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Intervista al Prof. Anil Kumar 2

5 marzo 2006

PER ME LA SUA MANIFESTAZIONE PIU’ GRANDE E’ IL SUO AMORE

Un’intervista con il Prof. Anil Kumar



Il Prof. Anil Kumar è ben conosciuto nella veste di traduttore dei discorsi di Swami dal Telugu all’Inglese e per le sue piacevoli conferenze della domenica mattina a Prashanti Nilayam; egli visita molti centri Sai con lo stesso scopo. Autore di numerosi libri su Swami, precedente Rettore dell’Università di Brindavan, egli è al momento membro del Dipartimento di Scienze Biologiche presso il SSSIHL di Prashanti Nilayam. L’intervista è stata condotta dai signori David e Ann Jevons che provengono dal Regno Unito.

David (D): Come è venuto a sapere di Sai Baba e che cosa lo ha attratto inizialmente verso di Lui?

Anil: Nel 1970 un devoto illustre e grande scienziato, il Dott. Bhagavantam, ebbe l’occasione di visitare la città in cui vivevo e tenne un discorso raccontando le sue esperienze con Sai Baba in modo molto scientifico il che mi fece una profonda impressione. Quell’anno ebbi dei problemi in famiglia per cui andai a Prashanti Nilayam per chiedere aiuto; posso dire che non ebbi l’opportunità di parlarGli, non mi fu possibile toccare i Suoi Piedi e quindi furono per me cinque giorni di insuccesso. Egli era divinamente malizioso: parlò quasi con tutti ma non con me. Ciò nonostante, tornato a casa, scoprii che i problemi si erano risolti. La salute di mia moglie era ultimamente peggiorata molto e, quando ero a Prashanti Nilayam, pregavo dentro di me dicendo: “Se Tu sei veramente Dio, ti prego di restituirmela in buona salute; abbiamo quattro bambini e se ella muore io non posso prendermene cura da solo”. Bene, senza parlare con Lui, senza alcun padanamaskara o altro, mia moglie recuperò la piena salute. Dopo di ciò io cominciai a leggere i discorsi di Baba e ne fui molto ispirato. Da studente ero sempre il primo in eloquenza e dibattito, mai nelle materie accademiche, non ho mai preso la medaglia d’oro negli studi ma, in tutte le competizioni di eloquenza, sono sempre stato il primo; ero molto interessato nel parlare in pubblico e ad apprendere reali capacità di comunicazione. Così, essendo stato ispirato dai discorsi di Swami, cominciai a parlarne con piccoli gruppi dopo di che la gente prese ad invitarmi a farlo. Questo è andato avanti per otto anni.









Sono andato a trovare Sai Baba molte volte ma Egli mi ha ignorato anno dopo anno e non soltanto me ma tutta la fila in cui sedevo; io ero solito dire ai miei amici che potevano sedermi a fianco nella canteen o in albergo ma che mai, dico mai, si sedessero con me al Darshan perché Sai Baba certamente non li avrebbe neppure guardarti! Comunque, dopo otto lunghi anni di attesa, Egli mi chiamò e, cosa molto più importante, mi chiese di tenere un discorso nel Purnachandra Auditorium; da allora in poi sono stato in stretto contatto con Lui.

D: Ci vuol raccontare il suo primo incontro con Sai Baba? So che ha già raccontato questa storia ma molti dei nostri lettori non la conoscono ed io personalmente la trovo molto divertente.

Anil: Bene, nel 1977, dopo otto anni di esilio, stavo andando a Prashanti Nilayam quando incrociai l’auto di Sai Baba che era diretto ad Anantapur per cui feci dietro front e Lo seguii. Là scoprii che Egli era impegnato con i dirigenti del college femminile. Voi sapete bene che nel college delle ragazze non possono entrare neanche i maschi delle zanzare! Per questo fui fermato al cancello e dovetti aspettare fuori. Ad un certo punto Swami apparve sulla porta in mezzo a numerose persone importanti; la guardia ebbe pietà di me e disse “Signore, vada pure pochi passi oltre il cancello ma la prego di non proseguire” al che io lo ringraziai ed entrai. All’improvviso Swami gridò “Anil Kumar, vieni qua” ed io corsi verso di Lui pensando “Come fa a conoscere il mio nome? Perché mi ha ignorato per tutti questi anni? Perché non mi ha mai guardato? Non conosce i miei problemi?” mentre, nello stesso tempo, mi sentivo pieno di gioia. Swami disse: ”Oh, ieri sera hai tenuto una conferenza su di Me e tutti l’hanno apprezzata. Come sta tua moglie?” Io risposi: “Swami, è lei che mi ha portato a Te”. “Lo so” disse Lui e materializzò della vibhuti per me ingiungendomi di andarLo a trovare a Puttaparti.







