DISCORSO DIVINO

Filastrocche d'amore

16 maggio 2002

Ancora ricchezze, ancora amici,

di nuovo una moglie, ancora proprietà.

Tutto può essere ritrovato,

ma il corpo non può essere riottenuto”.



Ancora ricchezze. Nel corso della nostra vita possiamo perdere del denaro, ma abbiamo la possibilità di riguadagnarlo.

Ancora amici. Gli amici si perdono, ma se ne possono trovare di migliori.

Di nuovo una moglie. Si può perdere la moglie, ma risposandosi se ne ritrova un’altra.

Ancora proprietà. Perdiamo un terreno, ma con qualche sforzo, possiamo rientrarne in possesso.

Tutto può essere ritrovato. In un modo o nell’altro, tutto ciò può essere riacquistato.



Tuttavia, il corpo non può più essere riottenuto. Se perdiamo il corpo non possiamo più riaverlo. Pertanto, finché c’è il corpo si deve fare esperienza della beatitudine che s’intende provare, della felicità e degli agi di cui si desidera godere, e della gioia che si vuole esperire.

I nostri avi incorsero in grandi difficoltà e dovettero affrontare innumerevoli sofferenze per proteggere il corpo, ma, in ogni caso, non riuscirono a mantenerlo in eterno. Sebbene esso non sia permanente, ci si deve sforzare di ottenere quelle cose che possono essere acquisite con il corpo.

La culla della cultura

Sin dall’antichità, l’India è stato il Paese che ha dato origine a ogni sorta di conoscenza ed a tutte le branche dell’istruzione e della scienza. Sia la matematica che la grammatica nacquero in India; tutte le scienze e persino le belle arti videro la luce in questo paese.

Quello che non si trova in India,

non può essere trovato in nessun altro luogo.



“Sâvitrî, che riuscì a riportare in vita il marito morto,

ottenendo vittoria sul Dio della morte,

appartiene alla sacra terra di Bhârat, non è vero?”

Mogli caste e devote riportarono in vita i mariti morti, facendo in modo che Dio accettasse le loro preghiere, e realizzando così l’obiettivo prefissato. Esse erano donne indiane.



“Chandramatî, che col potere della Verità estinse le violente fiamme,

era una donna di Bhârat, non è così?

Sîtâ, che tenne alto il nome della famiglia
e passò attraverso la prova del fuoco,
era una donna di Bhârat, vero?

Damayantî, che col potere della sua castità
ridusse in cenere un malvagio cacciatore, era una donna di Bhârat, vero?

È per merito di queste donne, pure e di carattere,

che l’India ha ottenuto la fama di terra dell’abbondanza,

della prosperità e del ricco raccolto.

Grazie a queste donne nobili e illustri,

l’India divenne la guida di tutte le nazioni”.



Oggi gli stolti s’illudono di poter ottenere in Paesi stranieri quelle cose che ritengono di non trovare qui; così corrono all’estero. Che cos’è che pensate di non ottenere in questa terra, depositaria della sacra conoscenza? Essa è il paese dell’azione dedita, il paese che corrisponde ricompense a tutti. Ciò che in realtà manca, è la determinazione; ma, se siete determinati, non c’è nulla che non possiate acquisire in India.

Le specializzazioni universitarie
Nel passato, gli indiani s’impegnarono strenuamente, e applicarono la loro intelligenza nello sperimentare nuovi metodi educativi; infatti, ogni università aveva il suo settore di specializzazione.

A Kâshî, la grammatica fu tenuta in gran considerazione, e venne diffusa in tutto il mondo.

Nel Kashmir, fu dato gran risalto all’arte dell’eloquenza e della retorica, condivisa con tutte le altre nazioni.

L’università di Ujjaini coltivò e divulgò la giurisprudenza.

In tal modo, ogni università promosse e si specializzò nell’insegnamento di una particolare materia.

Nel regno dell’imperatore Bharata, fratello di Râma, particolare importanza fu data alla medicina ed alla grammatica sanscrita di Pânini. Charaka, un dotto illustre, fu il fondatore di un’antica e rinomata università; ma oggi non esistono più università di così alto livello. Numerose istituzioni educative crebbero nel nostro paese, ottenendo fama e rinomanza. Allora le università non possedevano grandi edifici, servizi e infrastrutture come oggi. L’università era la casa in cui abitava l’insegnante stesso. In quei giorni il numero degli studenti era esiguo, ma l’abilità d’istruire era enorme.

