SATYOPANISHAD

31 agosto 2003

CAPITOLO VI

SIMILITUDINI E POLARITÀ


D. 124 – Swami, i pandit usano spesso due termini: prakriti e purusha. Potresti spiegarci il loro significato?

Bhagavân – Sono rispettivamente la materia e l’energia, oppure il polo positivo e quello negativo. Anche se c’è la lampadina, essa non può accendersi, a meno che non vi sia un generatore. Allo stesso modo, il generatore non può manifestare la propria energia se non c’è la lampadina. Perciò, entrambi sono necessari. L’intera creazione è una combinazione di materia ed energia. Esse sono dunque interdipendenti e interrelate.
Prakriti è rappresentata come polarità femminile. Dio è l’unico maschio. In un college femminile, le ragazze interpretano tutte le parti della recita. Quindi, a livello del corpo esistono differenze, ma lo Spirito, l’Âtma, presente in tutti è lo stesso. Il corpo è fatto di ossa, è come una bolla nell’acqua, è effimero, soggetto a molte malattie. Contiene urina, sangue, muscoli, ossa e feci. Emette cattivo odore e non ha la fragranza dei fiori e dei profumi. Il corpo è prakriti, ed è in continuo cambiamento, ma la verità eterna, immortale e immutabile è purusha. Prakriti è accettata e apprezzata finché c’è purusha.
Lo zucchero, misto a crema di cereali, dà origine a un dolce chiamato ravva laddu. Lo zucchero, combinato al dâl, fa nascere un laddu. Lo stesso zucchero, insomma, può essere mischiato ad ogni tipo di farina; similmente, il purusha funziona per mezzo di prakriti, assumendo forme e nomi differenti. Tuttavia il purusha rimane un ‘testimone’, trascendente tempo e spazio, non duale, eterno, pura beatitudine e coscienza. È Purusha ad aver creato Prakriti, l’universo materiale. Il purusha è il soggetto e prakriti è il suo riflesso. Perciò, i dotti usano le seguenti coppie di opposti per alludere a purusha-prakriti: loka-lokeshvara, vishva-vishveshvara, jagat-jagadîshvara, sarvam-sarveshvara, prapañcha-parameshvara, ecc.
Supponiamo di avere vari contenitori fatti di materiali diversi, oro, argento, rame e argilla, pieni d’acqua: anche se i contenitori sono di metalli differenti e di diverso valore, il riflesso del sole in essi sarà identico. Il sole è paragonabile al purusha, mentre i contenitori rappresentano prakriti.
Materia + Energia = Dio.


D. 125 – Swami, alcuni adorano Vishnu, altri Shiva. Non sembrano molto amichevoli fra loro. Pare esista una rivalità continua fra i due gruppi, i vaishnava e gli shaiva (visnuiti e scivaiti). Come potrebbero essere uniti?

Bhagavân – Questa è ignoranza e follia assoluta! La Scrittura dice: “C’è un solo Dio”, e anche: “La saggezza è non duale”. Ogni ricercatore spirituale dovrebbe conoscere l’unità nella molteplicità! Dovreste sperimentare l’unità nella divinità. Gli adoratori di Vishnu chiamano il Signore dei Sette Colli di Tirupati ‘Venkata Ramana’, mentre quelli di Shiva danno al Signore il nome di Venkateshvara. Ma voi sapete che si tratta dell’unico Dio!
Una volta, un re indisse un’assemblea di eruditi di entrambi i gruppi per discutere e decidere chi fosse più grande fra Vishnu e Shiva. Le due parti esposero i propri punti di vista in maniera convincente. Allora il re chiese al capo dei ministri di valutare le tesi esposte e di dare il proprio verdetto, e questi disse: “O re, credo che nessuno dei due gruppi abbia sperimentato la realtà, altrimenti avrebbe visto Shiva in Vishnu e Vishnu in Shiva!”
Un altro esempio. Un giorno il Signore Râma, passeggiando, vide una pietra. Hanuman la osservò e voleva raccoglierla per gettarla via. Tentò con tutte le sue forze, ma non riuscì neppure a spostarla. La pietra era lo Shivalingam installato da Râma a Râmeshvaram, un centro di pellegrinaggio nel Tamilnadu. Râma, che è Vishnu stesso, installando lo Shivalingam, provò che Egli e Shiva sono un solo Essere. Non è vero? Sappiate che a Dio appartengono tutti i nomi e le forme! Egli è il Dio unico che risponde alle preghiere di tutti.