D: Ci dica come è diventato l’interprete di Sai Baba. Quale è stata la sequenza di eventi che ha portato alla sua selezione per questo incarico?

Anil: Ebbene, io ero il Presidente nazionale della Sathya Sai Organisation dell’Andhra Pradesh e, come tale, partecipavo agli incontri del Consiglio Mondiale. Una volta accadde che Sai Baba organizzasse nel Mandir un incontro dei membri del Consiglio; all’improvviso Egli ebbe bisogno di un interprete e, dato che io vengo dall'Andhra Pradesh e lì si parla il Telugu, subito mi chiese di tradurre. Alla fine del discorso disse soltanto “ Oh, veloce, molto veloce!” e questo fu tutto; per un periodo non si presentò nessuna altra opportunità di operare da interprete. Nel 1989 ebbi l’incarico di Rettore del Sathya Sai Baba College a Whitefield e da allora sono stato l’interprete usuale. Tutto quello che posso dire su questo ruolo è che non sempre ottengo il massimo del successo nel tradurre, che non sono in ciò particolarmente competente e certamente non sono l’unico che può farlo. Io considero il ruolo più come una opportunità offertami che come qualcosa che ho cercato, più una benedizione conferita che una risposta ad una preghiera; io sbaglio molte volte e Sai Baba mi corregge sempre per cui so che devo lavorare ancora molto, so di non essere perfetto ma spero semplicemente di soddisfare i bisogni dei devoti.









D: Secondo il criterio della maggior parte delle persone, lei è molto vicino a Sai Baba e non dico questo soltanto perché lei è il Suo interprete ma anche perché, sedendo sulla veranda, lei è alla Sua presenza e parla con Lui quasi tutti i giorni. Che cosa le ha insegnato su Baba questa vicinanza?

Anil: Sarò molto sincero perché so che gli occidentali, come ad esempio gli americani e gli inglesi, apprezzano la franchezza ed anch’io li apprezzo per tale ragione. Per prima cosa lei dice che io sono vicino a Swami ma, per la mia esperienza, il modo di avvicinarsi a Sai Baba non è mai il discutere argomenti personali con Lui, e con argomenti personali intendo cose come problemi con la famiglia, problemi dell’ashram, con i colleghi, con il college, di salute, di casa. In secondo luogo io sono molto interessato al messaggio di Swami e quindi voglio conoscere tutto di Lui, voglio chiarimenti su tutti i Suoi insegnamenti perché sono interessato a dividerli con chiunque voglia ascoltarmi. È un fatto che quando parlo e condivido l’argomento Sai Baba, io dimentico dove sono, dimentico tutti i miei problemi, tutto, perché condividere il messaggio di Sai mi dà una gioia immensa. Quindi, quando ho dei dubbi circa un qualunque aspetto degli insegnamenti, cerco un chiarimento; chi altri può darmelo se non Sai? Così, pian piano, comincio a stuzzicare e tormentare Swami per metterLo in una posizione sconveniente, a volte persino causando irritazione, in modo da poterGli estorcere una risposta Divina da poter poi dividere con tutti. In terza battuta, io Gli dico apertamente come sono contento di Lui, come è gradevole la Sua apparenza quella mattina, come è bello il Suo vestito, come è stato dolce il Darshan, come si comportano bene i Suoi allievi, come è stato meraviglioso il Suo discorso e come è stato gradito dai Suoi devoti. Io credo che questi tre fattori mi abbiano portato vicino a Lui.

D: Qual’è la più grande verità che Swami le ha insegnato?

Anil : La verità più grande che Swami mi ha insegnato è una sorta di preparazione ad accettare qualunque cosa mi accada nella vita, buona o cattiva che sia; accettazione o, se vuol usare un altro termine, abbandono spirituale. “Abbandono”, io credo, è un termine più elevato di accettazione. Se mi accade qualcosa di spiacevole, non mi fa scappare via; se mi cade la manna dal cielo non mi fa sentire egoista ed orgoglioso. Sono preparato ad accettare equanimemente qualunque cosa mi accada, sia le vacche grasse che le vacche magre, ed indipendentemente da ciò io continuerò ad amare Sai Baba, ad ascoltare il Suo messaggio, a dividere con tutti la gioia, l’eccitazione e l’entusiasmo per la Sua missione. Il regalo più grande che Baba può farmi è permettermi di partecipare alla Sua Divina Missione.







