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Citazione dal discorso Divino del 27.3.1967

25 gennaio 2007

IL SOSTEGNO DI CUI AVETE BISOGNO


Oggi tutte le sofferenze dell'uomo possono ricondursi al suo falso senso dei valori. Ci sono cose che cronologicamente devono venire per prime: prima si deve capire Se Stessi, e solo dopo si possono aiutare gli altri. Al giorno d' oggi la gente comincia ad aiutare gli altri a percorrere il sentiero spirituale senza averlo prima percorso essa stessa. Così capita che sia la guida che il discepolo cadano nel fosso. Prima 'fate servizio' a voi stessi, il che significa: capite chi siete, dove state andando, da dove provenite e qual è lo scopo del vostro viaggio. Solo dopo aver trovato le risposte a queste domande dalle Sacre Scritture, dai Saggi e dalla propria indiscutibile esperienza ci si può azzardare a guidare gli altri. La dualità è sempre alla base della tristezza e del dolore. La gente non è allenata a riconoscere il vero dal falso, il temporaneo dall' eterno, il giusto dallo sbagliato, ciò che è socialmente benefico da ciò che invece apporta danno alla società. Così vecchie abitudini e maniere vengono liquidate semplicemente perché sono vecchie, e si adottano nuove abitudini solo perché sono di moda. Il tempo è un buon collaudatore: le cose che hanno resistito per secoli alle critiche ed ai colpi inferti dalle molte culture straniere, o alle attrazioni di strani capricci, devono avere un nucleo essenziale di verità e validità. La mente ha un suo modo di venir attratta dalle cose passeggere. Ecco perché ogni capitolo della Gita viene chiamato 'Yoga', a cominciare dal Vishaadayoga per finire con il Mok-shasanyaasayoga. La parola 'yoga' viene usata per enfatizzare l'importanza del Chiththa-vriththi- nirodha (il sopraggiungere delle agitazioni della mente). Le acque della mente (maanasa-sarovara) non sono mai calme, solo raramente esse sono tranquille. Il minimo tremito nell'aria influisce sulla superficie e crea una serie di increspature che richiedono molto tempo a scomparire. Anche la mente viene mossa dagli oggetti del mondo esterno e dalle impressioni che essi imprimono ai sensi interiori. La mente viene o disgustata dagli oggetti o attratta da essi. Questo disturba l'equanimità; la dualità è sempre alla base della tristezza e del dolore. La tristezza è la momentanea assenza di gioia; la gioia è la temporanea sparizione della tristezza. Entrambe non sono durature, fatta eccezione per gioia quando essa viene conquistata tramite mezzi spirituali.


Le assicurazioni della Gita all'umanità


Come si ottiene lo yoga? Arrendendosi a Dio, dedicandoGli ogni parola, ogni pensiero ed ogni azione, annullando la propria volontà nella Sua, dando avvio ad ogni e qualsiasi attività solo se Egli lo suggerisce, eseguendo ogni azione solo sotto la Sua direzione ed abbandonandone tutte le conseguenze al Suo Piano [Divino]. "Rinunciate ad ogni concetto di 'giusto' o 'sbagliato' ed arrendetevi a Me. Io vi salverò dalla caduta e vi difenderò dal dolore": questo è ciò che viene assicurato nella Bhagavad Gita, questo è il sostegno di cui avete bisogno. La resa 'accade' solo dopo aver conquistato la perfezione del distacco dai piaceri sensuali, accompagnata dalla discriminazione fra il reale e l'illusorio. Le corruzione dell' 'io' e del 'mio' devono venir rimosse da una pratica spirituale rigorosa (Sadhana), in testa alla quale è la ripetizione del Nome Supremo (Namasmarana), perché quando dimorate nel Nome del Signore la Sua Maestà, la Sua Grazia, la Sua Potenza e la Sua Onnipervadenza si fissano nella vostra coscienza e le capacità e le possibilità personali vengono eclissate nel Divino. Allora l'umiltà aumenta e la resa è possibile senza troppe difficoltà. Questo è il vero e proprio scopo dell'esistenza umana: vedere Dio e fondersi con la Sua Gloria. Tutte le altre vittorie sono inutili. I Veda dichiarano che questa è la meta finale dell'uomo. Le Upanishad definiscono il sentiero, e la Gita lo illumina. I Santi ed i Saggi ne proclamano la grandezza. Gli Avatar discendono quando la gente devia dal sentiero e si perde nel deserto e negli sprechi.


[Dal Discorso Divino del 27-3-1967 a Jamnagar]