Satsang

Perché non siamo consapevoli della Divinità interiore?

6 febbraio 2005

Cari fratelli e sorelle,


Dio è dentro di noi

Tutte le scritture ci dicono che Dio è dentro di noi. Tutti i profeti, i santi, i ricercatori e gli aspiranti di tutto il mondo e di epoche diverse, hanno sempre concluso all’unanimità che Dio si trova all’interno di noi stessi. Tutte le religioni dichiarano questa stessa verità: Dio è dentro di noi. Perché dunque non siamo capaci di rendercene conto?
Tutte le scritture e le personalità più eminenti affermano chiaramente che Dio è presente in ciò che è animato ed in ciò che non è animato, in ciò che è mobile ed in ciò che è immobile, dal macrocosmo al microcosmo, e che non esiste posto dove Dio non sia. Le scritture poi hanno fatto un passo oltre dichiarando che esiste soltanto Dio e che tutto il resto è la Sua Illusione; esse affermano che Dio è la sola realtà e che tutto il resto non è che illusione o immaginazione. Se è così, perché non ne siamo consapevoli? Qual è la principale ragione della nostra
persistente ignoranza se tutti accettano il fatto che Dio è ovunque ed in ognuno?
Man mano che ci inoltreremo più a fondo nell’argomento capiremo per lo meno una o due delle ragioni più comuni e consistenti.

Noi siamo estroversi

Per prima cosa, la ragione per cui non siamo consapevoli della Divinità interiore è che siamo estroversi, che la nostra concentrazione e la nostra attenzione è diretta verso il mondo esterno. Questa è la ragione per cui ci viene a mancare l’esperienza della Divinità interna. Se la mia penna è in tasca non ho alcun motivo di andare a cercarla alla mensa, se i miei occhiali si trovano sul mio naso non c’è ragione di cercarli sulla scrivania. Noi dobbiamo cercare qualcosa nel luogo in cui è, nel luogo dove è andata perduta, non in qualche altro posto. Questa è la ragione per cui non siamo in grado di sperimentare la Divinità interiore.

Parabola dello studente punto da uno scorpione

Bhagavan Baba ci ha dato a tal proposito un esempio. Pare che uno
scorpione abbia punto uno studente; il ragazzo soffriva moltissimo ed
immediatamente fu chiamato un dottore il quale, appena giunto, disse: " Stai
molto male, cosa ti è successo?" "Dottore, mi ha punto uno scorpione, e soffro tanto!" Il medico rispose: " Non ti preoccupare, ragazzo, ti darò l’unguento specifico; devi solo applicarlo dove lo scorpione ti ha punto." Felice di sentire questo, il ragazzo prese l’unguento ma un’ora più tardi chiamò nuovamente il dottore: "Dottore mi fa sempre più male, ancora più di prima!" Il dottore preoccupato disse : "Non è possibile!
Ti ho dato la pomata giusta per questo tipo di cose, non può essere che ti dolga più di prima! Te ne darò un’altra ancora più forte, applicala bene dove lo scorpione ti ha punto." Un’ora dopo il ragazzo richiamò il medico: " Dottore sto morendo! Entrambe le medicine non mi fanno nulla!
Forse vi siete sbagliato perché queste non fanno niente contro le punture di scorpione!" Il medico era molto sorpreso: " Ho usato questi unguenti con successo per tre decenni e la gente è sempre guarita perfettamente; come mai non funziona con te? Dimmi ragazzo, dove hai applicato l’unguento?"

"Esattamente dove lei ha detto, dottore! Ho seguito bene le sue istruzioni!"

"E quali istruzioni ti ho dato?"

" Lei mi ha detto di applicare l’unguento dove sono stato punto."

"Per favore, puoi mostrarmi dove sei stato punto?"

" Certo dottore! Vede, proprio lì, nell’angolo della stanza! (Risate)
Ho spalmato l’unguento proprio qui nell’angolo !"

Noi siamo proprio come questo ragazzo che mette la pomata sul pavimento
della stanza e si meraviglia del fatto che il dolore non gli passi.
Questo dolore sarebbe facilmente sparito se avesse spalmato la pomata nel
punto della puntura. Se noi comprendessimo dove cercare Dio, lo troveremmo esattamente là e conosceremmo la Sua Grazia ma, sebbene le scritture ci dicano che Dio si trova all’interno, noi ci ostiniamo a cercalo fuori. Questa è la ragione per cui non siamo in grado di sperimentarlo, questo è il motivo per cui non siamo capaci di conoscerlo.

Parabola della vecchina e del suo ago

Swami è conosciuto anche per le Sue bellissime storie e parabole, che si possono riportare a normali situazioni della vita quotidiana. Questa storia racconta di un ragazzo che andava in bicicletta verso le sei e mezza di sera. Il ragazzo vide un’anziana signora che stava cercando ansiosamente qualcosa che aveva perduto sotto la luce del lampione. Lo studente, che era un bravo ragazzo, scese subito dalla bici e chiese: "
Nonna, cosa stai cercando?"

" Oh, sto cercando l’ago che ho perduto!"

" Puoi dirmi esattamente il punto dove l’hai perduto?"

La nonnina rispose: "L’ho perso in cucina."

