del Prof. G Venkataraman
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Parte Prima
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Sai Ram e saluti da Prasanthi Nilayam.
Questo è il secondo dei miei discorsi sui Veda. Come dissi la volta scorsa, il mio fine è fondamentalmente quello di farvi conoscere il gusto dei Veda, per poi guidarvi in un viaggio attraverso di essi nel momento in cui entrano nella vita di un uomo. Tratterò quest'ultima parte un po' più in là. In questo momento mi trovo nel processo di allestimento di un palcoscenico adatto a questo scopo. In questo discorso voglio parlare dei Veda. Data la mia conoscenza limitata del soggetto, mi limiterò ad esporne gli aspetti basilari ed elementari. Comincerò con ciò che Swami ha detto sui Veda:
[ I Veda sono le più antiche fra le Sacre Scritture. Essi sono un enorme deposito di saggezza. Manu ha dichiarato che "tutto deriva dai Veda". I Veda sono incommensurabili, senza paragone, ricolmi di Beatitudine. La parola 'Veda' deriva dalla radice 'Vid', che significa 'conoscenza' . La conoscenza del Supremo è 'Veda']
I Veda
I VEDA UNA COLLEZIONE DI RIVELAZIONI DIVINE
I Veda consistono di inni, migliaia di migliaia di inni. Essi sono un oceano alla cui formazione hanno contribuito innumerevoli Saggi, fin dai tempi in cui esisteva solo la lingua parlata e niente poteva essere registrato tramite la scrittura. Gli inni dei Veda rappresentano pensieri e rivelazioni che arrivavano ai Saggi dell' antichità durante le loro meditazioni sotto forma di inni, che i Saggi trasmettevano ai loro discepoli. Fu così che i Veda vennero tramandati per secoli, di generazione in generazione: per via orale. La versione scritta apparve molto più tardi. Perciò la crescita dei Veda è come una serie di piccoli rigagnoli che confluiscono a formare ruscelli che a loro volta alimentano la crescita di grandi fiumi, i quali infine si gettano nell' oceano. Questa analogia è molto appropriata, perché l'acqua dei rigagnoli è proprio quella della pioggia, che a sua volta ha come fonte l' oceano. Allo stesso modo i Saggi ricevevano le loro rivelazioni dal Divino. Ed anche l'oceano costituito dall' insieme delle rivelazioni che costituiscono i Veda è il Divino.
L' ASPETTO SONORO DEGLI INNI VEDICI IL SIGNIFICATO DEL SUONO
Qui mi devo fermare un attimo per fare qualche importante precisazione. La prima è che i Veda esistono sotto forma di canti, e che l'aspetto sonoro è quindi molto importante.
Gli inni vedici devono essere cantati appropriatamente ed il canto ha un significato spirituale, che il fu Paramacharya di Kanchi spiegò come segue:
"I Veda devono essere cantati ad un certo volume affinché il suono possa essere udito senza difficoltà. I Mantra Vedici non solo producono vibrazioni benefiche in chi li canta in modo appropriato, ma anche vibrazioni simili in coloro che li ascoltano. Dato che la vibrazione viene diffusa nell'atmosfera, [dove rimane], assicura benessere sia al momento in cui viene emessa che in futuro. La caratteristica più evidente dei Veda risiede nel fatto che il suono stesso dei Mantra che vengono cantati possiede un significato, a prescindere dalle parole, che pure sono pregne di significato".
L' aspetto sonoro è rimasto intatto sin dai tempi più antichi e questo è molto significativo. Tale aspetto del suono è intimamente collegato alle parole, ed i due, suono e parole insieme, sono così interconnessi che nel tempo gli inni Vedici hanno potuto rimanere immuni alla corruzione ed alle variazioni. Questo è un punto importante che richiede qualche riflessione. Prendiamo come esempio una qualsiasi lingua, per esempio l' inglese. Tutte le lingue hanno subìto un'evoluzione. Se un inglese vissuto millecinquecento anni fa potesse improvvisamente comparire qui davanti a noi e cominciare a parlare, sono certo che la maggior parte di noi non riuscirebbe a capire che cosa dice. Le parole sarebbero diverse, ed anche lo stile. Questo è vero per quasi tutte le lingue, in quanto esse subiscono un' evoluzione nel tempo (nella nostra epoca ciò accade anche in periodi molto brevi) ma la lingua vedica è rimasta invariata per le molte migliaia di anni durante i quali i Veda si evolsero.
