Satsang

Senza titolo

3 marzo 2002

Cari fratelli e sorelle!

Due parti da coprire

Questa mattina devo coprire due parti. La prima è quella che non abbiamo finito la scorsa settimana e la seconda riguarda le spiegazioni Divine che Swami ci ha dato nella veranda, ed alle quali siamo molto interessati. Perciò, stamattina dobbiamo completare il discorso cominciato la volta scorsa e poi parlare del dialogo intercorso col Maestro Divino. Spero di riuscire ad esaurire entrambi gli argomenti nel tempo a nostra disposizione.

L'argomento delle due settimane passate era: "Questo, quello ed entrambi". "Questo" era il discorso che affrontammo due settimane fa. "Quello" era ciò di cui avevamo parlato in precedenza. "Entrambi" è quello di cui parleremo oggi. Ecco perché il titolo è "Questo, quello ed entrambi".

Che cosa è "questo"? Che cosa sono io? Sono "questo" o sono "quello"? Io sono "questo", il corpo; Io sono "Quello", Colui che conosce, Colui che agisce, che fa l'esperienza. Quindi: Colui che sperimenta, che vede, che agisce, che osserva, cioè l'Abitante, è "Quello". "Questo" è il corpo. In totale, io sono "entrambi".

Se sono solo l'Abitante, sono come l'elettricità non utilizzata. Se sono solo "questo", il corpo, sono come una lampadina senza generatore. "Generatore" è "Quello", "lampadina" è "questo". La luce è "entrambi". Penso di essere stato chiaro. Ognuno di noi rappresenta "questo" e "Quello", il corpo ed il conoscitore, il positivo ed il negativo.

Ora affronteremo l'argomento "entrambi". Io so che questo è il mio corpo. So che questa è la mia mente. So che questi sono i miei sensi. So di essere separato da essi: Bhagavan ci ripete continuamente nelle interviste e nei Suoi discorsi pubblici che vuole che noi prendiamo conoscenza di questo "Io", che è separato dal resto.

Questa é la mia mano; io sono separato dalla mia mano. Questo è il mio occhio; io sono separato dal mio occhio.Questa è la mia gamba; io sono separato dalla mia gamba. I sensi mi appartengono, ma io non sono i sensi. Essi sono solo i miei strumenti. Essi sono tutti negativi, mentre il vero "IO", il Proprietario, il Padrone, è positivo. Questo "IO", il Padrone, il Proprietario, che è positivo, è fondamentalmente ed essenzialmente spirituale e Divino. Il vero "IO" è spirituale e Divino.

Se mi identifico con il mio corpo sono un animale. Se mi identifico con la mente, sono un demone, Se mi identifico con il Sé (il Sé, vero, reale), sono un essere umano.

Chi è allora un essere umano? MBA (Iniziali del titolo in inglese di "Master of Business Administration": professore di gestione aziendale; n.d.t.): non è solo un laureato in gestione aziendale, no! M=Mente; B=Corpo (in inglese: "Body"; n.d.t.), A=Atma, o consapevolezza (in inglese "Awareness", che comincia con la lettera A; n.d.t.). Allora, chi sei? Sono "MBA"! Tutti noi possiamo fruire di questo titolo anche se non abbiamo studiato gestione aziendale. Ognuno è titolare di una laurea, un MBA! Perché? M=Mente; B=corpo ("Body"), A=l'Atma o consapevolezza ("Awareness"). Non c'è bisogno di prendersi questa laurea all'Università. No, ci siamo nati!
Quindi, amici miei, prendiamo atto di questa particolare combinazione del vero "IO" - la combinazione di entrambi, cioè degli strumenti e del vero "Sé", la combinazione che si identifica col resto, quella che, in questo processo di falsa identificazione, dimentica la Sua vera natura.

Prima di andare oltre, desidero riassumervi il tutto in un'unica frase: il fine della spiritualità è la conoscenza del vero "IO", l'esperienza del vero "IO", il vivere nel vero "Sé". Questo è fine di tutte le religioni. La conoscenza del corpo, dopo tutto, è lo studio delle scienze fondamentali. Tutte le scienze fondamentali hanno a che fare col corpo. Tutte le scienze sociali hanno a che fare con la mente: psicologia, parapsicologia. Il vero Sé è al di là del corpo e della mente. Adesso esamineremo questo aspetto.

Le qualità di un uomo che conosce il suo vero Sé

Quali sono le qualità di un uomo che conosce il suo vero Sé? Il nostro intento dev'essere religioso, il nostro fine dev'essere filosofico. La meta di essere vicini a Dio, l'Avatar Bhagavan Baba, è solo di conoscere il nostro vero Sé.

Ho visto la mensa ("canteen"), ma quello non è lo scopo della mia venuta a Puttaparthi. Ho visitato la libreria, ma anche quella è una cosa secondaria. Ho visto l'emporio, dove c'è più movimento che nel Mandir! Bene, lo scopo principale mi è già sfuggito! (Risate) Avete notato come dopo i bhajan la gente corre immediatamente ai negozi? Molto, molto divertente! (Risate) Ci sono negozi dappertutto; anche la mente ha un negozio con tutte le cose da non fare, di tutto ciò che non desideriamo. Ma comunque corriamo ai negozi. Molto bello! Siamo "programmati" così! Quelle sono le nostre qualità innate.

Qual è allora il fine del vero Sé? La conoscenza di tutto ciò che trascende il corpo e la mente. Ma allora, una persona che ha conosciuto il proprio Sé, che Lo ha sperimentato, quali caratteristiche ha? Come la riconosciamo?

Qualità di un uomo che conosce il suo vero Sé:

1) Umiltà
2) Non essere pretenziosi
3) Non-violenza
4) Tolleranza
5) Essere diritti, franchi, onesti
6) Avere Spirito di servizio verso l'insegnante
7) Purezza interiore ed esteriore
8) Stabilità
9) Controllo di se stessi
10) Distacco dagli oggetti dei sensi
11) Assolutamente senza ego
12) Non attaccarsi a nessuno
13) Nessun interesse
14) Non-identificazione con persone o cose
15) Equanimità
16) Consapevolezza costante in collegamento con Dio
17) Solitudine
18) Disgusto per la società degli uomini
19) Costanza nella conoscenza del Sé

Questo è ciò che dice la Bhagavad Gita. Ci sono elencate tutte queste caratteristiche. Se io dico: "conosco il Sé" e non possiedo tutte queste caratteristiche, sono come un mendicante che afferma di essere un miliardario; o come un analfabeta che non sa neppure firmare con l'impronta digitale, ma che dice di essere un grande erudito. È paradossale, assolutamente ridicolo, ed altamente vergognoso. Chi dice: "Io conosco il Sé", o dichiara "Io sono il Sè", deve avere le caratteristiche che tradurrò più sotto.