D: Io credo che questa sia una lezione molto difficile da imparare per la maggior parte dei devoti specialmente per quelli che sono fisicamente vicini a Swami ed Egli apparentemente comincia ad ignorare. Noti che dico “apparentemente”. Una volta Egli li riconosce e parla con loro e la volta dopo sembra che li ignori; essi si sentono totalmente rifiutati.

Anil: È il corteggiamento!

D: Si, è vero, ma per i devoti è comunque veramente difficile accettare quello che sembra un rifiuto.

Anil: È molto simile ai problemi con la moglie e con i figli: se io passo molto tempo lontano da casa, lavorando nel College o nell’Ashram, i figli mi dicono: “Babbo, tu non hai mai tempo per noi”. Essere padre è molto impegnativo; io so che questo è vero.

D: Ci vuol descrivere la più grande manifestazione che ha visto da parte di Swami?

Anil: Per me la Sua più grande manifestazione è ciò che chiamo il Suo interessamento, il Suo Amore. Faccio un esempio: alcuni anni fa stavo aspettando i risultati dell’esame di ammissione di mio figlio ad ingegneria ma, proprio il giorno in cui dovevano esser pubblicati, il Presidente dell’India, il primo cittadino di questo paese, veniva a visitare Prashanti Nilayam. Sai Baba lentamente, dolcemente e sorridendo mi si avvicinò durante il Darshan ed, in piedi di fronte a me, sollevò ambedue le braccia dicendo:

“Come sta, signore?”

Io risposi: “Swami, sto benissimo”.

Baba mi chiese: “Come va tuo figlio?

“Sono in attesa dei risultati, Swami”.

“No, no. Egli sarà ammesso, diventerà un ingegnere e sarà promosso con lode, non ti preoccupare Anil Kumar”.

Io caddi immediatamente ai Suoi Piedi e pensai: “Oh Dio, mentre il Presidente dell’India e tutte le personalità stanno aspettando alla porta, Tu ti preoccupi di mostrare il Tuo interessamento per questo piccolo ed affatto importante individuo, Anil Kumar. Ti sono grato Swami per questa attenzione, per questo Amore che va oltre la posizione, lo stato ed il censo”. Quindi, si, per me la Sua più grande manifestazione è il Suo Amore.

D: Anil, noi eravamo presenti quella notte in cui Swami, nella Sua casa a Kodaicanal, le materializzò un orologio dopo che lei aveva tradotto il Suo discorso. Qual è la più grande materializzazione fisica che Gli ha visto produrre?

Anil: Io non so quanti di voi abbiano sentito parlare di Balarama, il fratello di Krishna. Sai Baba un giorno disse che l’indomani avrebbe invitato i Suoi allievi ed alcuni ospiti ad un pranzo molto speciale. Io Gli chiesi perché il pranzo fosse speciale ed Egli replicò che avrebbe parlato del matrimonio di Balarama e Revathi in quanto quel giorno ne ricorreva l’anniversario. Il pranzo sarebbe stato un banchetto con venticinque portate sul menu. Quindi il giorno dopo ci fu questo speciale banchetto, questo pranzo di nozze con venticinque portate; gli stranieri e vari onorevoli ospiti vi presenziarono. Nel pomeriggio Swami tenne un discorso in cui descrisse come Dei e Dee abbiano assistito al matrimonio di Balarama e Revathi. Brahma, Vishnu e Shiva presenziarono a questa celebrazione divina con tutti gli altri Dei e Dee e, verso la fine della cerimonia, Brahma presentò un regalo di nozze. Qualcuno chiese a Swami quale fosse il regalo ed, a questo punto, la mano di Sai Baba descrisse tre circoli nell’aria: ci fu un ronzio simile a quello di un’ape e, con grande sorpresa e meraviglia dei presenti, Egli materializzò un oggetto della grandezza di una caraffa. Era un arco incastonato di diamanti, quattro file di quattro; ce ne saranno stati 200. La struttura dell’arco era d’oro con altri diamanti in file di quattro, una piastra d’oro ornata al centro da un cigno sostenuto da una catena d’oro, il cui stomaco era simile al vetro, trasparente, con occhi di diamante. Tutti osservavano in totale sbalordimento.

Baba disse “Guardalo Anil”

Io risposi “Oh, è stupendo, Swami”

“No, osserva il naso del cigno”

“Si Swami, è davvero bellissimo”.

