DISCORSO DIVINO

Tenete alti la dignità e l'onore di madre India

23 ottobre 2004

“Il Signore del Kailâsa ha manifestato la Sua Forma divina,
davanti ai vostri occhi, con la luna crescente che Gli adorna la testa,
la fresca acqua del Gange che scorre tra i Suoi capelli intrecciati,
l’occhio radioso al centro della fronte
ed il collo color porpora che brilla della lucentezza delle more.
Ha serpenti come bracciali ed una serpe come cintura
e tutto il Suo corpo è cosparso di vibhûti.
Ha la fronte ornata da un punto di kumkum
e le labbra vermiglie luccicano per il succo di betel;
orecchini d’oro tempestati di diamanti pendono dalle Sue orecchie
e tutto il Suo corpo, dalla carnagione scura, brilla di divino fulgore.”

Incarnazioni dell’Amore!
Ogni giorno avete ascoltato diversi oratori parlare del divino Principio di Îshvara.
Molte persone pensano che Îshvara abbia una Forma con capelli intrecciati e
ornata di serpenti ma questa non è la Sua vera forma. Sebbene Egli sia
onnipresente, i devoti, per loro immaginazione, Gli attribuiscono una Forma
con vari tipi di ornamenti. Tra i Bhâratîya (gli Indiani) c’è una debolezza
caratteriale che li induce a ridurre al livello di mendicanti le varie Forme di Dio e gli idoli che essi adorano e venerano. Sinceramente parlando, non ci sono e non possono esserci mendicanti in questa sacra terra di Bhârat. Considerare qualcuno inferiore a voi e immaginare che si aspetti da voi del denaro è segno di debolezza. È a causa di tale ristrettezza mentale che la gente degli altri paesi considera l’India come un paese povero e pieno di mendicanti. Questo è completamente errato:
Bhârat non è mai stato un paese povero. Solo perché la gente vive in una
situazione economica arretrata non significa che possa essere considerata
mendicante. Non esistono mendicanti in questo mondo. Quando qualcuno cerca
un aiuto economico o chiede del cibo viene considerato un mendicante. Di fatto, noi siamo responsabili per aver ridotto gli altri in una situazione simile; li consideriamo esseri inferiori e li trattiamo male. Bhârat è la terra dell’abbondanza e della prosperità: dovete convincervi che non esistono mendicanti in questo paese e comportarvi di conseguenza. Alcune persone considerano persino Dio un mendicante; quando i loro desideri si realizzano elogiano Dio. Essi pregano così: “O Dio, ti offrirò denaro e altro se soddisferai i miei desideri.” Dio non è povero e quindi le persone che Egli stesso ha creato non possono essere povere; è l’uomo che [con le sue azioni] trasforma gli altri in mendicanti e poi li tratta male. Tali pratiche basse e meschine devono essere abbandonate. Alcune persone pensano che il Signore Venkateshvara abbia bisogno di denaro e che, per denaro, Egli possa fare il loro lavoro e soddisfare i loro desideri; in questo modo Lo sviliscono a livello di un mendicante. Questo è un errore molto grave:
Dio non è un mendicante. Dovete considerarLo come vostro padre e madre.
Coltivate amore per Dio e per tutti gli altri uomini; non considerate mai nessuno un mendicante e non trattatelo male. Aiutate coloro che sono in difficoltà. Sviluppate Amore per Dio e timore del peccato. Non considerate più debole o inferiore né umiliate qualcuno solo perché vi avvicina per cercare aiuto. La vostra Divinità innata si manifesterà davanti a voi quando svilupperete amore e rispetto per gli altri. Trattate tutti come fratelli e sorelle e non considerate mai nessuno un mendicante. È un gravissimo errore pensare di essere colui che dà e che qualcun altro sia il beneficiario. Ci sono alcuni uomini d’affari che cercano di far prosperare le loro attività corrompendo quelli che sono al potere: offrire ed accettare il prezzo della corruzione sono anch'essi gravi peccati. Farsi
corrompere equivale a mendicare: non dobbiamo dare spazio a tali ignobili
pratiche. Fin dai tempi più antichi, Bhârat ha sostenuto i valori etici e morali ed è diventata un ideale per il resto del mondo ma, sfortunatamente, oggi tali valori sono stati dimenticati. Agli affamati date amore e non guardateli dall’alto in basso come fossero dei mendicanti. L’accattonaggio non va incoraggiato e tollerato in questo paese. Qualcuno potrebbe avvicinarvi per chiedere del cibo ma questo non vuol dire che sia un mendicante. Voi non sentitevi superiori a lui solo perché gli date del cibo; parlategli con dolcezza e saziate la sua fame ma non insultatelo mai.
I Bhâratîya stanno rovinando la reputazione del loro stesso paese trattando i propri concittadini come mendicanti. Bhârat non è un paese povero, altrimenti come si spiegherebbero le invasioni, nel passato, da parte di tanti condottieri stranieri? Molti re stranieri hanno invaso questa terra saccheggiando le sue ricchezze. La questione circa l'essere ricchi o poveri nasce quando ci si confronta con gli altri. Se qualcuno si presenta alla porta di casa vostra dicendo: Bhavati biksham dehî (Madre, fammi la carità!), non trattatelo come un mendicante; trattatelo come un altro essere umano e instaurate con lui una profonda comprensione. L’aver bussato alla vostra porta per chiedere cibo non lo rende inferiore a voi; il fatto che non abbia denaro per nutrirsi non fa diventare povero lui e milionari voi. Se volete mantenere la reputazione del vostro paese, rispettate le altre persone. Prima di tutto sviluppate Amore per la madrepatria e sentitevi orgogliosi di essere un Bhâratîya; siate consapevoli di essere nati in una terra sacra nella quale sono nate molte nobili anime. Ieri
avete sentito parlare alcune donne (del College Femminile di Anantapur) le
quali hanno esaltato Bhârat come la terra dei Veda, delle Upanishad e della
Bhagavad Gîtâ. Dovreste sempre avere in mente la grandezza e la gloria di
Bhârat e comportarvi di conseguenza. Solo allora sarete degni di essere
chiamati Bhâratîya. Le vostre azioni devono esser coerenti con le vostre parole. Esaltare il prestigio di Bhârat e poi comportarsi meschinamente è da sciocchi.