Metodo d’insegnamento

Grazie al metodo d’insegnamento di quei tempi, anche ai bambini piccoli venivano insegnate materie difficili in modo tale che potessero comprenderle facilmente. Con la fresca brezza, seduti sotto un albero, unica loro sede, gli studenti apprendevano serenamente i significati profondi espressi dalle parole pacate dell’insegnante.

Queste erano le istituzioni educative che fiorivano nell’India antica.



Circa 400 anni fa, gli inglesi entrarono in questo paese, e si sforzarono di comprendere con quali mezzi gli indiani acquisissero un livello tanto alto d’istruzione, ma non riuscirono a capire.

Gli indiani non sono eruditi soltanto nelle lettere: il loro vero fondamento è il suono. Essi trasmettevano la conoscenza solo oralmente; non c’era l’usanza di scrivere su lavagnette o su quaderni. Gli insegnamenti provenivano dalla bocca dell’insegnante, ed entravano direttamente nelle orecchie degli studenti. Il rapporto di reciprocità esistente fra i due favoriva enormemente lo sviluppo dell’apprendimento. L’insegnamento era dunque solo orale, ovvero basato sul suono.

Non c’erano orari fissi, né programmi scolastici. Il guru insegnava qualsiasi scienza piacesse agli studenti, e non c’erano regolamenti imposti dallo stato. L’intero processo educativo avveniva da cuore a cuore, cuore a cuore. Gli studenti dovevano solo tener aperti i loro cuori: gli insegnanti erano pronti a riempirli adeguatamente. Che fosse giorno o notte, non aveva importanza: le lezioni erano tenute ad ogni ora, senza rette da pagare.

I cuori degli insegnanti erano puri e sacri, e offrivano sostegno ai cuori degli studenti. In tal modo essi propagarono saggezza e conoscenza in tutto il mondo.

Il sistema educativo indiano era perciò molto valido e stimolava in tutti buoni sentimenti. Oggi, invece, gli indiani stanno dissipando questo tesoro, e tale metodo non è più praticato. Una volta perso, sarà molto difficile recuperarlo; perciò, questo sistema educativo non deve essere accantonato o trascurato.

Dovete fare ogni possibile sforzo per mantenere i vostri cuori puri e sacri. La responsabilità del mantenimento economico del guru spettava alla gente. In base alle loro possibilità e capacità, i cittadini contribuivano ben volentieri al mantenimento degli insegnanti, e agli studenti non veniva richiesto di pagare neppure un centesimo. Qual era il dovere degli studenti di quei tempi? Si alzavano molto presto al mattino, facevano le loro abluzioni, dicevano le preghiere, e poi andavano di casa in casa per chiedere il cibo che veniva poi portato all’insegnante. Dopo che il guru aveva mangiato, ciò che rimaneva veniva consumato dagli studenti come cibo santificato.

Era in quest’atmosfera sacra che venivano insegnate e apprese le scienze, l’arte, la storia e le scritture sacre. La cultura indiana era sacra, preziosa e con contenuti molto profondi, ma oggi essa è stata trasformata in falsità.

Nell’università di Ujjaini s’insegnava giurisprudenza, e si asseriva che la legislazione d’allora non avesse lacune o difetti. Oggi, invece, le leggi sono talmente distorte da diventare ingiustizie. A Ujjaini, persino ciò che era illecito veniva positivamente trasformato, e all’ingiustizia non veniva lasciata alcuna opportunità di proliferare. Sin dai tempi antichi, l’India ha avuto studenti puri e sistemi educativi sacri.

Quali erano le possibilità abitative degli studenti di quei tempi? Fin dai tempi di Buddha, Ajanta e Ellora erano i luoghi in cui essi abitavano; infatti, molti ragazzi si radunavano ad Ajanta. Anche Ellora era un centro d’insegnamento. Ajanta ed Ellora erano luoghi sia d’abitazione che d’insegnamento.

Gli insegnanti erano persone totalmente altruistiche e, ogni dolce pensiero che scaturiva dai loro cuori, lo trasferivano con gioia agli studenti. Dal giorno in cui l’istruzione e l’alimentazione sono state trasformate in attività di lucro, anche la mente umana ha cominciato a deformarsi. Prima, l’insegnamento, la preghiera e il cibo non erano considerati oggetto di vendita, e l’istruzione era completamente gratuita.