“No, osserva gli occhi del cigno”.

“Si Swami” replicai “sono fatti di diamante”.

“No, no” disse Swami “Sei uno sciocco”

“Swami, non è una novità, lo so che sono uno sciocco, non si tratta di qualcosa che io già non conosca. Non diventerò uno sciocco all’improvviso, lasciami continuare ad essere uno sciocco!”

“Osserva lo stomaco, scioccone”.

Io guardai lo stomaco e vi trovai niente meno che l’immagine di Bhagavan Sri Sathya Sai Baba in posizione distesa. Questa è la manifestazione! Penso che non ne vedrò una simile negli anni a venire.

D: Una volta noi abbiamo fatto ridere Sai Baba durante un colloquio usando l’espressione “Le storie di Baba” che è il nome che usiamo per indicare le storie che i devoti si raccontano su ciò che Baba fa e sulle Sue materializzazioni. Effettivamente Swami Stesso ha detto una volta che le storie di Baba sono migliori dei Bhajan perché spesso, durante i Bhajan, la gente si addormenta mentre è sempre ben sveglia ed interessata quando si raccontano le storie di Baba. Qual è la migliore storia che lei ha udito da Baba?

Anil: Si, è vero che alcuni si addormentano durante i Bhajan ma questo accade per la sola ragione che non ne comprendono il significato; si addormentano perché non c’è desiderio, non c’è nessuna sincerità, nessun struggimento per Dio. La gente dorme soltanto perché non comprende, perché il cuore non è pronto e la mente è piena di pensieri che riguardano mondo, di affari e faccende giornaliere. Invece le storie di Baba non fanno mai addormentare perché vengono immediatamente comprese, perché sono piene di scherzi divertenti, perché si riferiscono alla nostra situazione di tutti i giorni e fanno ridere. Vi faccio un esempio: un giorno, durante il darshan, Sai Baba parlava con i bambini della scuola elementare e chiese ad uno di loro, che avrà avuto sei o sette anni, “Da dove vieni, ragazzo?” Il bimbo rispose “Swami, io vengo da Te” dopo di che Sai Baba si voltò e disse a tutti i VIP seduti sulla veranda: “Se Io ponessi a voi quella domanda, voi rispondereste ‘Io vengo da Mumbai’ o ‘Io vengo da Madras’ oppure ‘Io vengo dall’Inghilterra’ ma questo bimbo dice ‘Io vengo da Te’. Questo è Divino, i bambini sono Divini”. Allora Sai Baba fece al bambino una seconda domanda “Quanti fratelli hai?” e la risposta fu “Swami, tutti sono miei fratelli”. “Vedete che apertura mentale hanno i bambini: questo bimbo considera tutti suoi fratelli mentre, se Io avessi fatto a voi la stessa domanda, voi avreste risposto ‘Due fratelli, Swami’ o ‘Tre fratelli, Swami’. Voi siete di idee ristrette”. Baba pose al bambino una terza domanda “Quante sorelle hai?” e la risposta fu “Tutte sono mie sorelle, Swami.

“No, no, no” disse Swami “Tutte sono tue sorelle meno una, tua moglie” al che tutti risero e Baba di nuovo al ragazzo “Quante mogli hai?” e quello “Swami, tutte sono mie mogli”.

“Oh no, no, no, ti sbagli” disse Baba ed aggiunse “Questo ragazzo pensa di essere abbastanza brillante da dare una risposta a Bhagavan” dopodiché, rivolgendosi di nuovo al bambino, continuò “Chi sei tu?” La risposta fu “Swami, io sono Dio” e Baba rispose “Ebbene, se sei Dio, vai a dare il Darshan” al che tutti scoppiarono a ridere. La gente ama i Suoi scherzi, il suo umorismo.

D: Che cos’è che lei considera il più grande successo derivato dal suo rapporto con Sai Baba?