La tolleranza è l’autentica qualità di questa sacra terra di Bhârat.
Il sentimento più dolce che pervade questa terra
è il sentimento verso la propria madre.

Considerate Bhârat come vostra madre, sviluppate Amore e rispetto nei suoi
confronti e sostenetene la dignità e l’onore. Se pensate che vostra madre sia povera, come potrete considerare ricchi voi stessi? Fin dai tempi più antichi, Bhârat ha trasmesso a tutti la ricchezza della conoscenza attraverso le Sacre Scritture e i poemi epici. Come può un simile paese essere considerato povero? La vostra madre fisica potrà anche essere povera ma non la vostra madrepatria. Questa sacra terra ha raggiunto la reputazione di essere la più grande tra tutte le nazioni e voi ora non dovete mancarle di rispetto considerandola povera e debole. La moralità e l’integrità che troviamo in Bhârat non possono essere trovate in nessun altro paese. Bhârat è come uno scrigno pieno d’oro. Essendo nati in questa terra, a che serve darsi da fare per cercare oro o argento? Purtroppo, però, la gente non rispetta e non tiene in nessuna considerazione tale terra dell’oro. Le persone colte devono fare il voto di far rivivere l’antica gloria di Bhârat ma, sfortunatamente, neppure costoro sono capaci di comprenderne la grandezza. Se incontriamo dei mendicanti per strada, ciò avviene perché li abbiamo incoraggiati dando loro del denaro; non date mai denaro ai mendicanti. Se hanno bisogno di abiti o di cibo potete certamente darli loro ma non incoraggiate l’accattonaggio. Bhârat si è guadagnata grande nome e fama tra tutte le nazioni ma le persone al potere o che occupano posizioni di prestigio stanno portando discredito al paese a causa
della loro corruzione. Nessuno deve incorrere nella pessima pratica di dare o ricevere tangenti. Anche il governo deve essere ammonito a questo riguardo: deve trovare il sistema di far cessare questa pratica della corruzione e dell’accattonaggio. Mai dare denaro ai mendicanti; essi devono essere aiutati affinché diventino autosufficienti. Date tutto il vostro aiuto e completa collaborazione ai meno fortunati ed aiutateli a diventare autonomi nella vita. Non è possibile che, a questo mondo, tutti siano uguali; nel mondo l’ineguaglianza è inevitabile. Oggi la gente, a causa del proprio egoismo e dell’interesse personale, ha ridotto perfino Dio a livello di mendicante. Quando andate in un tempio, i preti vi presentano un piatto aspettandosi da voi qualche spicciolo come offerta. La gente lascia l’offerta nel piatto e riceve da loro il prasâdam. Questa pratica di chiedere offerte equivale a mendicare; non ricorriamo all’accattonaggio.
Diventiamo ricchi nei pensieri, nelle parole e nelle azioni. Potreste aver un bisogno disperato di denaro ma non mendicate mai. Le persone istruite dovrebbero insegnare queste cose a chi mendica per la strada. Quando
incontrate un mendicante, ditegli: “Mio caro, tu sei figlio di Madre India.
Tua madre non è povera; essa è ricca sotto ogni aspetto. Fin dai tempi più
