Satsang

Mahashivaratri - I quattro requisiti del ricercatore spirituale

6 marzo 2005

Cari fratelli e sorelle,

ci è appena arrivata comunicazione della data della ricorrenza di Shivarathri. Essa avrà luogo l'otto marzo. Mi sembra che si tratterà di un martedì. Speriamo anche che ci sia concesso di fare gli Akhanda Bhajan , come negli anni passati. Alla luce dell'avvicinarsi di questa sacra festa vorrei condividere con voi alcune riflessioni connesse a questa occasione. Questo potrà servire come una sorta di preparazione a Shivarathri, una sorta di 'compito a casa', prima della ricorrenza ufficiale. Di tutte le ricorrenze, di tutte le festività, Shivarathri è la più speciale, è unica. La festa di Shivarathri non è intesa per l'ostentazione o per la spettacolo. Non è una festa con cene, banchetti, vestiti nuovi, contatti sociali etc.
No. La festa di Shivarathri è assolutamente spirituale nei contenuti e negli obiettivi. Se c'è una festa che è assolutamente spirituale, questa è proprio Shivarathri. La festa di Shivarathri non è associata ad alcun Dio in particolare, o ad un nome o ad una forma, né ad una religione o a qualche genere specifico di adorazione. No.
Shivarathri è la festa della Realizzazione, dell'esperienza del Sé, che è senza forma, senza nome, eterno, immortale, nettarino e immacolato. Shivarathri è la ricorrenza dedicata all'evoluzione del ricercatore spirituale che intende raggiungere lo stato senza attributi e senza forma e che è la meta finale dello sforzo e del sentiero spirituale. In altre parole, il nostro viaggio deve partire
dalla forma per arrivare al Senza-forma, e dagli attributi per arrivare al Senza-attributi. Shivarathri è la festa che ci condurrà alle altezze del Senza-forma, del Senza-nome e del Senza-attributi, cioè all'eterno Sé immortale, l' 'Atman Brahman', o 'Coscienza Universale'. Questo significa, amici miei, che Shivarathri è una pietra miliare che stabilisce dei parametri per il nostro avanzamento, o progresso, spirituale. Dove ci troviamo? Che cosa ci aspetta? Per quanto ancora dobbiamo camminare? Sono ancora legato al nome ed alla forma? Quanto sono ancora distante dalla Divinità senza nome, senza forma e senza attributi? Proprio questo è Shivarathri.
Shivarathri, rispetto alle altre festività, è la ricorrenza che richiede di dedicare il periodo di tempo più lungo alla meditazione, al canto della Sua gloria, alla ripetizione del Suo nome, allo studio delle Scritture. La maggior parte del tempo, nel periodo di Shivarathri, va dedicata alla sadhana (pratica spirituale). Quale altra festività nel Sanathana Dharma richiede la pratica totale della
spiritualità, il coinvolgimento assoluto nella pratica spirituale (sadhana), giorno e notte? Prima di scendere nei dettagli, desidero fare un preambolo, una sorta di introduzione, condividendo con voi alcuni pensieri. Prima di immergermi nella 'Sadhana', o pratica spirituale, prima di cominciare a meditare, prima di trovarmi a cantare per tutta la notte a Shivarathri, devo innanzitutto essere
qualificato per questa 'sadhana'!

Sono qualificato/a per la pratica spirituale?