D. 126 – Swami, nei Tuoi Discorsi menzioni spesso l’amore. Perché? Forse in noi non c’è Prema, l’Amore? E se così fosse, come svilupparlo? Qual è la differenza fra Prema, Amore e moha, attaccamento?

Bhagavân – Voi credete di avere Prema, l’Amore. È un errore. Avete soltanto abhimâna, attaccamento. C’è un’enorme differenza fra i due. Avete male indirizzato l’amore e lo avete lasciato andare per strade diverse, riducendolo infine a mero attaccamento. Avete dimenticato il vero Amore.
L’amore che nutrite per i vostri figli è vâtsalya, affetto; quello per la moglie è anurâga, attaccamento, quello per gli oggetti terreni è manakâra, possessività, mentre l’amore che nutrite verso i vostri simili è maitrî, amicizia. L’amore, dunque, fluisce in molte diverse direzioni. Tutto questo non è amore nel senso stretto del termine, ma è qualcosa di fisico, mondano, in costante mutamento e temporaneo. Vi può dare prapañchikânanda, piacere fisico, bhautikânanda, piacere materiale, indriyânanda, piacere sensuale, e mânasikânanda, amore orientato al desiderio. Questi tipi di amore vi danno solo piacere. Oggi potreste esser felici di una certa cosa e domani, sempre per quanto riguarda la stessa cosa, non esserlo più. In inverno, siete ben felici d’indossare un cappotto di lana, ma non lo sarete più se lo indosserete in estate.
Perciò: il tempo, la posizione, lo spazio e gli stati mentali condizionano la felicità. Questo è il tipo di felicità che si ottiene da abhimâna, l’attaccamento.
Dasharatha, il re di Ayodhyâ, come descritto nel Râmâyana, morì per l’attaccamento che nutriva per Râma, incapace di sopportarNe la separazione. Fu l’attaccamento di Kaikeyî ad indurla a desiderare l’incoronazione di Bharata e l’esilio di Râma.
Osservate la differenza fra Râma e Dasharatha. Quest’ultimo, a causa dell’attaccamento per Kaikeyî, dovette separarsi dal Figlio per non venire meno alla promessa fatta alla moglie. Invece, Râma abbandonò Sua moglie al suo destino nella foresta quando un lavandaio Gli parlò male di lei, dicendo che aveva trascorso otto lunghi mesi a Lankâ sotto il controllo di Râvana. Che supremo distacco! Egli non ebbe attaccamento neppure per il regno. Si limitò a ritirarsi nella foresta ubbidendo all’ordine paterno.
Nel Mahâbhârata, sapete che il re Dhritarâshtra tacque, a causa dell’attaccamento, quando i figli commisero atrocità contro i cugini Pândava, ma questa fu la causa della fine di tutta la sua progenie! Non è così?
Non sapete che Yashodâ non riuscì a comprendere pienamente la divinità di Krishna perché Lo considerava semplicemente suo figlio e non Dio, a causa del suo attaccamento? Se Buddha avesse avuto attaccamento per Sua moglie Yashodhara e per Suo figlio Rahul, come avrebbe potuto lasciarli? Dopo aver lasciato Vrepalle, luogo in cui aveva trascorso la fanciullezza, Krishna non vi rimise più piede. Non aveva attaccamento per quel luogo. Però il Suo contatto con le gopî continuò perché era una relazione basata esclusivamente sull’Amore, che è divino. L’amore dei Pândava non diminuì mai nonostante le terribili sofferenze che dovettero affrontare.
L’Amore è ciò che non muta. L’Amore è stabile e indistruttibile, è non duale. L’Amore non è influenzato dagli apprezzamenti, né svanisce a causa del biasimo. L’Amore è assenza di ego e di condizioni. È di natura spirituale ed essenzialmente divino. Amore per l’umanità fu quello di Gesù che, pur essendo in croce, pregò per i Suoi persecutori. Non è questo l’apice dell’Amore?
L’attaccamento è impegnato nel prendere e dimenticare (getting and forgetting), mentre l’Amore non fa altro che dare e perdonare (giving and forgiving). L’Amore è Dio, Dio è Amore. Vivete nell’Amore. L’attaccamento è una catena che porta solo sofferenza. L’attaccamento è ristrettezza egoistica.
Un bambino è pieno d’amore e di beatitudine. Crescendo, dirige il suo amore verso i giocattoli, poi verso gli amici, quindi verso una moglie e la famiglia, infine sviluppa amore per le proprietà e la posizione sociale. È questo che intendo quando dico che all’amore viene permesso di diramarsi in direzioni diverse. In questo modo, esso perde la sua intensità e diviene solo attaccamento.
L’amore per Dio è devozione e vi aiuta a coltivare virtù come l’umiltà e l’ubbidienza, riempiendo la vostra vita di felicità. Vi aiuta a raggiungere mukti, la liberazione. Ciò di cui c’è bisogno oggi è espansione dell’amore.
Si comincia amando la propria famiglia, poi i parenti, la comunità, il paese e il mondo intero. Potete sperimentare Dio solo attraverso l’Amore, perché Dio è l’Incarnazione dell’Amore. Alla gente manca sempre qualcosa, ma nessuno è privo d’amore. Dovete incanalarlo. L’Amore è la qualità naturale che Dio ha donato all’uomo.