antichi si è presa cura di tutte le nazioni. Essendo suo figlio, non è da te ridurti a mendicare.” Non tenete monete nelle vostre tasche per darle agli accattoni. Potrete avere qualche soddisfazione distribuendo qualche moneta ai mendicanti ma in questo modo arrecherete anche disonore alla vostra madrepatria. Dovete tenere alto il prestigio e l’onore della vostra patria diventando un esemplare e meritevole figlio di Bhârat. Convincetevi di essere nati per tenere alto l’onore della vostra patria; in caso contrario, a che serve essere nati come suoi figli? Avrete udito i nostri studenti cantare l’episodio del Râmâyana in cui si parla di Lava e Kusha (i gemelli figli di Râma e Sîtâ) che, avendo visto la propria madre Sîtâ addolorata, fanno di tutto per consolarla. Essi le chiedono: “Ti preghiamo, madre, qual è la causa del tuo dolore? A che serve altrimenti la nostra vita se non siamo capaci di asciugare le tue lacrime? Non sottovalutarci solo perché siamo due fanciulli: in realtà siamo più forti del Signore Râma. Quindi non piangere, mamma! Se tu piangi, tutto il paese andrà in rovina. Come tuoi degni figli, non è forse nostro dovere alleviare il tuo
dolore? Noi siamo pronti a fare tutto il necessario e a darti felicità anche a costo della nostra stessa vita.” Sfortunatamente, al giorno d’oggi, non troviamo più figli ideali come Lava e Kusha. Oggi la gente è diventata debole di mente e manca completamente di spirito di sacrificio. Anche i cosiddetti grandi e i ricchi non rinunciano alla loro meschinità; infatti sono loro ad indurre i propri concittadini a diventare dei mendicanti. Non si deve mai dire ‘no’ quando si tratta di aiutare gli altri. Una volta una persona ricca andò da un guru e gli chiese di dargli la saggezza. Le sue tasche erano piene di rotoli di banconote. Appena si fu seduto, il guru mandò uno dei suoi discepoli da un bottegaio a chiedere cinque rupie. Poco dopo il ragazzo tornò dicendo che il negozio era chiuso. Il guru lo mandò allora in un'altra bottega ma il discepolo tornò ancora a mani vuote.
Questo si ripeté più volte ma il ricco che osservava quanto stava accadendo
non pensò di offrire le cinque rupie di tasca sua. Allora il guru lo rimproverò dicendo: “Le tue tasche sono piene di banconote, eppure non hai avuto il buon animo di offrirmi cinque rupie quando ne avevo davvero bisogno. Come puoi aspettarti di diventare saggio se non hai alcuno spirito di sacrificio?” Immediatamente l’uomo tirò fuori le cinque rupie e le offrì al guru ma questi non accettò la banconota dicendo che gli atti di carità vanno fatti con il cuore e non perché si è obbligati. Quando qualcuno bussa alla vostra porta chiedendo del cibo dovreste invitarlo con tutto il cuore a sedere nella vostra veranda, offrirgli un lauto pranzo e soddisfare la sua fame. Tutti hanno uguale diritto su tutto ciò che è disponibile in questo mondo. Oggi la gente manca di spirito di sacrificio. Tutti sono esperti a dare lezioni sul sacrificio ma non sono disposti a rinunciare
neanche a un centesimo quando si tratta di mettere in pratica ciò che essi
predicano. A che serve predicare se poi non si è pronti a trasformare in azione la propria predica?

Mânasyekam vâchasyekam karmanyekam mahâtmanâm
Grandi anime sono coloro i cui pensieri, parole ed azioni sono in perfetta
armonia.

Non dovete prendere a prestito del denaro per aiutare gli altri ma condividete con loro solo ciò che avete; ecco come dovete agire per sostenere l’onore e la dignità dei Bhâratîya. Oggi la reputazione del paese è ad un basso livello perché molta gente trova conveniente fare il mendicante. Il numero dei mendicanti sta crescendo per colpa delle persone istruite. A che serve tutta questa istruzione? Serve forse a produrre mendicanti? Io non sono favorevole a questo tipo di istruzione.