COME HANNO FATTO GLI INNI VEDICI A RIMANERE IMMUTATI
Una volta chiesi ad uno studioso com' era possibile che la lingua vedica fosse rimasta immutata, mentre tutte le lingue del mondo sono andate incontro ad una evoluzione. La risposta che mi dette è molto interessante. Disse che gli inni vedici sono rimasti intatti a causa dell'aspetto sonoro. Essi hanno una metrica particolare, per cui quando vengono cantati possiedono in se stessi una certa completezza. Un qualsiasi cambiamento delle parole disturberebbe severamente la melodia, e tale disturbo sarebbe immediatamente palese.
Studenti Sai che cantano i Veda
Dato che l'aspetto sonoro era dominante, un qualsiasi errore del testo era talmente evidente che veniva eliminato all' istante. Questo è il motivo per cui la purezza originaria dei Veda si è preservata. Direi che la spiegazione suona plausibile. In conseguenza a ciò, il modo in cui i Veda vengono cantati oggi, per esempio alla presenza di Swami, è lo stesso di migliaia di anni or sono. Naturalmente non si deve dimenticare che c'erano scuole speciali per l'insegnamento del canto vedico, ma qui non sto a considerare quest' aspetto, preferendo limitarmi al canto 'standard'. Tanto per chiarire che cosa intendo: prendiamo come esempio due Pandit vedici, uno del distretto orientale di Gidavari nell' Andhra Pradesh ed un altro del Kerala. Il distretto orientale di Gidavari ed il Kerala si trovano almeno a mille chilometri di distanza. I due studiosi dei Veda saranno impregnati delle tradizioni dei loro antenati rispettivamente di queste due lontane parti del Paese, parti che, fino a poco tempo fa, non sono state ben collegate. Supponete che questi due studiosi si incontrino ed uno di essi cominci a cantare le Taittriya Upanishad. L' altro non avrebbe assolutamente nessuna difficoltà ad associarsi alla recitazione del primo Pandit. Questo sia perché la tradizione della recitazione è la stessa per entrambi, e poi perché la recitazione è fissa ed è rimasta invariata attraverso le epoche. Spero comprendiate questo punto. E riflettendoci bene, troverete che questo aspetto è unico.
SWAMI SUL PERCHÉ ESISTONO I VEDA
Mi permetto per un attimo di tornare a considerare l' aspetto della rivelazione Divina. Tali rivelazioni non sono così rare come la gente immagina, e sono capitate a molte persone in molti luoghi ed in varie epoche storiche. Sono accadute persino nella scienza. Naturalmente gli storici scientifici non le hanno registrate in quella chiave. Dicono che Archimede ha avuto un 'lampo' di genio che lo ha portato ad una scoperta, o che Einstein ha avuto un flash di intuizione, e così via. Comunque questi lampi o flash altro non sono che rivelazioni del Divino, forse in relazione con il mondo materiale, ma comunque sempre rivelazioni. Torniamo a Swami e vediamo che cos' altro ha da dire sui Veda. Questa è un' altra Sua citazione:
["I Veda hanno preso forma solo per dimostrare ed enfatizzare l'esistenza di Dio. I Veda sono una collezione di parole che SONO la Verità, e vennero visualizzate dai Saggi che avevano acquisito la capacità di riceverle nella loro consapevolezza illuminata. In realtà la Parola è il vero e proprio Respiro di Dio, la Persona Suprema. L'importanza unica dei Veda risiede in questo fatto"]
PERCHÉ I VEDA VENGONO CHIAMATI SRUTHI
I Veda vengono talvolta chiamati Sruthi in virtù del fatto che originariamente esistevano solo in forma sonora. Nelle Scritture, Sruthi significa 'ciò che viene udito'. La vera ragione per cui ai Veda venne dato il nome Sruthi è che le Vibrazioni Cosmiche, che non possono essere sentite con le orecchie né viste con gli occhi, venivano però udite in meditazione dai Saggi sotto forma di suoni. Questo è uno dei motivi per cui all' aspetto del suono viene conferita così tanta importanza. Ecco perché gli insegnanti dei Veda pongono tanta attenzione alla corretta pronuncia delle parole ed alla intonazione durante il canto. Coloro che hanno avuto la possibilità di ascoltare gli studenti mentre cantano i Veda per ore davanti a Swami potranno apprezzare ciò che sto dicendo.