La Dea Sarasvatî [1]
Sarasvatî (Dea dell’insegnamento e del linguaggio - N.d.T.) non costringeva nessuno. Sarasvatî, che prima era libera, è oggi imprigionata e assoggettata a numerose difficoltà. La dea Sarasvatî, chiamata anche Mahâbhârati, impartì conoscenza incomparabile agli indiani, e permise loro di crescere in saggezza e di prosperare. Si usava pregarla così:

“O Sarasvatî! Omaggio a Te, dispensatrice di tutti i doni,

che sai assumere ogni forma desiderata!

Io inizio ora i miei studi: fa’ che abbia sempre successo.

I Tuoi occhi sono come i petali del fiore di loto
e hanno il colore del suo polline.

Tu sei sempre presente nel loto.

O Sarasvatî, proteggimi!
Sarasvatî, Bhagavatî, Bhâratî, Pûrnendubimbânana”.

Questi ultimi erano i vari nomi ed epiteti attribuiti alla Dea del Sapere.

Oggi, secondo le disposizioni statali, nelle scuole non si pensa più neppure a pronunciare il nome di Sarasvatî! Sin dai tempi antichi, Ella elargì sempre protezione al paese, e le preghiere d’invocazione e di lode, a Lei dirette, instillarono purezza e dolcezza nel cuore degli indiani, tanto da indurli sempre a pronunciare sacre parole. Si usava pregarla così: (Swami ripete i versi testé riportati - N.d.T.).

Anche la Dea Lakshmî,[2] era adorata con vari nomi:

Indirâ (Potente);

Loka Mâtâma (Madre dell’Universo);

Pramânamga Devatâ (Delizia del mondo);

Bhârgavî (Splendente);

Lokajananî (Madre del mondo);

Kshîrasâgara Kanyâka (Figlia dell’oceano di latte).

Dio in forma umana

La Divinità viene nel mondo in forma umana. Dio non è un’entità invisibile; al contrario, assume forma umana per poter essere visto.

Dio assume Forma umana.

(Poi Swami cita dei versi in sanscrito che riportano i Nomi delle Divinità - N.d.T.).

La Natura di Dio è stata descritta in svariati modi.

Oggi, si adora Dio con l’azione, nella meditazione e in molti altri modi, ma Egli non viene accettato in Forma umana.



In tutti gli stati dell’antica India, l’istruzione era dunque impartita gratuitamente, senza alcun onere. La gente ricca portava il cibo da casa, e lo distribuiva ai bambini, i quali lo consideravano nettare; essi mangiavano e poi facevano lezione.

A quei tempi non esistevano differenze di casta o religione: tutti erano uniti, erano Uno. Si insegnavano le varie materie, e ogni argomento era trattato equamente. S’insegnava la musica, la letteratura, la danza, come pure la carpenteria, l’arte della ceramica, e varie attività artigiane come quella dell’orafo, del fabbro, o del vasaio.

Ogni studente veniva istruito personalmente dall’insegnante: senza di lui nessun bambino era in grado d’apprendere. L’insegnante d’oggi dovrebbe essere colui che indica la via e indirizza lo studente verso la meta più appropriata.



Charaka, studioso d’altissima levatura e grand’uomo, insegnò medicina con straordinaria abilità. Era assai stimato e il suo nome era molto conosciuto.

Oggi, per curare una cardiopatia, s’inserisce un cuore artificiale e si esegue un intervento cardiochirurgico con macchinari molto sofisticati. A quei tempi, non si usava nulla di tutto ciò. Charaka recitava i mantra e cantava inni di lode a Dio, metteva la mano sul cuore del paziente e dimenticava se stesso, dopodiché le malattie del cuore svanivano. La recitazione del Nome di Dio era importante per curare ogni malattia. Con la gioiosa ripetizione del Nome Divino veniva assicurata la salute fisica, mentale, e persino spirituale.

Ricordate il Nome di Dio

Incarnazioni dell’Amore!

È impossibile fare anche un solo passo senza la grazia di Dio. Ovunque l’uomo s’imbatte nell’illegalità e nell’ingiustizia, e ogni suo pensiero è rivolto a desideri cattivi e impuri.

