DISCORSO DIVINO

Sperimentare l'unità dell'uomo con Dio

31 maggio 1996

L’oceano della vita non si può attraversare
con le penitenze, con i pellegrinaggi, con lo studio delle scritture o con la Carità,
lo si può fare solamente con il servizio ai pii.
Dimenticate tutte le differenze e credete nell’Unità.
L’uomo non può raggiungere la meta della vita semplicemente andando nella foresta a far penitenza lasciando la famiglia, gli amici e le proprietà. Neppure ottenendo la padronanza delle sei Sastra e ripetendo i mantra da mane a sera si può trovare il coronamento della vita. Al fine di attraversare l’oceano dell’esistenza terrena, che è la causa fondamentale del ciclo inesauribile di nascite e morti, bisogna servire le persone nobili e la società e riconoscere il principio di unità. Nel mondo ci sono molti intellettuali e scienziati: hanno pace anche per un solo momento? Comprendono cosa significhino pace e felicità? Se non si riesce a sperimentare la pace e la felicità, a cosa serve tutto il resto? La pace è la conquista principale della vita dell’uomo; senza di essa, la sua vita non vale niente. E’ per questo che Thyagaraja cantava “Non c’è felicità senza pace”. L’uomo può essere felice solamente quando ha la pace; se non ne ha, la sua vita intera diventa un incubo. A un cieco, tutto appare scuro; in modo simile, per quanto grandi si possa essere, il mondo non significa niente quando si dorme. Voi non dovreste credere illusoriamente che gli occhi siano fatti per guardare tutto e tutti nel mondo; anche gli animali e gli insetti hanno gli occhi. A cosa servono gli occhi se non ci permettono di vedere lo Splendore Divino? Le orecchie sono date per ascoltare il Suono Divino del Pranava e la mente è intesa a ottenere la pace. Per quale ragione l’uomo non la può trovare? Ci sono cinque tipi di radici della sofferenza (Klesha) che fanno penare l’uomo: ignoranza, ego, desiderio, odio e paura della morte (Avidya, Asmita, Raga, Dvesha e Abhinivesha). Cosa si intende per Avidya? Vid significa conoscenza per cui Avidya indica la mancanza di conoscenza. Cos’è la mancanza di conoscenza? Non è l’ignoranza delle cosa del mondo, è il non essere coscienti della propria natura divina. L’uomo si considera un mortale ignorante a causa di Avidya e, per chi è in questa situazione, ottenere la pace è impossibile. Chi è nella morsa di Avidya vive immerso nelle cose del mondo identificandosi con il corpo mentre la mente manca della saggezza che gli riveli di essere divino; l’attaccamento al corpo e al mondo gli causano una sofferenza immensa. Questo è il risultato di Avidya che è fonte di sofferenze indicibili per l’uomo.
La seconda radice di sofferenza è Asmita che impedisce di riconoscere la causa fondamentale di questa vita terrena e di tutta la sofferenza inerente. L’uomo dimentica che la mente è la fonte primaria di tutto il suo soffrire per cui diventa vittima dell’ignoranza e dell’illusione; egli va incontro a vari tipi di sofferenza perché è incapace di controllare la mente che provoca tutta la sofferenza, il dispiacere e le difficoltà. Asmita indica l’incapacità di capire la natura reale della mente che è la causa principale di tutto il soffrire.
Un altro Klesha che fa soffrire l’uomo è Raga; cosa si intende per Raga? In questo contesto, esso non indica l’accordo di una canzone; desiderare questo, quello e tutto è Raga. Quando i desideri diventano illimitati, Raga diventa Roga (malattia). L’uomo soffre perché è incapace di frenare i desideri per cui dovrebbe cercare di controllarli; per questo si dice “Meno bagaglio più comodità”. E’ a causa dei suoi desideri illimitati che egli perde la stabilità mentale, subisce l’illusione e dimentica il Principio vero ed eterno della Divinità; da qui consegue la sua sofferenza enorme. Quindi, prima di tutto, dovreste mettere sotto controllo i desideri. Finché avete desideri illimitati, non potere avere la pace. Si può avere desideri ma entro certi limiti.
Acquisite l’equanimità.