"Ma come?" le disse sorpreso il ragazzo "Allora perché mai cerchi l’ago qui in strada?" "Perché in cucina non ho la luce! Ecco perché lo cerco qui sotto il lampione." (Risate)

Le Scritture, in modo unanime, dichiarano che Dio è all’interno di noi stessi eppure noi lo cerchiamo ugualmente al di fuori, all’opposto esatto del luogo dove dovremmo cercare! Questa è la ragione principale per la quale manchiamo il nostro obiettivo e, di conseguenza, non possiamo trovarLo.

La conoscenza delle Scritture non ci rende spirituali

Qual è il secondo motivo per cui non riusciamo a scoprire che Dio può essere trovato all’interno? Il secondo motivo è questo: noi pensiamo di essere spirituali, pensiamo di essere religiosi solo per il fatto di aver letto le Scritture. Ho letto a sufficienza la Bhagavad Gita perciò sono senza dubbio spirituale, conosco abbastanza i Veda quindi posso definirmi ‘religioso’, ho studiato la Sacra Bibbia per due volte al giorno quindi sono un uomo profondamente religioso. Molti di noi hanno l’impressione errata che la conoscenza acquisita dalle Scritture sia sufficiente ma certamente non è così! La conoscenza delle Scritture non fa di nessuno una persona spirituale, è impossibile. L’informazione acquisita dalla Bhagavan Gita, dal Corano, dalla Bibbia o dal Dhammapada non fa di nessuno un religioso; la conoscenza mentale derivata dallo studio dei
Sacri Testi non è spiritualità. Al contrario, questa conoscenza è un peso morto. L’enfasi di Bhagavan Baba non riguarda l’informazione, bisogna essere molto chiari su questo: qualcuno può divenire un grande studioso ma questo non ha nulla a che fare con la religione né con la spiritualità. Eppure, sebbene errata, la visione più comune è quella che più ne sappiamo dei Sacri Testi più siamo profondamente religiosi e spirituali.
Questa è una falsa nozione, un concetto errato, e questo modo di pensare tradisce il proprio sé perché non si tratta altro che di accogliere il sé di qualcun altro, la conoscenza acquisita da altri e quindi una ‘informazione di seconda mano’. Nel Suo discorso sulla Bhagavad Gita, Baba afferma chiaramente che tu puoi essere un esperto del testo ma che questo non ti sarà di nessun aiuto mentre, se ti abbandoni, se provi un intenso anelito interiore, un grande desiderio, devozione e profondo amore per Dio, allora sperimenterai una speciale Bhagavad Gita fatta solo per te. Come disse Krishna ad Arjuna, non è la Bhagavan Gita, la canzone celestiale, il dialogo famoso ma lo spirito dell'abbandono. Baba ha detto: "Dio creerà per voi una speciale Bhagavad Gita".

L’apparenza spirituale è uno status symbol

Noi però non meritiamo una Bhagavad Gita speciale per noi stessi perché
confondiamo il testo con il messaggio di Dio ad Arjuna e confondiamo la
conoscenza del testo con l’essere religiosi. Essere religioso è una cosa, mentre apparire religioso è una cosa del tutto diversa; noi vogliamo apparire religiosi piuttosto che impegnarci per esserlo realmente.

L’apparenza è ingannevole. Io posso apparire persona religiosa mentre nello spirito non lo sono affatto; posso celebrare riti, partecipare a cerimonie tentando di dimostrare che sono religioso, posso divenire uno studioso e fare sfoggio della mia sapienza ed, in tal modo, sembrerò senz’altro un uomo religioso ma questa è solo una falsa immagine che promuovo per impressionare le persone che vivono intorno a me. Per apparire profondamente religioso e dare una immagine falsa della mia vera personalità, riverso a fiotti la mia conoscenza dei testi sacri, osservo tutti i rituali, le cerimonie, perché voglio far sapere a tutta la società che sono un uomo spirituale. Facendo questo però, sviluppando questa falsa personalità, spreco molto del mio tempo senza sfiorare nemmeno il sapore di Dio nella mia vita .Così si perde la gioia dell’esperienza più vera. Il denaro serve solo per soddisfare la mia vanità; uso la mia posizione per avere influenza, la mia conoscenza per guadagnare il
rispetto e la stima del pubblico. Anche le questioni religiose sono divenute
faccende di prestigio. Visto che la gente mi ritiene un uomo ricco e
rispettabile, che pensa che io sia un uomo dotto e mi riserva un posto di rilievo, vediamo di ottenere di essere riconosciuto anche come uomo religioso; ciò mi potrà garantire un nuovo status ma, amici miei, la religione non è un soggetto che si relaziona con la comunità, non ha nulla a che fare con la nostra società. La religione è un fatto individuale e totalmente personale. Potete vincere un’elezione ma potete anche non essere capaci di vincere voi stessi, potremmo ottenere un posto di rilievo in un ricevimento politico ma potremmo non essere in grado di ottenere un posticino nel Regno dei Cieli perché siamo confusi e facciamo di ogni cosa un fatto sociale. Eppure religione e spiritualità sono del tutto personali e non hanno nulla a che fare con la società o con il modo in cui gli altri ci considerano. In alcuni luoghi anche i bhajan sono diventati un incontro di tipo sociale, i Centri di servizio diventano centri di influenza dove la gente si incontra per acquisire vantaggi personali. Abbiamo trasformato i centri religiosi in luoghi di incontri sociali dove si creano circoli viziosi che influenzano gli altri promuovendo perfino affari privati. Per queste ragioni non siamo in grado di
raccogliere i frutti che offrono questi luoghi religiosi, non siamo capaci di
riconoscere il vero senso della spiritualità né di sperimentare la profondità religiosa di questi centri. Al contrario, li usiamo per i falsi guadagni materiali, con una errata identificazione e adottando una metodologia ipocrita. Ecco il motivo per cui non riusciamo ad avere l’esperienza di Dio in noi. Quindi, ripeto ancora una volta, quando tendiamo a focalizzarci esteriormente e facciamo della nostra vita religiosa un affare di ordine sociale, non siamo in grado di focalizzarci dentro di noi.

