Satsang

La missione di Dio

20 giugno 2004

DIO E' UN VIAGGIO
La silenziosa missione di Dio

Cari fratelli e sorelle,
a causa del programma di questa mattina penso che alcuni dei nostri fratelli e sorelle siano in ritardo per validi motivi. Possiamo capirli ma non ho motivo di farvi aspettare ancora più a lungo. Il programma è stato organizzato dagli studenti dell'orfanotrofio fondato da Bhagavan i quali lo hanno preparato rappresentato. Circa sessanta orfani sono stati adottati da Bhagavan e Swami ha costruito per loro una scuola. Hanno il loro ostello, le loro stanze, insegnanti, cure mediche e viene prestata loro ogni attenzione.
Proprio nel tempo record di due anni, un primo gruppo di studenti si presentò agli esami di sesta; io avevo copia dei fogli delle votazioni. Cinque di loro ottennero oltre 80 ed uno arrivò fino a 92.
Questa è la natura del Bhagavan: io ero là mentre selezionavano i bambini dei vari villaggi. Erano tutti orfani, affidati ad un monaco o abbandonati per strada. Ai componenti dell'ufficio fiscale fu richiesto di cercarli, fare una lista e sottoporla a Swami che fece fare poi una verifica alla polizia e mandò un gruppo di insegnanti per visitarli tutti. Così ci furono tre livelli di controllo ed ora
possiamo essere sicuri che si tratta veramente di poveri orfani affidati ad un monaco. Da una simile categoria Egli ne fece dei bambini di successo, tanto da assicurare loro oltre 80 ed uno anche oltre 90, recitare versi sacri e organizzare uno spettacolo di fronte a noi. Non è una cosa di tutti i giorni, una cosa ordinaria, no. Anche le scuole più rigorose trovano difficoltà a tenere
rappresentazioni di quel livello. La missione di Swami è molto silenziosa; io mi vergogno di dire che non avevo visto quel centro fino ad oggi nonostante sia stato qui tutto questo tempo. Non sono mai andato là. La rivoluzione spirituale di Swami è sempre silenziosa, senza nessuna pubblicità, nessuna propaganda. Quelli di noi che sono qui, anche da molto tempo, non sono a conoscenza di cose che accadono da qualche altra parte. Ecco cos'è la divinità. L'uomo crede nella pubblicità, Dio ha fiducia nella semplicità. L'uomo considera veramente essenziale la propaganda, Dio la considera come un dovere per aiutare i Suoi bambini e non si aspetta, comunque, ringraziamenti da nessuno. L'uomo vuole riconoscimenti, Dio aspetta trasformazioni. L'uomo pretende il comando, ma Dio pretende che voi lo seguiate, seguiate il Suo esempio. Tutti i Suoi progetti, i Suoi programmi vanno avanti silenziosamente in questi ultimi venti anni.
Molta, molta gente in tutto il mondo desidera cominciare programmi simili.

Grande opportunità
In Africa, molto ben conosciuta per la sua povertà, c'è un programma impegnativo. Il programma 'Educare' sta prendendo piede, è un argomento di rivelazione quasi incredibile. Bambini straccioni, che non possono permettersi neppure un pasto completo al giorno, sono portati in un'atmosfera ideale ed è concesso loro, a titolo completamente gratuito, un alto livello di educazione, là in Africa.
Come quella gente sia ispirata è motivo di discussione per i non devoti, ma è una piacevole sorpresa per il devoto, perché come tale uno accetta la realtà, non ha mai dubbi, non contesta mai. Noi partecipiamo a questo programma Divino, siamo i testimoni viventi di quanto sta accadendo oggi, e questa non è una piccola cosa poiché questi fatti, che vengono registrati, saranno esaminati dalle generazioni future e diventeranno storia. Oggi noi vediamo quanto sta
accadendo proprio con i nostri occhi e tentiamo di immedesimarci in modo da contribuire, per la nostra parte, alla missione Divina.
Questa è una grande opportunità data a ciascuno di noi. Infatti Bhagavan disse: "Io posso fare tutto da solo, non ho bisogno dell'aiuto di nessuno, ma per il vostro nome, per la vostra fama, per la vostra redenzione, per la vostra salvezza, vi sto dando l'opportunità di partecipare alla Mia Divina Missione. Quindi, amici miei, godiamoci ogni minuto della nostra permanenza qui, assaporiamo ogni episodio che viviamo, tutto ciò che accade qui di fronte a
Swami.