Qualsiasi cosa si veda, è priva di quell’Amore di cui, invece, dovrebbe essere colma; perciò il progresso viene a mancare: Il sentimento d’amore dovrebbe esser ben saldo in ogni essere umano. Charaka promosse proprio quest’insegnamento e tale filosofia. Dio non si trova in qualche terra lontana, ma risiede nel corpo di ognuno. Egli non è in qualche paese straniero, ma nei vostri cuori. Dio è sopra di voi, con voi e al vostro fianco. Trascurando un sentiero così semplice, per seguire rotte diverse e tortuose, l’uomo va incontro a inutili difficoltà. In altri tempi, la gente si liberava immediatamente d’ogni sofferenza ripetendo il Nome di Dio.

In quest’era di Kali,[3] non esiste altro mezzo per la liberazione che la ripetizione del Nome del Signore:

Solo il Nome di Dio, solo il Nome di Dio, solo il Nome di Dio

vi conferirà la Liberazione, vi concederà la salvezza nell’era di Kali !

Non esiste via più importante, non c’è potere maggiore del Nome di Dio. Contemplare il Nome Divino, anche solo una volta, conferisce all’uomo immensa beatitudine; ma nessuno ne capisce la potenza.

Nel Krita Yuga[4] veniva praticata la meditazione; nel Tretâ Yuga[5] venivano compiuti riti sacrificali; nel Dvâpara Yuga era prescritta l’adorazione; ma il Kali Yuga è l’era in cui si deve praticare il nâmasmarana, la costante ripetizione del Nome del Signore, quale via per giungere a Dio.

In tutte le quattro ere, il Nome di Dio veniva divulgato in modi diversi.

Tutti i poteri sono presenti nell’uomo

Studenti!

Dovete comprendere la verità secondo cui non esiste forza e potere che siano fuori di voi. Il potere del magnetismo, presente nell’uomo, non si trova in nessun altro luogo. Molti poteri esistono in questo mondo, ed essi sono presenti anche nell’uomo. Sebbene l’uomo sia un’entità tanto grande e potente, s’inganna e s’illude di essere piccolo e debole.

Tutti voi siete incarnazioni del Divino. Dio non è separato da voi: Egli risiede nei vostri cuori. Se volete vedere Dio, chiudete gli occhi e potrete vederLo, ma è a causa della vostra mancanza di fede che non vi riuscite!

Le città di Ujjaini, Kâshî e il Kashmir erano luoghi di immenso potere per gli indiani. Navadvîpapura era un altro importante centro per l’apprendimento della giurisprudenza, e vi si promuoveva la giustizia come da nessun’altra parte.

Oggi abbiamo dimenticato che l’India possiede tali capacità e poteri; pensando, invece, che essi si trovino all’estero, andiamo a cercarli nei paesi stranieri. Ciò è un grave errore; simile ignoranza deve essere eliminata!

La luce della più alta saggezza deve risplendere in noi: solo allora potremo conseguire la Beatitudine Divina.



Incarnazioni dell’Amore!

Nei prossimi giorni vi spiegherò l’influenza delle istituzioni preposte all’istruzione. Ciò che dovete sapere oggi, è che tutte le forze ed i poteri si trovano in India; persino la potenza delle Sacre Scritture è nata qui. L’India fu l’importante centro delle belle arti, quali la musica, la letteratura e la poesia. Perché dobbiamo rinnegare una terra così sacra? Questo è segno di grande ignoranza. Incapaci di comprendere questa verità, gli studenti odierni ricercano i piaceri esteriori, che, in ogni caso, non riusciranno a ottenere del tutto. Anche se vi riuscissero, non sarebbero certo permanenti. Dobbiamo invece comprendere che in questo pupazzo, chiamato “corpo umano”, risiede ogni cosa.

Una vecchia canzone

Durante la seconda guerra mondiale, c’era il pericolo che forze esterne potessero invadere l’India.

Io ero un ragazzo, e un capo comunista Mi si avvicinò e disse: “Ragazzo! So che tu componi delle belle poesie; perché non ne componi una sul nostro leader, e poi la canti?”

Gli chiesi di andare a prendere una culla, di quelle usate per i neonati, e composi lì per lì una canzone che somigliava a una ninnananna.