Swami mentre parla dei Veda
Gli indiani dell' antichità allestirono elaborati esercizi di recitazione affinché attraverso le epoche i canti rimanessero invariati e non si corrompessero o subissero cambiamenti. Questa è una cosa talmente notevole, e non so se esiste qualcos'altro che possa esserle assimilato.
LA STRUTTURA DEI VEDA
Adesso dirò qualcosa sulla struttura dei Veda. Generalmente si dice che i Veda siano quattro. Ed è vero, ma la classificazione è stata fatta dopo molte migliaia di anni. Ci fu prima di allora, diciamo, un periodo di scoperta? Le rivelazioni arrivarono a persone appartenenti a diverse epoche, ed erano incapsulate negli inni vedici. C'erano migliaia e migliaia di inni, ma sfortunatamente la maggior parte di essi si è persa nel tempo. Quella che è arrivata fino a noi è solo una piccola parte. Nonostante ciò, i Veda non sono solo grandi in se stessi ma raccontano, a modo loro , la storia dell'evoluzione del pensiero umano. Arriverò a questo aspetto fra poco. Per ora mi fermerò sull' argomento concernente la struttura dei Veda.
Vyasa
Oggi riconosciamo quattro Veda: il Rig Veda, il Sama Veda, lo Yajur Veda e l'Atharvana Veda. Apparentemente fu il Saggio Vyasa a fare la compilazione e la classificazione degli inni vedici nel modo che conosciamo. È d'uso identificare in ciascun Veda tre porzioni conosciute rispettivamente come: Samhita, Brahmana e Aranyaka. Quindi, il Rig Veda ha il suo Samhita, il suo Brahmana ed il suo Aranyaka. La stessa cosa è valida anche per gli altri tre Veda.
LA DIVISIONE DI CIASCUN VEDA
Ora, che cosa significano queste 'porzioni'? Perché questa divisione? Questo è l' argomento che affronterò ora. In un certo senso le tre porzioni indicano l'evoluzione del pensiero vedico. La parola Samhita significa 'ciò che è stato raccolto ed organizzato' . Il Samhita di un particolare Veda contiene i Mantra che appartengono a quel Veda, organizzati in modo sistematico. Questi Mantra nel loro insieme sono portatori dell'obiettivo principale di quel particolare Veda. I Mantra vedici che ascoltiamo più spesso provengono principalmente dai Samhita. I Brahmana invece descrivono le procedure da seguire per compiere certi riti. Sui Brahmana, Swami dice:
['I Brahmana costituiscono una parte importante dei Veda, e si riferiscono alle corrette procedure da seguire nell' esecuzione di riti quali gli Yajna e gli Yaga. Trattandosi di riti cerimoniali volti all' acquisizione di piaceri mondani, tuttavia, tali cerimonie non possono offrirvi l' Atmananda, cioè la pura Beatitudine Atmica. Essi possono solo procurarvi godimenti sensoriali o assicurarvi piaceri epicurei, che sono intrinsecamente transeunti. La ricerca della pura e durevole Beatitudine dell' Atma condusse gli antichi Rishi a rifugiarsi nella solitudine della foresta']
Questo mi fa approdare con dolcezza direttamente negli Aranyaka. Infatti questa parola deriva dalla parola Aranya, che significa 'foresta'. Quindi, gli Aranyaka sono quacosa a cui ci si riferisce talvolta come ai libri della foresta e per un buon motivo. Come già indicato nella citazione di Swami, né gli Samhita né i Brahmana richiedono ad una persona di rinunciare a tutto e ritirarsi nella foresta a contemplare Dio ed a focalizzarsi totalmente sullo sviluppo spirituale. Non c'è dubbio sul fatto che cantare i Mantra dei Samhita promuova una certa purezza della mente, ma per quanto riguarda lo sviluppo spirituale essi possono far progredire una persona solo fino ad un certo punto. Gli Aranyaka hanno un diverso obiettivo. Essi sono intesi per coloro che intendono raggiungere alti livelli di sviluppo mediante un' intensa contemplazione e la meditazione sul Supremo nel Suo aspetto più astratto. Le famose Upanishad sono alla fine degli Aranyaka e rappresentano la quintessenza della conoscenza vedica. Swami la mette così: ³Gli antichi Saggi hanno comunicato la saggezza spirituale ad essi rivelata attraverso le Upanishad²
EVOLUZIONE DEL PENSIERO VEDICO
Il Primo Passo
Dopo questa breve introduzione ai Veda posso finalmente cominciare a commentare il pensiero vedico. Se si considerano attentamente questi sacri testi, che si perdono nei meandri del tempo, non è possibile non notarne chiaramente la linea evolutiva.