Qualità di una persona spirituale
Come devoti, noi sperimentiamo a volte una crescita o una trasformazione che siamo portati a mettere in dubbio. Alcuni dicono: "Signore, è vero tutto questo? Potresti per piacere interpretare per me l'esperienza che ho avuto? Che cosa significa?"
Noi mettiamo in dubbio la nostra stessa esperienza perché manchiamo di convinzione. Una persona viene e dice: "Sento di essere diventato calmo e tranquillo dopo essere venuto da Swami. E' un progresso spirituale? Indica qualcosa di buono? Io mi sento veramente calmo e tranquillo. Una volta, prima di venire da Swami, ero conosciuto per la mia rabbia, per la mia collera, ero conosciuto per la mia vendetta. Io ero conosciuto per tutto questo ma, dopo essere venuto da Swami, sono calmo e disponibile. Cosa significa?" Questa domanda è stata posta da un devoto veramente sincero. Io gli rispondo: "Essendo in collera, tu puoi essere soggetto a tensioni, preoccupazioni e ciò
porta qualche volta alla violenza; così danneggerai te stesso e gli altri. Rimanendo calmo e tranquillo, anche se non progredirai nella spiritualità, sarai almeno libero dal pericolo di essere pieno di rabbia. Se sei in collera, c'è una minaccia, un pericolo; se sei calmo e tranquillo, sei libero da tutte queste tensioni ed ansietà."
Cosa significa un uomo calmo e tranquillo? Questa è un'attitudine di un uomo spirituale. Agitazione, inquietudine, mente preoccupata, non sono qualità di un uomo spirituale, in nessun modo; un uomo spirituale rimane sempre calmo e sereno.Potete dirgli qualsiasi cosa:
rimane imperturbabile.

Scopo dell'adorazione
Quando qualcuno chiese "Baba, sei Dio o sei un impostore?", Egli rispose "Io sono Dio e anche tu lo sei"; non fu infastidito da quella sciocca domanda. Egli dice inoltre: "Se mi dite che sono calvo, io non sono arrabbiato con voi perché non sono calvo. Non sono calvo.
Se dite che ho una zazzera di capelli sulla testa perché dovrei essere arrabbiato con voi? Io ho una quantità di capelli; non ne sono infastidito. Se voi mi lodate, bene, non penso che sarò molto estasiato, no, perché voi state lodando per vostra soddisfazione. Voi state lodando per poter imparare queste grandi qualità; questa è vera adorazione. Purtroppo l'adorazione è scesa a livello di rituale.
Trovare fiori al mercato, comprarli, metterli sotto la fotografia:
questa è l'adorazione. Io non la condanno, è un rituale, ma l'adorazione è qualcosa di più; la vera adorazione è l'emulazione delle qualità Divine. Quando io dico "Baba, Tu sei Dio di misericordia" vuol dire che devo essere misericordioso; "O Bhagavan, Tu sei l'Uno con totale compassione" significa che devo essere compassionevole. Tutte le qualità che attribuiamo a Dio, tutte le nobili qualità che cantiamo nelle nostre lodi a Dio come atto di adorazione, sono semplicemente destinate ad essere copiate, ad essere emulate. Questo è lo scopo dell'adorazione.

Ogni momento è una possibilità di miglioramento
Se però ciò è fatto in un orario prestabilito, programmato, se è meccanico, noi eliminiamo il vero scopo dell'adorazione. Ecco perché le persone che sono legate ai rituali, che adorano regolarmente, meticolosamente, sono note per non aver modificato la loro vita.
Rimangono le stesse perché alle 5 c'è meditazione, alle 7 adorazione, alle 9 bhajan S Diventa un'abitudine meccanica ma la vita non è abitudine, non è meccanica, la vita non è un programma. Ogni momento è eccitante, ogni momento ha una possibilità di miglioramento, ha un'occasione di avanzamento. Dobbiamo trovare qualcosa di nuovo in ogni momento. Niente dovrebbe essere preso per garantito. Consideriamo ciò che è accaduto stamattina: ci saremmo
aspettati di stare là così a lungo? Ci aspettavamo che ci fosse uno spettacolo? Che il programma durasse tanto? Che Swami venisse più o meno alle otto e un quarto e il programma durasse così a lungo? Cosa è accaduto alla gente che pensa che il darshan sia tra le 7.15 e le 7.30 quando Swami arriva alle 8.20? Chi sono io per dare a Lui un orario? Chi sono io per stabilire il Suo arrivo e il Suo allontanamento? Per quanto concerne Bhagavan, niente dovrebbe essere
preso per garantito Questa è spiritualità.