D. 127 – Swami, che cosa sono brahma e bhrama?

Bhagavân – Realizzare e sperimentare l’unità nella molteplicità è Brahma, la Divinità. Percepire la diversità dell’unità è bhrama, illusione! Ciò che è condizionato da nome e forma è illusione. Brahma, Dio, trascende tempo e spazio, è eterno e puro. Ci sono tante varietà di dolci: gulabjamun, laddu, jilebi, basundi, ecc. Essi hanno un nome e una forma: questo è bhrama. Ma tutti sono fatti di zucchero, che è Brahma. Un altro esempio: la stoffa è fatta di fili saldamente intrecciati. Questo è bhrama. Sebbene il filato appaia diverso dalla stoffa, è sempre fatto dello stesso cotone. Questo tipo di approccio è Brahma. Riassumendo, la percezione illusoria è vedere la diversità, la molteplicità, la pluralità fatta di nomi e forme; invece visualizzare l’unità, il principio primordiale fondamentale, è Brahma o Divinità.


D. 128 – Swami, alcuni sostengono che Dio è privo di forma. Tuttavia vediamo devoti che pregano degli idoli nei templi. Il concetto di Avatâr, o Incarnazione di Dio, è di particolare significato nella terra del Sanâtana Dharma. Ma i seguaci di altre filosofie sostengono che Dio non abbia forma. Potresti chiarirci questo punto?

Bhagavân – Quando vedete un dottore, vi vengono in mente i vostri malanni; quando vedete un avvocato, pensate alle controversie e ai casi giudiziari, no? Similmente, quando vedete un tempio, vi ricordate di Dio. Come vi dico spesso, l’amore non ha forma, ma una madre amorevole sì. L’acqua non ha forma, ma quella nel bicchiere sì. L’aria non ha forma, ma quando è racchiusa in un pallone, ce l’ha. Così, il Divino senza forma ha la Sua o le Sue forme. Il senzaforma si manifesta attraverso una forma.
Un piccolo esempio: pensate allo schermo di un cinema. Sopra di esso vengono proiettate immagini. Per ogni immagine, la base è lo schermo sottostante. Se non ci fosse lo schermo, non vedreste le immagini. Tutte le immagini arrivano e passano: non ce n’è una che resti per sempre. Lo schermo può essere paragonato a ciò che, in gergo spirituale, si chiama sadasad. Il sat è l’esistenza e l’asat è la non esistenza. Similmente, sâkâra, la forma e nirâkâra, il senzaforma, coesistono.


D. 129 – Swami, dappertutto ci sono cellulari e telecomandi. L’elettronica e l’informatica sembrano essere la risposta a tutti i nostri bisogni e attraggono la maggior parte delle persone. Come si inserisce la spiritualità in un panorama simile? Chi ne ha il tempo? E come se ciò non bastasse, ci sono i test nucleari... Come dobbiamo coordinare e integrare questi diversi aspetti? Ti preghiamo di indicarci il modo.