' Se nella Natura erano presenti delle forze, dovevano
necessariamente esistere anche degli agenti che le controllavano. ..'
I primissimi inni sono nel Rig Veda, ed essi non esprimono solo il senso di meraviglia dell'uomo dell'antichità , ma rivelano anche come egli si identificasse con Divinità specifiche, quali Indra, Agni, Vayu e le altre forze della Natura. Su tutto questo Swami dice:
["La primissima esperienza del pensiero indiano è un brivido di meraviglia. Questo viene espresso negli inni, o 'rik', trovati nel Rig Veda. Tutti i 'rik' riguardano le Divinità, o Deva, quali Indra, Varuna e così via"]
Da questo possiamo dedurre che i ricercatori dei primissimi tempi non capivano Brahman, l' Essenza Ultima, etc. Come altri popoli in diverse parti della Terra, anche in India gli antichi erano colmi di stupore davanti a tutte le manifestazioni e le forze naturali, quali il tuono, il fulmine, il vento, la pioggia etc. Essi capivano anche, forse in un loro modo imperfetto, che fra i vari agenti della Natura esisteva una sinergia sottile atta a promuovere il sostenimento della vita sulla Terra. Tutto, dalla formica all'elefante, era visto come parte di un misterioso ciclo cosmico. Il primissimo pensiero, oltre all'inevitabile senso di stupore, si trovò collegato ad una risposta dettata dalla logica: se nella Natura erano presenti delle forze, dovevano necessariamente esistere anche degli agenti che le controllavano. Questi agenti vennero identificati nei Deva, ed a questi, a seconda dei 'settori di competenza', vennero assegnati diversi nomi, quali Indra, Agni, etc. Questo è quello che definirei come il 'primo livello del pensiero' del lungo processo evolutivo. È interessante notare che anche i Greci passarono attraverso un processo filosofico molto simile. Anch'essi ebbero un dio del fuoco e molti altri dèi, preposti ai molteplici aspetti della natura. Ovunque, sul pianeta, sin dagli albori dell' umanità troviamo la stessa situazione in tutte le società tribali: dall' Africa all' America settentrionale le tribù hanno adorato un largo spettro di divinità, o spiriti, e questo dimostra che gli antichi ebbero dappertutto un' implicita fede nel fatto che nell'Universo esistesse qualcosa di più di quanto vediamo con gli occhi fisici o sperimentiamo con i sensi.
Il Secondo Passo: Adorare gli Elementi
Dopo aver deciso che esistevano i Deva, esseri capaci di agire sui vari aspetti della Natura e di controllarne le forze, il passo successivo consisteva nell' adorarli e nel compiere vari riti allo scopo di propiziarseli.