La persona spirituale è calma e tranquilla
Con il satsang di questa mattina, il primo e più importante punto su cui voglio portare la vostra attenzione è questo: che un uomo spirituale è sempre calmo e tranquillo. "No Signore, io vedo che alcune persone alzano la voce qui, non sono certamente spirituali.
Vedo alcuni che sono rozzi e duri. Sono spirituali?" No, secondo nessun modello. Bisogna essere quieti, calmi e tranquilli; questo è il primo inizio di spiritualità, il primo passo. Qui sta la bellezza.
Il problema è quindi "come poter essere calmi e tranquilli?" ed è il prossimo quesito. Per rispondere, dimmi perché non lo sono. Non lo sono a causa della mia indifferenza, a causa del mio egoismo, a causa del mio ego. Quando si comprende perché non siamo tranquilli, può essere molto facile diventarlo un giorno o l'altro, liberandoci da queste cattive qualità. Quindi un uomo rude, duro, aspro è egoista, non spirituale, irreligioso. Se costui è in una certa posizione o è una qualsiasi autorità, come pietra di paragone, dovrebbe essere
calmo e tranquillo. Perché non sono calmo? Non lo sono perché la mia mente non è positiva e la mente che non è positiva non è mai calma, come quella che è ripiegata su sé stessa, sovraccaricata, fisica, mondana. Pertanto, se sono capace di volgermi in me stesso facendo un bilancio tra il mondo e la mia religione e rimanere tranquillo, posso rendere la mia mente calma. Posso essere calmo e imparare a perdonare gli altri, ed imparare cos'è la simpatia. Possiamo essere calmi se siamo comprensivi verso gli altri, se siamo gentili verso di loro, se non siamo egoisti e ci impediamo di agire secondo la mente. Valutiamo ciò che ci permette di restare tranquilli. La quintessenza, la parola d'ordine per essere calmi e tranquilli è questa: coltivare Amore. Un uomo pieno d'Amore è sempre calmo e tranquillo. Questo aggiunge bellezza alla nostra vita. Se sono calmo e tranquillo dovrei sapere che sono all'ingresso del tempio, sono ai
piedi di Dio, sono ai piedi della Divinità. Questo è il primo punto su cui ho voluto portare la vostra attenzione.

Non dubitare mai della tua esperienza
Il secondo punto è questo: noi cominciamo a dubitare che la nostra esperienza sia vera. Spesso, viene da me qualche mio amico:
"Signore, è accaduto questo; come devo considerarlo? Questo è ciò che è accaduto in sogno; come devo interpretarlo? Questo è ciò che Swami mi ha detto; cosa significa?" Queste sono le domande che molti dei miei studenti e amici mi pongono e penso che sia capitato anche a voi. La gente viene e chiede: "Cosa significa?" Cari amici, lasciatemi dare un'unica risposta a tutte queste domande, lasciatemi dire a tutti: "Non dubitate, non dubitate mai della vostra esperienza qualunque essa sia." Quando dubitate della vostra esperienza, è segno che si tratta di immaginazione. Ogni esperienza della quale avete dubitato è immaginazione. Semplice esempio: "Swami mi ha detto
di farlo". "Come sai che te lo ha detto?" "In qualche maniera ho sentito che mi parlava interiormente". "Capisco, molto bene". E' vero? Tu hai posto questa domanda: "Sento che Swami mi ha mandato questo messaggio; sento che Swami mi ha dato questo indirizzo. E' vero?" Il mio amico gli dice subito: "Se fai questa domanda 'E vero?' significa che è immaginazione". Qualunque cosa venga dubitata è isteria o immaginazione. Se la vostra esperienza è genuina e
personale, non la metterete mai in dubbio. Non c'è nessun motivo per chiedere aiuto. Possiamo dubitare di Dio, ma mai dell'Amore. Non ho ragione? Potete mettere in dubbio Dio, ma non metterete mai in dubbio l'Amore. Semplice esempio: mia madre mi ama, ne dubitate? Io amo mia madre, ne dubitate? Egli è Dio ma qui io ne dubito. Questo è il motivo per cui Bhagavan spesso parla di Amore. Non dubitate dell'Amore e che l'Amore è Dio. Dio è Amore, vive nell'Amore e l'Amore non è mai messo in dubbio perché è scaturito dalla fontana
dell'esperienza personale. Esso nasce dalla vostra propria esperienza per cui non ne dubitate mai. Bene. Come essere senza dubbi? Questa è la prossima domanda.

Il 'Satsang' è una condizione di conoscenza
Amici, queste sono cose tratte dagli scritti di Sai ed io sto tentando di porle nella forma più interessante possibile, come domande e risposte, perché, se questo vien letto come un lungo articolo, penso che non possa raggiungere la vostra testa in maniera diretta. Certi libri come Vijaya Sutra Vahiini, Jnyana Vahini, Upanishad Vahini, sono molto difficili ed, in qualche maniera, dobbiamo addolcirli in modo da capirne i contenuti. Come? E' con questo intento che ho scelto alcuni punti da portare alla vostra comprensione, ecco tutto, non con l'idea che voi non li conosciate, no. Amici, ripeto ancora una volta, non parlo di quello che non sapete, no. Noi stiamo condividendo tutto quello che sappiamo, stiamo scambiando le nostre vedute su Swami. Questo è il Satsang. Questo è
tutto. Satsang non è un flusso di conoscenza da una parte all'altra; ciò capita in un istituto o in un'università dove un uomo siede in cattedra e va avanti insegnando quello che sa a persone che non lo sanno. Quello non è Satsang, questo è Satsang. Perché? Qui tutti noi sappiamo e stiamo solo ricordando e condividendo. Stiamo condividendo quello che tutti sappiamo. Questo è lo scopo del Satsang. Questo è quello che è in realtà il Satsang.