Non siamo aperti alla realtà Divina

Esiste anche una terza ragione per la quale abbiamo difficoltà a vedere ed a trovare Dio all’interno di noi stessi: ognuno di noi ha le sue proiezioni mentali sull'essenza di Dio e della Divinità. Noi ci aspettiamo che Dio sia in questo modo, vogliamo che agisca in quest'altro. Noi Gli imponiamo i nostri progetti, i nostri programmi e proiettiamo su di Lui le nostre preferenze, le nostre scelte, i nostri concetti psicologici e mentali…ciò che noi crediamo che Lui sia. Questo significa che non siamo aperti a comprendere ciò che Lui realmente è. La nostra mente è
chiusa; perché? E’ chiusa a causa di tutta la programmazione che c’è nella
nostra vita, a causa della famiglia e della comunità in cui siamo cresciuti. Siamo condizionati dalla tradizione e dalla storia per cui proiettiamo i nostri pensieri su ciò che crediamo essere l’immagine di Dio.
Per questo motivo perdiamo la vera esperienza del Divino.

Le menti chiuse ostacolano l’esperienza spirituale

Un semplice esempio: se parlo del Signore Gesù Cristo, dovrei essere aperto a vivere in Cristo, dovrei essere aperto a vivere i Suoi insegnamenti, a conoscere, amare ed adorare il Suo spirito di sacrificio, il Suo amore per l’umanità. Non dovrei avere pregiudizi e dovrei ascoltare senza essere influenzato dalle condizioni del mio background Hindu; fintanto che penso di essere Hindu non riuscirò ad aprirmi completamente agli insegnamenti del Cristo, non riuscirò a beneficare dei sermoni in chiesa. Quindi, provenendo da una cultura Hindu e conoscendo le scritture Hindu, qualsiasi cosa io proietti dal mio proprio credo mi taglia fuori dal messaggio del Vangelo Cristiano. La stessa cosa accade ai Cristiani: se penso di essere Cristiano non godrò degli insegnamenti provenienti dalla Bhagavad Gita, non sarò in grado di conoscere Krishna e la Sua Consapevolezza. Perciò, se ci identifichiamo con una religione
particolare, non siamo aperti ma proiettiamo l’affiliazione a quella particolare
religione attraverso le lenti della nostra identità religiosa, attraverso gli occhiali del dogma e del fanatismo e così vediamo. Se noi diveniamo chiusi agli insegnamenti spirituali a causa della nostra religione, non potremmo ricavarne alcun beneficio né goderne; la vera spiritualità infatti si trova oltre la religione. La religione è stretta mentre la spiritualità è ampia; la religione è limitata ad un metodo particolare, a dei modelli specifici, ad un sistema esclusivo mentre la spiritualità è vasta. La nostra religione può addirittura impedirci di raggiungere
il regno spirituale e potremmo non essere mai in grado di abbracciare il panorama e gli orizzonti della spiritualità. Baba sottolinea l’importanza della spiritualità. L’Insegnamento di Baba è spirituale e questo lo osserviamo continuamente: Egli parla di fratellanza religiosa, di unità di tutte le religioni. Il Sarva Dharma, simbolo di Prashanti Nilayam, dimostra questa ampiezza spirituale e testimonia il suo contenuto spirituale, non rappresenta un punto di vista ma tutti i punti di vista. Ecco dunque, cari amici, che noi siamo tagliati fuori dall’esperienza spirituale a causa delle nostre menti chiuse, condizionate, programmate, ed ai nostri pregiudizi.

Stiamo utilizzando metodi sbagliati.