No... non lo sono! Si deve essere medici per praticare la medicina.
Se uno comincia a praticare la medicina senza averne la qualifica, tutti quelli che andranno da lui forse saranno presto al sicuro su un altro pianeta, ma senz'altro non qui... (Risate) Amici miei, anche nella 'sadhana', nella pratica spirituale, è estremamente necessario che abbiamo delle qualifiche, dei requisiti. È perché non abbiamo questi requisiti che non riusciamo a realizzare lo scopo della nostra attività spirituale, perché non abbiamo fatto abbastanza compiti a casa, perché non abbiamo ancora sperimentato la profondità del
silenzio, la profondità della soddisfazione. Non dovete credere che io vi stia parlando dall'alto di un piedistallo. No, no, no.
Ogniqualvolta dico 'voi' includo anche me stesso. Io sono il primo a cui mi riferisco, persino nei sogni non mi considero un esemplare di una specie separata. Non lo sono. Essendo io fondamentalmente un insegnante, il mio lavoro consiste nel condividere con voi alcune citazioni relative ai diversi discorsi o messaggi di Sai Baba. Questo è tutto. Allora, amici miei, di quali requisiti dobbiamo essere in possesso per cominciare la pratica spirituale? Ci sono vari tipi di requisiti, ma non andiamo in questa direzione, perché, se dovessi
farvi una lista di tutti i requisiti possibili, o rinuncereste alla 'sadhana' o vi sentireste frustrati. Non sono folle a tal punto... ammetto di esserlo a sufficienza... ma non fino a quel punto.
Cercherò pertanto di fare un riassunto il più breve possibile, affinché tutti i punti che esporrò possano essere capiti da ciascuno di voi, che vi trovate qui riuniti.


1) PRIMO REQUISITO DEL RICERCATORE SPIRITUALE: DIMENTICARE IL PASSATO

Il primo requisito di cui dobbiamo essere in possesso prima di cominciare la pratica spirituale è quello di dimenticare il passato.
Sì: dobbiamo dimenticare il passato. Fintantoché il passato rimane nella mente non si è qualificati per cominciare la pratica spirituale. Si può avere un passato glorioso, ma esso sarà comunque inutile nel presente. Nel passato posso essere stato un membro del parlamento, ma se non lo sono più oggi sarò solo un 'EX' membro del parlamento. Perciò, a che cosa serve? Posso essere stato un attore del cinema... ma se oggi sono un ex attore, chi sarà più interessato
allla mia faccia? Per quanto il passato possa essere glorioso, oggi non esiste più e non ha più alcuna importanza.

a) Non mettetevi a sognare sul futuro

Un ricercatore spirituale non può mai vivere di speranza, né può vivere proiettato nel futuro, a meno che non sia totalmente ignorante. Solo in quest'ultimo caso potremmo scusarlo... Un uomo spirituale non vivrà mai nel futuro, perché la spiritualità non è il futuro. La religione non è il futuro. Dio non è il futuro.

Dio è qui ed ora, nel momento presente.

La vita è qui ed ora. Come fate a parlare del futuro? Il futuro è incerto, il futuro non è garantito. Il futuro è solo un sogno. Non potrete mai affermare che il futuro sia garantito, o certo.
Nell'attesa e nelle aspettative si può perdere la vita. Questo è il motivo per cui viene detto che non si devono mai posporre le buone azioni. Mai posporre, perché così facendo si continua a posporre, giorno dopo giorno, e non si combina mai nulla. 'Quel giorno' non arriverà mai. Comincerò a recitare il Nome il prossimo giovedì, per Capodanno'. Quale giovedì? In quale anno? In quale mese? Nessuno lo può dire. Forse in un'altra vita (risate)! Quale Capodanno, di quale vita?!... Perciò, cari amici, pensare al futuro è sciocco e rimuginare sul passato è pura ignoranza. Non dobbiamo essere ignoranti, e ancor meno stupidi. Un uomo spirituale deve dimenticare il passato e non pensare al futuro. Egli deve vivere nel presente.
Questo è il primo requisito del ricercatore, dell'aspirante spirituale.