“Non piangere, piccolino: non piangere, mio caro;

se piangi non si potrà dire che sei un valoroso figlio dell’India.

Dormi, bambino mio, dormi!

Hai paura e piangi, perché il terribile Hitler ha invaso l’invincibile Russia?

Dormi, bambino mio, dormi!

L’armata rossa guidata da Stalin metterà fine a Hitler.

Non piangere! Dormi, bambino mio, dormi!

Tutti gli uomini del Paese si uniranno per combattere e otterranno la libertà.

Non piangere! Dormi, bambino mio, dormi!”

Componevo delle canzoni come questa e diffondevo delle filastrocche belle e gioiose tra gli abitanti del villaggio. “Come fa Sai Baba a sapere dell’esistenza di Hitler? È solo un ragazzino!” Molti si chiedevano, sorpresi, come ciò fosse possibile. “Come fa a sapere chi è Stalin? Come fa a conoscerlo?” Non esiste nulla che Sai non sappia. (Applausi).

Tuttavia, spesso fingo di non essere al corrente. A volte chiedo ai devoti: “Quando sei arrivato?”, ed essi pensano: “Possibile che Sai Baba non sappia quando io sia arrivato?” Lo so bene, ma vi rivolgo quella domanda per darvi gioia, in modo che possiate pensare: “Swami mi ha parlato!”, e così voi siete felici. Non Mi interessa se poi dubitate che Io sappia oppure no.

Che tempi sono questi!

Dopo qualche giorno vennero da Me alcuni studenti; a quell’epoca la gente soleva chiamarMi “Sathya”. Essi Mi chiesero: “Sathya, ti preghiamo di scrivere in versi un dramma che vogliamo mettere in scena. Componi anche una canzone d’apertura; sarà divulgata ovunque. Aiutaci nel nostro intento!”

Allora acconsentii e chiesi che due studenti venissero da Me, e insegnai loro le canzoni che dovevano cantare pubblicamente:

“In che momenti viviamo!

O gente! Che tempi sono mai questi!

È arrivata la cipria, ma la curcuma [6] è scomparsa.

In che momenti ci troviamo!

O gente, che tempi sono questi!

L’oro è scomparso, ma sono arrivate catenelle finte di poco valore.

Che tempi sono questi!”



Mi rivolgevo alle persone, con simili filastrocche, per insegnar loro le lezioni che intendevo divulgare.

“Sul polso sinistro si mettono una striscia di cuoio con un aggeggio luccicante.

Che orpello è mai questo, che neppure gli occhi riescono a guardare?

Una striscia di cuoio con qualcosa di luccicante. Un orologio! Ecco la novità!
Gli uomini si tagliano i baffi e si lasciano crescere quattro peli sotto la punta del naso.

Che moda è mai questa?”

(Risate)

Componevo simili filastrocche, che insegnavo ai giovani, per rimuovere quelle tendenze al modernismo, e per mantenere viva l’antica tradizione.

Eliminate le cattive azioni

Karnam Subbâmmâ, una donna molto virtuosa, veniva sempre da Me e Mi chiamava: “Sathya, Sathya, Sathya!” Allora avevo sette anni. Non era Mia abitudine andare a casa sua ogni volta che mi chiamava. Era solita dirMi: “Figlio, perché non vieni a casa nostra?” Io le rispondevo: “Perché dovrei venire a casa tua? Non sono un mendicante che va di casa in casa! Se tu Mi inviti, IO verrò; ma non verrò se tu non Mi chiami”.

Poi ella aggiunse: “Mio marito ha intrapreso delle pratiche immorali che lo rovineranno. Ti prego, correggilo!” IO le risposi: “Agirò in modo duro su di lui; non preoccupartene più”. Senza neppure conoscerlo, feci in modo che alcuni bambini cantassero davanti a lui. La donna temeva che il marito si potesse arrabbiare, ma IO osservai: “L’ira è il nemico di chi la possiede; ma la sua collera non potrà fare del male a Me”. Così composi una canzoncina, e mandai i bambini a cantarla proprio davanti a lui. In che modo era scritta? In modo che l’uomo potesse ritornare in sé! Quello era un compito che non poteva essere assolto con parole dolci e gentili; dovevano essere parole dure e aspre che ferissero il suo cuore. Insegnai ai bambini un paio di filastrocche e dissi loro di cantarle.