La quarta ragione per cui non riusciamo a sperimentare Dio interiormente concerne i nostri metodi. Il metodo che usiamo non è adatto a trovare ciò di cui abbiamo bisogno. Se voglio sapere quanto peso non posso adoperare un termometro perché il termometro potrà rivelare la mia temperatura ma non mi fornirà mai indicazioni sul peso! Per conoscere la mia temperatura non potrò usare una bilancia che non mi darà quella ma il peso! Tutti i metodi che usiamo per conoscere il mondo sono diversi dai metodi che dobbiamo adoperare per conoscere Dio dentro. Noi non siamo in grado di raggiungere il nostro obiettivo perché conoscere Dio interiormente è totalmente diverso dal conoscere le cose esteriori del mondo ma noi adoperiamo gli stessi sistemi. Se uso un termometro per sapere il mio peso e la bilancia per conoscere la mia temperatura non saprò mai né l’uno né l’altro. Questo è esattamente ciò che facciamo al giorno d’oggi; in questo modo non abbiamo successo nel conoscere il mondo e neanche nel conoscerci dentro. Non abbiamo ancora capito qual è il metodo corretto: invece che avviarmi all’imbarco del volo per New York mi avvio all’imbarco del volo per l’Irak! (Risate). Mi dicono chiaramente che devo andare all’imbarco n. 9 per prendere il volo n. 2311, ma io vado ad un altro imbarco...Quando poi atterrerò in qualche altro posto mi dispererò ma di chi è la colpa? E’ mia! Compro il biglietto per una destinazione e prendo il volo per un’altra: è ovvio che raggiungerò un posto molto diverso da quello che volevo!

Analisi e sintesi

Cari amici, il metodo che noi usiamo per conoscere il mondo, per avere successo nel modo, si chiama analisi; questa vi sarà di molto aiuto per avere successo in questo mondo. Se un uomo non sa analizzare sarà un fallimento. Noi dovremmo essere in grado di analizzare tutto molto chiaramente sia in casa che in ufficio che nella comunità in generale; dovremmo essere in grado di analizzare e comprendere chiaramente ciò che dicono gli altri, dovremmo metterci nei loro panni e osservare dal loro punto di vista. In una comunità dovremmo essere più accomodanti, analizzare scrupolosamente e decidere ciò che va bene per noi e ciò che va bene per la società. L’analisi è la chiave del successo nel mondo ma nella spiritualità l’analisi non aiuta! L’analisi richiede necessariamente la
capacità di analizzare le cose. Ma come si analizza? Lo si fa pezzo per pezzo. Supponiamo che vogliate analizzare una grande macchina: non potrete starvene a distanza e decidere se essa sia perfetta oppure no; per poter essere certi che la macchina funzioni bene dovrete controllare ogni singola vite, bullone o dado...Analizzare, significa dunque conoscere ogni piccola cosa, ogni pezzettino ed ogni parte di esso. L’analisi richiede la capacità di verificare qualcosa nella sue componenti e nella sua totalità. Nella quotidianità, devo sapere cosa fare a casa, devo rendermi conto del compito da svolgere al lavoro, devo sapere chi contattare e conoscere i miei appuntamenti della giornata, devo necessariamente avere chiara ogni cosa; questa è l’analisi di cui si ha bisogno per vivere nel mondo ma questo tipo di analisi è fuori questione per quanto riguarda la spiritualità. Attraverso l’analisi si può conoscere e
sperimentare ogni cosa ma non Dio perché l’analisi conduce ad un sentiero
diverso e ad una diversa direzione. Per quanto riguarda la spiritualità dovremmo seguire il metodo della ‘sintesi’. L’analisi è il sentiero del mondo mentre il sentiero di Dio è la sintesi. La gente ama discutere, citare, ragionare, ma questa è analisi e non ha nulla a che fare con Dio e la Divinità.

La sintesi mira all’insieme, alla completezza e ad una visione olistica; l’analisi invece ha un approccio frammentario in cui si suddivide e si studia ogni cosa pezzo per pezzo. Per questo, dunque, la spiritualità richiama la sintesi in modo da poter avere una visione globale dell’esistenza. Allora la spiritualità potrà divenire la nostra vera realtà, la nostra esperienza vissuta, e non si tratterà più semplicemente di ascoltare un sermone o di studiare una scrittura. La spiritualità deve essere la totalità della nostra esperienza e può essere scoperta solo attraverso il processo di sintesi che non è frammentario. Permettetemi di darvi un esempio di differenza tra analisi e sintesi: il corpo è composto da mani, gambe, orecchie, naso; se io lo tagli in pezzi per studiarli
separatamente avrò l’analisi ma se ,in seguito, decido di ricomporlo, potrò riavere l’originale? Naturalmente no! Avrò un insieme di organi e di membra ma la vita non ci sarà più! Analizzare significa anatomizzare e considerare ogni singola parte del corpo tagliata ma la sintesi non è solamente assemblare il corpo di nuovo ma molto di più! Questa è la differenza tra analisi e sintesi.