2) SECONDO REQUISITO DEL RICERCATORE SPIRITUALE:
TUTTE LE COSE AVVENGONO PER VOLONTÀ DI DIO

Il secondo punto, amici, è questo: a volte ci sentiamo frustrati perché pensiamo che non stiamo facendo quello che vorremmo, che non abbiamo l'opportunità di fare ciò di cui siamo veramente capaci. Non stiamo facendo le cose per cui siamo qualificati. Non ci è concesso di fare le cose in cui siamo esperti e competenti, le cose da cui ricaveremmo la massima soddisfazione. Molta gente si lamenta con me:
"Signor Anil Kumar, la mia carriera avrebbe avuto senz'altro altri sbocchi se io fossi stato un manager." Io penso: "Oh, non sei un manager, ma dici che saresti stato meglio se tu lo fossi stato." Io un uomo così posso solo compatirlo in silenzio fra me e me, ma senza dirgli nulla. È già così triste per il fatto di non essere un manager che se lo critico si sentirà ancora peggio... perciò sto zitto e lo lascio in quello stato. Altri mi dicono: "Signor Kumar, se avessi fatto il medico avrei fatto carriera!" Ma se non lo sei, perché ci pensi?! Come fai ad essere certo che saresti stato un buon medico?
Avresti potuto essere un medico nocivo... Come puoi parlare così?
Insomma amici... abbiamo preso l'abitudine di pensare che ci sarebbe andata meglio se ci fosse stato affidato qualche altro compito, o se avessimo svolto un altro lavoro. La maggior parte degli attori cinematografici dice: "Volevo fare il medico, ma ho finito per diventare attore!" Io penso: "Grazie al cielo! Se tu fossi diventato un medico, ai pazienti sarebbe venuto un collasso sulla soglia. Sì, come attore sei abbastanza bravo, ma come medico proprio non ti ci
vedo... bene che tu non lo sia, almeno posso star certo di non morire per tua mano..."
Pensare che saremmo stati eccellenti in un campo diverso da quello in cui siamo attivi significa abbandonarsi all'immaginazione, all'allucinazione, alla proiezione e all'illusione. Solo e soltanto questo! Che mi crediate o no, io voglio rinascere come insegnante.
Questo in quanto ritengo che la mia professione mi tenga lontano dal peccato... Non posso essere corrotto da nessuno e nessuno ha alcun interesse a cercare di darmi una bustarella! (Risate) Non ci si può abbandonare a vizi quali l'alcolismo e cose del genere perché non ci se lo può permettere (risate)! Nè si può giocare d'azzardo o scommettere alle corse, sia perché appunto non ci se lo può permettere, sia perché si ha sempre paura di incontrare qualche
studente. Una caratteristica degli studenti infatti è quella di trovarsi sempre dappertutto! Se si vuole fare qualcosa di segreto, non ci si riesce assolutamente, perché qualche studente si troverà senz'altro là prima di noi!

Quando qualche studente mi viene a dire che la mia lezione è stata molto interessante, mi sento più felice che se avessi guadagnato un lakh di rupie... una parola di apprezzamento già mi basta. Come trovare la felicità nel campo in cui lavoriamo? Pensando che tutto accade secondo la volontà di Dio. Dio ha voluto che io fossi un insegnante. Dio ha voluto che diventaste un ministro, o un medico, o un ingegnere... Una volta che vi convincete che tutte le cose
accadono per volontà di Dio, che sa che cosa è il meglio per noi, avrete una grandissima soddisfazione. Solo Dio sa che cosa è bene che voi facciate. Solo il regista sa se è meglio che recitiate nel ruolo di dell'eroe o della comparsa. E se lo sa un regista cinematografico, quanto più lo saprà il Regista Cosmico di questa commedia della vita?
Una volta che avrò capito che questo mio ruolo mi è stato assegnato dal Regista Divino, potrò godermi la commedia.

Questo è il secondo punto. Riassumendo: il primo punto consiste nel dimenticare il presente ed il passato; il secondo nell'acquisire la certezza che tutto accade per volontà divina. Ora, prima di passare al terzo punto, desidero parlarvi della differenza esistente fra il 'succedere' e l' 'agire'.

a) 'Succedere' ed 'agire'