Anil: Si, questa è una buona domanda. Non mi fraintendete se propongo questo punto di vista, voi potete non essere d’accordo con me. La filosofia Indù è così vasta che può confondere; una scuola parla di Non-dualismo o Advaita, un’altra parla di Non-dualismo Qualificato o Vishista Advaita ed un’altra ancora parla di Dualismo o Dvaita. C’è poi una corrente filosofica che sostiene l’adorazione di Dio con forma, Sakara, un’altra vuole che si adori il Dio senza forma, Nirakara, una che predica l’adorazione di Dio senza attributi, Nirguna, ed un’altra che raccomanda l’adorazione di Dio con attributi o Saguna. Che fare? Un guru dice che si deve seguire la via dell’azione, il Karma Yoga, un altro raccomanda di seguire il sentiero della devozione, Bhakti Yoga, ed un altro ancora insegna a percorrere la via della saggezza, Jnana Yoga. Ci sono letteralmente migliaia di Dei; a volte penso che il numero degli Dei superi quello degli essere umani. Che cosa dovrei fare? È a questo punto che Sai Baba entra nella mia vita ed insegna che i gioielli sono molti ma l’oro è uno, che le mucche sono molte ma il latte è uno, che i fiori sono molti ma l’adorazione è una, che gli esseri sono molti ma l’aria che respirano è una, che le stelle sono molte ma il cielo è uno, che le nazioni sono molte ma la Terra è una, che le forme sono molte ma Dio è Uno. Egli insegna il principio dell’unicità, dell’unità o Advaita. Il più grande regalo che io abbia quindi ricevuto da Sai Baba è la chiarezza nei pensieri, la precisione nel mio rapporto, l’esattezza nella mia pratica, che non lasciano spazio ad alcun dubbio o confusione. Io ho una visione molto chiara, nessuno può mettermi in imbarazzo perché Sai Baba mi ha dato un’immagine chiara della filosofia. Questo è il regalo più grande che Egli poteva farmi ed io non voglio altro che questo da Lui, non voglio nessuno degli anelli, delle catene o dei medaglioni che Egli regala. Quello stadio è passato per sempre.

D: Può guardare indietro e raccontarci qualche incidente, nella sua relazione con Sai Baba, relativo al periodo in cui lei pensava che questo fosse tutto un grande errore, un fallimento, mentre ora si rivela come una grande esperienza formativa? C’è mai stato un momento che le ha fatto pensare di rinunciare al tutto ed è invece risultato, in seguito, fattore di un grande passo avanti nella fede o nella consapevolezza?











Anil: Come nota personale, io vengo da una famiglia che, da tre generazioni, segue una religione che adora Dio senza forma, un Dio che non è soggetto a nascita o morte; noi adoriamo Dio senza attributi, non crediamo nella reincarnazione, non accettiamo Rama e Krisna ne operiamo alcuna forma di adorazione pensando che Dio sia un fenomeno, come un Essere che è al di là della nascita e della morte. Io sono stato allevato con questa fede per cui Sai Baba ha impiegato otto anni per farmi meritare abbastanza da accettarLo, per rendermi pronto ad accettare la Sua filosofia, perché io fossi maturo abbastanza per assorbire ciò che Egli aveva da darmi; per questo ho avuto un periodo di prova di otto anni che mi ha reso più adatto, più ricettivo per Lui. A quel tempo l’esperienza non è stata molto piacevole ma ora, guardando indietro, vedo che era necessaria e quindi non ho rimpianti.

D: Sempre più stranieri vengono nell’ashram, specialmente negli ultimi anni; guardando i fazzoletti dei devoti nelle file per il Darshan, si vedono emblemi di paesi mai visti prima, anche molto piccoli e remoti. Sai Baba le ha mai detto qualcosa circa i forestieri che vengono nell’ashram e circa lo scopo della Sua missione?

Anil: Bene, mio malgrado devo dire che posso invidiare la vostra posizione. Noi indiani siamo molto, molto gelosi di questo ma sarò onesto con lei! Sai Baba dice spesso ai Suoi studenti ed a coloro che sono fisicamente molto vicini a Lui che, se vogliono imparare che cosa sia la devozione, devono osservare i forestieri; Egli dice che, anche se non parla con loro, anche se non li guarda direttamente, anche se non li avvicina, essi derivano un appagamento meraviglioso solo dall’osservarLo durante il Darshan ed aggiunge che i loro occhi si muovono in estasi, i loro volti si aprono in sorrisi che brillano pieni di gioia e beatitudine come lampade da 1000 W mentre molti indiani rimangono seri e le loro facce sembrano quelle di chi ha preso l’olio di ricino. Baba disse anche che, se dice “Hallo” ad uno straniero e gli chiede da dove venga, quello viene poi attorniato da tutti i suoi amici che gli dicono “Swami ti ha parlato; raccontaci che cosa hai provato” spargendo gioia all’intorno mentre molti Indiani sono gelosi e provano invidia che Swami abbia parlato a qualcun altro. Egli evidenzia anche che, subito dopo il Darshan, molti di noi si alzano e vanno via mentre gli stranieri rimangono seduti in silenzio, meditano e pensano a Swami con il risultato di ricevere da Lui l’energia divina; gli Indiani cominciano invece a chiacchierare perdendo così quell’energia. Sai Baba paragona i forestieri alle api che volano lontano, si posano sul fiore di loto di Bhagavan e suggono il nettare del Divino, condividono il Suo messaggio e la Sua missione tornando nei loro paesi pieni di appagamento, gioia e beatitudine, con buoni pensieri su Swami; molti Indiani si comportano invece come le rane che si nascondono sotto le foglie del loto inconsapevoli del nettare Divino che hanno a disposizione. Egli dice che essi Gli sono near (vicini) ma non dear (cari). In una occasione Sai Baba ha usato l’analogia di un faro per mostrare lo stesso concetto. Egli ha detto che Swami è come un faro: la Sua Luce arriva a grande distanza ma, alla sua base c’è ombra, c’è una zona di totale oscurità, per cui coloro che sono lontani si scaldano nella luce mentre coloro che sono vicini vivono nell’oscurità o non conoscenza della luce.