Come essere senza dubbi
Come essere senza dubbi? Ecco la risposta: quando la sete di verità sarà totale non ci saranno dubbi in maniera assoluta. Noi abbiamo ancora dubbi perché non c'è sete totale di verità. Veniamo qui con nozioni preconcette, con la convinzione di poterci controllare, non c'è abbandono. Con lo spirito della resa, dell'apertura, pronti ad accettare, con piena sete e fame di Dio, qualsiasi esperienza scaturisce non comporta dubbio. Non dubiteremo mai della nostra
esperienza in quel momento. Ecco perché Bhagavan Baba ha detto: "Il
desiderio deve essere molto genuino, profondo come quello del vitellino che corre verso la madre. Il vitello, vedendo la madre, corre saltellando per esserle vicino, comincia a leccarle il collo perché questo è amore, ardente desiderio." Bhagavan dice sempre che questo desiderio, l'attaccamento a Dio, deve essere così profondo e totale da far nascere un'esperienza che ci porterà ad uno stato di mancanza di dubbio. Ma quando non è così, tutte le cose che otteniamo sono soggette a dubbio.

Bhajan deve andare verso l'eternità con te
Punto terzo. Noi partecipiamo ai bhajan, cantiamo, gioiamo, ascoltiamo i discorsi di Bhagavan, siamo felici di parlare con altri devoti, siamo molto contenti di conoscere le esperienze di nostri amici e parenti ma è richiesto un ulteriore passo avanti. Tutto ciò che cantate, tutto ciò per cui siete felici, dovrebbe continuare perché non sia uno stato temporaneo della mente. Io canto, sì, durante i bhajan, canto, OK, ma bisognerebbe cantare dentro di sé
sempre ed ovunque. I bhajan dovrebbero essere una linea che conduce
all'eternità interiore. Sì. Se i bhajan mi portano all'eternità interiore, io posso rimanere calmo, tranquillo, pieno di pace e di beatitudine ma noi non facciamo così, perché il tempo dedicato ai bhajan è dalle 6 alle 7, quello dedicato ai bhojan (esperienze pratiche) è dalle 8 alle 10. Quando ci sentiamo interiorizzati, tutta la gioia esteriore, tutta l'allegria, danza, estasi, musica,
costituiscono continuamente dentro di noi una reale disciplina spirituale, una reale pratica spirituale. La vera pratica spirituale è quella di cantare dentro di sé continuamente ed ovunque: questo è lo scopo a cui è destinato il programma esterno.

Akhanda bhajan
Una volta venne qualcuno da Swami e gli disse: "Swami, abbiamo cantato i bhajan per 24 ore." Loro pensavano che Swami li avrebbe lodati e portati alle stelle ma Egli chiese: "Cosa avete fatto dopo, più tardi? Avete cantato bhajan per 24 ore e dopo cosa avete fatto?
Basta? Aspettate l'anno prossimo per cantare bhajan altre 24 ore?".
Non è così e Bhagavan lo dice anche nei discorsi: " Akhanda bhajan"
significa un continuo infinito e incessante. Per il cosiddetto Akhanda bhajan noi cominciamo alle 6 della sera e terminiamo alle 6 del mattino secondo l'ora di Bangalore o il giorno successivo secondo l'ora di Puttaparthi. In uno dei discorsi alla conclusione dell'Akhanda bhajan, Baba disse: "Se iniziate in un dato momento, come potete chiamarlo akhanda? Akhanda significa infinito, continuo.
Quando lo iniziate è khanda, finito, limitato, frammentato." Quindi noi facciamo khanda bhajan; khanda, cioè frammentato, un pezzo, programmato, limitato nel tempo e lo chiamiamo akhanda bhajan, infinito. Ora arriva la domanda: "Va bene, dovrò cantare bhajan per tutta la vita? Come farò a guadagnarmi da vivere?" Non è questo, amici miei. Ci sono bhajan che continuano silenziosamente dentro di noi. Il silenzio è più potente, più potente del suono. Il suono è provocato da una specie di sollevamento di gas da un cilindro, questo
è tutto. Non c'è profondità nella parola; nella comunicazione verbale non c'è profondità. C'è invece un'incommensurabile profondità nel silenzio. Questo è il motivo per cui tutti i saggi, tutti i santi, tutti gli aspiranti, tutti gli avatar, raccomandano il silenzio a tutti i seguaci, a tutti i devoti. Il silenzio. Baba ha detto che soltanto nella profondità del silenzio potrete udire la voce di Dio