Nella vita ci sono due modi di considerare gli avvenimenti: come cose 'che succedono' o come cose 'che abbiamo fatto'. Se pensiamo di essere noi gli autori delle nostre azioni, ne saremo anche i responsabili. Questo significa che non sarete al sicuro fintantoché penserete di essere gli agenti. Si è agenti quando si considerano gli avvenimenti come proprie creazioni. Ma se considerate gli eventi come cose che 'succedono' la vita sarà bella. Se Swami passa vicino a voi... eccitante, e se vi evita... pure. Qualsiasi cosa Swami faccia, credetemi, 'succede' e basta, e non potete influenzarla minimamente.
Swami non ha niente a che fare con il vostro 'fare'. Tutte le cose relative a Swami semplicemente 'accadono'. V.K. Gokak, il primo vice-preside di questa università - un grand'uomo - fece questa affermazione: 'Alcuni pensano che Baba 'faccia' miracoli, ma si sbagliano. I miracoli 'succedono', non vengono 'fatti'. Se venissero 'fatti' si tratterebbe di magia, mentre quando 'succedono' sono avvenimenti spirituali. Essi sono completamente Divini."
L'atteggiamento giusto, cari amici, è quello di pensare che dobbiamo agire al meglio delle nostre possibilità, usando tutte le nostre capacità ed i nostri talenti, per meritare il ruolo assegnatoci. Il regista dovrà poter dire: "Ben fatto, ragazzo! Sono felice che tu abbia recitato al di là delle mie aspettative." Il Regista Divino, Dio, dovrà poter dire: "Figlio, hai svolto bene il tuo ruolo".
Quindi: il secondo requisito dell'aspirante spirituale consiste nel considerare tutto come frutto della volontà di Dio, e non protestare per niente di ciò che gli accade.

b) L'ego spirituale è molto peggiore dell'ego mondano

Alcune persone sono spiritualmente arroganti ed egoiste. Anzi, esse sono in così gran numero che noi 'viviamo' circondati da esse! (Risate) Queste ci annoiano comunicandoci, contro la nostra volontà, tutto ciò che sanno e che dovremmo, o non dovremmo, fare. Lo fanno spesso con tale insistenza che alla fine chiediamo loro di lasciarci in pace e andarsene. L'arroganza spirituale è molto peggiore dell'ego mondano. L'ego mondano può al massimo portarvi all'isolamento ed alla solitudine, mentre l'ego spirituale vi allontana da Dio. Vi fa
precipitare nell'ignoranza per centinaia di vite a venire. Ma come ci si può liberare dell'arroganza spirituale? Non parlate della vostra 'sadhana', non glorificate le vostre pratiche spirituali. Farlo equivale ad essere stupidi. Non pubblicizziamo la nostra 'sadhana'!
Stiamo zitti, invece, perché se ne vogliamo parlare significa che essa non ci ha ancora apportato alcun beneficio. E se non l'ha apportato a noi, come potrà apportarlo agli altri? La pratica spirituale deve rimanere completamente personale.

Ed ora procediamo con il terzo requisito.



3) TERZO REQUISITO DEL RICERCATORE SPIRITUALE:
CONSIDERARE SE STESSI STRUMENTI NELLE MANI DI DIO

Dobbiamo sviluppare la terza qualità come una sorta di preparazione alla pratica spirituale. Essa consiste nel considerarsi uno strumento nelle mani di Dio. Sfortunatamente, quando ci troviamo fra la gente, o persino nell'ashram, o in un Centro spirituale, parliamo ad alto volume, occupati continuamente a tessere le lodi di noi stessi. Due sono le cose che capitano nelle organizzazioni spirituali: si loda se stessi e si condannano gli altri. Amici miei, tutto succede secondo il Suo disegno. Non avete alcuna libertà di fare diversamente. Voi
siete solo degli strumenti. Quando lo sterzo di una vettura è controllato da chi guida, le ruote sono obbligate a muoversi. Quando l'autista frena, le ruote non hanno altra scelta che quella di fermarsi. Quando l'autista accende gli interruttori, le lampade dell'auto possono solo far luce. Lo stesso è per noi. Dobbiamo sviluppare la certezza di essere solo degli strumenti nelle mani di
Dio. Il fatto di aver realizzato il secondo punto (cioè che tutto accade per volontà di Dio) mi aiuta a sviluppare un particolare spirito, necessario a ricevere qualsiasi cosa mi arrivi. Quando sviluppo lo spirito di essere uno strumento, sviluppo anche lo spirito di equanimità ed equilibrio, che sono una conseguenza del considerarsi uno strumento di Dio. Persino nell'Organizzazione ci capita di incontrare alcuni fratelli che dicono: "Prima non c'erano attività. Caro Anil Kumar, tutte queste attività sono cominciate ad esistere solo dal momento in cui io ho assunto la mia carica."
Al che io rispondo: "Congratulazioni! Allora, se qualche altra persona si fosse trovata al tuo posto, le cose sarebbero andate molto meglio...!" (Risate)