Adorazione del fiume
Infatti, una volta accettata l'esistenza dei Deva, i riti erano apparsi quasi subito. Qualcuno si ricorderà, per esempio, che l' imperatore Dasaratha celebrò il Putrakameshti Yaga, un rito specifico che viene eseguito per assicurarsi la progenie (a proposito, questo rito viene celebrato ancor oggi dalle coppie senza figli). Ricapitolando, nel processo evolutivo il primo passo fu quello di identificare l'esistenza dei Deva e di adorarli. In seguito, i ricercatori vedici più diligenti decisero di approfondire la loro indagine su queste divinità ed arrivarono alla conclusione che a coordinare i Deva dovesse esserci un 'super-dio'. Questo significava che le divinità erano una sorta di 'vice-re' e che erano governate da un re [gerarchicamente ad esse superiore]. Fu così che nacque la convinzione dell' esistenza di un Potere superiore alle divinità, che venne chiamato 'Dio'. A questo punto sorse un problema: chi si doveva adorare? Alcuni proposero di adorare le divinità per assicurarsi dei favori specifici, e di rivolgersi poi a Dio, che le governava, ogniqualvolta le divinità non avessero garantito 'la consegna della merce'. Nell' India antica molti cominciarono ad adorare Varuna, il dio della pioggia, quando arrivavano i monsoni, ma pregavano altre divinità per riuscire a procreare o se erano affetti da qualche malattia e per altre cose del genere. Questo era un po' come andare ai diversi sportelli di una banca a seconda dei diversi servizi richiesti. Arrivati a questo punto alcuni filosofi pensarono: ³Ehi, aspettate un attimo. Esaminiamo questa faccenda un po' più dettagliatamente!² E questo fecero. La risposta viene al meglio illustrata tramite l' analogia della banca. Prendiamo ad esempio la Banca Statale dell'India a Prasanthi Nilayam durante le ore di punta, quando molti clienti si trovano negli uffici a parlare con qualche impiegato. Spesso sono occidentali con grandi depositi bancari che devono fare qualche operazione, come ritirare del contante, cambiare valuta straniera o versare denaro e così via. Ognuna di queste operazioni viene trattata da un impiegato espressamente incaricato di occuparsi di un particolare sportello; ma un VIP (Iniziali dell' espressione inglese 'Very Important Person': indica una persona molto importante; N.d.T.) non dovrà fare le code e tutte le operazioni di cui ha bisogno verranno evase mentre lui è comodamente seduto a parlare con il direttore. Allo stesso modo, questi profondi pensatori dell' India antica arrivarono alla significativa conclusione che, sebbene esistessero numerose divinità pronte a prendersi cura ognuna di un problema diverso, tutte le Grazie di cui si aveva bisogno potevano essere concesse direttamente da Dio. Infatti, dato che Egli governava su tutti i Deva, non c'era bisogno di trattare separatamente con essi, che erano divinità inferiori.
LA COMPRENSIONE FINALE - L'ESISTENZA DEL SUPREMO
Con il tempo, passo dopo passo, i ricercatori arrivarono a realizzare che esiste un Essere Supremo che trascende questo mondo, l' Universo e persino lo spazio ed il tempo. Essi realizzarono anche che questo Supremo Essere, che si trova al di là del tempo e dello spazio, non poteva venir descritto a parole né concepito dalla mente. Abbiamo sentito numerosi oratori citare la frase vedica 'Yato vaache nivarthante aprapya manasachaha'. Essa si riferisce a Qualcosa che è al di Là di ogni descrizione e persino al di là di ogni pensiero.
'Yato vaache nivarthante aprapya manasachaha'.
La dimensione Spazio-Tempo è una tenda che divide il Creatore dalla Creazione. La Creazione è da questa parte della tenda, mentre il Creatore, nella Sua Gloria assoluta e purissima, si trova per così dire dall' altra parte di essa. I ricercatori, lentamente ma inesorabilmente, cominciarono a mettere a fuoco l'esistenza della tenda e la presenza di Qualcosa di Supremo al di là della tenda stessa. Questo Qualcosa è Dio, del quale tutti siamo figli, a qualsiasi razza, religione, credo o nazionalità apparteniamo.
I VEDA SONO UNIVERSALI
In questo senso i Veda sono universali e questo è il motivo per cui Swami dà loro così tanta importanza, NON perché sono di origine indiana! Ripeto, i Veda sono focalizzati su QUALCOSA DI MISTICO, ETERNO ED IMMUTABILE, che trascende il mondo, l' Universo e lo Spazio/Tempo. Questo Qualcosa è al di là delle parole e della stessa mente, pur tanto indagata anch'essa, e a ragion veduta, dai veggenti vedici. Nelle varie epoche, ci sono stati pensatori che si sono dedicati a questa stessa ricerca con mezzi diversi.
Uno di questi fu Albert Einstein. Un giorno, spiegando perché si era dedicato alla scienza, egli disse:
"La conoscenza di un Qualcosa il cui segreto non sia penetrabile, accessibile alle nostre menti solo nelle sue forme più primitive: è qui, in questa Conoscenza e nell' emozione da essa suscitata, che consiste la vera religiosità. In questo senso io sono un uomo profondamente religioso".
Einstein cercò di catturare attraverso la scienza un barlume dell'Infinito Cosmico, mentre i ricercatori dell' epoca vedica avevano cercato di trovare quella stessa ETERNITÀ seguendo il sentiero della devozione e della ricerca spirituale.
