DISCORSO DIVINO

Il tempo è Dio: va usato meglio

14 aprile 1994

Incarnazioni dell’Amore,

la Natura è il miglior maestro che sappia insegnare all’uo­mo la sacra e nobile lezione del sacrificio disinteressato. Osservate gli alberi che, sen­za alcuna traccia di egoismo, dispensano frutti perché altri ne godano. I fiumi scorrono a beneficio di al­tri, provvedendo l’acqua necessaria ad e­stin­guere la sete e a sopperire ai vari servizi. Le vacche donano il delizioso latte senza il benché minimo interesse. Allo stesso modo, chi è buono si adopera incessantemente per esser d’aiuto ai suoi simili.

La festa dell’Ugâdi, il Capodanno, impartisce lezioni di servizio di­sin­teressato. Non è da intendersi come un’oc­casione in cui si banchetta, ma come un giorno sacro in cui nei cuori della gente dovrebbero sboc­ciare solamente saggezza e illuminazione.

La varie ere

Vi sono quattro yuga o eoni, e sono il Krita Yuga, il Tretâ Yuga, lo Dvâpara Yuga e il Kali Yuga. Il Krita Yuga ebbe inizio nel mese di Vaishâkha (Aprile-Maggio), il Tretâ Yuga nel mese di Kârtika (Ottobre-Novembre), lo Dvâpara Yuga nel mese di Mârgashira (Novembre-Di­cem­bre) e il Kali Yuga nel mese di Chaitra (Marzo-Aprile). Essendo l’e­ra attuale di Kali iniziata in Marzo-Aprile, il primo giorno di Chaitra viene chiamato Yugâdi. Gli eoni sono solo delle misure del tempo. Il tempo è Dio, e Dio viene definito Kâ­la-svarûpa, autentica incarnazione del Tempo. Il tempo, quindi, va rispettato e impiegato in ricerche utili. È da scellerati sciupare il tempo.

Il mondo viene detto Jagam. Ja sta per “nascere” e gam sta per “an­dare”. Jagam significa che il mon­do è un luogo ove gli esseri nascono e muoiono. Dio, nel mondo mutevole, è l’Immu­tabile: Egli pervade ogni cosa e se ne può avere una verifica dovunque. I nomi con cui viene adorato sono Kâlakâlayanamah, Kâlasvarûpâyanamah e altri. Senza il Tempo non esiste mondo; senza il mondo non v’è creazione; senza crea­zione non c’è nulla. Tutto quan­to è stato creato è nato dal Tempo.

La giornata di Capodanno proclama la verità che Dio è il Padrone del Tempo. Sfortunatamente l’uomo non riesce a comprendere la potenza di Dio e sciupa tre quarti del suo tempo perseguendo cose materiali indegne. La ricerca spirituale è il modo più giusto di impiegar bene il tempo; è necessaria alla coltivazione di buoni sentimenti, al compimento di buone azioni prive di interesse personale e alla proiezione dell’a­mo­re e della compassione verso gli altri. In ciò consiste la vera sâ­dhanâ. Sa sta per “Âtma” e dhana significa “ricchezza”: se userete il vostro tem­po in ricerche spirituali, godrete del­la ricchezza spirituale.

L’uomo, però, spreca tutto il proprio tempo in pensieri empi e azioni malvagie, sen­za capire la divinità che gli è propria. Bisogna capire il valore del tempo che svanisce più veloce della luce. Se volete santificare la vostra nascita umana, tanto duramente ottenuta, dovete coltivare pensieri divini.

Questa è l’era di Kali, spesso definita Kalaha Yuga, l’era della discordia in cui si sarebbero verificati incomprensioni e litigi fra mogli e mariti, padri e figli, maestri e allievi. Le persone, lasciando da parte ogni tendenza agli alterchi, devono coltivare amore e compassione e rifulgere da vere incarnazioni dell’amore quali sono. “Cuore” è il termine che traduce hridaya, la cui desinenza è dayâ, ossia “compassione”. Si ha ti­tolo ad esser considerati esseri u­ma­ni quando si prova compassione per gli altri.