a) Nessuno è indispensabile

La mia esperienza è questa, amici miei: nessuno è indispensabile. Vi prego di convincervi che nell'Organizzazione "Sathya Sai", qui o altrove, sia essa rurale, urbana, nazionale od internazionale, con attività di servizio o educativa, o spirituale, o nessuna attività... nessuna persona è indispensabile. Questa è la regola. Nessuno è indispensabile, proprio 'nessuno'. Se pensate di essere importante, verrete certamente rimpiazzati da un uomo migliore. Questo succede perché Bhagavan, il manager per eccellenza, è il Capo di tutti i manager! Come fa a rimpiazzare la gente non lo so. Ma lo fa. Se siete preparatissimi, Egli non vi degnerà di uno sguardo, proprio perché siete preparati (risate). Ne prenderà un altro che sarà impreparato.
Poi Egli farà sì che l'uomo non preparato svolga il suo compito meglio della persona che era venuta ben preparata. Per favore, credetemi, ve lo dico per esperienza personale. Bhagavan può fare tutto, ovunque ed in ogni momento. Può anche far sì che una persona non preparata parli con eloquenza. Allo stesso tempo può anche far sì che una persona fornita di un'ottima preparazione stia zitta o che faccia un grande 'flop'. Può far sì che fallisca alla grande - ci sono molti esempi a proposito.


b) Sapere di essere uno strumento: esempi

Un grande poeta, di nome Karunashri, un giorno si trovò qui a Prashanti Nilayam. Le sue poesie sono molto popolari. Era la prima volta che veniva qui. Io sono stato molto fortunato ad essere stato un suo allievo. Quando giunse il momento egli si alzò, pronto a parlare. Non riusciva a cominciare a parlare, non trovava il modo per iniziare. Fino ad allora c'era sempre riuscito, ma quella volta il 'freno maestro' aveva pigiato il pedale! (Risate) Karunashri non riusciva a proferire parola! Allora Swami si alzò e gli disse: "Mmmh, adesso parla!" Egli riuscì solo a dire: "Bhagavan Sri Sathya Sai Baba." (Applausi) E poi aggiunse: "Non sono riuscito ad articolare un suono finché Lui mi ha detto di parlare!" (Risate) Ecco perché chi è invitato sul palco a parlare non comincia mai fino a quando Lui dice:
"Adesso comincia"! Chi inizia prima del Suo segnale non ha alcuna possibilità (Risate). Una volta, durante un discorso, io menzionai un miracolo avvenuto alla presenza di Swami. Si trattava di una ragazza che aveva problemi al cuore. Era molto debole, molto magra, viveva qui a Prashanti Nilayam ed era la moglie di un ragazzo che lavora alla libreria. In questo momento si trovano qui. La ragazza era magrissima, per vederle le ossa non c'era bisogno dei raggi X!
(Risate) Era una cardiopatica grave. Era stata ricoverata al 'Super Speciality Hospital' per subire un intervento al cuore ed il giorno dell'operazione i genitori erano seduti in prima fila per il Darshan.
Piangevano, perché a nessuno di loro era permesso di andare in sala operatoria. Per questo si trovavano qui durante i Bhajan. Swami passò di là, mentre la madre piangeva rumorosamente.


Swami chiese: "Che cosa è successo?"

La donna rispose: "Swami, l'operazione della figlia".

E Swami: "Aha.. niente. Non preoccuparti."

La madre replicò: "Niente?! Niente per Te, forse, ma molto importante per me".

Swami ribadì dicendo solo: "Ah".

Dopo i Bhajan, i genitori stavano camminando verso l'ospedale, per vedere la propria figlia uscire dalla sala operatoria, quando, su un 'rickshaw', la videro arrivare in direzione opposta, verso di loro.

Chiesero; "Che cosa c'è di sbagliato? Che cosa è successo?"