I bambini, tuttavia, erano timorosi, ma li incoraggiai asserendo: “IO sono con voi! Non abbiate paura. Andate!”

Il Signor Karnam si chiamava Nârâyana Rao, ed aveva preso delle cattive abitudini che andavano riformate energicamente:

“La tua stessa comunità non ti consentirà di mangiare con loro.

Vedendoti, i tuoi stessi parenti ti butteranno fuori, e ti cacceranno.

Incontrandoti, i tuoi amici ti colpiranno con le loro scarpe!”

Usai parole aggressive e gli dissi: “Basta con le cattive azioni!” La Mia iniziativa diede buoni frutti: egli cominciò a comportarsi bene e rinunciò ai suoi vizi.

Subbâmmâ era felice. Sebbene a quell’epoca fossi un bambino piccolo, venne di corsa da Me, cadde ai Miei piedi e Mi ringraziò. “Râju, Tu non sei un ragazzino! A vederTi sembri piccolo, ma il Tuo potere è grande! È raro trovare qualcuno che sia capace di fronteggiare i più anziani così coraggiosamente e con tanta determinazione!”

“Non ti permetteranno di stare nella tua stessa comunità.

I tuoi amici ti colpiranno con le scarpe, quando t’incontreranno!”

Dopo che avevo scritto quella canzoncina, Subbâmmâ s’accorse che il marito aveva abbandonato le sue cattive azioni.

Ella si rivolse a Pedda Venkappa Râju (il padre di Swami - N.d.T.) e osservò: “Venkappa! Tu credi che il bambino sia tuo figlio, ma ti sbagli. No, no! Egli è molto potente. In futuro sarà di grande esempio al mondo intero. Non pensare, quindi, che sia tuo figlio. MandaLo a casa mia!”

Pedda Venkappa Râju rispose: “Nella nostra famiglia non c’è l’usanza di dare i figli in adozione; ci prenderemo cura di Lui al meglio delle nostre possibilità, ma non Lo manderò in casa d’altri”.

In tal modo, senza essere preso da nessuno, ho vissuto con coraggio e determinazione una vita indipendente, una vita libera, perché non ho difetti o imperfezioni. Che cosa deve temere chi è senza macchia? Non deve esserci paura. IO sono sempre andato avanti, con coraggio e determinazione.

Ho anche scritto alcune commedie. Oggi piove: ecco perché vi sto raccontando queste storie, che altrimenti non vi avrei mai detto.

Ho scritto diverse commedie, che venivano poi rappresentate dai bambini. Una di esse s’intitolava: “Farai davvero come dici?”

Il significato giusto

La madre, il padre e l’insegnante sono figure molto importanti. La madre, Kameshvari, moglie di Panchangamu Ramappa, la sera conduceva degli incontri con diverse signore, cui anch’IO partecipavo, nel corso dei quali leggeva impegnativi libri sul Vedânta.[7] Quando leggeva questi libri di filosofia vedantica, non ne capiva niente, e per di più non conosceva bene l’alfabeto. Affermava, poverina, che Dio era in un modo o in un altro, e Ne descriveva gli attributi come altamente Retto, Abile e Veritiero.

Allora scrissi una canzone:

“Sia nella consapevolezza che nell’oblio,

nello stato di veglia, di sogno, o di sonno profondo,

si deve sempre, con chiarezza, trovare un modo

in cui l’anima individuale con la grazia del Sadguru,

il Vero Maestro, possa attraversare l’oceano della vita”.



Ella tentava di illustrarne il significato, dicendo: “Chi è salvato è salvato, chi è visto è visto, chi conosce è chi conosce”. Quello era il significato da lei attribuito! Allora cominciai ad andare da lei di sera, e le dicevo: “Madre, se spiegate nel modo giusto va bene, ma se dite soltanto ‘Chi è salvato è salvato, chi è visto è visto, conoscere è conoscere’, non si capisce certamente il significato. Dovete insegnare il significato vero, e dare spiegazioni alle altre donne in modo corretto”. A quell’epoca poche donne ricevevano un’istruzione. Ella radunava le donne anziane e insieme leggevano le storie del Signore.