Oggigiorno troviamo gente che, priva della minima traccia di compassione, si abbandona ad azio­ni crudeli, comportandosi peggio de­gli uccelli e delle bestie selvatiche. Quando persino gli alberi ed i fiumi soccorrono disinteressatamente il ge­nere umano, gli uomini non si comportano in maniera adeguata al lo­ro stato di esseri superiori; non sono inclini ad aiutarsi gli uni gli altri. Gli alberi servono anche quando son morti e secchi, perché vengono utilizzati come legna da ardere: essi sono il miglior esempio di attitudine al sacrificio (thyâga bhava); sono i migliori mae­stri della qualità del sacrificio.

Ma gli esseri umani, che dagli alberi traggono ogni beneficio possibile, non hanno lo stesso spirito di sacrificio; sono attaccati al proprio corpo e usano energie e tempo per procurarsi comodità fisiche. Quanto dura il corpo? È un coacervo di malanni, un ricettacolo di lordure ed escrementi. Non può passare al di là dell’oceano della vita, non sopravvive al samsâra. Infanzia, adolescenza, gio­vi­nezza, maturità, vecchiaia, ed infine morte sono contrassegnate dal continuo mutamento. La morte non si sa quando, dove e come arriverà.

L’uo­mo trascura i doveri del proprio stato (svadharma) e, comportandosi come un animale, fa completo affidamento su ciò che è transitorio, il corpo. Non si sforza minimamente di rendersi conto che in un corpo soggetto a cambiamenti dimora l’im­mutabile ed eterno Spirito, l’Ât­ma. In ogni essere c’è la stessa divinità, che rimane immutabile attraverso tutti gli stadi dell’e­sisten­za.

L’eterna ricerca

Ognuno vuol esser felice e compie ogni genere di sforzi per raggiungere quest’obiettivo senza sapere dove trovare la felicità. La gente pensa di averla quando trova un impiego per vivere e, a que­st’u­nico scopo, mira a titoli di studio. Ma, dopo aver ottenuto il lavoro, non è felice; vuol sposarsi e metter su famiglia, ma non è ancora felice. Vuol avere figli; ma non è ancora soddisfatta. Poi vuole un avanzamento di carriera e guadagnar più soldi per mantenere la famiglia. L’ottiene, ma, anche con tutto questo, non è felice. La felicità non è in tutte queste conquiste, né in ciò che si possiede; è solo nel cuore. L’uo­mo stesso è l’incarnazione della felicità; tuttavia, senza rendersi conto di ciò, si ostina a cercar la felicità altrove.

Nithyânandam paramasukhadam (“Sempre gioioso e donatore di suprema felicità”): l’eterna beatitudine è solo dentro di noi e, una volta che ci si è resi conto di essere il beato Spirito e non l’effimero corpo, si trova la felicità. Qualcuno pone la domanda: «Dov’è Dio?». Dio non può essere visto, come qualcuno di esterno a noi. Dovete volgere lo sguardo all’interno di voi. Allora ca­pi­rete che il mondo intero non è che un riflesso dell’Âtma che sta in voi.

Quello – il Brahman Supremo – è la Totalità.

Questo – la Creazione – è pure la Totalità.

Da quel Tutto è emerso questo Tutto.

Anche se questa Totalità è uscita da quella Totalità, quella Totalità rimane la Totalità.

Che significa? Una cosa, da qual­siasi origine provenga, mantiene pienamente la qualità della sorgente che l’ha generata. Questo bicchiere, ad esempio, è d’ar­gento e conserva in pieno la qualità del­l’ar­gento. Questi microfoni sono di acciaio i­nos­si­dabile e mantengono in pieno la qualità dell’ac­ciaio. Una tazza è fatta d’argilla, e mantiene la caratteristica del­l’argilla. Allo stesso mo­do, l’uomo, che è uscito da Dio, man­tiene la Sua stessa qualità divina. Dio è Paripûrna svarûpa, cioè “Persona in Pienezza”. Voi dovreste impegnarvi in sane ricerche del Divino e raggiungere il fine di questa preziosa vita umana, che consiste nel proiettare la vostra divinità nella dimensione umana.