Bhagavân – Gli uomini valgono molto più di tutte le ricchezze del mondo. Essendo nati come esseri umani, dovreste tentare di ottenere moksha, (la liberazione). La scienza e la tecnologia possono fornirvi molti agi e comodità, ma non la pace e la felicità! Che cos’è la scienza e che cos’è la spiritualità? In che cosa differiscono? La scienza è al di sotto dei sensi, la spiritualità è al di sopra. La spiritualità parla di Tat, ‘Quello’ (il Principio divino); la scienza di tvam,‘tu’, in modo da farvi apprendere Tattvamasi, che ‘Tu sei Quello’. Una studia il mondo materiale, prakriti, l’altra la Divinità, Purusha.
La spiritualità è paragonabile alla lettera ‘0’, piena e completa, mentre la scienza è come la lettera ‘C’, che è incompleta e vuota dentro: inizia in un punto e finisce in un altro. La spiritualità vi permette di sentire e di sperimentare la Divinità in questo mondo. Questo è il modo di integrare scienza e spiritualità. La spiritualità è il principio invisibile che sta dietro agli strumenti e agli apparecchi elettronici e scientifici.


D. 130 – Swami, la scienza e la spiritualità si contraddicono a vicenda? Vorremmo conoscere il punto di vista di Swami in proposito.

Bhagavân – La scienza opera a un livello al di sotto dei sensi, mentre la spiritualità si occupa della sfera superiore ai sensi. La scienza parla di ‘questo’ (tvam, il mondo materiale), mentre la spiritualità pensa a ‘Quello’ (Tat, il trascendente). La scienza fa riferimento al tvam-idam, il ‘tangibile’, la spiritualità si concentra su Param, l’oltre. La scienza serve nel padârtha, il campo materiale, la spiritualità ha per obiettivo il Paramârtha, la Meta suprema. La scienza tratta di jada, la materia inerte, la spiritualità di Chaitanya, la Consapevolezza. La spiritualità punta ad âdhâra, le fondamenta, mentre la scienza fa esperimenti su adheya, la sovrastruttura.
La scienza è la divisione dell’amore (split of love), la spiritualità ne è l’anima (spirit of love). La scienza si occupa di pravritti mârga, il sentiero materiale, la spiritualità di nivritti mârga, la sfera intuitiva. La scienza fa luce su vyakta, il manifesto, mentre la spiritualità si tuffa in avyakta, il non-manifesto. Potete imparare le scienze con charmachaksus, i vostri occhi fisici, ma per comprendere la spiritualità dovete usare jñânachaksus, l’occhio della saggezza. La scienza raccoglie fatti, che finiscono nella testa, la spiritualità è metafisica e tocca il cuore. La scienza è incompleta come la lettera ‘C’ che ha un punto d’inizio e uno di termine. La spiritualità è pûrnam, totale, come la lettera ‘O’. La scienza vi fornisce gli strumenti, la spiritualità vi insegna a usarli. Ad esempio, un coltello con cui tagliate frutti o verdure potrebbe essere usato come lama mortale. La scienza vi mostra ciò che è visibile, come una foto, ma la spiritualità è come una lastra ai raggi X. La scienza è ‘negativa’, la spiritualità ‘positiva’. La creazione è ‘negativa’ mentre il Creatore è positivo. Riempitevi il cuore con la spiritualità positiva, così come riempite la tanica d’acqua. I sensi sono i rubinetti per mezzo dei quali attingete l’acqua dell’amore. La scienza afferma i fatti, la spiritualità simboleggia la Verità immutabile, Ritam.


D. 131 – Swami, nella vita sperimentiamo l’amore del mondo. In che cosa differisce dall’amore spirituale?

Bhagavân – La divisione dell’amore è terrena, ma lo spirito dell’amore è spirituale. L’amore condiviso unicamente con amici e parenti è ‘divisione dell’amore’: questo è l’amore terreno. Il principio primevo che governa l’intero universo è l’amore spirituale: questo è lo spirito dell’amore. L’amore spirituale è universale.


D. 132 – Swami, oggi tutti parlano di libero arbitrio. Abbiamo veramente libero arbitrio?

Bhagavân – L’uomo non ha libero arbitrio. Soltanto Dio ha libero arbitrio. Essendo schiavo dei sensi, come si può affermare che l’uomo abbia libero arbitrio? Da dove vi arriverebbe questo libero arbitrio? Dio soltanto è libero, perciò è l’unico ad avere libero arbitrio. Quindi, il libero arbitrio spetta esclusivamente a Dio. Vi faccio un piccolo esempio. Se un uomo ha una paralisi, non è più in grado di muovere la parte colpita. Forza! Che provi pure a muoversi in nome del libero arbitrio! Vedete chiaramente che l’uomo non ha alcun libero arbitrio ed è ridicolo pensarlo. È un’affermazione priva di senso.