Il silenzio è il suono di Dio
Se leggete approfonditamente la letteratura di Ramana Maharishi, il saggio di Arunachala, vi trovate cose meravigliose. Il silenzio, al di là del silenzio. Il silenzio dell'Himalaya se calcolato in termini di altezza; il silenzio della profondità dell'oceano se calcolato in termini di profondità. Quell'infinito silenzio è più potente di ogni parola, di ogni espressione, ogni linguaggio, ogni suono. Perché? E' silenzio interiore dal quale è nata la mente. La mente è il prodotto
di quel silenzio; essa dà origine al pensiero ed una serie di pensieri intrecciati costituiscono il jagat o creazione. L'intera creazione, il mondo, non è altro che un fascio di pensieri e la parola, o espressione, viene fuori da questi pensieri. Quando io dico che la mia parola è così potente, come dovrò considerare quel
silenzio che è la sua base, il vero fondamento dell'espressione?
Questa è la ragione per cui Ramana Maharishi dice: "Il silenzio è più importante della parola, il silenzio è più importante dell'espressione perché è il linguaggio di Dio. Il silenzio è la parola di Dio, è il suono di Dio." Questo silenzio interiore ci
aiuterà a ritrarre la nostra mente, a ritirarla pian piano. Il saggio di Arunachala, Ramana Maharishi, tratta ancora il silenzio, la profondità del silenzio, il significato del silenzio, il fascino e l'attrattiva del silenzio, l'influenza e la filosofia del silenzio.
Nonostante io pensi che nessuno abbia parlato del silenzio quanto lui, quando sarà il momento, tratteremo ancora l'argomento. Quindi, il silenzio è la base, il seme che fa germogliare la mente ed, oltre alla mente, fa germogliare il pensiero; questo conduce all'espressione o parola, verbale o vocale. Perciò quella parola è meno potente se paragonata al silenzio.

Il silenzio aiuta nella valutazione di sé stessi
Bhagavan vuole assolutamente che tutti i giorni si rimanga in silenzio per un certo tempo; è stato prescritto anche ai bambini dei balvikas perché il silenzio ci aiuta ad esaminare noi stessi, è un auto esame ma noi siamo occupati ad esaminare gli altri. Il silenzio mi aiuta a valutare me stesso ma io preferisco valutare gli altri. Il silenzio è una guida per giudicare me stesso ma io sono occupato a giudicare gli altri. Dunque questo silenzio è necessario proprio come
un termometro è necessario per conoscere la temperatura. Il silenzio mostrerà la temperatura dei propri progressi in campo spirituale. C'è un grande santo, dal nome Ekanath, un grande santo del Nord dell'India che va un gradino oltre: "Se tu stai per parlare, se stai per aprire la bocca, se stai per esprimerti con parole, figlio mio, parla di Dio e della spiritualità oppure stai zitto." Non dovreste parlare di nient'altro che di Dio e di spiritualità, dice Ekanath.
Per inculcare questa asserzione, Ekanath prosegue dicendo: "Tutti i pensieri sono sudiciume, immondizia, sono abietti; se vuoi proprio parlare parla di Dio e di disciplina spirituale." Molti di noi, che hanno scelto di vivere qui con il desiderio di migliorare sé stessi, seguono la lezione di Ekanath. Pensiamo a Swami, pensiamo alla nostra stessa sadhana, scambiamoci le nostre esperienze, incoraggiamoci gli uni con gli altri. Solo questo dovrebbe essere il centro e l'argomento dei nostri pensieri, nient'altro, perché dobbiamo
comprendere un fatto fondamentale: la gente sbaglia se pensa che venire qui sia il tutto e la fine di tutto. Alcuni dicono: "Sono a Puttaparthi, sì, cosa voglio di più?" Mi dispiace che ci sia tanta gente a Puttaparthi. La vostra permanenza qui non è tutto e la fine di tutto. Chiedo scusa, la nostra permanenza. Qualsiasi dichiarazione io faccia include me e comincia con me; io non sono diverso dagli
altri, sono meno di tutti voi, minore ed ultimo di tutti voi. Non ho false pretese, non ho un'autenticità extra né più autorità di qualsiasi altro, ne sono ben certo. Noi stiamo andando avanti tutti insieme, lungo lo stesso sentiero nel viaggio verso Dio, ecco tutto.
Siamo compagni di pellegrinaggio, stiamo camminando lungo il sentiero verso Dio, nient'altro.