Poi viene il Dvesha Klesha. In tempo di difficoltà, sofferenza e perdita, l’uomo si aspetta l’aiuto di qualcuno che gli è vicino ma, se la persona rifiuta di aiutarlo, la sua speranza si tramuta in odio. In questo mondo, sia il bene che il male causano sofferenza; non necessariamente tutto ciò che è bene ci da felicità e, similmente, non tutto ciò che è male causa sempre afflizione. Come qualcosa di bene ci da sofferenza? Tulsidas ne da un esempio dicendo “Io offro le mie salutazioni sia alle persone buone che a quelle malvagie”. Voi potreste dire: C’è un significato nel fare omaggio a una persona buona ma qual è lo scopo di ossequiarne una malvagia?” Una persona malvagia vi fa soffrire quando la incontrate e una persona buona vi addolora quando vi lascia per cui Tulsidas offriva le sue salutazioni ai malvagi affinché non lo avvicinassero e ai buoni che non si allontanassero da lui. La compagnia di un malvagio e la separazione da una persona nobile causano ambedue sofferenza. La vita umana è fatta di unioni (Samyoga) e separazioni (Viyoga), è descritta come un oceano con onde turbolente di unioni e separazioni; chi può giudicare ciò che è bene e ciò che è male? Quindi si deve rimanere equanimi nella felicità e nella sofferenza, nel guadagno e nella perdita, nella vittoria e nella sconfitta come insegna la Gita. Trattate la felicità e l’afflizione con equanimità. Al fine di ottenere la pace, voi dovreste mettere in atto l’equanimità; non considerate qualcuno malvagio e qualcun altro buono, vedete Dio in ambedue. Lo stesso Atma è presente in tutti e due; questo è il sentimento di unità e Divinità. I corpi sono diversi, le tendenze delle menti sono diverse ma la Divinità è Una, è la stessa in tutti.
Identificatevi con il Sé.
I nomi e le forme possono variare ma la Divinità non cambia. Finché si osservano le differenze non si può ottenere la pace ed è per questo che Tulsidas diffuse il principio dell’unità. Egli considerava Dio insito in tutti gli esseri ed era consapevole dell’unità. Io vi dico spesso che voi non siete una persona ma tre: quella che pensate di essere, quella che gli altri pensano che siate e quella che siete veramente. La prima è la rappresentazione dell’identificazione col corpo, la seconda dell’identificazione con l’anima individuata e la terza con Dio. Tutte le religioni, il Cristianesimo, l’Islam, il Jainismo o il Sikhismo, proclamano la stessa verità. Prima Gesù disse “Io sono il messaggero di Dio” poi disse “Io sono il figlio di Dio” e, nella terza fase, dichiarò “Io e il Padre mio siamo uno”. La stessa verità è espressa nelle affermazioni “Io sono la luce, la luce è in me, Io sono la luce”.L’essenza e scopo di tutte le religioni è lo stesso. Dio è uno ed è lo stesso per tutti; perché dovrebbero quindi esistere differenze, conflitti e polemiche? Sono tutti segni di ignoranza. Solamente le persone sciocche, che non comprendono il significato reale della Divinità, creano disordini e conflitti simili. Perciò, non considerate differenze di sorta, non criticate alcuna religione o pratica spirituale; tutti hanno il diritto di seguire la strada che scelgono e provare la gioia. Quando a ognuno è concessa la libertà di seguire a modo suo la religione che preferisce, si può fare l’esperienza della Divinità.
Non siate interessati ai difetti degli altri.
Come potete dare pace agli altri se non ne avete voi? Quindi dovete prima ottenere la pace e poi diffonderla in casa e nel villaggio. In questo modo dovreste spargere la pace dovunque. Essere in pace dentro e fuori; questa è la pratica spirituale vera. Inoltre, non acquisite una mentalità ristretta, non cercate di valutare il bene e il male negli altri; sviluppate la vostra bontà e salvaguardate la vostra purezza. Questo deve essere lo scopo. Se invece cercate la malvagità negli altri, ne sarete contagiati. Ecco un esempio a questo riguardo: voi avete una macchina fotografica e volete fare una foto a qualcuno davanti a voi. Quando mettete a fuoco le lenti su di lui e premete il pulsante, catturate la sua immagine; in modo simile, quando focalizzate le lenti della vostra visione sulla malvagità degli altri e premete il pulsante della Buddhi (intelletto), la loro malvagità entra in voi. Di solito, si fotografano le persone che ci piacciono per cui, dato che vi piacciono le persone buone, mettete a fuoco la mente soltanto su di loro; allora i vostri sentimenti diverranno simili. Non vi interessate quindi alla malvagità degli altri perché, se lo fate, voi stessi diverrete malvagi. “Come sono i sentimenti sarà il risultato”.
Sviluppate il senso di unità e fate l’esperienza della Divinità.