Si possono ottenere diplomi e lauree, raggiungere posizioni di prestigio,
accumulare ricchezze, fare carità e ricavarne buon nome e fama.
Si può avere la forza fisica e godersi una vita lunga e sana.
Si può essere grandi eruditi, studiare e predicare i Veda,
ma nessuno può eguagliare un vero devoto del Signore.

La gente manca di forza ed è diventata mentalmente debole perché manca la
devozione per Dio e l’amore per la madrepatria: questo crea di conseguenza
cattiva fama al paese. Voi sarete chiamati veri figli di Bhârat solo quando
terrete alto l’onore e la dignità di Bhârat Mâtâ (Madre India). Potete essere molto istruiti ma la vostra erudizione non ha alcun valore se non viene usata per proteggere l’onore del vostro paese. Se rileggete le biografie di nobili personaggi come Râmakrishna Paramahamsa, Vivekânanda e Rabindranath Tagore, (troverete che) tutti hanno esortato la gente ad abbandonare la ristrettezza di vedute. Dovete proclamare con orgoglio: “Io sono figlio di Bhârat.” Il ragazzo che ha parlato prima ha ricordato queste cose. Se volete esser chiamati veri figli di Bhârat, dovete condurre una vita di sacrificio. Se ce ne fosse bisogno, dovete essere pronti a saltare il pasto per dar da mangiare agli affamati. Lo spirito di sacrificio dimostrato da Bharata nel Râmâyana è senza pari: quando Râma andò nella foresta, Bharata avrebbe dovuto essere incoronato re ed, invece, andò nella foresta a implorare Râma di tornare ad Ayodhyâ per salire al trono.
Lakshmana, che era nella foresta con Râma, vide da lontano Bharata arrivare
col suo seguito e si infuriò pensando che Bharata venisse per dare battaglia a Râma. Arrabbiato, disse: “Madre Kaikeyî ci ha mandato nella foresta ed adesso suo figlio non vuole lasciarci in pace neanche qui; per questo sta venendo qui con le sue truppe. Se me lo permetti gli darò la lezione che merita.” Allo sfogo di Lakshmana, Râma disse: “Lakshmana, credo che tu abbia sviluppato un desiderio per il trono di Ayodhyâ. Meglio che tu vada ad Ayodhyâ e governi il regno. Io prenderò Bharata con Me nella foresta. Egli è una persona di carattere ed il suo spirito di sacrificio non ha uguali. Tu hai mal compreso le sue nobili intenzioni.” Bharata arrivò e si gettò ai piedi di Râma. “Mio caro come stanno i genitori?” - fu la prima domanda che Râma pose a Bharata. Egli non chiese solo di sua madre Kaushalyâ ma si informò anche delle condizioni di Kaikeyî. Al nome di Kaikeyî, Bharata divenne furioso: “È a causa di quella donna crudele che sei obbligato a vivere nella foresta. Il solo udire quel nome mi riempie di disgusto. Ti prego, non nominarlo.” Râma gli pose la mano sulla spalla e lo tranquillizzò con queste parole: “Bharata, madre Kaikeyî è una nobile donna; è grazie a lei che il Mio Nome si copre di gloria e si diffonde in tutto il mondo. Non lasciarti ingannare e non parlare male di lei; il suo cuore è pieno di nobili intenzioni.” Dopo avere parlato a Bharata in questo modo, Râma andò direttamente da madre Kaikeyî, si gettò ai suoi piedi e disse: “Madre, grazie alle tue benedizioni io sto bene qui. Non preoccuparti per Me; lascia che Bharata sia incoronato re di Ayodhyâ e insegnagli l’arte del buon governo. Quando saranno passati quattordici anni tornerò ad Ayodhyâ e vi ritroverò tutti. È Mio preciso dovere mantenere la parola data da Mio padre. Non è sufficiente ascoltare gli ordini dei propri genitori: si deve aderire strettamente alle regole stabilite da chi governa e fare di tutto per il benessere e la felicità del prossimo. Solo così si può esser considerati cittadini ideali.” Come abitanti della terra del
regno di Râma, dobbiamo condurre la nostra vita seguendo il Suo modello. Le
parole di Râma lasciarono un segno indelebile nella mente di Lakshmana.
Egli cadde ai piedi di Râma e si pentì del suo sfogo dicendo: “Fratello, quando ho visto in lontananza Bharata e il suo esercito mi sentivo ribollire di rabbia. Ora la mia mente è in pace avendo conosciuto la verità e ascoltato le Tue soavi parole.” Râma lo ammonì a non lasciarsi fuorviare dalle apparenze ma a guardare con più profondità nelle cose e fare di tutto per sperimentare la beatitudine. Quando Bharata cominciò a implorare Râma perché tornasse ad Ayodhyâ, Egli lo abbracciò affettuosamente e disse:
“Bharata, senza dubbio le tue intenzioni sono nobili ma devi tenere presente le direttive di nostro padre e seguire i consigli di tua madre.