(Per esempio: se non brucia, non può essere fuoco. Sará carbone. Se non è freddo, non può essere ghiaccio.) Tutto ha il proprio Dharma, la caratteristica attraverso cui può essere facilmente identificato. Il conoscitore del Sé deve avere le caratteristiche indicate nella Bhagavad Gita. Quali sono?

1) Umiltà

Numero uno: Amanitwam, cioè "umiltà". Un religioso, un uomo spirituale, non è mai orgoglioso o egoista. Non cerca mai l'ostentazione, l'esaltazione e la pubblicità. È semplice, è umile. Pensate ai conoscitori del Sé: il Signore Gesù Cristo, il Signore Buddha, il Signore Mahavira, Bhagavan Baba di Shirdi, Bhagavan Sri Sathya Sai Baba. Sono così umili perché sono il Sé. Essi sono il Sé, sono nel Sé, sono del Sé, e non sono altro che il Sé. Ecco perché il loro nome è "umiltà".

Il conoscitore del Sé, Amanitwam, possiede la qualità dell'umiltà. Se qualcuno va da Swami e gli fa una domanda, Lui non risponderá mai: "Stai zitto! Ecco come stano le cose: te le dirò". Non risponderà mai così. Invece dirà: "Secondo me, la possibilità è questa". Le Sue parole non saranno mai autoritarie, imperative; non saranno mai impositive. Lui consiglia e raccomanda, non ordina. Questa è umiltà.

Il Signore Krishna era così umile che guidò l'auriga di Arjuna. Gesù era così umile che disse: "Sono qui per servire e non per essere servito". E fu Socrate a dire: "Io so solo una cosa: di non sapere". Quindi, l'umiltà è il primo distintivo dell' uomo spirituale.

2) Non essere pretenziosi

Numero due: Adambhitvam, cioè la non-pretenziosità. Questo significa non cercare di apparire diversi da quello che si è. Se so qualcosa, lo dico, se non la so, confesso di non saperlo. Chi non è pretenzioso, non si vanta di sapere tutto. No, no, no, no! Quella è ipocrisia, ambiguità. No, no, no, no! È così facile: umile e semplice.

Swami sa parlare di tutto; ma all'improvviso dice: "Ah, non so niente di medicina". Fino a quell'istante ha parlato di cardiologia, o del sistema nervoso, di neurologia, e poi dice: "Ah-ah, non so niente per quanto riguarda la medicina". A questo punto noi preghiamo in silenzio: "Baba, fa' che io non creda a queste Tue parole!" (Risate) "Aiutami! Aiutami a credere a ciò che hai detto prima, e non a quello che hai detto nelle ultime due frasi!" Lui è diritto, totalmente diritto, e molto semplice.

3) Non-violenza

Terzo: Ahimsa. Ahimsa significa non-violenza. Se Bhagavan vi vede esposti al caldo opprimente del sole, vi chiede di andare all'ombra. Se vi trova bagnati fradici sotto la pioggia, vi dirà di cambiarvi e di tornare più tardi.

Un anno, a Kodaikanal, successe che piovve tutto il giorno, e poi continuò a quel modo per tre o quattro giorni, senza tregua. Allora Bhagavan mi chiamò e disse: "Dai l'annuncio che oggi pomeriggio non ci saranno Discorsi di Bhagavan. Lo faccio per evitare ai devoti di stare sotto la pioggia". Io annunciai: "Niente discorsi oggi, per non far bagnare i devoti". Parlai a quel modo. Tutti i devoti cominciarono ad andarsene dal Mandir. Ah, erano tristissimi. Sentii molti che dicevano, in un tono che tradiva il profondo disappunto: "Oh, oggi niente discorso". Sì, non avevano apprezzato l'idea.

Ma Bhagavan lo sa subito. Mi richiamò immediatamente. "Chi sei tu, per fare certi annunci?" (Risate) Che cosa potevo dire: "Ma tu... uh...volevi?" (Non riesco a reagire). Così risposi: "Mi dispiace, Swami". "Sei proprio una persona inutile. Guarda come sono tristi. Vai! Annuncia che da domani ci saranno sempre discorsi!" (Risate) "Domani ci saranno i discorsi". Lui è il riflesso dei vostri sentimenti, tutto qui; voi ed io, spronati da un particolare momento, agiamo conseguentemente a quella che è la nostra storia. Voi ed io agiamo pensando più o meno al futuro. Le azioni di Bhagavan e le sue affermazioni sono diverse: esse sono esattamente al momento presente. Questo è il massimo della semplicità. Non vuole che voi stiate male per la cancellazione dei discorsi. Quindi dice che ci saranno discorsi domani. Ma non vuole nemmeno che diventiate fradici e soffriate per il freddo, così dice che il discorso non si fa, ed è giusto. Entrambe le cose sono giuste. Questa è non-violenza.

4) Tolleranza

Numero quattro: 'Shanti', che è la tolleranza. "Bhagavan, mi dispiace. Mi sono comportato in modo non conforme, in un modo che da me non ci si aspetterebbe". Se parlate così, Lui risponderà: "Non ti preoccupare. Il passato è passato... è passato". Lo dirà senza esitazione. Ma se voi cercate di giustificarvi: "Perché no? Io dovevo agire a quel modo. Dovevo parlare così"... allora ne avrete per i prossimi due anni a venire!
Se siamo pronti a scusarci, sì! Sarete scusati. "Parava Ledu." (Espressione Telugu che significa "Non importa", n.d.t.)) "Il passato è passato". Tutto a posto. Bhagavan risponderebbe così: questa è tolleranza.

5) Essere retti, franchi, onesti

Quinto, "arjavam", che significa schiettezza, onestà, essere diritti, franchi, leali. Non ci dev'essere manovra, astuzia, manipolazione. Non dev'esserci alcuna strategia. La nostra vita invece in genere è strategica. Questa mattina ho chiesto ad un ragazzo: "Perché ti sei seduto qui?" Lui mi ha risposto: "Perché Swami passa per di qua, perciò mi sono messo qui". "Congratulazioni, ragazzo". Più tardi abbiamo potuto constatare che Swami non è passato da quella parte per niente!

La religione non è mai una strategia, e la spiritualitá non ammette manovre. È schiettezza, dirittura morale, franchezza, lealtá. Non è: "Se faccio questo, attirerò la Sua attenzione". Conosco uno studente che si fece prestare una macchina fotografica da un amico. Pensava di poter fare una fotografia, molto facilmente. Swami gli si avvicinò e gli disse: "Siediti e non ti muovere". Non poté scattare alcuna foto, ma ebbe da sobbarcarsi il peso della macchina fotografica, che era un impaccio! (Risate). Allora: che cosa succede? Succede che le nostre manovre ed i nostri calcoli non ci portano da nessuna parte. È necessario essere franchi e diretti. E questo esclude ogni strategia.