Baba ha detto anche che molti stranieri hanno una miglior conoscenza degli Insegnamenti di Sai, leggono più letteratura Sai e danno esempio migliore di molti indiani. Infine i forestieri vengono, per la maggior parte, da uno standard di vita molto elevato e qui a Puttaparthi sopportano volentieri molte scomodità. Perché lo fanno? Lo fanno per Swami. Mi fermo qui perché non voglio criticare me stesso andando oltre ciò che Swami ha detto sull’argomento!

D: Si prevede che i prossimi dieci anni siano molto difficili per il pianeta e per l’umanità che vive su di esso (questa intervista è stata fatta nel 1999). Ha sentito niente da Swami circa ciò che deve accadere in termini di grandi cambiamenti della Terra?

Anil: Personalmente io non credo che tali cambiamenti debbano accadere in un periodo di dieci anni; del futuro Sai Baba ha detto, ma solo in termini generali, che sarà pieno di confusione, di disturbi ed agitazioni, che non ci sarà pace ed armonia nelle case, nessuna comprensione persino tra i membri della stessa famiglia, non ci sarà pace nella società mondiale in quanto, con il progresso nel campo della scienza e della tecnologia, l’uomo sta acquisendo sempre maggiori comodità, sempre maggiori beni materiali con il risultato di divenire totalmente egoista. Questo fa sì che l’uomo venga privato della gioia, della felicità e di una realizzazione della sua divinità; egli sta vivendo la vita di un animale. Per questo Sai Baba è qui. È in tempi di tumulto ed agitazione che il messaggio di Sai è così disperatamente necessario; la Sua missione viene ad insegnarci l’adempimento, l’impegno e la dedizione oltre al servizio disinteressato, all’amore ed alla tolleranza. Le nostre qualità divine ci daranno di gioia maggiore di qualunque affare o interesse egoistico, elimineranno qualunque traccia di “io e mio” e l’egoismo che ha per base la famiglia.

D: Anche se sempre più occidentali vengono da Sai Baba, è ovviamente impossibile che tutti lo facciano; non possono volare tutti a Puttaparti sia per ragioni economiche che di disponibilità di trasporto aereo. In che modo Swami raggiungerà quelli che non possono venire, come toccherà le coscienze dell’Occidente secondo lei?

Anil: Sai Baba ci ha dato un esempio: in una armata un generale controlla una formazione di 10.000 uomini; è uno ma controlla migliaia di uomini. In modo simile, ogni straniero che torna a casa sarà capace di influenzarne migliaia d’altri. Coloro che vengono a Puttaparti sono quelli selezionati per influenzare migliaia di devoti ora e in futuro. I libri di Howard Murphet, ad esempio, hanno influenzato migliaia e migliaia di persone in tutto il mondo e continueranno a farlo. Pensiamo all’influenza che hanno avuto gli apostoli di Gesù Cristo, come hanno sparso il Suo messaggio dovunque; in modo simile oggi i pochi discepoli di Sri Ramakrishna hanno allargato la Sua missione a tutto il mondo. Il cambiamento viene sempre portato da pochi; basta un cucchiaio di zucchero per rendere dolce una caraffa d’acqua come una persona è tutto ciò che serve a portare il cambiamento in molti.