Questo è il solo modo per compiacerMi. Condividi il tuo amore non solo con i parenti e gli amici ma con tutti. Ricorda che solo tyâga (il sacrificio) potrà alla fine darti bhoga (piacere).” Il Saggio Vashishta pianse di gioia ascoltando le parole del Signore Râma. Egli disse: “Râma, Tu sei obbligato a vivere nella foresta senza aver commesso alcun errore ma hai già scordato l’ingiustizia che Ti è stata fatta. Tu vedi negli altri solo il bene. Noi siamo veramente commossi della Tua magnanimità. Tuttavia Ti chiediamo di stabilire Râmarâjya (il regno di Râma) in Ayodhyâ e di dare con questo gioia a tutti.” Râma, sorridendo, rispose: “Adesso è Bharatarâjya (regno di Bharata), non Râmarâjya. D’ora in poi dovrà essere chiamata Bharatadesha (terra di Bharata).” È stato a causa di tali uomini nobili, capaci di ogni sacrificio, che Bhârat (l’India) ha progredito e raggiunto una prestigiosa posizione. Nessun altro paese può essere paragonato per dignità, onore e reputazione a Bhârat. La gente dell’antica Bhârat conduceva una vita di sacrificio per il benessere del paese. Non c’è sacrificio maggiore di quello fatto per la propria nazione. La grandezza non consiste nel realizzare grandi atti di carità spendendo milioni di rupie. I vostri
pensieri, parole e azioni dovrebbero sempre essere soffusi d’Amore e dovete
fare ogni sforzo per alleviare le sofferenze altrui. Amate tutti come amate voi stessi: questo è il vostro Dharma. Dharma non significa soltanto realizzare atti di carità: dovete riempire il vostro cuore di sentimenti di giustizia e allontanare l’egoismo e l’avarizia. Abbiate sempre presente il benessere della società e non considerate il vostro prossimo come “gli altri”. Condividete il vostro amore con tutti, vivete in amicizia e sviluppate l’Unità. Solo attraverso l’Amore potrete conquistare il cuore degli altri e trasformarli. Dunque, in questo momento c’è un grande bisogno di coltivare Amore e di condividerlo con gli altri. Sviluppate l’amore per Dio e la compassione verso chi è meno fortunato di voi. Questa è l’essenza dell’educazione. Servite i vostri genitori e rendeteli felici. A che serve
dividere l’amore con gli altri se non vi interessano le sofferenze di vostra madre a casa? Vostro primo dovere è amare i genitori e servirli: poi potrete condividere con gli altri il vostro amore. Questo è stato l’insegnamento del Signore Râma a Bharata. Egli gli disse: “Bharata, non c’è motivo di riempire di denaro le casse del tesoro. Per conquistare un buon nome e il cuore dei tuoi sudditi devi utilizzare il denaro per il benessere della gente.” Lakshmana e Shatrughna erano i figli di madre Sumitrâ. Lakshmana seguì Râma mentre Shatrughna restò sempre con Bharata.
Essi servirono i fratelli maggiori con grande amore e devozione; nei momenti di difficoltà rimasero accanto ai loro fratelli maggiori dando loro buoni consigli ed aiutandoli in ogni circostanza. Per questo motivo erano nati da Sumitrâ. Tutto questo faceva parte del grande Piano divino. Râma esortò Bharata ad abbandonare ogni odio verso sua madre e ad amarla con tutto il cuore. Egli gli spiegò che tutto era già stato scritto e che a lei non doveva essere attribuita alcuna colpa. Poiché Râma non volle cambiare idea e non volle fare ritorno ad Ayodhyâ, Bharata Lo pregò di dargli almeno i Suoi pâduka (sandali) perché fossero incoronati come Suo simbolo. Il nome di Sumitrâ non trova un posto adeguato nella storia del Râmâyana; ella fu un esempio di virtù e, fedele al suo nome, fu sempre buona amica (su-mitra) di tutti. Il sacrificio fatto da Sumitrâ fu ben più grande se paragonato a quello di Kaushalyâ. Alcune delle virtù di Sumitrâ non avevano riscontro né in Kaushalyâ né in Kaikeyî. Prima di partire per la foresta, Râma chiese la benedizione di Kaushalyâ. Poi andò alla residenza di Sumitrâ, si prostrò davanti a lei e disse: “Madre, sono molto felice di poter obbedire agli ordini di Mio padre e andare nella foresta ma sono molto triste di lasciarti. Ti prego di darMi tutto il tuo amore e la tua benedizione: non
chiedo nient'altro.” Così dicendo la salutò calorosamente più volte, prese
congedo e partì per la foresta. Tra le tre regine, Sumitrâ era la più nobile. Perfino i Saggi Vashishta e Vishvâmitra esaltarono le sue nobili qualità. Dobbiamo accettare la grandezza degli altri e non cadere nell’autoglorificazione. Al fine di rendere omaggio alla grandezza degli altri, dobbiamo talvolta essere più modesti e restare nell’ombra.