6) Lo Spirito di servizio verso l'insegnante

Acharyo Pasanam è lo spirito di servizio - servizio all'insegnante. Dobbiamo servire il maestro. Non si tratta dell' insegnante di una classe o l'insegnante di scuola, del college o dell'università. Un insegnante è un insegnante nel senso stretto della parola, colui che insegna le dottrine spirituali - le Verità spirituali. L'insegnante è colui che vi parla di spiritualitá, non di argomenti mondani. Non ha niente a che fare con le agenzie giornalistiche. L'insegnante vi parla di Verità Eterne. Cerca di ingentilirvi l'animo nella consapevolezza, lo spirito di consapevolezza, la lampada del Sé, la Luce dell'anima. Quello è l'Unico Insegnante. Gli altri sono insegnanti solo di nome, ma non di fatto. Sono insegnanti per guadagnarsi da vivere, ma non sono insegnanti di consapevolezza. Chi dovete servire è il maestro di consapevolezza.

Un giorno, Bhagavan aveva delle lettere in entrambe le Mani. Questa è una cosa che succede raramente. In genere Lui porta le lettere con una Mano, guardando di qua e di là. È una visione magnifica, guardare Bhagavan! Quel giorno portava le lettere con entrambe le Mani. Che cosa potevo fare io? Solo guardare...
Mi si avvicinò, e disse: "Voi sciocchi! Non avete neppure un briciolo di cortesia che vi faccia chiedere: 'Posso tenerti io le lettere, Swami?'... Non avete alcuno spirito di servizio, sciocchi!" Non era la prima volta che ci chiamava con quel titolo, Lui ci chiama così tutti i giorni. Sì, perché no? Così abbiamo riso.

Il secondo giorno successe la stessa cosa. Allora tesi la mano e chiesi: "Devo tenerti le lettere?" "No, no,no! Le ho disposte con un ordine particolare, e tu me lo confonderesti. No, no! faccio da me!" (Risate) Quand'è che il mio comportamento era corretto? Il giorno prima ERA corretto. Ma ERA corretto anche il giorno successivo. Doveva essere così ogni giorno. (Risate) Questo è ciò che capita.

Quindi, fate servizio al Maestro. Non si sa mai quando ha bisogno di servizio. Ieri pomeriggio, quando Lui ha cominciato a parlare, io ho pensato che se avessi parlato ad alta voce sarei stato indecente e mi sarei trovato fuori dal Mandir, ma se avessi parlato a voce bassa, non potevo sapere se Bhagavan mi avrebbe udito oppure no. Perciò salii un gradino e mi avvicinai a Lui, e cominciai a parlare. Immediatamente mi disse. "Torna subito giù! Ti sento benissimo!" (Risate) È così che le cose funzionano. Se voglio servirLo in qualche modo, mi dirà: "Non è necessario". Se me ne sto tranquillo, mi esorterà: "Non essere inerte: sei come un bufalo!" Lo spirito di servizio dev'essere continuo: non dovete mai perderlo solo perché la vostra offerta di servizio viene rifiutata. Il vostro servizio può venir accettato qualche altro giorno.

Ogni volta che Bhagavan materializza la Vibhuti, prende un fazzoletto da qualcuno per pulirsi il palmo della mano. Fa così. Un giorno si guardò intorno. Bene, non mi ero portato il fazzoletto in tasca. "Ehi, bufalo! Non hai nemmeno un fazzoletto?" (Risate) A seguito di questo episodio ho pensato che dovevo sempre portarmene dietro uno.
Così mi sono portato sempre un fazzoletto. Ma Lui non ha più materializzato Vibhuti in quei giorni. (Risate) Questo è il Romanzo Divino, vedete? Il punto è: servite il Maestro, in un modo o in un altro. In ogni caso, dobbiamo sempre essere pronti a farlo.

7) Purezza interiore ed esteriore

Soucham significa purezza, sia interiore che esteriore. A proposito della purezza esteriore, ieri sera Swami ha guardato un ragazzo e gli ha detto: "Io so che cosa hai fatto. Dove sono Io? Io sono ovunque, Io so tutto". Continuò a parlare a quel modo. Ma come potevo sapere io di che cosa si trattava? Allora Gli chiesi: "Swami, che cosa sai?".E Lui rispose: "Questo ragazzo è venuto per il Darshan e in un momento in cui Io non c'ero, è corso via a rasarsi la barba, poi è tornato e si è seduto là". E poi, guardando il ragazzo: "Io so che cosa hai fatto". Ha ripetuto: "Dove sono Io? Io so, io so! Hai una bella rasatura adesso, il tuo aspetto è migliore!" Questo è ciò che Bhagavan ha detto.

Il nostro amato Dio non vuole che siamo trascurati. Nel nome della spiritualità, non possiamo essere brutti. Non dobbiamo essere sporchi. Dobbiamo essere puliti, perché la pulizia è Divinità. Chi non è puro fuori, come può essere puro dentro? La pulizia interna ed esterna sono necessarie, senza bisogno di dare ulteriori motivazioni.

A proposito di cuori puri... questi monellini, i ragazzi, due giorni fa cantavano: avreste dovuto sentirli. Sono sotto esame proprio in questi giorni, ed è tradizione che ogni anno prima degli esami gli studenti vengano benedetti da Bhagavan. Swami dà loro anche la possibilità di cantare. Quando permette qualcosa ai bambini, le bambine combattono per l'eguagianza di diritti. Così, naturalmente, ha permesso anche a loro di cantare. Ed hanno cominciato a cantare tutti insieme, melodiosamente.

Alla fine Lui ha camminato lentamente e gentilmente verso di me, mi ha fissato acutamente negli occhi e mi ha apostrofato a questo modo: "Come sono le loro canzoni?". Che cosa avrei dovuto rispondere? "Belle"?... Avrebbe risposto: "No,no,no!" Bravi bambini, vedi? Qualsiasi cosa cantino i bambini, dev'essere bella. Se avessi detto: "Brutte", Lui poteva rispondere: "Allora prova tu a cantare a quel modo". Se avessi risposto: "Così e così", Lui mi avrebbe detto: "Come puoi dirlo?" (Risate) Così ho semplicemente sorriso e me ne sono stato tranquillo, ben sapendo che il pericolo era incombente! (Risate). Bhagavan allora ha detto: "Vedi, loro hanno un cuore puro. Tutto ciò che si canta con un cuore puro può solo essere melodioso. Perché? Perché con un cuore puro, tutto ciò che si fa, fa piacere a Dio".
"Oh, Swami! Bene". Ecco il valore della purezza.