La sintesi ha un solo sentiero ed una sola conclusione

L’analisi lascia sempre spazio ai dubbi: quando dite " Questo è il principio" un altro vi dirà "No, sei in errore. Qui può essere applicato un altro principio!". L’analisi dà sempre adito a dubbi. Questa è la ragione per cui non avviene mai che due studiosi siano d’accordo o siano amici; litigheranno tutto il tempo! Possono salutarsi cordialmente quando si trovano faccia a faccia ma, quando non si vedono, non avranno parole gentili l’un per l’altro. Questo perché, seguendo ognuno la propria ‘analisi’, sono giunti a conclusioni differenti. In laboratorio tutto si basa sull’analisi; la scienza, la tecnologia, l’agricoltura,
l’ingegneria, la medicina, tutte queste materie si affidano all’analisi. Tutte le
discipline si basano sull’analisi ma il tuo modo di analizzare lo stesso identico esperimento, registrare ed osservare, ti porterà a diverse conclusioni dalle mie e gli studenti di fisica e chimica saranno tutti d’accordo con me su quanto affermo. Un altro esempio semplice ma fondamentale riguarda il movimento del pendolo che è uno dei primi esperimenti per ogni studente di fisica. Studiando l’oscillazione del pendolo si contano e si registrano i risultati ma i vostri calcoli saranno diversi dai miei; si tratta dello stesso esperimento ma le osservazioni
differiscono. Questa è l’analisi. La sintesi invece non è così; con la sintesi noi tutti arriviamo alla stessa conclusione. Le nostre osservazioni non possono essere diverse; infatti la procedura e la conclusione sono uguali. Perché questo? Perché con la sintesi c’è un solo processo da attraversare: l’indagine. Il processo dell’indagine è la sola via per entrare dentro noi stessi, per godere del nostro Sé interiore, per sperimentare il nostro Dio interiore. Il sentiero dell’indagine è unico e la conclusione non può essere che la stessa: io realizzo che lo stesso Sé che sperimento è presente in ognuno. Quindi le differenze, la diversità ed i dubbi sono tutti fattori che appartengono al processo dell’analisi e che portano alla divisione mentre, nel processo della sintesi, scopriamo l’Uno manifesto nei molti, sperimentiamo in tutti l’unità dello stesso Sé che pervade uniformemente ogni cosa. La confusione, amici, è causata dal fatto che noi vogliamo analizzare il mondo pezzo per pezzo ma vogliamo analizzare pezzo per pezzo anche Dio utilizzando lo stesso metodo!
Qualche volta noi pensiamo che Baba sappia tutto ma qualche altra pensiamo che Lui sappia tutto eccetto questo o quello! (Risate) Per esempio crediamo che Dio, Baba, sia ovunque ma non qui! Dubitiamo di questo!
(Risate) Puoi dire ad un tuo amico "Adesso ti dico chi è Baba!" ma lui cosa potrà capire? Puoi mangiare tu al suo posto? No! Noi vogliamo sempre analizzare e dare la nostra interpretazione. Questo è il modo in cui molti si comportano.

L’accettazione è la via di Dio

Qualcuno mi ha detto: "Anil Kumar, quando chiudi gli occhi al mattino sedendo in meditazione, immagina una luce blu e comincerai a vedere questa luce blu dentro di te ed intorno a te!" Io mi sono seduto molte volte in meditazione ma non ho mai visto nessuna luce blu…solo buio pesto.
(Risate) Può darsi che voi vediate una luce blu o rossa ma io non vedo nessuna luce! E se ce ne fosse una scomparirebbe immediatamente appena chiudo gli occhi! (Risate) Alcuni dicono che quando si immergono interiormente sentono una brezza fresca che li accarezza: io non ho mai sentito nessun tipo di brezza! (Risate) Queste non sono altro che le nostre proiezioni mentali, non sono altro che le nostre stesse sensazioni, le nostre reazioni psicologiche, le nostre aspettative che proiettate si trasformano in esperienze. Questa non è spiritualità; nella spiritualità non ci sono aspettative. Non dovreste aspettarvi che Dio si comporti o sia cosà, non potete dettare le vostre condizioni a Dio.
L’accettazione, e solo l’accettazione, è la via verso Dio. Discutere è la via verso
il mondo nel quale, se non discutete, rischiate di essere ingannati. Là fuori troverete i fruttivendoli ed i fiorai che vi daranno un piccola ghirlanda di fiori e voi domanderete:

"Quanto costa?"

"Venti Rupie."

" Ma come venti rupie! Perché non 2 rupie o meglio una rupia?"

Se non discutete, perderete il vostro denaro, verrete ingannati.

Qualcuno può dirvi: "Questo japamala ti porterà direttamente in paradiso!"

" Oh, ma io non ho fretta di andare in paradiso. Per favore stai tranquillo!" (Risate) Oppure potrei rispondergli: " Mostrami qualcuno che abbia raggiunto il paradiso con questo japamala, cosicché io possa seguirlo!.."(Risate) Noi dobbiamo dubitare e discutere quando ci rivolgiamo al mondo materiale ma in quello spirituale, nel regno spirituale, le cose sono molto diverse.