Il canto dei Bhajan

Già a quei tempi organizzavo dei gruppi, perché conoscevo bene l’influenza esercitata dalle buone compagnie. Avevo radunato diversi bambini, e formato il gruppo “Pandari Bhajan” (intonare canti circa alcuni aspetti di Dio, danzando con entusiasmo - N.d.T.). Essi si mettevano ai piedi delle belle cavigliere, e suonavano piatti e tamburelli; danzando graziosamente, andavano di strada in strada, svegliando tutti gli abitanti del villaggio. La gente non si svegliava mai prima delle sette del mattino, ma, da quando avevo organizzato i bhajan con i bambini, tutti presero l’abitudine di alzarsi alle cinque per fare le loro abluzioni e offrire preghiere a Dio.

“I piatti nelle mani, un fazzoletto legato intorno al polso,

distruggi il desiderio e l’ira, seguendo il sentiero che porta a Shirdi.

Cantiamo “Jai Jai Ranga”, cantiamo “Jai Jai Sai”.

Cantiamo tutti insieme “Jai Jai”, e corriamo qui!”

I bambini che si alzavano per primi, andavano a chiamare gli altri, in modo che tutti si alzassero presto. Ebbe così inizio il nâgarasamkîrtana, (la processione che percorre un centro abitato cantando inni devozionali, in modo che gli abitanti del villaggio possano svegliarsi con i canti del Nome Divino - N.d.T.). Cominciai il nâgarasamkîrtana quando questo Corpo aveva sette anni. Senza dirMi niente, anche Subbâmmâ si univa al gruppo, battendo i piatti con entusiasmo, ma si metteva in fondo, perché temeva che la riprendessi!

Fin dalla nascita, Mi sono sempre impegnato nel trasmettere e diffondere insegnamenti del genere. Il gruppo bhajan “Pandari” era così popolare che anche gli abitanti dei villaggi vicini accorrevano per parteciparvi. Quando cantavano, erano felici e dimentichi di se stessi. Anche Subbâmmâ era molto felice. A quell’epoca, per due rupie, si poteva comprare un sacchetto intero di riso soffiato; Subbâmmâ era solita comprarne due sacchetti, e poi lo distribuiva a tutti come cibo benedetto (prasâdam). È essenziale sviluppare sentimenti sacri e puri fin dall’infanzia.

Da domani, vi parlerò seguendo i programmi previsti. Oggi ho sprecato un po’ di tempo e vi ho creato dei disagi, raccontandovi queste storie inutili.

(Swami si rivolge ad Anil Kumar, che non ha tradotto queste ultime parole, dicendogli: “Perché te ne stai zitto? Traduci quello che ho detto!” Il pubblico ride e Anil Kumar, allora, traduce quelle parole - N.d.T.).

Una nuova medicina

Fui mandato a Kamalapuram a studiare. Kamalapuram si trova fra le città di Kadapa e Tadipatri. Non appena vi giunsi, Kote Subbanna venne a sapere, non si sa come, della Mia capacità di scrivere poesie, e corse da Me con una richiesta: “Sathya, Râju! Ho sentito che componi splendide poesie!” Risposi: “Non compongo belle poesie. Tutto ciò che esce dalla Mia bocca è poesia!”

Egli aggiunse: “Ti farò fare un bel paio di camicie e pantaloncini”; ma gli risposi: “Non dire cose del genere! Sto forse cercando la carità? Se lo farai, non parlerò più con te!”

Mi spiegò allora che nel suo negozio era appena arrivata una nuova medicina, chiamata ‘Bâla Bhâskara’, di cui descrisse gli ottimi effetti, e Mi chiese: “Componi una canzone con il titolo ‘Bâla Bhâskara’, ed io la farò cantare ai bambini, di strada in strada”. Acconsentii e gli dissi di ritornare dopo un’ora.

A scuola c’era lezione, e Kondappa era un insegnante severo, ma molto buono. IO dovevo compiere il Mio dovere, e per questo dissi a Kote Subbanna di tornare dopo un’ora, alla fine della lezione, per prendere la sua canzoncina. Trovai, quindi, l’aria giusta e composi la filastrocca:



“Eccola, eccola! ‘Bâla Bhâskar’! Venite,bambini, venite!

Fa portenti e dà sollievo a mal di stomaco,

gambe gonfie, braccia doloranti,

malnutrizione, o altre malattie e persino a diarrea per indigestione!

