Baba era su un sottile materasso posto su una semplice tavola sostenuta da quattro gambe di legno, che Gli serviva da divano/studio durante il giorno e da letto durante la notte. Era appoggiato su alcuni piccoli cuscini appoggiati al muro. Prima di alzare gli occhi verso il nuovo venuto, continuò per un po' a controllare la propria posta, guardando ogni lettera senza aprirla, lasciandola nella busta, fino a quando si formava un pensiero nella Sua mente. Allora la metteva in cima ad un mucchio di lettere posto sul letto alla sua sinistra prima di prenderne un'altra da un mucchio che si trovava alla sua destra. Dopo un minuto o due alzò la sguardo e sorrise allo scrittore, che entrò nella stanza e si inchinò leggermente, con i palmi delle mani uniti sul petto, subito sotto il mento.
"Allora..." disse Baba. Fece una pausa per guardare lo scrittore direttamente negli occhi. "Allora, hai visto abbastanza."
"Troppo. Non ho capito niente di ciò che ho visto."
Baba rise.
"Ciò che vediamo non è diverso dal vuoto" continuò, cercando le parole giuste in inglese. "Eppure, nel vuoto non c'è niente"
Lo scrittore sentì che avrebbe dovuto sorridere, o assentire, o indicare in qualche modo di aver capito ciò che Baba aveva detto, ma non aveva capito nulla e resistette alla tentazione di dire che aveva capito.
Baba fece un cenno d'assenso. "La vita è solo la memoria di un sogno, " disse. "Proviene da una pioggia invisibile. Cade in un mare non riconoscibile. Un giorno, ma non subito, capirai che vivere per cercare di accumulare cose materiali non ha senso. Io non possiedo terreni, non ho nessuna proprietà in cui poter far crescere il Mio cibo. Tutto è registrato a nome di qualcun altro, ma proprio come la gente del villaggio che non possiede alcun terreno aspetta che lo stagno si prosciughi per ararlo e coltivarci velocemente qualcosa prima che esso si riempia nuovamente d'acqua, io coltivo il Mio cibo: la Gioia e l'Amore. Per voi queste due parole vogliono dire cose diverse, ma per Me hanno entrambe lo stesso significato: sono identiche. Anch'io devo coltivarle velocemente nei cuori delle persone che vengono qui per vederMi... velocemente, prima che ripartano."
Nuovamente Baba guardò lo scrittore negli occhi.
"Il tipo di fede che io chiedo alla gente è molto, molto di più di quanto la maggior parte della gente creda che siano la fede o l'amore. Questo è il motivo per cui coloro che vengono da Me solo per assistere ai miracoli smettono di amarMi nell'istante in cui Io smetto di intrattenerli o di far loro dei regali. No. Quello che Io vi chiedo è di darmi TUTTO. Non voglio frutta, non voglio fiori, non voglio denaro, Gnon voglio terreni... io voglio che voi Mi diate VOI STESSI, che mi doniate TUTTO di voi, senza trattenere niente. La vostra mente, il vostro cuore, la vostra anima. .." Si fermò e fece una pausa, poi assentì fra sé: "Ma queste sono solo parole."
Stettero in silenzio per qualche istante.
Lo scrittore stava in piedi dietro il divano e aspettava. Non c'era niente che egli potesse dire. Una sorta di calore e di intimità che non aveva mai provato prima si stava diffondendo nella sua coscienza, spaventandolo. Si sentiva in pericolo di venirne soffocato, ma a disturbarlo non era l'intensità del sentimento, bensì l'improvvisa realizzazione che questo sentimento d'amore, che egli pensava essere amore, era completamente diverso da ogni altro genere d'amore che egli avesse mai provato prima e di cui avesse letto o sentito parlare. Forse era l'impossibilità di definire ciò che sentiva a causargli quel senso di panico. In meno di un minuto era diventato un profugo, emotivamente isolato nell'oscurità dell'inconoscibile. Per riuscire a tener testa a questa sconcertante ansietà la sola difesa che potè trovare fu quella di cercare di far cessare l'esperienza.
Baba lo fissò per qualche istante con intensità. Poi disse:
"Non puoi sfuggirmi. Come ti ho detto, nessuno può venire a Puttaparthi, per quanto accidentale la cosa possa sembrare, senza che Io lo chiami. Io porto qui solo chi è pronto a vedermi, altrimenti nessuno - nessuno - può trovare la strada per arrivare qui. Quando dico 'pronto', comunque, ci sono diversi modi di esserlo, capisci."
Baba rise. "Ti chiedi perché ho chiamato te e non milioni di altra gente, dato che non ti piace come ti senti nei Miei riguardi... non è vero? Ed il fatto che Io ti abbia chiamato ti preoccupa."
"Sì, mi preoccupa," rispose lo scrittore. "Se mi chiedi di donarmi a Te completamente... io non posso farlo. Non posso. Ho impiegato troppo tempo a raggiungere il controllo della mia vita e non voglio diventare lo schiavo di qualcuno, anche se Tu sei Dio, o se non lo sei, e sei solo un uomo con poteri yoga sovrumani. Io non ho fiducia in nessuno fino a tal punto."
"Hai fiducia in te stesso?", chiese Baba.
Lo scrittore sorrise: "Non troppo".
"Conosco il tuo passato ed il tuo futuro, perciò so perché soffri e come puoi fare per sfuggire alla sofferenza, e quando lo farai."
"Quando morirò?" Lo scrittore era un po' ironico.
"Sì, lo so... " rispose Baba. "Anche nelle tue vite precedenti avevi sempre paura della morte. "Questo è tutto ciò che ti spaventa. Tu pensi che la morte sia qualcosa di brutto, ma la morte non è né brutta, né bella. La morte è la morte."