D. 132 (bis) – Swami, nella società moderna, gran parte della conoscenza è parziale conoscenza o comprensione. Non abbiamo un’idea chiara di nulla. Vogliamo conoscere la differenza fra libero arbitrio e Volontà divina.

Bhagavân – L’ego e l’ignoranza suscitano dubbi di questo tipo. A causa dell’identificazione con il corpo, non riuscite a comprendere la realtà. Di fatto, siete schiavi dei sensi. Quindi, non siete liberi! Come potreste avere libero arbitrio? Dio è il signore di tutto. Trascende ogni cosa. Non è legato o condizionato da niente e nessuno. È assolutamente libero. Perciò solo Dio ha libero arbitrio.
Oggi tutti pensano di avere libero arbitrio e si permettono di fare qualsiasi cosa venga loro in mente in nome del libero arbitrio. Un giorno si tratta di una cosa, il giorno dopo di una cosa completamente diversa! Invece, la Volontà divina non cambia mai. Quando esercitate il vostro ‘libero arbitrio’, potete aver successo o fallire, vincere o perdere. Se avete successo vi inorgoglite e diventate egoistici; mentre, se fallite, cadete nella frustrazione e nel disappunto. La Volontà divina è un fenomeno trascendentale. Ciò che dovreste fare è, semplicemente, abbandonarvi alla Volontà divina. Significa che dovreste essere pronti o preparati a ricevere e accettare, di buon animo, qualsiasi cosa, bella o brutta, con il sentimento che è soltanto per il vostro bene. Dovete accettare tutto come un dono di Dio. Questa è la vera saggezza, la vera devozione. In verità, voi non sapete che cos’è meglio per voi, mentre Dio sa quando, perché, che cosa e come, di tutto e di tutti. Tutto accade secondo la volontà di Dio. Se lo sapete e ci credete veramente, non vi sentirete mai esaltati, egoistici, orgogliosi o frustrati, depressi e disillusi allorché vi sarete abbandonati sinceramente alla Volontà divina.
La Volontà divina è presente nell’uomo sotto forma di coscienza, che vi rammenta le vostre responsabilità. Essa è antarvânî, la Voce interiore. Voi, però, la trascurate e non l’ascoltate: per questo soffrite. Con la mente rivolta all’interno, l’intelletto sintonizzato con il principio fondamentale e i sensi tenuti sotto stretto controllo, potete chiaramente udire la Voce interiore, che altro non è se non la Voce di Dio. La Volontà divina è il Disegno di Dio.


D. 133 – Swami, vorremmo conoscere la differenza fra devozione e abbandono.

Bhagavân – La devozione è duale: c’è l’individuo da una parte e Dio dall’altra. Quindi, la devozione è il sentiero dualistico. Un devoto non ha senso se non c’è Dio e Dio è collegato al devoto. È la devozione a legarli. L’abbandono è non duale. Nel sentiero del non dualismo, troviamo l’abbandono. Dopo essersi abbandonati a Lui, non si ha più un’esistenza individuale. Non c’è più nulla che vi appartenga.
Ad esempio, se avete acqua e zucchero, potete distinguerne nomi, forme e sapori differenti. Questo è il dualismo, giacché essi esistono separatamente. Tuttavia, se li mischiate, otterrete lo sciroppo, che non è né acqua né zucchero. Similmente, il devoto che si è abbandonato completamente a Dio, non si considera più un’entità separata da Dio. Questo è vero abbandono, lo spirito del non dualismo.


D. 134 – Swami, viene prima la fede o l’amore? È vero che amiamo soltanto se abbiamo fede? O è vero il contrario? Per favore, dacci un chiarimento.

Bhagavân – Sicuramente, prima di poter amare, dovreste avere fede. È indubbio! Se non aveste fede in vostro padre, madre, figlio, moglie o marito, come potreste amarli? Se non aveste fede nei vostri cari e non foste sicuri di loro, come vi sarebbe possibile amarli? Sapete amare una persona della quale dubitate? Quindi, prima viene la fede e poi l’amore.