LE UNITÀ SUPPLEMENTARI DEI VEDA
Proseguirò a parlare del concetto vedico di Dio e degli argomenti a questo correlati più tardi, ma per ora permettetemi di ricordarvi per amor di cronaca che, oltre ai quattro Veda principali, ci sono molte unità supplementari che includono sei Vedaanga e quattro Upaanga. La parola Anga significa 'arto'; quindi i Vedaanga sono, per così dire, gli arti dei Veda, mentre gli Upaanga ne sono gli arti sussidiari. Non scenderò in dettagli per quanto li riguarda, ma una parte degli Upaanga è importante e va menzionata: si tratta dei Puraana. I Puraana sono importanti perché provvedono alle necessità delle masse.
Paramacharya di Kanchi
A proposito dei Puraana, ecco che ebbe a dire il fu Paramacharya di Kanchi:
'I Puraana possono essere definiti la lente di ingrandimento dei Veda perché ingrandiscono le immagini piccole facendole diventare grandi: le ingiunzioni vediche contenute in forma di sintetiche dichiarazioni, nei Puraana vengono ingrandite o elaborate in forma di storie ed aneddoti'.
Questo è un punto importante. Prendete la Verità, o Sathya. L'importanza di aderire alla Verità, quale che ne siano le conseguenze, è meravigliosamente semplificata dalla storia del Re Harishchandra*. Questa storia, fino a poco tempo fa, veniva regolarmente rappresentata in forma di commedia in tutti i villaggi indiani. È così che nel tempo il popolo imparava l'importanza di aderire alla Verità. Io stesso ho sentito dei paesani analfabeti che dicevano: ³Io aderisco alla Verità². Non dobbiamo neppure dimenticare che fu proprio una di queste commedie sulla storia di Harishchandra, recitata in qualche piazza di paese, ad avere un profondo impatto su Gandhi bambino, influendo non solo sulla sua vita ma anche, in qualche misura, sull'intera umanità.
SWAMI: COME I VEDA AIUTANO L'UOMO
'I Veda insegnano all'uomo che cosa deve fare'
Credo che la cosa migliore che posso fare oggi sia di concludere con una citazione di Swami:
["I Veda insegnano all'uomo che cosa deve fare. Essi descrivono i diritti ed i doveri, gli obblighi e le responsabilità di tutti gli stadi della vita dell' uomo studente, capofamiglia, recluso e monaco. Per rendere chiaro il significato dei dettami e degli assiomi vedici e far sì che tutti capiscano il significato e lo scopo delle prescrizioni e dei divieti, nel corso del tempo sono venuti in esistenza i Vedaanaga, gli Upaanga, i Puraana ed i testi epici. L' uomo deve capire quanto questi testi gli possano essere di aiuto per comprendere il significato della sua esistenza e della sua realtà"]
Suppongo che questo ponga i Veda e tutte le composizioni supplementari in una prospettiva appropriata. La prossima volta vi farò una panoramica su una delle Upanishad.
Jai Sai Ram.
* (Qui di seguito, per larghi tratti, ecco la storia di Harishchandra. Harishchandra era il figlio di Triksankhu, della stirpe degli Ishwaku (la stessa di Rama), e governava Ayodhya, nell'India Settentrionale. Era un re molto giusto. Era sposato con Taramati, ma erano sterili, per cui pregarono il dio Varuna di concedere loro la gioia di un figlio. La grazia venne loro concessa a patto che il bambino venisse sacrificato a Varuna appena fosse nato. Qui cominciò l'agonia di Harishchandra, che pur di veder rimandata l'esecuzione della promessa addusse negli anni sempre nuove scuse per indurre Varuna a lasciargli l'amato figlioletto. Ma non appena il ragazzo fu abbastanza grande per capire che la sua vita era stata promessa a Varuna, fuggì di casa e sparì, provocando l'ira del dio, che lo maledisse. In conseguenza a ciò il ragazzo contrasse una terribile malattia. Harishchandra ne fu talmente disperato che Varuna, mosso da pietà, ritirò la maledizione. Il ragazzo guarì ed il dio liberò Harishchandra dalla promessa. Il re prese però la decisione che un uomo non dovrebbe mai mancare alla parola data. "Il valore di un uomo si misura dalla bontà della sua parola. Si deve realizzare il valore della Verità", disse. Da allora in poi Harishchandra visse all'insegna della Verità e passò ai posteri come "Satyavrata" cioè 'Colui che osserva la Verità". [Nota del Traduttore] )