8) Stabilità

Stiamo passando in rassegna tutte le qualità di una persona che ha conosciuto il Sé. La prossima è Stairyam, che significa "stabilità". All'improvviso Swami punta un dito contro un ragazzo del college: "È un bravo ragazzo, questo?". Che cosa avrei dovuto rispondere? Se dicevo: "Sì", Lui avrebbe detto: "Come fai a saperlo, se non è un tuo studente? È uno studente di economia, e tu insegni nel dipartimento di scienze biologiche. Come fai a saperlo?"
Se avessi detto: "Ma io lo conosco", la risposta sarebbe stata: "È questo il lavoro che fai in questo college? Il 'conoscere tutti?' (Risate) Il tuo lavoro non consiste nel conoscere tutti. Il tuo compito è insegnare". Quindi, non potevo dire che lo conoscevo, ma se avessi risposto: "Non lo conosco", Lui avrebbe detto: "Come, non lo conosci? Lo incontri ogni giorno a scuola!" Che cosa dire?

Sbagliare sul lato giusto è molto meglio, e meno rischioso. Così ho detto: "Swami, quel ragazzo è molto bravo". Non mi ha risposto: "Come fai a saperlo?", grazie al cielo. Mi ha detto: "È bravo, non MOLTO bravo". "Perché no?" "Perché è bravo, ma non SEMPRE. Un giorno è così, un altro giorno così... è bravo, MA..." C'è un "ma"! Ed è un grande "ma".

Il punto, quindi, è che dobbiamo essere stabili, costanti.

Per citare Bhagavan: "Senza alti e bassi, in momenti favorevoli od ostili, se siete in forma o fuori forma, dovete sempre essere uniformi!"
I ragazzi usano spesso questa espressione: "essere in forma". Se Swami parla con un tale, diranno: "Signore, il tale è in piena forma!". Oh-ho! Se Swami smette di parlare con il tale, allora diranno: "Signore, il tale era in forma fino a ieri, adesso è fuori forma". Queste sono le due espressioni più usate dai ragazzi del college.

Io dico loro: che siate in forma o fuori forma, siate sempre uniformi. Questa è la cosa più importante: la stabilità. Uno, in forma un giorno, è fuori forma il giorno seguente. Non c'è alcun dubbio su questo. Avrete sempre due superfici, il dritto ed il rovescio della stessa medaglia. "No, voglio il dritto". Mi dispiace, dovete sperimentare anche il rovescio. La stabilità durante entrambe le situazioni è la qualità di chi conosce il Sé.

9) Controllo di se stessi

Atma vinigraha significa controllo di se stessi: voi controllate per il Sé. Il Sé non è controllabile, per favore, capitemi! Il Sé è al di là di qualsiasi controllo, perché il Sé è infinito, indefinito; il Sé è così vasto, eterno, immortale, nettarino, immacolato, nascosto, inespresso, non manifesto e al di là la comprensione. Controllo di se stessi non significa che voi riusciate a controllare il Sé, no,no,no! Nessuno può controllare il Sé che è infinito ed indefinito; è indeterminato e insondabile. Un simile Sé non è controllabile. Voi controllate a favore del Sé, per il Sé.

A meno che non si raggiunga il controllo totale di se stessi, il Sé non può essere sperimentato. Controllo di che? Controllo del corpo, dei sensi, della mente e dell'intelletto. Se avete tutti questi elementi sotto controllo, il Sé si manifesterà, comincerà ad esprimersi. A livello della mente, il Sé è nascosto. A livello del corpo, il Sé rimane ancora più profondo.

Possiamo indossare un cappotto, una camicia o una maglietta. Dov'è il corpo, a questo punto? È sotto questi tre indumenti. Si deve levare il cappotto, poi la camicia ed infine la maglietta, e solo allora potete vedere il torace. Questo è ciò che Bhagavan ci dice sempre. Prima il corpo esterno, poi la mente ed infine l'intelletto: tutti e tre vannno levati per poter vedere l'Atma (il torace). Quindi, "controllo di se stessi" significa controllo a favore del Sé, per il Sé: affinché il Sé possa manifestarsi.

10) Distacco dagli oggetti dei sensi

Poi viene "indriyaardeshu vairagyam", cioè il distaccamento dagli oggetti dei sensi. Bhagavan ieri stava parlando. Ha chiesto ad un ragazzo: "Quanti idli (dolci al riso che si mangiano a colazione; n.d.t.) hai mangiato? Il ragazzo ha risposto: "Solo quattro". (Risate) "Oh! Solo quattro!" Poi ha guardato me, sorridendo. Io ho detto:"Solo quattro alla prima mandata!" (Risate) Dopo i bhajan altri quattro per la seconda mandata. Noi mangiamo a mandate di quattro".

E Swami ha commentato: "Se io mangio mezzo idli il mio stomaco è già pieno". Io ho risposto: " Proprio come a Te sembra incredibile che noi possiamo mangiarne quattro, a noi sembra incredibile che Tu riempia il tuo stomaco con mezzo!"(Risate) E visto che ora è estate, abbiamo fame continuamente, perché siamo sempre esausti, stanchi. Se mangiassimo come Te, be', sono sicuro che non arriveremmo a stanotte! (Risate) metteremmo un piede nella tomba!"

Bhagavan ha riso ed ha detto: "Ma dovreste comunque avere il controllo su voi stessi. Il controllo sul cibo che mangiate. Così come dovete avere il controllo di ciò che dite e su ciò che pensate. Se i vostri pensieri non sono sotto il vostro controllo, la mente diventa pazza, malata. Se non avete il controllo su ciò che dite, perderete il rispetto e la dignità".

Se non avete il controllo su ciò che mangiate, sul cibo, il vostro corpo diventa come un punto interrogativo. (Risate) Diventa sproporzionato come un punto interrogativo, molto brutto da guardare. Il controllo sul corpo, sulla mente e sull'intelletto sono assolutamente necessari, indispensabili per sperimentare il vero Sé. Questo è il distacco dagli oggetti dei sensi.

11) Assolutamente senza ego

Anahamkarah vuol dire "assolutamente senza ego". Senza ego significa senza desiderio di gratificazione alcuna, senza aspettativa di riconoscimento o di ogni sorta di pubblicità od ostentazione, senza alcuna traccia di identità personale - questo è ciò che si intende per mancanza di ego. Ego e superbia sono due cose diverse e prima o poi dobbiamo occuparci di questa differenza. Ci si deve immergere più profondamente nel soggetto in questione per comprendere la differenza fra superbia ed ego.