Studenti!
Non disprezzate mai gli altri; sviluppate ampiezza di vedute, trattate tutti con rispetto e considerateli come vostri fratelli. Se si presenta a voi una persona affamata, accoglietela a braccia aperte e offritele un lauto pasto. Non considerate mai nessuno come un mendicante o un povero.
Essendo nati in questa sacra terra di Bhârat, non si può essere mendicanti o poveri: tutti sono ricchi. Se considerate qualcuno come un mendicante, è solo un difetto dei vostri sentimenti che si riflette al di fuori di voi.
Quando il Signore Râma sollevò l’arco di Shiva, la gioia di Sîtâ non conobbe limiti: le sue preghiere erano state esaudite. Râma, essendo l’incarnazione dell’Amore e della Giustizia, aveva il potere di sollevare non un solo arco di Shiva ma dieci di tali archi. Tra i quattro fratelli, Râma, Lakshmana, Bharata, Shatrughna, e le loro consorti esistevano armonia e unità; erano come le diverse parti di una stessa arancia. Un giorno Sumitrâ ne sbucciò una; ad ogni spicchio che staccava diceva: “Questo è Râma, questo è Lakshmana…” Ella pensava che ogni parte del frutto rappresentasse i quattro fratelli e le loro mogli; fu molto felice di avere nuore tanto virtuose come Sîtâ, Ûrmilâ, Mândavi e Shrutakîrti. Le nuore servirono le proprie suocere con il massimo amore e con ogni cura. I quattro fratelli e le loro mogli avevano un’unica mente: per questo la fama di Re Râma si diffuse in lungo e in largo. Essendo nati nella sacra terra
di Bhârat, dovete vivere come un vero Bhâratîya. Il vostro cuore deve sempre essere pieno di dolcezza. Non evitate coloro che cercano il vostro aiuto; al contrario, fatene tante occasioni per servire gli altri. Questo spirito di sacrificio soltanto può conferirvi vera felicità. Oggi si celebra la sacra festa di Vijayâdashamî e la gente compie vari riti durante i nove giorni di Navarâtrî. Dobbiamo sperare e pregare che ogni giorno della nostra vita sia sacro come questi nove giorni.

Muoviamoci insieme, cresciamo insieme,
stiamo uniti e condividiamo la nostra conoscenza.
Viviamo insieme con amicizia e senza contrasti.

Vivete in Unità facendo buon uso della vostra intelligenza e dando gioia ai vostri genitori; se vivrete in questo modo, ogni giorno sarà festa, varrà la pena di celebrarlo e l’intero mondo ne gioirà. Vorrei che metteste in pratica tutto ciò che avete visto ed ascoltato in questi nove giorni. Siate sempre allegri, non fate mai la faccia lunga come se foste disperati. Io sono felice di vedere che i nostri ragazzi non hanno mai il muso e sono sempre allegri. Da oggi in poi scordate le differenze, condividete il vostro amore con tutti e servite tutti.

(Baba ha concluso il Discorso con il bhajan, “Râma Râma Râma Sîtâ…”

(Testo del Discorso Divino di Bhagavan Sri Sathya Baba tenuto il 23 ottobre 2004 , in occasione della Festività di Dasara - Giornata di Vijayâdashamî nella Sai Kulwant Hall, Prashanti Nilayam)

(tratto da: http://www.sssbpt.org/)

Nota:
1) È la formula tradizionale di chi, in India, chiede l’elemosina.