Nella spiritualità le domande sorgono dalla fede

Cerchiamo di capire chiaramente che nella spiritualità le domande dovrebbero nascere dalla fede mentre nel mondo esse nascono dal dubbio.
Questa è la differenza. Arjuna fece delle domande al Signore Krshna. La Bhagavan Gita non è altro che una serie di domande e risposte : una guida.
Tutte le Upanishad sono formulate con domande e risposte. Posso dire che esse siano irriverenti? Sciocche? Potrei dire che non dovrebbero essere state formulate? No! Tutte queste domande sono nate dalla fede, da una mente aperta. Esse vengono formulate per riaffermare, ristabilire ed approfondire le radici della nostra fede mentre nel mondo le domande vengono poste per confermare i nostri dubbi. Qualcuno ha detto che questo è un anello d’oro. Io dubito di quello che ha detto e mi chiedo se sia veramente d’oro oppure solo placcato. Io dubito, faccio delle domande e così vien fuori che non è oro puro. Questo conferma i miei dubbi, i miei interrogativi. Per capire cosa sia giusto o sbagliato, noi poniamo delle domande. Nella spiritualità noi poniamo delle domande per rafforzare e approfondire la nostra fede perché, se una domanda nasce da un dubbio, ti farà diventare indeciso, continuerai a pensare "essere o non essere". Quando siamo incerti, non siamo in grado di decidere e quindi
continuiamo a porre domande, a permanere nei nostri dubbi, tutto in un ciclo senza fine. Quando metti in dubbio tutto, cosa ottieni? Una domanda spirituale nata da un dubbio non troverà mai una risposta. Un individuo ha dei dubbi e quindi inizia a porsi delle domande; poi pone a me delle domande e, quando rispondo, lui non vuol ascoltare! Uno che pone delle domande che hanno origine nel dubbio, non è realmente interessato a conoscere le risposte. Per carità, è meglio non permettere che questi individui ti facciano queste domande perché in realtà vogliono solamente dirti "no", vogliono dissentire, vogliono dimostrare che ti sbagli. Loro non ti molleranno fino a quando anche tu svilupperai dei dubbi (Risate). Questo è quello che si chiama una "cattiva compagnia". Una cattiva compagnia non è necessariamente composta di fumatori o bevitori; coloro che scuotono la tua fede, che ti portano a dubitare sono una cattiva compagnia. Per questo, miei cari amici, una domanda spirituale nata dal dubbio vi farà diventare indecisi. E’ un suicidio, genera solo
confusione. Al contrario, una domanda che ha origine dalla fede, nella spiritualità, non può che rafforzare e approfondire la nostra fede in modo che
possiamo ergerci come delle rocce, incrollabili. Questo è il motivo per il quale Arjuna poneva delle domande: fugare ogni dubbio. Come risultato, incrementava la sua fede. Lui poneva delle domande perché la sua fede potesse fare un passo avanti e per rafforzare in essa la fiducia. La fiducia deve essere in grandi dosi per essere forte come, ad esempio, 500 mg; una dose di 25 mg è meno potente. I dubbi diminuiscono la potenza mentre la fede la fa aumentare. La fiducia è la più grande potenza.
Quindi, cari amici , una domanda che ha origine nella fede farà crescere in noi la fiducia che diverrà incrollabile, saremo più decisi. Non dobbiamo mai cullare i dubbi ed in conseguenza porci delle domande; dobbiamo prima sviluppare la fede e dopo formulare le domande. Quando parliamo con la gente dobbiamo essere vigili su questo. Con quali intenzioni lui mi sta ponendo queste domande? Qual è lo scopo dietro di esse? Mi sta semplicemente ponendo delle domande per sondare la mia conoscenza? Mi sta facendo una domanda perché io risponda affermativamente o semplicemente perché apprezzi la qualità della sua domanda? Mi sta facendo una domanda solo per negare qualsiasi cosa io dica? Ne sta preparando un'altra prima ancora che io abbia risposto alla prima? La gente va sempre di fretta, pensa domande su domande e non ascolta mai. Questa è la via del mondo. Quindi, amici miei, nel mondo noi corriamo sempre il rischio, il pericolo di perdere sicurezza; questo rischio esiste a tutti i livelli.
Ogni paese vuol essere il più grande e quando diviene insicuro inventa le bombe; bombe nucleari, all'azoto, all’idrogeno, per distruggere tutto il mondo, includendo se stesso. Questo processo di inventare bombe micidiali, esplosivi per lo sterminio, per far diventare questo mondo un mondo estinto, è solo violenza che nasce dall’insicurezza. La sensazione di superiorità nasce da un complesso di inferiorità. Dobbiamo comprendere bene questa affermazione: quando qualcuno si sente inferiore, deve dimostrare di essere superiore. Tutte le scoperte scientifiche, in special modo le armi nucleari, nascono dalla insicurezza e dalla paura. La vie del mondo sono basate sulla paura; la Via di Dio non lo è.

IL PARADISO E L’INFERNO SONO QUI

L’ignoranza di dimensione Imalayana si trova in molti di noi. Non voglio andare all’inferno e quindi adoro Dio. Come fai a sapere che l’inferno è un posto brutto? Come fai a sapere che il cielo è un bel posto?
Nessuno è mai tornato dal cielo a dire "Così stanno le cose sig. Anil Kumar; dai vieni anche tu" (Risate) Nessuno ha mai detto che l’inferno è orribile e terribile, nessuno che ci sia stato me lo ha mai detto! Nelle scritture Indù la descrizione di swarga, o cielo, e di naraka,o inferno, sono solo simboliche; sono state create per far sì che un uomo comune, un profano, un uomo ingenuo, non commetta cattive azioni. Se io ti dico "Andrai all’inferno se rubi" tu risponderai "Molto bene, non ruberò". Per far in modo che l’uomo sia buono e compia azioni meritorie, il cielo e l’inferno sono stati descritti nelle scritture ma sono puramente immaginari. Non c’è bisogno di andare in paradiso o all’inferno dopo la morte: essi sono entrambi qui dove siamo ora. Quando vengo insultato è
come se fossi all’inferno, quando vengo elogiato è come se fossi in cielo. Quando sono in pace con me stesso questo mondo è il paradiso; se vengo biasimato, allora questo è l’inferno. Quindi, cielo e inferno sono qui! A volte veniamo perfino scoperti prima ancora di compiere una cattiva azione e cominciamo subito a soffrire. Quindi, cari amici, paradiso ed inferno sono puramente immaginari; essi sono qui adesso. In questo mondo sperimentiamo sia il successo che il fallimento che sono delle realtà terrene. Successo e fallimento sono le realtà della vita, come i profitti e le perdite. Da un punto di vista spirituale, però, il successo e il fallimento non devono essere percepiti né concepiti. Nella spiritualità, non ci sono profitti né perdite perché la consapevolezza interiore non deve essere analizzata o giudicata ma solo sperimentata.
Qualcuno stamani ha posto una domanda molto interessante: "Sig. Anil Kumar, è giusto essere attaccati a Baba invece che al mondo terreno?" Io gli ho risposto: "Amico mio, dammi solo cinque minuti; non avere fretta, non posso semplicemente scegliere una risposta e dire che sia quella giusta, la vita non è un quiz con risposte a scelta multipla (Risate). Tu ami la tua famiglia e quindi sei attaccato ad essa; sei legato al tuo paese perché ami la tua gente, le tue tradizioni, la tua cultura. Bene, questo è il primo stadio.