Dio non è una meta ma il viaggio
In questo contesto, quindi, non crediamo mai che essere qui significhi che tutto è fatto, che non è richiesto altro. No. Se pensate che essere qui sia la meta della vita, siete in errore.
Perché? Dio non è una meta. Se pensate che Dio sia la meta, la vostra strada finisce qui. No. Dio non è una meta, è il viaggio. Questa è la ragione per cui andiamo avanti, avanti nel nostro viaggio e non ci fermiamo. Se Egli è una meta, io l'ho visto ieri: perché dovrei vederlo ancora oggi? Se Lui è una meta, la mia venuta a Puttaparthi è la meta della mia vita: va bene, posso dormire tranquillo nella mia stanza. Egli non è una meta. Dio è il viaggio e non una meta. L'Amore è l'inizio. Dovremmo cominciare il viaggio verso Dio con amore,
perché l'Amore è l'inizio e Dio è il viaggio. Dio non è una meta ma un pellegrinaggio. Dio è un pellegrinaggio e non una meta. Il pellegrinaggio è un'attività che ha luogo durante la nostra vita, non è stagionale, occasionale o accidentale. Perciò, amici miei, la nostra permanenza qui è un viaggio eterno e il requisito è che cominci con Amore. Si tratta di un viaggio continuo, eterno,
infinito, perché noi crediamo che Dio sia il viaggio. Dio è un pellegrinaggio e non la meta.

La spiritualità é un'eterna domanda
Questa è la ragione per cui Bhagavan ripete sempre una cosa: "Swami, lui è stato qui per vent'anni. Swami, lui ha visitato questo posto per parecchi anni". Ciò non ha fatto felice Dio. Egli dice: "Il conducente dell'autobus viene qui tutti i giorni. Ci sono diversi negozi là fuori; sono stati qui per parecchi anni. Lavoratori casuali, carpentieri, elettricisti, muratori: un certo numero di loro
è qui. Pensate che siano tutti anime liberate? Certamente no. Eppure sono qui. Non è la presenza fisica o il luogo: è l'atteggiamento nella vita". Questo atteggiamento è la reale ricerca spirituale. Come accade? Se il vostro atteggiamento è positivo, se il vostro comportamento è in sintonia con Dio, Dio verrà da voi, non dovete andare da Dio. Se Maometto non è pronto per andare alla montagna, la montagna andrà da Maometto. E' così. Se siete in sintonia con Dio non avete bisogno di andare da Lui, viene Lui da voi. Questo è ciò che accade oggi in tutto il mondo. In 160 nazioni ci sono devoti di Baba,
in 160 nazioni ci sono Centri Sathya Sai. Essi non sono tutti qui.
Ciascuno ha la propria esperienza da condividere, ciascuno ha la propria esaltazione da raccontare agli amici. Perché? Perché, se uno è a New York ma è qui mentalmente, anche se il suo corpo è a Sydney ma psicologicamente è qui, se sta lavorando in ufficio ma canta continuamente bhajan, questo lo fa stare qui a godere la benedizione Divina. La spiritualità è una continua ricerca. Non dovremmo mettere un punto fermo a nessuna tappa particolare perché ogni attività fisica ha una pausa ma l'attività spirituale è un processo senza
fine. Un grande filosofo la definisce un terreno impenetrabile, un viaggio senza fine. Siamo tutti in questa eterna ricerca che io voglio dividere con voi.

Spirito e filosofia dietro i bhajan
Va bene, se io devo procedere così, sempre, inesorabilmente, senza interruzione, cosa accade nel frattempo? Io vado avanti, avanti, sempre avanti, come un pellegrino, in questo pellegrinaggio della vita e della divinità. Cosa accade in questo processo? Un semplice esempio: quando cantate i bhajan a gola spiegata, avete osservato cosa vi accade in quel momento? Quando cantate i bhajan a piena gola, senza parlare con nessuno, senza grattarvi la schiena; quando cantate i bhajan in piena consapevolezza, avete mai osservato che cosa sta accadendo? Ciò che accade è questo: voi come individui non esistete, non esistete. "Perché dite così? Io sono là e sto cantando. Perché dite che non esisto?" Spiacente, se qualcuno vi osserva da lontano mentre battete le mani, mentre state cantando, se qualcuno vi
riprende fotograficamente e vi mostra poi il filmato Polaroid, voi iniziate a dubitare: "Ero io che cantavo così i bhajan? Era quella la mia faccia? Battevo le mani in quella maniera? Mi muovevo così, come un danzatore? Cosa mi accadeva, che accadeva alla mia testa?"
Accadeva che quell' "Io", quel "Me" erano completamente spariti, perché eravate immersi nei bhajan. Quando vi immergete nel nome di Dio, come individui sparite. Si verificano tre cose: primo, perché i bhajan sono molto importanti; secondo, perché amo la gente che canta i bhajan; terzo, perché Baba incoraggia i bhajan. Egli sta seduto là. Che si fa ancora? I bhajan di Swami. Nonostante il programma vada avanti da un'ora, Lui vuole ancora altri bhajan. Perché i bhajan rappresentano il più sicuro, il più semplice, il sentiero più garantito per arrivare alla divinità. Sì. Nello stesso modo, quando mettete le dita sul fuoco, siete sicuri di bruciarvi. C'è qualche dubbio su questo, in America o in Russia? "Nossignore, il fuoco russo non brucerà mai le dita". Oh, oh... non è fuoco. Ovunque, il fuoco vi 'dovrà' ustionare. Allo stesso modo, il fuoco del nome di Dio, il fuoco del Suo glorioso Nome, il fuoco dei bhajan, vi scioglierà.
"Sciogliermi? Perché dovrei sciogliermi?" Perché il mio cuore è una pietra, non è tenero e soffice come il burro. E' indifferente, è così egoista, così arrogante... Un cuore simile deve prima sciogliersi.
Questo è il motivo per cui, senza sapere perché, cominciano a scorrere lacrime sulla guance. Guarda. Alcuni cominciano a cantare i bhajan e cominciano a scorrere lacrime sulle loro guance. Guardali.
Essi guarderanno te. "Perché mi guardi? Tu canti i bhajan... perché mi guardi?" "Oh, perché stai piangendo? Mi dispiace". Gli altri non sanno perché; le lacrime cominciano a scorrere sulle guance senza che nessuno ne conosca il perché. Ti sciogli nei bhajan, come il ghiaccio che si scioglie, come lo zucchero che si è dissolto. Così, tu ti sciogli durante i bhajan. Ti immergi nel nome di Dio. Ti immergi.
Ecco perché alcune persone non si alzano appena i bhajan finiscono...
perché sono ancora nel mondo dei bhajan. Quelli che si alzano immediatamente, quelli che guardano l'orologio ad ogni momento per sapere quando andar viaS Che cosa sciocca! Come potete alzarvi immediatamente dopo i bhajan? Com'è possibile? Quando vi siete sciolti nei bhajan, siete immersi nel nome di Dio, e sparite.
Immergersi, sciogliersi, scomparire, queste sono le tre parole che dovremmo ricordare. Il cuore si immerge, l'ego si scioglie, voi svanite. Questi sono lo spirito, la filosofia e la profondità dietro i veri bhajan.