D. 135 – Swami, molti sostengono che potranno credere solo dopo essere entrati in contatto con la Divinità e che potranno sviluppare la fede solo dopo aver sperimentato. Altri, invece, affermano che solamente una forte fede può dare quell’esperienza. Viene prima la fede o l’esperienza? Illuminaci, Swami

Bhagavân – La fede, che viene prima, vi dà l’esperienza. Dovete avere una fede incrollabile per essere capaci di sperimentare. La fede è la base di tutto. Per poter nuotare, dovete entrare in acqua. Non potete dire che vi tufferete soltanto dopo aver imparato a nuotare! Non potete imparare nelle strade asfaltate o nel cemento, ma solo in acqua. L’acqua simboleggia la fede e la capacità di nuotare è l’esperienza. Quindi, la fede precede l’esperienza.
D. 136 – Swami, è corretto asserire: “Io sono in Dio”, oppure dovremmo dire: “Dio è in noi”?

Bhagavân – Le nostre Scritture affermano: “Dio è onnipervadente”, e anche: “Egli è presente in tutto l’universo”. Le grandi sentenze delle nostre Scritture dicono chiaramente che il mondo è in Dio. Quindi, è corretto dire che noi siamo in Dio e non che Dio è in noi. Naturalmente, se tutto l’universo è in Dio, anche voi lo siete. In quale modo? Vi faccio un piccolo esempio. In mano avete una rosa. Ciò significa che il fiore è piccolo e voi siete grandi. Poiché Dio è infinito, il mondo è in Lui. Se affermate il contrario, vuol dire che voi siete più grandi di Dio. Non è il giusto modo di sentire. “Voi siete scintille del Divino”, come afferma la Bhagavad Gîtâ.


D. 137 – Swami, com’è possibile non essere attaccati alla famiglia ed elevarsi al di sopra del sentimento di ‘mio’ e ‘tuo’?

Bhagavân – Un piccolo esempio. Un ricco vive in una grande casa con un alsaziano come cane da guardia che non permette agli estranei di entrare. Ora, per poter entrare in quella casa, che cosa si può fare. Avete solo due modi. Dovete o accattivarvi il cane oppure chiedere l’aiuto del suo padrone, affinché vi accompagni in casa, altrimenti il cane non vi permetterà di muovere un passo. Nello stesso modo, per superare la porta dell’attaccamento, dovete domare, come un cane, il senso del possesso. Questa è la karmamârga, la via dell’azione. Oppure, potete chiedere l’aiuto di Dio. Questo è la bhaktimârga, la via della devozione. L’azione non egoica o la devozione sono le due alternative per sviluppare distacco e vincere l’istinto di possesso.


D. 138 – Swami, a volte i termini sanscriti, così diffusi, ci creano confusione: ad esempio, ‘coscienza’ e ‘consapevolezza’. Non sono sinonimi? Se non lo sono, qual è la differenza? Gli eruditi forniscono spiegazioni che creano ancora più confusione. Che cosa significano esattamente i due termini?

Bhagavân – C’è differenza fra i due termini. Non sono sinonimi. C’è il subconscio, la coscienza e la consapevolezza. Ciò che funziona al di sotto dei sensi, è il subconscio. La coscienza è al di sopra dei sensi, la consapevolezza è onnipervadente.
L’aria è dappertutto. Se gonfiate un pallone, l’aria sarà presente anche al suo interno, oltre che fuori. Se mettete ancora aria nel pallone, esso esploderà e l’aria al suo interno si fonderà di nuovo con quella esterna. Potete paragonare l’aria del pallone al subconscio, l’aria esterna alla coscienza. La divinità presente nell’individuo è coscienza, mentre quella onnipervadente è consapevolezza. La spiritualità tratta di cose molto sottili. Dovete comprenderle con molta minuziosità.


D. 139 – Swami, quasi tutti noi affermiamo di avere una fede immensa e un intenso amore per Bhagavân, ma notiamo anche, allo stesso tempo, che ci sono molto ego e orgoglio nelle nostre parole e azioni. Che cosa dobbiamo fare, allora?