L' "ego" è necessariamente in ognuno. La gente dice: "Sono senza ego". È il vostro ego che vi fa dire che siete senza ego! Dicendolo, siete più egoici che mai! (Risate) Per quanto riguarda l'ego, la cosa che differenzia i vari stati è solo la quantità, ma la qualità è la stessa. Proprio come comprate a misura uno strato di asbesto nei negozi, avete l'ego: largo venti centimetri, o dieci, o un centimetro. Ma l'ego è presente.
L'espressione dell'ego può essere diversa, la dimensione pure, e così anche la manifestazione dell'ego, e i modi in cui l'ego lavora nei sistemi innati della personalità umana variano, ma l'ego resta.

La spiritualità, però, richiede la mancanza di ego. Questo significa che il momento in cui l'ego è totalmente sparito il corpo diventa luce.

Swami dice, molto semplicemente: "Fino a quando il pallone è gonfio, che cosa fate? Lo prendete a calci più che potete. Ma quando è sgonfio, lo prendete con entrambe le mani. Allo stesso modo, un uomo senza ego è rispettato, mentre tutti prendono a calci volentieri l'egoista".

Cambiamenti ciclici

"Perché sono dovuto rinascere in questo mondo ancora una volta?"
Dovreste avere un'idea chiara dei cambiamenti ciclici che avvengono in noi. Nel periodo di tempo in cui si svolge la nostra vita nel corpo fisico, passiamo attraverso dei cambiamenti ciclici. La nascita è un'agonia; è dolorosa. Nonostante si festeggi la sua nascita con i dolciumi, il neonato piange: "Perché sono dovuto rinascere in questo mondo ancora una volta?"

"Perché rinasco continuamente?"
Il neonato piange per essere rinato, mentre noi siamo felici che il bambino sia nato. Se il bambino non piange, lo fa piangere il dottore. Perché? Se non piange sembra che sia in pericolo, perciò deve piangere. Come dice Bhagavan, la nascita è un' occasione di preoccupazione.

Poi c'è jara, cioè la vecchiaia. Durante la vecchiaia siamo totalmente dipendenti. Dopo aver camminato a lungo su due gambe si ha bisogno all'improvviso di un bastone - tre gambe! E se va ancora un po' peggio, si può aver bisogno delle spalle di due persone a cui appoggiarsi per venir letteralmente trasportati. Si diventa un millepiedi e chissà che cos'altro! Un esapodo o un octopedo, cioè un essere con sei od otto piedi, che cosa disgustosa!!!

Nella vecchiaia le orecchie si rifiutano di sentire e la mente di pensare. Si comincia a dimenticare tutto, il corpo vorrebbe mangiare tutto, ma il medico dice: "Non mangiate nulla". Si vorrebbe andare dappertutto ma non si può andare da nessuna parte. È come una punizione. Quindi: la nascita è dolorosa, e la vecchiaia pure.

La malattia: meglio non parlarne. La malattia è un lusso in paesi come l' America. Non ci si può permettere di stare a letto perché tutto il denaro guadagnato in precedenza dev'essere usato per pagare le fatture dei medici e degli ospedali.
La malattia è molto dolorosa e cara. Tutti ci gireranno le spalle e non piaceremo più a nessuno, se ci ammaliamo.

Tu sei venuto in mio aiuto

Bhagavan ci ha raccontato una storia proprio ieri pomeriggio. Un bambino mussulmano di questo distretto, a cinque ore di macchina da qui, aveva dei problemi al cuore, ed i suoi genitori gli avevano detto: "Un operazione è troppo cara. Non ti possiamo aiutare". Anche suo zio era andato a dirgli con le lacrime agli occhi che non lo potevano aiutare (sebbene fossero abbastanza ricchi). Tutti quelli che avrebbero potuto permettersi di aiutarlo gli hanno risposto: "Mi dispiace, ma..." Nessuno lo voleva aiutare.

Sembra che un vicino gli abbia detto: "Non ti preoccupare. Non sentirti isolato. C'è il Dio vivente, Sri Sathya Sai Baba. Vai da Lui! Ti aiuterà". Quel ragazzino mussulmano è andato a Bangalore, con piena fede, ed è stato operato gratis, con successo. È stato dimesso al terzo giorno e ha cominciato a camminare. Poi ha scritto una lettera a Bhagavan, una lettera che Bhagavan ci ha mostrato ieri. "Bhagavan, nessuno aveva capito il mio problema e nessuno mi voleva aiutare, nessuno voleva spendere soldi per me. E allora, tu sei venuto a salvarmi"

Bhagavan dice: "Perchè temere, se ci sono qua io? Io guardo verso di te se tu guardi verso di Me. Perché dubiti? Come puoi pensare che ti abbandoni?"

"Sei venuto in mio aiuto! Swami! Come posso dimostrarti la mia gratitudine? Come Te la posso esprimere? Swami, in fondo posso fare poco. Permettimi di venire a Prasanthi Nilayam una volta la settimana e di servirTi in ogni modo a me possibile, nel modo in cui posso al meglio usare le mie capacitá".

Questo é ciò che Swami ci ha raccontato con voce scherzosa. Il nostro Divino Signore è commosso, mentre ci racconta questa esperienza. Dio è il rifugio dei derelitti.

"Non il padre, non la madre, non il fratello, né la famiglia - nessuno verrà da te. Neppure i tuoi titoli scolastici o la tua ricchezza possono aiutarti! Solo Dio è con te".

Questo è ciò che Lui ha detto. Assorbiamo la comprensione di questo concetto.

'Addio' con un sorriso sulla faccia

La morte è sempre in attesa al cancello. Ci minaccia ad ogni istante. Un grande Santo ha detto che coloro che perseguono il fine di accumulare denaro sono quelli che maggiormente hanno paura della morte. È perché hanno paura di morire che vogliono avere soldi, pensando che il denaro verrà in loro aiuto. L' ammassare ricchezze è una caratteristica delle persone che sono terrrorizzate dall'idea di morire. Questo é ciò che Lui ha detto. Cerchiamo di trovare la minaccia inerente, innata... e capiremo che non c'è niente di cui preoccuparsi.

Dosha - l'errore risiede là - stare attenti, ma consapevoli di che cosa significa. Un saggio avrá sempre questo atteggiamento: sarà sempre pronto a lasciare il corpo. Il conoscitore del Sé, colui che conosce il Sé, dirà addio così a questo mondo: "Bene! Grazie per tutto ciò che mi hai dato durante il mio soggiorno quaggiù! Sono molto felice che Dio mi abbia dato questa possibilità. Addio, mi accomiato da voi!"