Lei rispose: "Niente. I medici hanno detto che non era più necessario, perciò sono venuta via".

Era accaduto che subito prima di cominciare l'intervento avevano fatto degli esami, ed avevano riscontrato che l'intervento era diventato inutile. Siamo sempre tutti felici di sentir parlare di questi miracoli. Perciò quel giorno, durante il discorso, mi dilungai in particolari. Alla presenza di Swami detti nome, cognome, indirizzo e numero di casa della miracolata, tanto per non lasciare dubbi.
(Risate) Swami mi fece un cenno ed io mi avvicinai a Lui. Egli mi disse:"Il tuo discorso non mi è piaciuto". A questo punto pensai di essere molto furbo dicendo: "Swami, il mio discorso non era per Te (risate). Era per i devoti. Loro hanno battuto le mani ed hanno riso, li ho sentiti... e questo significa che il mio discorso ha avuto successo!" (Risate) Ma la furbizia umana e la visione Divina sono due cose che stanno in contraddizione fra di loro.
Swami disse:

"Sì, sì, hanno applaudito, però..."

"Ah, Swami, cosa?"

"Ci possono essere molte persone fra il pubblico ad aver pensato in un certo modo... Vedi, Anil Kumar, tu hai menzionato quel miracolo..."

"Ah! Sì, mi prendo la responsabilità di quanto ho detto. Ho dato tutti i dettagli, Swami."

"Sì, sì... ma ci può essere qualcuno che ha pensato..."

"Cosa?"

"Possono pensare: 'Perché prima i medici avevano prescritto l'intervento alla ragazza e poi l'hanno dimessa? Avranno fatto senz'altro una diagnosi errata. Nell'ospedale di Swami ci sono dei medici stupidi! (Risate) Questa è la conclusione a cui arriveranno.
Perché mai hai dato quell' impressione?" (Risate)

Risposi:

"Swami, il pubblico consisteva di devoti, non credo che nessuno abbia messo in dubbio il miracolo da me menzionato, e poi ne ho descritto i più minuti dettagli!"

Egli replicò:

"Se solo due persone fra il pubblico hanno fatto il ragionamento che ti ho detto, lo diranno ciascuna ad altre cento persone. E queste cento informeranno ciascuna altre mille persone, così che la reputazione dei medici sarà rovinata. Non dovresti fare queste cose!"

"Oh, sì, Swami."

Poi pensai:

"Tanta gente ha sempre parlato delle proprie esperienze. Swami, perché devi fare questa osservazione proprio a me, ora?..."(Risate)

Mi ricordai che una volta un uomo aveva raccontato dei suoi viaggi in paradiso, e cose del genere. "Swami mi ha portato a visitare il paradiso." Swami era stato lì ad ascoltare tutte queste cose, povero Swami. Io avevo pensato: 'Swami, se lo hai portato in paradiso ce lo potevi anche lasciare. Perché non lo hai lasciato là...?'

Mi chiesi 'Swami, se hai permesso che alcuni raccontassero cose del genere, perché hai deciso di fare a pezzi me?!'

Lui ci fa imparare con le maniere dure le cose che non ci vogliono entrare in testa. Questo in quanto il terzo requisito che dobbiamo fare nostro è: 'sappi di essere uno strumento'. Vi farò un altro esempio: Swami una volta stava parlando di un uomo, che proprio adesso si trova qui fra noi. Non menzionerò il suo nome. È americano... un medico. Ho già detto abbastanza... (Risate) Se dessi più dettagli lo metterei in imbarazzo. Swami disse: "Lo sapete, è un
medico. Ha regalato una crora di rupie all'ospedale. Ed ogni volta che viene porta materiale costoso e grandi quantità di medicine." Lo lodava talmente che l'uomo si sentì imbarazzato. "Swami, non ho dato niente né a Te, né a nessun altro. Tutto ciò che ho dato è per nostro uso... le medicine, i soldi... per 'noi tutti'. Swami, Ti sono grato perché hai accettato queste cose. Tutto qui. Swami. Ti prego, non mi mettere in imbarazzo!" A queste parole Swami aveva rivolto lo sguardo verso di me ed aveva detto: "Vedi, Anil Kumar. Alla gente normale ci vorranno centinaia di vite prima di riuscire a parlare a questo modo". Non sono parole ordinarie! Un' altra volta Swami disse dal podio: "Quest'uomo ha dato 300 crore all'ospedale; quest'altro 150 crore e quest'altro ancora 200 crore." Il numero di zeri di una crora non lo conosco, tanto non ne ho mai visto una. Io nel caso ho crore di ammiratori, non di rupie! Ma divenni silenzioso. Stavo molto male, e la mia faccia doveva essere molto seria.