Differenza tra musica e spirito di un bhajan
Mentre cantiamo i bhajan, se io vengo a chiedervi come sto cantandoS Be', è meglio star lontani da compagni simili. Se qualcuno commenta che il secondo bhajan non è bello come il primo, significa che quel tizio è stupido, perché vuol dire che è lì presente con ancora tutto il suo ego; significa che non si è sciolto, non si è immerso ed il suo ego non è sparito; pertanto va avanti classificando i tipi di bhajan. Ogni volta che io chiedo a qualche studente su come stia cantando, lo sento esitante: "Signore, non ora". Io gli dico: "Questa
non è una competizione musicale, non stiamo facendo una gara musicale. Non mi aspetto che tu sia un sommo cantante, che tu sia al livello di un grande cantante". No. Bhajan significa spirito, non semplicemente forma. Lo spirito di un canto è bhajan, il semplice canto è musica. Il solo canto è musica, lo spirito del canto è bhajan. Questa è la differenza tra i due. Il canto, la musica sono
solo melodia, ritmo, tonalità, ma lo spirito del bhajan , lo spirito del canto, lo spirito del bhajan è quello di farti immergere, sciogliere e scomparire. Questo è quanto spiegato da Bhagavan Baba.
Dobbiamo essere consci di quanto abbiamo sottomano proprio ora. Un semplice esempio: se non sappiamo quanto sia preziosa questa opportunità, se io non ne sono convinto, se qualcuno mi fa una domanda mentre sto cantando, la mia emozione comincia ad ondeggiare, diventa di nessun valore. Non ha senso stare qui ancora più a lungo.
Essendo stati qui, essendo stati sul sentiero di Bhagavan noi dovremmo essere convinti, oltre ogni dubbio. Un semplice esempio: un gioielliere conosce il valore del diamante, conosce il valore dell'oro, mentre una persona illetterata, rozza, stupida, totalmente ignorante non ne conosce il valore. Tratta il diamante come una semplice pietra, mentre il gioielliere ne conosce il valore. Questa è la ragione per cui adoriamo Bhagavan. Coi bhajan cantiamo la Sua gloria in piena comprensione, con la piena consapevolezza del loro valore... non facciamone un semplice atto meccanico.