Vi consiglio di leggere il libro "Il profeta", di Kahlil Gilbran. In questo bel libro, che ha venduto tante copie quanto "La Bibbia", Gilbran dice che l'uomo in punto di morte deve dire: "Addio, vado!", senza lacrime, ma con un sorriso sulle labbra. Siamo nati piangendo, andiamocene sorridendo. Quello è lo scopo della vita, la filosofia di questa esistenza terrena, il suo scopo. Dopotutto, questo è ciò che la vita ci insegna. Cerchiamo di capire profondamente questo concetto.

12) Non attaccarsi a nessuno

Putradara Grihadishu vuol dire "non attaccarsi a nessuno, non alla famiglia, né ad alcun altro. Dopotutto, la moglie, il marito, i figli, le relazioni, gli amici... tutti gli attaccamenti e le connessioni che abbiamo avuto sono accidentali ed incidentali, tutto qui. Prima di sposarsi, chi era vostra moglie? Chi era vostro marito? Sono diventati tali solo col matrimonio. Dopo il matrimonio, lui o lei sono nati. Prima di allora, chi era cosa?

Quindi: queste relazioni sono incidentali, una coincidenza, solo accidentali. Non hanno niente a che vedere col vostro vero Sé. Non c'è alcuna connessione fra un Sé ed un altro, perché la separazione non esiste, pertanto il Sé è solo Uno. Non si può dire: "Il tuo Sé, il mio Sé". Non esiste niente del genere! Non c'è un tuo Sé, un mio Sé, i nostri Sé. Questa è solo grammatica.

Quando dico "me stesso" mi riferisco al mio corpo. Quando dico "te stesso", mi riferisco al tuo. "Noi stessi" significa "tutti". Ma il vero Sé non ha niente a che fare con me stesso, te stesso e noi stessi, perché il vero Sé è solo Uno.

13) Nessun interesse

Asakthi significa che non si ha più alcun interesse. Le cose accadono, semplicemente. Se hai abbastanza soldi, bene. Se ne hai a sufficienza, meglio. Se ne hai a malapena per andare avanti, meglio ancora. Lascio che le cose accadano. Non mi interessa essere ricco. Non concentro la mia attenzione su come arricchirmi. No! Quello è ancora più pericoloso. Quindi, se le cose succedono, bene.

C'è un personaggio nel poema epico indiano, il Vedanta, che si chiama Janaka. Janaka era un re, ma non si sentiva un re. Non aveva ego - l'emozione, la sensazione di essere un re. Era distaccato, era al di sopra di tutte le cose. Ecco che cosa significa asakthi.

14) Non-identificazione con persone o cose

Anabhishangah significa non-identificazione del Sé con persone o cose. Ci sono alcune persone, come i nostri genitori o i nostri amici, che dicono: "Se tu hai successo, è come se avessi successo io. Se fallisci, per me è come se fallissi io". Questo significa che la tua felicità è nelle mani di qualcun altro.

Vi prego di essere consapevoli di questo. Io sono felice dentro, sono un uomo religioso. Se sono felice per te, sono un uomo del mondo. Se entra in ballo "l'altro", non sei religioso. Dovete essere felici di voi stessi, non a causa d' altri. "Sono felice se vieni con me". Be', allora la mia felicità è nelle tue mani.
Non dobbiamo essere nelle mani di nessuno. Non c'entrano gli altri. Sono felice di me, in me. Sono contento di me stesso. Questa è la giusta fisolofia.

15) Equanimità

Ishtanishtopapathishu significa "non mi far avere cose indesiderabili". Bisogna avere equanimità: anche se ci capitano cose indesiderabili, dobbiamo mantenere l'equilibrio mentale.

Swami ha parlato proprio ieri dello stato mentale equilibrato. Se qualcuno dice: "Swami, mi fa male lo stomaco", Lui riponderà "Molto bene (Santosham)". Se un altro dice: Swami, mia nonna è morta", la risposta sarà: "Molto bene (Santosham)". Lui dice sempre :"Molto bene (Santosham)".
Non esiste dolore, sofferenza o dispiacere: Lui è sempre equanime, felice. Questa è la nostra vera natura. La beatitudine è la nostra vera natura. Questo è possibile solo se siamo equanimi.

16) Consapevolezza costante in collegamento con Dio

Mayichandanya Yogena vuol dire che esiste una consapevolezza costante, un sentimento devozionale costantemente collegato a Dio. Eccovi un piccolo esempio: quando Bhagavan concede un' "interview", chiede: "Come stai?" Poi vi chiama per l'interview. Vi parla e dice qualcosa a vostra moglie, qualcosa a voi, qualcosa ai vostri figli, qualcosa sul vostro passato - quei segreti nascosti, i cui registri vengono portati a galla! L'intera faccenda viene valutata, come una dichiarazione dei redditi, e poi vi viene fatto un lavaggio completo, totale, in due o tre secondi. A questo punto Lui comincerà a parlarvi di filosofia e spiritualità. Un' "interview" è solo una scusa per darvi una visione del vero Sé. L' "interview" è la in-view (visione interiore) del Sé, affinché si tenga in vista il Sé. L'interview è solo una scusa. Se il mio Sé è sempre in vista, non desidero un' interview! Il punto è: tenete il Sé sempre ben in vista! Questa è l'essenza di ciò che Egli ha detto.

17) Solitudine

Vivikthadesa Sevithwa si riferisce al desiderio di essere soli. Un uomo spirituale vuole essere sempre in solitudine. Preferisce stare in solitudine Per favore notate che ho detto "in solitudine", non "da solo". Le due espressioni indicano due cose molto differenti fra di loro. Trovarsi da solo è una punizione, mentre la solitudine è desiderabile. Lo starsene da soli è mondano, la solitudine è spirituale. Lo starsene da soli è psicologico e mentale, la solitudine è religiosa e filosofica. Si è soli per imposizione, si sta in solitudine per preferenza e scelta. Un uomo spirituale vuole stare in solitudine.

Che cosa si intende per "solitudine"? Tutti noi siamo in mezzo alla folla; ci sediamo nella veranda, sugli scalini, nelle file per i darshan - come possiamo essere in solitudine? Amici miei, starsene in solitudine e trovarsi in mezzo alla folla non si escludono l'un altro. Io sono in solitudine appena finisco il mio discorso. Quando tutti voi ve ne andate, mi siedo in solitudine ma penso a tutti voi: "Il mio discorso è durato dalle 10 alle 11 del mattino, la sala era piena, mi hanno ascoltato in molti!" Ah-ha-ha! Siete tutti nella mia testa! Perciò posso essere in solitudine fisica ma in mezzo ad una folla psicologica.