Swami chiese:

"Perché quella faccia?"

"Bhagavan, Tu dici: 'Lui ha dato 100 crore, lui 200 crore, quell'altro 300 crore'... ed io che cosa ho dato? Io sono solo un povero insegnante. Perché lo fai, Swami?"

Sapete che cosa rispose Bhagavan?

"Sì, loro hanno dato centinaia di crore. E dove abitano? Abitano al Carlton Hotel (a Kodaikanal)... 'fuori'. Ma tu, dove sei? Sei in camera Mia!"

Swami non giudica in base ai soldi.

"La gente che ha regalato centinaia di crore, a cui ti riferisci, abita in albergo, mentre tu, Anil Kumar, sei con Me 'qui'. Io racconto questi dettagli per farvi conoscere queste persone, per presentarvele. Tutto qui. Non pensare che i soldi siano importanti per Me. Ciò che è importante è il vostro cuore. "

Quindi, amici, la cosa più importante è: 'sentirsi strumenti di Dio'.


4) QUARTO REQUISITO DEL RICERCATORE SPIRITUALE:
PROCEDERE SUL SENTIERO CHE SI È SCELTO

Il quarto punto della preparazione alla pratica spirituale è questo:
andare avanti sul sentiero che abbiamo scelto, secondo le nostre convinzioni, secondo la religione che sentiamo nostra, con le procedure che si confanno a noi, seguendo la nostra propria cultura e le nostre tradizioni. Procediamo a modo nostro! La spiritualità è assolutamente individuale. Quello che va bene per voi può non andar bene per me. Alcuni vanno in estasi nel cantare i bhajan. Altri vanno in beatitudine durante la meditazione. Altri ancora trovano la gioia
nel servizio al prossimo. Abbiamo tutti diverse attitudini ('samskara'). I temperamenti variano da persona a persona. Perciò la procedura che seguiamo nel percorrere il sentiero che conduce al Divino deve accordarsi al nostro temperamento ed alle nostre attitudini ('vasana' o 'samskara', in sanscrito). Se la procedura non è compatibile con le nostre attitudini e con il nostro
temperamento, tutte le nostre pratiche non porteranno a niente.
Ricordate... una procedura che va bene per voi può essere sbagliata per me! Un semplice esempio. Alcuni cantano i bhajan molto bene. Ma se viene chiesto 'a me' di cantare, in pochi istanti il tempio si svuoterà (risate), perché io non sono adatto al canto. Allo stesso modo, un cantante può non essere capace di parlare dal podio e fare un discorso su Swami... sarà meglio che parli fra sé e sé come io canto fra me e me! (Risate) Uno sterzo ha una funzione diversa da
quella dei fari abbaglianti. E i fari abbaglianti non possono essere usati per frenare. Né lo sterzo, né i fari, né i freni possono fare le funzioni di un clacson. Ogni parte ha una sua funzione. Allo stesso modo, anche le persone hanno ognuna il proprio sentiero spirituale e la propria sadhana, in accordo con le proprie attitudini ed il proprio temperamento. Il computer funziona in base al
'software'. Le attitudini provenienti dalle vite passate sono una sorta di 'software', un 'programma' con cui veniamo al mondo. Noi funzionamo in base a come siamo 'programmati'.

Questi che ho appena esposto sono i quattro requisiti di cui dobbiamo venire in possesso, le qualifiche da ottenere se vogliamo essere pronti a celebrare degnamente la Sacra Festa di Shivarathri!


OM SAI RAM