D: Il concetto di tempo è, per mia opinione, uno dei maggiori punti di incomprensione tra gli occidentali e Sai Baba; Swami dice “Ti vedrò domani” ma “domani” viene ed Egli non riceve quella persona perché il suo “domani” non è evidentemente il nostro. Alcuni devoti rimangono sconvolti da questa apparente infrazione di una promessa da parte di qualcuno che viene descritto essere Dio e non si comporta conseguentemente. Qual è la sua esperienza circa il “tempo” di Sai Baba?

Anil: Si, ci sono due concetti di tempo: quello umano legato all’alba e al tramonto, al giorno e alla notte, basato sul “ora” e quello divino che comprende il passato, il presente ed il futuro. Tutto ciò che Sai Baba dice è basato sul tempo divino. Per esempio: quando io dico “domani” mi riferisco alle ventiquattr’ore del giorno esattamente seguente mentre, quando Swami dice “domani” può significare qualunque giorno perché, per Lui, il passato, il presente e il futuro sono una cosa sola. Allora voi potreste dire: “Bene, perché la cosa va avanti così? Perché Egli ci confonde?” La risposta è che non ha importanza “quale” giorno vi riceverà perché il giorno che Egli sceglie servirà perfettamente allo scopo. Baba non pensa solo all’immediato futuro come facciamo noi, Egli pensa al passato, al presente, al futuro ed a ciò che ci aiuterà alla lunga. Noi tendiamo a pensare soltanto ai benefici materiali mentre Egli pensa ai benefici spirituali, ai benefici eterni.

D: Anil, che cosa le ha insegnato su Dio la sua relazione con Swami?

Anil: Per Dio lei intende il Dio interiore?

D: Si.

Anil: Io non preparo mai i discorsi che tengo a Kodaicanal o qui a Prashanti Nilayam; inoltre Swami può dirmi all’improvviso “Anil, alzati e di qualcosa” ed io posso pensare di parlare sulla devozione ma Egli mi dirà di parlare della saggezza o viceversa! Così tutti i miei discorsi sono improvvisati; è così che Swami mi ha educato sin dal 1978, anno in cui tenni il primo discorso. Il miracolo dei miracoli è il fatto che ogni cosa si realizza sempre e sembra essere ciò che la gente vuole. Questo è, naturalmente, tutto dovuto a Swami perché Egli sceglie l’argomento, i punti da trattare ed il modo in cui il discorso si sviluppa. Soprattutto questo mi fa sentire che Egli è Dio. Spesso, quando Baba mi pone certe domande ed io rispondo, mi chiedo come io abbia fatto a rispondere così perché so benissimo come avrei risposto normalmente. Una cosa che so certamente è che non avrete mai l’ultima parola con Swami, Egli vi metterà sempre nel sacco. Vi faccio un esempio: una volta un anziano professore, che siede sulla veranda, ha detto a Swami di soffrire di cataratta ed Egli gli ha consigliato di andare all’ospedale a fare un controllo dopo di che mi ha guardato dicendo

“Anche tu hai la cataratta”

“Swami, io ho gli occhiali, non ho cataratta”

“Vedo che hai gli occhiali ma hai la cataratta ad ambedue gli occhi”.

“Swami, io?”

“Sì, tu” ha detto Swami “Un occhio soffre della cataratta dell’attaccamento e l’altro della cataratta dell’ego”.

A questo ho risposto “Bene, si è così, Swami è ora di operare e, visto che Tu sei il Medico Divino, perché non mi operi subito?”

Tutti risero e Swami, che è il Maestro Divino ed ha sempre l’ultima parola disse

“ Il problema non è soltanto nei tuoi occhi: tu sei malato di ego ed attaccamento da cima a fondo”

“Allora” dissi io “questo richiede una operazione seria ed immediata; Ti prego di farlo subito”

Sai Baba rispose “Oh no; se tu non vieni da Me, che cosa posso fare? Se vieni da Me, Io ti operò ma tu non sei ancora venuto e quindi che cosa posso fare?”

“Swami, quando non sono con Te? Non faccio servizio nel Tuo college da nove anni?”

“Ah” disse Baba “Tu sei qui fisicamente ma mentalmente sei altrove; a meno che tu non sia fisicamente e mentalmente qui e non ti abbandoni totalmente a Me, come posso operare?”

Giuoco, set e partita a Swami!