Allo stesso modo, quando mi trovo in una folla, molta gente mi circonda. Ma penso solo a Swami, perciò sono in solitudine. Quindi, trovarsi in solitudine o in mezzo ad una folla sono stati psicologici, e non fisici. La Bhagavad Gita intende che voi dovete essere soli psicologicamente, non fisicamente. Questo è importante.

18) Disgusto per la società degli uomini

Arathir Janasam Sadi significa "disgusto per la società degli uomini". Che cosa si intende? La condanna della società? Che bisogna fuggire dalla società? Sentirsi superiori ad essa? No,no,no! "Disgusto per la società" si riferisce all'indulgenza nelle pratiche del mondo e nelle questioni mondane.

Alcune persone si incontrano per parlare del prezzo dei sari di seta di Dharmavaram: "Qual è la differenza nel prezzo di un sari fra fuori e dentro l'Ashram?" Be', questa non è una cosa che possa interessare ad un uomo spirituale. Non gli interesserà per niente: "Non sono venuto qui per imparare la lista dei prezzi dei sari".

Quindi, "disgusto per la società degli uomini" significa disgusto per le chiacchiere, i pettegolezzi, le cose non necessarie; disgusto per la socializzazione, per gli argomenti mondani, secolari, che spesso fanno parte delle conversazioni, dei dialoghi e delle discussioni.

19) Costanza nella conoscenza del Sé

Adhyatma Jnana Nitya Thwam: che cosa significa? Significa "costanza nel perseguire la conoscenza del Sé, pensare sempre al Sé". Penso sempre al Sé, leggo sempre solo sul Sé, tutta la mia vita è centrata sulla ricerca del Sé. Questa è consapevolezza. Bhagavan la chiama "Consapevolezza costante integrata", o CIA. CIA significa'Constant Integrated Awareness' ("Consapevolezza costante integrata").
Questa consapevolezza è assolutamente necessaria. Ogni volta che parliamo, pensiamo, ogniqualvolta incontriamo qualcuno, l'unico e solo argomento dev'essere il Sé. Non dovrebbe essere: "Quando hai avuto la scorsa interview?" Non devo parlare dell'ultima interview, di quando ho visitato un particolare paese, oppure di quando..." Basta! per favore non parlate del vostro piccolo sé, dell'ego. Parlate invece del Sé, che è lo stesso in voi ed in me, che è supremo, immortale, eterno. Non il piccolo sé di questo ego, no,no,no! A me interessa solo il Sé, Io voglio il Sé eterno. Questo è ciò che questo significa.

Percezione del vero scopo della Conoscenza

Tatwa Jnardhadarsanam significa 'percezione del vero fine della Conoscenza', cioè che devo ottenere la Divinità, che devo sperimentare la Divinità. Bhagavan, proprio ieri l'altro, chiedeva: "Che cosa è la spiritualità?" Amici miei, nessun uomo ha mai dato una simile definizione fino ad oggi. Nessun libro l'ha mai definita". Che cosa è la spiritualità?

Baba ha dato tre punti:

1) Uccidete l'animale in voi.Questo significa che dovete uccidere il comportamento animale in voi, le cose come l'ego, l'orgoglio, la gelosia, la possessività e l'attaccamento. Sono qualità animali.
2) Sviluppate le qualità umane. Migliorate le qualità umane in voi. Quali sono? La compassione, il sacrificio, la verità, la partecipazione, la tolleranza.
3) Sperimentate il Divino in voi. Uccidete l'animale in voi, sviluppate l'uomo in voi, siate Uno con Dio in voi.

Questi sono i tre punti che costituiscono una bella e comprensiva definzione della spiritualità, che chiunque può capire e sulla quale ragionare.

Le Divine espressioni di Baba

So che il tempo a nostra disposizione è quasi finito. Ma non posso lasciarvi senza menzionare almeno i punti fondamentali delle conversazioni avute sulla veranda con Bhagavan Sri Sathya Sai Baba negli ultimi giorni.

Lo scorso anno siamo stati così fortunati da avere con Lui un dialogo Divino; ma quest'anno è stata una lunghissima estate senza di Lui, qui a Puttaparthi, fino a quando è tornato, a giugno. Non abbiamo mai avuto la possibilità di parlare veramente con Lui fino a pochi giorni fa, quando all'improvviso ha cominciato ad aprirsi molto con noi. Vi racconterò le parti essenziali di queste Sue "espressioni", in quanto, data l'esiguità del tempo che è rimasto a nostra disposizione, non posso scendere in dettagli. Tuttavia i punti che vi citerò devono rimanerci costantemente nella memoria. Vediamo quanto riuscirò a dirvi questa mattina.

Dio è dappertutto

Dio è dappertutto. Ogni religione lo dichiara, tutti lo sanno. L'altro giorno, abbiamo esaminato "Quello".

Sarvata Paani Paadam Tat
Sarvota Chi Siromukham

Questo è ciò che Lui ha detto: il Divino è dappertutto. Così affermano le Upanishad. Il significato di questa frase in sanscrito è che "Dio è ovunque". Come ce lo spiega Baba? Ecco, la Divinità è al di là delle vostre possibilità di giudizio. Swami usa le parole: apramana, aprameya e ananta.
Apramana vuol dire al di lá di ogni possibilitá di misura.
Aprameya significa al di là della vostra comprensione e della vostra espressione.
Ananta vuol dire infinito, al di là di ogni misura, al di là delle norme del vostro giudizio e della vostra esperienza, della vostra comprensione e della vostra espressione. Il Divino è infinito.

"Allora Swami, se è al di là della mia espressione, come lo esprimo? Ma allora è meglio non esprimerlo? È giusto? (Visto che non posso prendere il massimo dei voti, è meglio che non mi presenti all'esame? È giusto?) Visto che è al di là della mia comprensione, è meglio che io smetta di pensare?" Queste sono le domande che Gli sono state fatte. Quando i tempi sono favorevoli è Dio è misericodioso, quando tutto è congeniale e tutti sono veramente interessati alla risposta, Lui Vi concede alcune possibilità di fare domande. Fino a quel momento, per vostra sicurezza, è meglio che rimaniate zitti. Quando mi è sembrato di aver trovato il momento in cui l'umore Divino era favorevole, mi sono fatto coraggio ed ho chiesto:

"Se non posso capire, se non si può esprimere, se non ci posso pensare, che cosa devo fare?" Per favore capitemi - queste sono le domande che non si trovano in alcun libro; queste sono le spiegazioni che non potete avere da nessuna persona, eccetto che dal nostro Dio più recente, Bhagavan Sri Sathya Sai Baba. E Lui, che cosa ha risposto?