Osserva la tua mente
In questo contesto io posso ancora dividere con voi un'altra osservazione fatta da Bhagavan. "Osserva la tua mente" dice Bhagavan Baba. L'affermazione è comprensibile... ma è possibile? Come osservare la mia mente? Chi è l'osservatore? Chi è che osserva la mia mente? Questo è il dilemma. Queste cose richiedono profondo studio e indagine, non è una storia semplice. Si esigono introspezione, meditazione e contemplazione. Non è una semplice narrazione, un racconto o la descrizione di un documento. Osserva la tua mente.
Alcuni chiedono: "Swami, 'come' osservare? La mia mente dovrebbe osservare la mia mente?" Si dice che ci sono due metà: una metà della mente dovrebbe osservare l'altra metà o è l'altra metà che dovrebbe osservare la prima? Chi osserva chi? Chi è che osserva? Bhagavan dice: "C'è un osservatore, al di là della mente... Un osservatore. Il testimone è 'oltre' la mente." Non sappiamo se c'è qualcosa oltre la mente, perché noi pensiamo di essere la mente. Tutti si identificano con la mente. Questa è la ragione per cui noi siamo così egoisti.
Qualcuno viene e dice: "Tu sei un brav'uomo". "Oh, lo so. E' venuto a saperlo solo ora? Io sono buono da tanto tempo." Se qualcuno dice che hai torto, io ne sono molto infastidito. Tutto questo è a causa della mente. Io penso di essere la mente. Identificandomi con la mente, non sono capace di andare al di là della mente. C'è uno stato, una condizione oltre la mente. Quando arrivo in quello stato oltre la mente, posso essere certo di essere sul sentiero spirituale. Questo è quanto detto da Ramana Maharishi. Ramana Maharishi pone sempre
l'accento su questo. 'Andare oltre la mente'. Noi non siamo capaci di andare al di là del corpo. Uno dovrebbe andare al di là del corpo, al di là della mente... solo allora può raggiungere la condizione di testimone.

Scopo della meditazione
Il terzo punto è 'il testimone'. L'osservatore è chiamato 'testimone', così dice Baba. Egli dà una bellissima definizione.
Veramente tutti noi amiamo Swami perché, proprio come una legge scientifica, Lui dà con termini facili delle bellissime definizioni delle dottrine Vedantiche, della nomenclatura filosofica. Egli dà subito la più semplice definizione. Cos'è la meditazione? Baba dice:
"La vera meditazione è andare oltre la mente. Andare al di là della mente." Quindi se io dico: "In meditazione ho visto un bellissimo cigno, in meditazione ho visto così tanti colori, in meditazione ho ricevuto direttive", quella è solo immaginazione. Perché 'tu non sei là'. Se voi riportate quello che è accaduto, se andate avanti ripetendo quello che è successo, si tratta di una sopraffina
imposizione. E' la mente che ricorda, è la mente che è il computer.
E' la mente che riporta, ricorda, rievoca, registra, ma la vera meditazione è al di là della mente. Quando uno è al di là della mente non c'è nulla da ricordare, né da riportare. Quindi, per raggiungere il testimone, l'osservatore, la maggiore distanza tra la mente e l'osservatore la si può ottenere con la meditazione, che è il miglior mezzo. Lo scopo della meditazione è uno spazio sempre più ampio, una distanza tra la mente e l'osservatore, che è il testimone.

Sommario
Lasciatemi concludere questa mattina con tre punti importanti, a beneficio di coloro che si sono uniti a noi in ritardo. Il primo punto è: 'chi è calmo e tranquillo, è spirituale'. Uno può essere calmo e tranquillo se ha Amore dentro di sé. Il comportamento contrario causato dall'assenza di Amore.
Punto secondo. Dio non è la meta, ma è il viaggio. L'Amore è l'inizio, e Dio è il pellegrinaggio. La spiritualità è un'eterna ricerca.
Punto terzo: la gioia, la beatitudine che noi mostriamo esteriormente durante i bhajan, durante la meditazione o durante qualche attività, durante il darshan, non dovrebbe essere per un tempo determinato.
Come danza, quella musica, quell'estasi dovrebbero essere in me sempre e ovunque. La gioia e la beatitudine dovrebbero essere in me sempre e ovunque. L'armonia esteriore e interiore sono sincronizzate.
Il sincronismo è armonia. L'unione del piacere esteriore e della beatitudine interiore, il canto esteriore e il canto interiore con gli stessi ritmi e cadenze rappresentano la vera indicazione di un uomo spirituale.
Punto quarto. Se la mia fame, la mia sete per Dio è piena e totale non ho bisogno di essere preoccupato: Dio verrà da me. Senza questa assoluta fame e sete, anche se vado da Dio non ne trarrò beneficio.
Se non siete affamati, andare alla canteen occidentale o a quella dell'India del Sud o alla canteen dell'India del Nord, non ha senso, perché non avete fame. Se siete affamati, veramente affamati, ovunque andiate, quella fame sarà saziata, quella fame sarà calmata. E' così.
Punto quinto. Osserviamo la nostra mente, andiamo al di là della mente perché lo scopo della meditazione è quello di creare una distanza tra la mente e l'osservatore. Più ampio è lo spazio, maggiore è la distanza, meglio è. Questo è lo scopo della meditazione. In poche parole, andare oltre la mente è l'obiettivo
della meditazione. Con queste riflessioni prendo commiato da voi per questa mattina, con la preghiera di incontrarci ancora sicuramente la prossima settimana, stesso giorno, stessa ora.

OM SAI RAM