kausalya e Kaikeyi partorirono ciascuna un figlio, mentre Sumitra ne diede alla luce due. Il figlio di Kausalya fu chiamato Rama; il figlio di Kaikeyi, Bharata, ed i figli di Sumitra furono chiamati Lakshmana e Shatrughna. (Cf. Valmiki Ramayana, Balakanda).