"A che cosa serve?"
"Perché una persona muore?" Baba riflettè un istante. Si guardò un dito. "Così non morirà di nuovo. Nasce per non dover morire di nuovo."
"Non capisco," rispose lo scrittore.
"La vita è solo relativamente reale," disse Baba. "Fino alla morte sembra solo essere reale. E, dopo tutto, l'unica parte che muore è il corpo, non la persona che vive nel corpo. Quando un cane o un gatto muoiono, lasciano il mondo esattamente com'era prima che loro ci arrivassero. Ma un uomo dovrebbe lasciarlo 'migliore' di com'era quando è nato, perché egli per nessun altro motivo nasce e per nessun altro motivo muore."
Lo scrittore si sorprese a chiedere: "Sei Dio?" Non aveva programmato di affrontare questo argomento.
"Perché sprechi il Tuo tempo e le Tue energie cercando di spiegare la Mia Realtà?" Baba disse, con una traccia di irritazione: "Come può un pesce misurare il cielo? Se Io fossi venuto nella forma di Narayana con quattro braccia mi avrebbero messo in un circo, facendo pagare il biglietto a chi volesse vedermi. Se fossi venuto come uomo, come un uomo qualsiasi, chi Mi ascolterebbe? Perciò sono venuto in questa forma umana, con niente di più che dei poteri umani e..." cercò la parola giusta, poi aggiunse: "...la Saggezza,"
"Allora sei Dio! È questo che mi stai dicendo?"
"Innanzitutto devi capire te stesso. Te l'ho detto. Poi potrai capire Me. Io non sono un uomo, non sono una donna. Non sono un vecchio. Io sono tutti loro."
Lo scrittore rise, senza ben sapere perché. Era imbarazzato per aver posto la domanda ed era innervosito per la risposta. Davanti a lui c'era un essere umano, o ciò che sembrava tale, con i capelli ricci, seduto su un divano con le gambe piegate davanti a Sé come una ragazzina adolescente. Non c'era niente che gli permettesse di accettare l'idea che questa persona dai capelli in stile Afro e l'abito arancione fosse, letteralmente, Dio.
Baba continuò: "Alcune persone pensano che per il Signore sia una splendida cosa essere sulla Terra in forma umana, ma se Tu fossi al Mio posto non troveresti la cosa così meravigliosa. Io so tutto ciò che è successo a qualsiasi persona nel passato, nel presente e nel futuro, perciò non sono così pronto a concedere alla gente la misericordia che Mi chiedono. Io conosco i motivi per cui una persona deve soffrire in questa vita e cosa le succederà la prossima volta che nasce in conseguenza alle sofferenze di questa incarnazione, perciò non posso agire come la gente Mi chiede. Una volta Mi dicono che ho il cuore di pietra, ed un'altra che il Mio cuore è tenero. Perché non faccio una certa cosa? Perché non ne faccio un'altra? Quello che non sanno è che Io non sono responsabile delle loro sofferenze. Io non sono causa di sofferenza, così come non sono causa di felicità o gioia. La gente si crea da sola i propri palazzi, le proprie catene o le proprie prigioni."
"Posso scrivere queste cose nel Mio libro?", chiese lo scrittore.
"Che cosa ne sai tu di Me?", chiese Baba. Hai fiducia in Me nel modo in cui ti ho detto di aver fiducia in Me?"
"Non ancora."
"E allora che cosa puoi scrivere su di Me? Sei come un bambino. Se ti dò ciò che desideri o ti faccio ridere mi ami, ma un minuto dopo, se sono troppo occupato e non posso starti dietro nel momento in cui vuoi tu, mi vorresti uccidere. Non è vero? Mi ascolti con rispetto, ma in privato te la ridi. Che genere di libro puoi mai scrivere su di Me?"
"Proprio quel genere di libro - esattamente."
"Con quale scopo? Pubblicità? Non ho bisogno di pubblicità. Non sono il tuo yogi Manesh della televisione, con i cantanti."
"Che cosa vuoi dire? Posso scrivere il libro o no?"
Baba rise: "Scrivilo. Scrivi il tuo libro. È il tuo dovere, il tuo 'dharma'. Ma scrivi la verità. Solo quello che hai 'visto' qui. Come hai riso di Me, come Mi hai odiato... anche queste cose fanno parte della verità. E, se vuoi, come Mi hai amato, le poche volte in cui ti sei abbandonato al tuo amore per me."
Baba improvvisamente strofinò più forte che potè il petto dello scrittore, con entrambe le mani, massaggiandolo vigorosamente, come a stimolare la circolazione spirituale.
"Sono sempre con te," disse Baba. "Anche se tu non credi in Me, anche se cerchi di dimenticarMi. Anche se ridi di Me o se Mi odi. Anche quando sembro essere dalla parte opposta della Terra. Ma Tu hai bisogno di cose materiali per ricordartelo, non è vero?"
Si tirò su le maniche e ruotò il palmo aperto prima di chiudere le dita. Quando le riaprì la mano conteneva un anello d'oro che riportava al centro la Sua immagine dipinta su porcellana, circondata da sedici pietre che sembravano diamanti. Mise l'anello al dito dello scrittore. La misura era perfetta.
Lo scrittore rise: "Come potrò mai farlo passare alla dogana?!"
"Non ti preoccupare. Me ne occuperò Io."
Toccò l'anello con la punta delle dita e disse: "Io sono in te e Tu sei in Me. Non dimenticarlo. Non possiamo essere separati."