Il secondo stadio è centrato nell’amore. La base del legame adesso si sposta su Dio. Anche questo però è attaccamento! Alcuni potranno dire:
"Sono legato ad Allah e distruggerò tutti coloro che non sono legati a Lui". Anche tra i Protestanti ed i Cattolici c’è una lotta costante, ci sono lotte continue anche tra i Sciiti e Sanniti nella stessa fede Islamica, ci sono diversità di opinioni tra i Mahayana e Hinayana nell'ambito del Buddismo. Divergenze e differenze! Bene, questo non è quello che ci si aspetta qui. Quello che ci aspettiamo qui è unità, unicità.
Questa è la realtà della vita. Nel mondo siamo divisi, in Dio siamo uno.
Quindi, amici miei, siamo carenti nello sperimentare il Divino dentro di noi perché i traguardi ai quali miriamo ed i metodi necessari per raggiungerli sono completamente diversi da quelli che normalmente adoperiamo nel mondo. A questo punto la situazione impone una totale trasformazione. A quel signore ho detto, in risposta alla sua domanda, che all'inizio uno è legato alla propria famiglia, alla propria comunità. Nella seconda fase, quell'attaccamento si è spostato verso Dio. Questo è il motivo per cui la gente dice " Io mi rattristo quando lascio Puttaparti".
Ha, capisco, sei legato a Prashabnti Nilayam ed è per questo che piangi quando lasci questo posto.

ANCHE L’ATTACCAMENTO AL NOME E ALLA FORMA PROVOCA DOLORE

"Signore, stamani ho perso il darshan!" e lo dice rattristato. Sei attaccato al nome e alla forma. Non sto dicendo che questo sia sbagliato.
No! No! No! No! Questo fa parte del percorso, del processo evolutivo, della nostra trasformazione e della nostra crescita, non sto accusando alcuno. Tutte queste cose sono necessarie. In questo momento siamo attaccati a Dio, intendo al Suo nome, alla Sua forma. L’attaccamento al nome e alla forma sono ugualmente dolorosi perché non possiamo essere vicini alla forma ventiquattro ore al giorno. Dopo il Darshan, lui se ne andrà e noi piangeremo; durante i bhajan Lui si sederà davanti a noi e noi sorrideremo dopodiché Lui se ne andrà e noi piangeremo nuovamente.
Durante il Darshan della sera lui verrà e noi gioiremo, poi andrà via di nuovo e noi soffriremo ancora (Risate). Quindi anche questo attaccamento alla forma ed al nome è doloroso.

Prima fase: l’attaccamento al mondo è doloroso. Non occorre che spieghi o elabori questo concetto perché tutti noi sperimentiamo questo tipo di dolore. La cosa importante è che quel dolore, provocato dai nostri attaccamenti alle cose del mondo, ci ha portato qui e quindi ha contribuito alla nostra crescita, ci è stato di aiuto. Il dolore provocato dalle cose del mondo non è negativo, ha prodotto risultati positivi per il solo fatto che ci ha riportato verso Dio.

Adesso mi trovo nella seconda fase: ho capito che non esiste felicità duratura nelle cose di questo mondo. Ho già sofferto a sufficienza e ne sono uscito. In fondo, il dolore mi ha portato verso il piacere, le perdite mi hanno anche dato un beneficio. La cosiddetta negatività si è trasformata in positività (Risate) ma ricordate che anche l’attaccamento al nome e alla forma è doloroso semplicemente perché non li puoi avere sempre.