Una volta a Kodaicanal Gli dissi: “Swami, Tu dici che io non sono il corpo e posso accettarlo, Tu dici che non sono la mente e posso accettare anche questo, Tu dici che io non sono l’intelletto ed anche questo appare ragionevole, Tu dici che sono l’Atma ed io spero che sia vero. Ora mi chiedo che cosa Tu stia esattamente chiedendo quando domandi a qualcuno durante il Darshan ‘Quando sei arrivato?’ perché, se noi non siamo il corpo questo non è arrivato, se noi non siamo la mente questa non è arrivata, se noi non siamo l’intelletto questo non è arrivato per cui io posso essere qui solo come Atma e quindi perché ti interessi a parlare con me?”

Swami rispose: “Se tu pensassi veramente di essere l’Atma, Io non ti farei questa domanda ma, dato che tu pensi di essere il corpo, Io te la pongo. Se tu sentissi davvero di essere lo spirito non te lo chiederei di certo”. Giuoco, set e partita di nuovo a Swami! Non si può mai prenderLo in contropiede.

Secondo me ci sono dei momenti di attaccamento personale quando Dio entra nella mia vita ed io divento strettamente unito e collegato a Lui, quando io sono toccato dal Suo amore ed interessamento per me. L’errore di identificazione avviene solo quando noi poniamo Dio su un alto piedistallo e diciamo “Io so che Tu sei Dio ed io sono umano eppure posso incontrarti quando vado in chiesa la domenica o al tempio il giovedì perché so che Tu sei là”. La realtà non è affatto questa. Dio è nel tuo cuore e comprende ogni cosa che pensi, dici e fai. Egli conosce i segreti più reconditi del tuo cuore. Permettetemi di darvi un ultimo esempio: un giorno al Darshan stavo leggendo una lettera di mia figlia che è medico negli Stati Uniti, a Minneapolis. In quel periodo ella stava lavorando come interna e mi diceva di non stare in pensiero per lei in quanto gli Americani sono gente molto gentile, sempre pronta ad aiutarla. Ella non aveva avuto problemi nell’ambientarsi e nell’essere accettata dalla società americana. La lettera proseguiva con il racconto di un piccolo miracolo che le era accaduto. Una sera, tornando a casa dall’ospedale, aveva sbagliato strada, si era persa e non riusciva a tornare al pensionato ove abitava. Nonostante le venisse da piangere, cominciò a cantare dei Bhajan di Swami e Lo pregò di aiutarla. Immediatamente un signore le si fermò a fianco con l’auto, chiese “Posso aiutarla? Dove vuole andare?” ed, avuto l’indirizzo, la condusse al pensionato. “Babbo” concludeva la lettera “non stare in pensiero per me”. Io ripiegai il foglio mettendolo in tasca mentre piangevo lacrime di gioia quando, improvvisamente, mi accorsi che Swami era in piedi davanti a me e quindi cominciai a sorridere facendo finta di essere contento. Egli mi disse:

“Dov’è la lettera?”

Io risposi “Lettera, Swami?” non volendo che Egli sapesse della lettera di mia figlia.

"Si, la lettera" disse Swami "quella che hai in tasca; dammela."

Io replicai " Swami, è una lettera personale” al che Egli rispose

“Oh, c’è qualcosa di personale tra te e Me? Devo dirti il contenuto di quella lettera? Se non Me la dai, ti dirò che cosa c’è scritto”.

Io dissi “Swami, è una lettera di mia figlia”

Baba replicò: “Tua figlia in America pensa sempre a Me mentre tu, che Mi sei vicino, pensi solo a tua figlia in America! Questa è la differenza”.

Ann: Vorrei farle una sola domanda prima che terminiamo questa intervista: ultimamente mi sono sentita molto confusa perché io ero molto attaccata alla forma fisica di Swami mentre ora sto cominciando a riferirmi di più alla sua onnipresenza ma trovo molto difficile collegare la forma all’onnipresenza. Io so che guardo al Suo corpo ma che Egli non è il corpo e neppure la mente, come lei ha detto. Come si può gestire questo problema?

Anil: Bene, penso che la risposta a questa domanda costituisca il prossimo passo nella sua sadhana. Nel vedere il volto di Swami in quello della persona che ci siede a fianco sorgono molte questioni; anche se Egli è senza forma, noi vediamo lì il Suo volto. Similmente, ascoltando qualcuno che ci parla, udiamo improvvisamente la Sua voce ed a volte possiamo persino sentirLo camminare accanto a noi. Questa è onnipresenza; ricordiamo quindi che tutte le forme e tutti i nomi sono Suoi e cerchiamo di spostare la nostra consapevolezza dal limitato all’illimitato, dal finito all’infinito, dalla forma al senza forma.

Tradotto dal testo pubblicato dal gruppo di lavoro "Heart2Heart"