Bhagavân – È impossibile per una persona egoica conoscere e sperimentare Dio. Questo è certo. La caduta dell’individuo egoico è altrettanto certa quanto è vero che l’acqua scorre verso il basso! Potete anche dire che amate Dio, ma Dio pure dovrebbe riconoscere il vostro amore! Supponete di mandare una raccomandata a un amico; non dovete aspettare la ricevuta di ritorno? Allo stesso modo, Dio deve essere toccato e mosso dalla vostra devozione per rispondere al vostro amore. Ciò non accadrà finché c’è ego in voi.
Un giorno Krishna e Arjuna notarono un bramino con una spada, che si nutriva di una foglia secca. Furono molto sorpresi da ciò, tanto che andarono subito a chiedergli perché un bramino brandisse una spada! Egli rispose: “Devo uccidere quattro persone”. Krishna chiese: “Chi sono?” il bramino rispose: “Il primo è Nârada, il cantore celeste! Egli canta incessantemente la gloria di Nârâyana e in questo modo Lo tiene sempre sveglio. Per questo ho intenzione di ucciderlo. Il secondo è Prahlâda. Suo padre lo ha sottoposto a sofferenze di ogni tipo, per cui il mio Signore è dovuto correre in ogni luogo per salvarlo. Gli hanno somministrato il veleno, lo hanno gettato dalla cima di una montagna, nel mare e nel fuoco, lo hanno fatto calpestare dagli elefanti. Il mio Signore, in risposta alle sue invocazioni d’aiuto, è sempre corso a soccorrerlo. Il Signore è dovuto rimanere sempre all’erta per salvarlo e perciò voglio uccidere quell’uomo. La terza persona è Draupadî. Quando fu umiliata alla corte di Duhshâsana, invocò l’aiuto di Krishna, il Protettore degli indifesi, ed Egli, per compassione, lasciò tutto e intervenne a difenderla. L’ultima persona che intendo uccidere è Arjuna. Egli ha fatto del mio Signore il suo auriga durante la guerra del Kurukshetra, e Gli ha dato molti problemi!”
Arjuna, che era al fianco di Krishna, udì l’intera conversazione. Piegò il capo dinanzi alla devozione del bramino, che superava perfino la sua.


D. 140 – Swami, qual è la differenza fra pensiero e intuizione?

Bhagavân – Il pensiero è il prodotto della mente ed è dualistico, mentre l’intuizione è non dualistica. Un pensiero sorge a seconda delle situazioni. L’intuizione è al di là della mente e dell’intelletto. È la percezione diretta della verità e quindi è una certezza. Si dice che l’intuizione sia quella parte trascendente della buddhi (Buddhi grâhyamatîndriyam).
Un pensiero può essere giusto o sbagliato, ma l’indicazione di un’intuizione è vera. Mentre i pensieri sono prevalentemente di natura terrena, in quanto legati al contingente, l’intuizione è la Voce interiore o Voce della coscienza, ed è divina. La tua mente può portarti ad avere sospetti o dubbi perfino su tua moglie. I pensieri possono anche portarvi alla pazzia. Ma la coscienza, o intuizione, risveglia la vostra consapevolezza interiore.


D. 141 – Swami, la nostra vita è condizionata da fattori sociali, etici, scientifici, economici e politici. Ho una domanda da porTi. Se sbaglio, perdonami! Si parla di uguaglianza e di equanimità: come ottenerle? Alcuni gruppi nella società affermano di lottare per questi valori. Che cosa dobbiamo fare per raggiungerli?