Infine arriva la terza fase: Dio diviene senza forma e senza nome.
"Senza forma" e "senza nome" sono lo stadio finale. Cosa significa questo?
Tommaso, Diego e Enrico? X, Y e Z? Senza nome significa che ogni nome è Suo, Egli non ha un nome specifico o particolare. Quando tutti i nomi sono Suoi allora si dice che Lui è senza nome. Non è l’assenza di un nome che significa che Dio è senza nome: quando non possiamo dire che questo è il Suo nome in particolare, allora diciamo che Egli è senza nome.
Quando pensiamo alla forma di Baba, pensiamo alla Sua tunica arancione, ad una aureola di capelli, alle Sue mani gentili che si muovono in ogni direzione tenendo un fazzoletto, sfoggiando un bellissimo e attraente sorriso, ci attacchiamo alla Sua forma. Non c’è niente di male in questo ma, di nuovo, questo procura dolore semplicemente perché non possiamo avere la Sua forma davanti a noi tutto il tempo. L’assenza della forma ci porta verso livelli più elevati. Cosa intendo con assenza della forma? L’assenza della forma è la vera comprensione del fatto che tutte le forme sono Sue, che non posso limitarLo a una sola forma. Tutte le forme sono Sue, tutte le manifestazioni sono Sue. Questo significa assenza di forma e questo rappresenta l’ultimo stadio. Qualcuno ha chiesto:
"Signore, c’è qualcosa di sbagliato ad essere legati a Dio?" Io ho risposto:
"Affermare di essere legati a Dio significa che il vostro io è ancora presente." Se dico "Io sono legato a Dio" io sono ancora qui; equivale a dire che lo zucchero non si è ancora sciolto completamente nell’acqua.
Se lo zucchero rimane zucchero e l’acqua rimane acqua, come puoi pensare di esser felice? Come puoi pensare che l’acqua diventi dolce? Lo zucchero si deve completamente sciogliere; mescola bene con l’aiuto di un cucchiaio, mescola fino a quando tutto lo zucchero si sarà sciolto. Solo allora l’acqua diventerà dolce. Il processo di mescolamento si chiama ricercare o sadhana. Il contenitore è il corpo, l’acqua è l’individualità e lo zucchero è la realtà cosmica. La realtà cosmica (lo zucchero) e l’acqua (l’individualità) mescolati insieme con il cucchiaio (sadhana) in un contenitore di vita umana: questo e la realtà, questo è
spiritualità. Quindi amici miei, lo scontento crescente e la nostra continua
insoddisfazione esistono perché non abbiamo ancora disciolto il nostro io
completamente nella realtà cosmica. Stamani ho passato un po' di tempo con delle persone mature, con persone di giudizio. Io non voglio mescolarmi con persone competitive ed evito la loro compagnia. Io prediligo le persone che mi considerano un amico e che io considero amiche, persone di buon senso.

DOBBIAMO ESSERE FELICI

Qualcuno mi ha domandato: "Perché c’è gente così seria?" Si, è una buona domanda. Ci chiediamo: "Perché si pensa che la religione sia basata sulla serietà?" Religione non vuol dire essere seri; la serietà è una malattia. Essendo Dio felicità, essendo il Creatore felicità, se Egli è pieno di felicità perché la Sua creazione dovrebbe esser sofferenza?
Questo è un paradosso! Qualsiasi decorazione fatta in oro deve essere dorata, non vi pare? Se ho dell’oro e fabbrico degli orecchini saranno dorati anch’essi. Quindi, se il Creatore è felicità, anche la Sua creazione deve essere felice. Ma allora perché siamo così seri? Siamo così perché abbiamo perso il contatto con il fascino della vita, con la sua bellezza con il suo carisma. Una banconota procura gioia ad un povero ed è solo un pezzo di carta! Noi dimentichiamo di godere della bellezza del soffio del vento, dimentichiamo di gioire quando vediamo un arcobaleno o il palpitare delle ali di una farfalla, scordiamo di godere quando veniamo sfiorati dalle foglie o osserviamo lo sbocciare dei fiori. Noi perdiamo il carisma della vita, perdiamo la bellezza della Natura e quindi
viviamo in sofferenza. Quando ci avviciniamo alla natura e diventiamo naturali siamo anche pieni di gioia ma, in realtà, noi non siamo vicini alla natura. Amare il denaro, la carriera, il potere, è innaturale.
Amare tutti è naturale, essere uno con tutti è naturale, sorridere è naturale, essere capaci di comunicare con tutti è naturale. Quando diventiamo innaturali ci tagliamo fuori dalle bellezze e dalla gioia della natura.
Quindi, amici miei, la creazione è veramente affascinante. La creazione del Creatore è molto più bella quando la vediamo dal punto di vista del Creatore; una volta che comprendiamo che la creazione è il riflesso del Creatore, allora giustamente vediamo che la creazione è bella quanto il Creatore stesso. Quindi, la forma e il nome di Bhagavan Baba, i discorsi di Bhagavan Baba, il tipo di vita di Prashanti, la nostra conoscenza delle scritture, le nostre pratiche spirituali, dovrebbero aiutarci a godere la vita, ad essere felici, a sorridere e ballare e cantare, non a piangere e far piangere gli altri. La felicità è vita, la felicità è
Dio. La gioia è divina. Dobbiamo comprendere tutto questo. Quindi, amici miei, che Bhagavan ci aiuti ad interiorizzarci seguendo il cammino della ricerca, a sperimentare l’assenza del nome e della forma, a trovare la Divinità che è il Sé dentro di noi. Questo Sé è lo stesso Sé Cosmico che è presente in tutti; è eterno, immortale, immacolato ed incontaminato. Questo dovrebbe essere il traguardo della spiritualità.

Che Bhagavan benedica ognuno di voi! Grazie a tutti. (Applausi).