Una volta le Gopi andarono da Radha e dissero: “ Tu pensi sempre a Krshna e puoi diventare Lui in conseguenza a questa meditazione continua; quando Radha diventa Krshna e non c’è dualità, che gioia puoi provare?”. Ella rispose: “O Gopi, pensando costantemente a Krshna, io posso diventare Lui; nello stesso modo, Krshna può diventare Radha pensando continuamente a lei. Anche allora ci sono sia Radha che Krshna”. Quindi, quando voi pensate a Dio, anch’Egli pensa a voi. In questo modo, voi create Dio. Chi crea Dio? Il devoto crea Dio e Dio crea il devoto; cosa c’è allora in comune tra Dio e l’uomo? C’è il potere di creare. Anche l’uomo ha il potere di creare come lo ha Dio; il potere di creare è uguale in ambedue. Cercate di fare l’esperienza della Divinità comprendendo questo principio di unità; dimenticate tutte le differenze e abbiate fede nell’unità. “Colui che conosce Brahman diventa Brahman veramente”.
Tutti sanno di dover morire un giorno o l’altro eppure ognuno vuol aggrapparsi alla vita e nessuno vuol morire; questo è dovuto ad Abhivesha Klesha che affligge l’uomo. Qual è la causa principale della sofferenza dell’uomo? Sono i desideri. Voi diventate vittime dei vari Klesha quando dimenticate la vostra natura reale e focalizzate la mente sul mondo. Contentatevi di ciò che avete; perché vi angustiate per qualcosa che non avete? La vostra vera Sadhana consiste nel non anelare cose che non avete. Come potete ottenere la felicità se non siete soddisfatti di ciò che avete e bramate continuamente ciò che non avete? Siate quindi contenti di ciò che avete e dividetelo con gli altri. Acquisite una apertura mentale di questo tipo. In questo mondo vasto, anche l’uomo dovrebbe avere una mente vasta; chi non ha apertura mentale non è affatto un essere umano quindi allargate il cuore. Come si può fare? Bisogna riempirlo d’amore. Se riempite il cuore d’amore, non sarete importunati da nessun Klesha, avrete il potere di affrontare tutte le sfide e andare avanti.
Colmate il cuore d’amore.
Molti mi pregano di dar loro un cuore grande. Ora, cosa significa la parola cuore? Essa non indica il cuore fisico. Se il vostro cuore fisico si allarga, diventate malati e dovete operarvi per cui tra il cuore fisico e quello spirituale c’è una grossa differenza. Il cuore fisico è come l’interruttore principale della residenza che è il corpo umano; è solamente l’interruttore principale, non la “corrente”. Allora dov’è la corrente? “Brillante come lo scoppio di un fulmine tra le nuvole cariche di pioggia (Nilatoyadamadhyasthad Vidyullekheva Bhasvara)”. Dov’è questo Vidyullekha? Questo potere splendente è presente nella colonna vertebrale ed è chiamato anche Sushumna (corrente del nervo centrale). E’ da questo Sushumna che la corrente entra nell’interruttore principale che è il cuore; se non lo sapete, potete indagare voi stessi. I medici fanno operazioni al cuore; se pensate che il principio vitale sia nel cuore fisico, dove va quando il cuore viene operato? Dato che la vita non è presente nel cuore, durante le operazioni si usa la macchina cuore-polmone. Il cuore spirituale (Hridaya) non è limitato al corpo, è presente dovunque; esso pervade tutto il corpo altrimenti come potreste accorgervi che una formica vi sta camminando su un piede? Il cuore fisico è situato in una posizione precisa del corpo mentre quello spirituale lo pervade interamente. Il primo aiuta la circolazione sanguigna ma non ha il controllo del principio vitale.
Il Nome di Dio è la panacea per tutti i mali.
Studenti! Qualunque difficoltà dobbiate affrontare, pensate costantemente a Dio e rimanete sereni, siate sempre contenti. Tutte le difficoltà sono come nuvole passeggere, vengono e vanno; nel mondo non ci sono nuvole permanenti. Comprendete questa verità e usate il tempo per meditare su Dio senza dare spazio alle preoccupazioni; in tempo di difficoltà, voi dovreste effettivamente pensare a Dio sempre di più. Molti criticano e insultano Dio quando devono affrontare le difficoltà e dicono “Non ha occhi? Non vede i miei problemi? Non ha orecchie? Non sente i miei lamenti?” In realtà, voi dovreste pregare Dio più sentitamente quando siete immersi nelle difficoltà. Un Sadhaka dovrebbe rimanere concentrato nella sua Sadhana dovunque sia. Un paziente deve necessariamente prendere le medicine dovunque sia, a casa o all’ospedale; egli non può dire “Sono già in ospedale, perché prendere delle medicine?” In modo simile, voi dovreste meditare su Dio sia nei tempi di gioia che in quelli di sofferenza; soltanto allora il Nome Divino diverrà la panacea per tutte le vostre malattie.
(Bhagavan ha concluso il Suo Discorso con il Bhajan, “Sivaya Paramesvaraya…”)
Dal Discorso di Bhagavan nella Sai Kulwant Hall a Prasanthi Nilayam il 25 Luglio 1996.