Dio vi sostiene

"Voi parlate perché Dio parla in voi. Ci sono persone mute, che non possono parlare. Loro non possono parlare. Ma voi parlate, e non è la vostra lingua a farlo. No, Dio che è in voi fa sì che la vostra lingua parli. Dio è colui che vi sostiene affinché parliate, anche se è al di là della vostra parola".

Ah-ha! Lui sostiene la vostra vista. Voi vedete, ma non sono i vostri occhi che vedono. C'è il vedente che vede. Molti ciechi hanno gli occhi, ma non vedono. È il vedente che vede, non gli occhi. Gli occhi sono finestre, strumenti. Dio è la mente della mente, l'occhio degli occhi, la lingua della lingua. Egli è la mente ed è al di là della mente. È la vista al di là della vista. È la parola al di là della parola. Dio è dappertutto. Che cosa meravigliosa! E tutto questo è sostenuto dalle antiche scritture.

La seconda domanda: "Swami, oh, capisco. Dio è la parola, ma è al di là. La vista, ma al di là. L'udito, ma al di là. Ma come faccio a conoscerLo, se è sempre al di là? Come?"

Allora Baba ha dato un secondo punto: "Una volta che senti che Dio è in te, con te, sopra di te, sotto di te, dietro di te, intorno a te, questo ti dá l' esperienza che Dio è dappertutto". Nei Suoi Discorsi, Swami dice ripetutamente: "Dio è in voi, con voi, sopra di voi, sotto di voi ed intorno a voi". Se ne sbaglio una, mi riprenderá immediatamente, per vostro divertimento e mio imbarazzo. (Risate) Il punto è che quando sentite che Dio è ovunque, in voi, con voi, sopra di voi, dietro di voi, sotto di voi, intorno a voi - questo è il miglior modo per "sapere" che Dio si trova dappertutto.

Che cosa è l'illusione?

"Swami, perché io non lo so? Se è dappertutto, perché io non so che è dappertutto? Perchè?" Allora Lui ha risposto: "Voi vi trovate dentro un illusione. Voi siete nell'illusione di maya, per questo non riuscite a vederLo". Oh-oh! Dov'è questa maya? Abbiamo bravissimi chirurghi. Facciamoci operare per farci levare maya immediatamente! Se levano l'appendice, o trapiantano un rene, il cervello ed il cuore, non possono levare anche questa maya?

E Baba ha risposto: "Che cos'è l'illusione? Pensare che ci sia qualcosa che invece non c'è. Quando si crede all'esistenza di una cosa o di una persona non esistente, questa è maya".

"Swami: non-esistenza? Ma io non capisco! Se fossi stato intelligente, le cose sarebbero state diverse. Sembro intelligente, ma non lo sono. Non capisco! Perché?"

Bhagavan ha fatto un esempio: sono circa le 18.30, l'ora del crepuscolo. Le cose si cominciano a vedere male, non chiare, ma ancora non è completamente buio. Sulla strada all'improvviso vedete un serpente. Per questo i sentieri sono chiusi dopo le 19.30 di sera. Non si vuol rischiare di dover metter Swami alla prova se non è strettamente necessario, per vedere se leverà il serpente o no. (Risate)

Quindi, possiamo trovare un serpente lungo la via. Abbiamo paura del serpente, ma vogliamo anche vederci chiaramente, per sapere di che tipo di serpente si tratta. Allora prendiamo una torcia e vediamo che non è un serpente, ma una corda! Ora non abbiamo più paura! Quando pensavamo che fosse un serpente, ne avevamo paura. Quando abbiamo verificato di che cosa si trattava realmente, non ci ha più spaventati!

Sia la paura che l'intrepiditá si trovano in voi. A volte avete paura, altre volte no! Entrambe vi sono proprie! Non c'era alcun serpente e nessun serpente è scappato. Mi ero spaventato perché credevo che ci fosse un serpente. Dopo aver verificato che non c'era alcun serpente, ora sto bene. In me è avvenuto un cambiamento. In me è avvenuto questo cambiamento. Si crede che esista un serpente non-esistente: una cosa non esistente. Questo è ciò che maya è realmente. Veramente si trattava di una corda, ma io pensavo che fosse un serpente. Questa è maya. E questa è la definizione che ne ha dato Bhagavan.

Tu sei il mondo

Swami ha detto: " Tu sei il mondo". "Sono il mondo? Ah. Com'é possibile? Hai così tanta gente. Io pensavo che TU fossi il mondo. Come posso dire: 'Io sono il mondo'? Swami, com'è possibile?"

Baba ha risposto: "Chiudi gli occhi. Che cosa trovi? Il vuoto. Tutto è un abisso, il vuoto. Una volta che apri gli occhi, trovi la pluralità; trovi la varietà, la diversità, la molteplicità: tutto questo si manifesta non appena apri gli occhi. Nel momento in cui chiudi gli occhi, c'è solo Uno. Poi c'è il buio, tutto qui; sunya, o il vuoto.

Tutti voi cominciate ad esistere quando io comincio a vedervi. Se chiudo gli occhi, non c'è più nessuno. Perciò: il mondo sei tu. Se tu non ci sei, il mondo non c'è più. Il mondo non c'è quando questo 'io' se n'è andato - il mondo non c'è. Ecco perché tu sei il mondo". Questo è ciò che ha detto Bhagavan.

Poi: "Swami, va bene, ma se io sono il mondo, perché soffro? Se il mondo sono io, sono forse io stesso a fare qualcosa per farmi soffrire? Perché soffro? Se sono il mondo, perché a volte sono felice e a volte sto male? Perché?"

Baba ha risposto: "La felicità o la sofferenza, il bene e il male, vi arrivano a causa della vostra interazione col mondo esteriore. Tutto vi torna indietro a causa dei tre fattori di reazione, riflesso e risonanza. Se vi mettete davanti ad uno specchio e dite: "Sai Ram", l'immagine che vedete dirà anch'essa: "Sai Ram" e si inchinerà a voi. Se la minaccio dicendo: "Vedrai che cosa ti farò", essa risponderà per le rime!" (Risate) Quindi, tale l'oggetto, tale il suo riflesso. Com'è il suono, così la sua eco, la sua risonanza...

Penso che se continuassi a parlare mi accusereste di mancare di carità, perché fra poco si formeranno le file per il darshan e voi dovete ancora andare alla mensa (canteen) a pranzare. Scusatemi per i dieci minuti in più che mi sono preso, ma c'è così tanto da condividere con voi, e parlarvene mi dà il piacere più grande che mi posso augurare in questa vita. Tante grazie per la pazienza che avete dimostrato nell'ascoltarmi! (Applausi)