Venite, bambini, venite, bambini!”

Ma l’uomo non era soddisfatto, per cui aggiunsi:

“Volete sapere dove si trova?

Guardate laggiù, guardate laggiù!

È disponibile nel negozio di Kote Subbanna.

Venite, bambini, venite!”



Poi ancora aggiunsi:

È un tonico eccellente,

preparato dal famoso pandit Gopalâchârya in persona!

Venite, bambini, venite!

Quando sentì la canzone, la gioia di Kote Subbanna era senza limiti e portò un gran cesto pieno di laddu (dolce fatto con il burro e farina di riso - N.d.T.). “Non darlo a Me: distribuiscilo prima a tutti i presenti” - gli dissi.

Io non ho mai mangiato dolci da quando sono nato. Perché dovrei, se tutta la dolcezza è dentro di Me? La Mia mente è dolce, il Mio amore è dolce. Perché dovrei mangiare dolci? (Applausi).

Così li distribuii a tutti i presenti. Uno dei Miei doveri più importanti è quello di aiutare tutti, di dare sollievo alle sofferenze, di portare gioia e beatitudine.

Oggi l’educazione necessaria è la Spiritualità

Incarnazioni dell’Amore!

Vi sto facendo stancare. Domani vi parlerò dell’argomento richiesto dal nostro vicerettore, ovvero la narrazione del Râmâyana.

In realtà, non sono contento dell’attuale stato dell’istruzione. Qual è lo scopo dello studio? Oggi la gente corre dietro al denaro, ma non cerca di sviluppare le buone qualità. Il denaro è necessario, non c’è dubbio, ma non è la cosa essenziale. Le buone qualità sono molto più importanti. Per quanta istruzione venga impartita, per quante nozioni vengano insegnate, a un certo punto tutto verrà dimenticato. Quello che serve oggi è l’educazione spirituale!

Fra tutte le scienze, la Conoscenza del Sé è suprema.

Questa è la Conoscenza che deve essere trasmessa al cuore; tale sacra essenza si trova nel Râmayâna, che è un testo molto antico. Il Râmayâna ha superato, sopportato e disperso tutti i pericoli sorti nel corso del tempo, ed è passato oltre.

Ci sono significati, nel Râmayâna, che non possono esser compresi da nessuno. Domani cercherò di spiegarvi tutti quegli aspetti sottili e di farli diventare come un grande albero che vi offra un’ombra fresca e distensiva per poter riposare.

(Swami conclude il Suo Discorso con il bhajan “Râma, Râma, Râma, Sîtâ …”)



Whitefield, pomeriggio del 16 maggio 2002,

Corso Estivo 2002

Versione Integrale



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Note:

[1] Sarasvatî, consorte di Brahmâ, è la Dea del linguaggio e dell’insegnamento, delle arti e del sapere, ed è il simbolo

della chiarezza intellettuale. È anche il nome di un sacro fiume sotterraneo che si unisce ai fiumi Gange e Yamunâ.

Sarasvatî rappresenta “la forma della latente parola non pronunciata” ed è, quindi, come un fiume che scorre in forma

non manifesta.



[2] Lakshmî, consorte di Vishnu, è la Dea della ricchezza, del benessere, della fortuna, della prosperità e della bellezza.



[3] Kali Yuga, era del ferro o delle tenebre. Questa quarta era, l’attuale in cui viviamo, comprende un periodo di 432.000

anni, ed ebbe inizio quando l’Avatâr Krishna abbandonò la Sua Forma umana sul finire del Dvâpara Yuga, o era

del bronzo, il quale comprendeva un periodo di 864.000 anni.



[4] Krita Yuga, età dell’oro, è il primo dei quattro Yuga o ere, e comprende un periodo di 1.728.000 anni.



[5] Tretâ Yuga, età dell’argento, è il secondo dei quattro Yuga che comprende un periodo di 1.296.000.



[6] Curcuma - Pianta indiana, dalla cui radice si estrae una sostanza gialla e aromatica, usata come materia per tingere,

e utilizzata anche in medicina e in chimica.



[7] Vedânta - letteralmente significa “Conoscenza finale dei Veda”. Questo sistema di filosofia insegna lo scopo finale

dei Veda, le quattro fondamentali Scritture Sacre dell’induismo.