Bhagavân – Non c’è nulla di male nel cercare la verità. Ti rendi conto, però, che samânatva, l’uguaglianza e samatva, l’equanimità, non sono sinonimi! Significano due cose diverse. L’equanimità è un obiettivo individuale, mentre l’uguaglianza si applica anche alla società. L’uguaglianza non può essere stabilita in ogni luogo e sempre. Il tuo corpo non ha uguaglianza, è fatto di irregolarità. Il naso e lo stomaco sporgono all’esterno, mentre il collo è di forma allungata. Siete forse simili alle colonne? E la terra? È forse piatta? No! È piena di alti e bassi: montagne, valli, colline e oceani. E voi? Avete tutti la stessa altezza, lo stesso peso e lo stesso colore? Le vostre idee, aspirazioni e desideri sono uguali? No! Allora dov’è l’uguaglianza?
Un esempio. Una persona possiede sei acri di terra, un’altra ne ha cinque. Se dividete in due parti uguali il terreno, una perderà un acro di terra e ne sarà dispiaciuta, mentre l’altra ne guadagnerà uno e sarà felice di ciò. I sentimenti delle due persone non saranno gli stessi! Allora, dove sarebbe l’uguaglianza? Un altro esempio per illustrarvi lo stesso concetto. Un re si travestì e si mise a girare per il suo regno. Allora si rese conto delle sofferenze e delle difficoltà cui erano sottoposti i suoi sudditi. Volendo porvi rimedio, andò in una foresta per pregare Dio, che gli apparve e gli concesse cento anni di tempo per dargli il tempo di realizzare il suo sogno di stabilire l’uguaglianza nel regno, dove tutti sarebbero stati felici e ‘uguali’. La regina, udendo ciò, pregò Dio di dare cento anni di vita anche ai sudditi. Disse a Dio: “A che serve, altrimenti, concedere solo al re una vita così lunga?” E Dio concesse anche a loro lunga vita. Allora un gruppo di anziani invocò Dio affinché concedesse cento anni di vita anche alla regina Rajalakshmi. Dopo un po’ di tempo, il re tornò nel suo regno e, con grande difficoltà, riuscì a trovare il suo palazzo, perché Dio aveva reso tutti uguali, donando a tutti un palazzo. Il re chiese alla regina: “Perché le strade sono sporche?” La regina rispose: “O re, non ci sono più spazzini, perché adesso siamo tutti uguali!” Poi il re chiese alla regina di fargli preparare l’acqua per il bagno, ma ella rispose che non c’erano più servitori. Il re, allora, comprese il suo errore, a causa della grande disfunzione dell’ordine sociale che si era venuto a creare, e pregò subito Dio affinché ristabilisse l’ordine nella società.
Ecco quali conseguenze porta l’uguaglianza. Invece, l’equanimità è un’altra cosa. Essa è un conseguimento individuale. È lo stato mentale non turbato dagli alti e bassi della vita, dalle sconfitte e dai fallimenti. Lo stato mentale di equanimità è l’equilibrio che ti fa rimanere lo stesso sia nei momenti difficili che in quelli fortunati. Non dovreste esultare quando vi elogiano, né deprimervi quando vi denigrano. Spiritualmente parlando, eko vâsi sarva bhûtântarâtma, un solo Dio dimora in tutti gli esseri. La sete e la fame sono uguali in tutti. I desideri e le opinioni possono essere differenti. Come si dice, i gusti sono diversi. L’uguaglianza è impossibile, ma l’equanimità è desiderabile e bisogna lavorare per ottenerla.


D. 142 – Swami, scusa se Ti pongo questa domanda. Si parla di ‘Dio’ e di ‘semidei’. Sono la stessa cosa? Ti prego di darmi un chiarimento.

Bhagavân – Vi dico spesso: “Tu sei Dio!” In passato, la popolazione era meno numerosa, circa tre crore. Perciò si diceva che c’erano tre crore di semidei (devatâ). Ricorda che il corpo è il tempio mobile di Dio. Però dovresti realizzarlo sperimentandolo e ciò non è fattibile per mezzo della conoscenza mondana, né puoi prenderlo nel regno della tua mente per mezzo di sujñâna. Soltanto per mezzo di Âtmajñâna, la conoscenza del Sé, puoi comprenderlo veramente. Se Dio è il Primo Ministro, i semidei sono i ministri di gabinetto, ciascuno deputato a un ministero particolare, come la finanza, l’istruzione, la casa. Nei tempi antichi, i cinque elementi erano considerati le divinità inferiori: Agnideva, il Dio del fuoco, Vâyudeva, il Dio del vento, Bhûmâtâ, la Madre Terra, Varunadeva, il Dio della pioggia, Lakshmî, la Dea della ricchezza, Sarasvatî, la Dea del sapere, Durgâ, la Dea dell’energia, ecc. Se scrivete una lettera indirizzandola al Primo Ministro, è a Lui che perverrà; lo stesso dicasi delle vostre preghiere. Ma, se scrivete al gabinetto dei ministri, la lettera raggiungerà la loro destinazione. A loro vanno i riti e i rituali.
Un altro esempio. Ci sono due tipi di chiamata telefonica. Una è la chiamata ordinaria, l’altra quella personale. Se compongo il vostro numero di casa, per rintracciarvi, può rispondere chiunque, ma, se faccio una chiamata personale, potete rispondere solo voi. Similmente, le preghiere rivolte ai semidei sono le chiamate ordinarie, mentre la preghiera rivolta direttamente a Dio è una ‘chiamata personale’. Durante il nâgarasamkîrtana, il canto di gruppo, tutti cantano menzionando vari nomi, attributi e qualità di Dio. Invece, nella meditazione, dovete concentrarvi solo su un nome e una forma di vostra scelta.


FINE CAPITOLO VI