Come far buon uso del tempo

Il Capodanno insegna all’uomo la lezione del perfezionarsi come incarnazione della divinità. Non sprecate il tempo, perché il tempo sciupato è un momento perduto per sempre, irreversibile. Voi cercate solo di soddisfare le necessità del corpo, desiderosi di farlo durare il più a lungo possibile; ma dimenticate che il tempo è Dio. Niente può supplire ciò.

La disciplina a cui dovreste sottoporvi è quella di utilizzare il vostro tempo in azioni buone, invece di soddisfare i vostri interessi egoistici. Non sciupate la vostra energia in chiacchiere inutili o in pettegolezzi. Dio ha dato all’uomo tutti gli organi di percezione e di azione non per attività egoistiche, bensì per svolgerne di buone ed utili agli altri.

Nel Purushasûkta si dice che il Brâhmana uscì dal volto del Purusha Cosmico. La spiegazione di ciò sta nel fatto che tutti gli organi di percezione che servono al­l’ac­quisizione della conoscenza – occhi, orecchie, naso, lingua – si trovano nel volto di una persona. Brâhmana non sta ad indicare uno che è nato nella comunità dei bramini, ma si riferisce a chi ha la conoscenza del Brahman.

Dato che gli organi di percezione sono nella faccia, il Brâhmana viene descritto come “il Volto del Signore Supremo”. È per mezzo di quegli organi che potete vedere, udire e parlare.

Non vedete il male, ma solo il bene.

Non ascoltate il male, ma solo il bene.

Non parlate del male, ma solo del bene.

Non fate il male, ma solo il bene.

In questo sta la vera disciplina. Non è necessario che recitiate delle preghiere, facciate meditazione e vi sottoponiate a penitenze. Quando siete in me­ditazione la vostra mente di scimmia vaga altrove; perciò, è solo una perdita di tempo. Compite il vostro dovere dedicandolo al Divino. Riuscirete così a trasformare il lavoro in un’azione di culto.

Nove tipi di devozione

Il sentiero della devozione, che ha nove diramazioni, è stato così descritto agli uomini per la disciplina spirituale: shravanam (l’ascolto del­la Gloria del Signore); kîrtanam (il canto delle Sue Glorie); vishnunâ­ma­sma­ranam (il ricordo costante del nome del Signore); pâdasevanam (il servizio ai Piedi di Loto del Signore); archanam (rendere culto); vandanam (il prostrarsi); dâsyam (far servizio come un servo del Signore); sneham (adorare il Signore come amico); âtmanivedanam (resa totale).

Dovete ascoltare il canto delle glorie di Dio e servire l’umanità can­tando il nome di Dio e la Sua Gloria. Rendetevi conto che tutti sono incarnazioni divine, tutto l’Uni­verso è una manifestazione di Dio. Quando vi prostrate nel vandanam, dovreste impiegare i dieci organi di percezione e di azione come un’of­ferta a Dio. E ciò trova il suo simbolismo nelle mani giunte e nel namaskâram.

Le cinque dita simboleggiano i dieci organi (indriya); il namaskâram implica la nozione del “nulla mi appartiene”. Le membra, infatti, debbono essere messe a disposizione solo degli altri. Dâsyam significa rendere servizio all’umani­tà considerando la persona che si serve come un maestro. Sneham vuol dire amicizia. Non è il tipo di amicizia che coltivate di solito dicendo “Ciao!”. Dovete tenere il cuore vuo­to in modo da riempirlo solo di pen­sieri divini. Tutte le relazioni umane sono basate sul corpo, mentre i rapporti con Dio sono da cuore a cuore, il solo ad essere eterno ed immutabile.

Spiritualità nell’Unità

Spiritualità significa cercare di realizzare l’unità di tutti gli esseri: esiste solo l’Uno e tutto è venuto fuori da quel­l’Uno. Lo stesso complesso del creato è uscito dall’Uno. In tutte le religioni viene proclamata questa verità. Ad esempio, lo stesso nome “Yesu” è un’abbreviazione sil­labica di questa verità: Ye significa “uno solo”, e su significa “buo­no”. Esiste un solo buono.[1]

Nella parola “Allah”, A sta per “Âtma” e la per “layam” (fusione). Invocare Allah, dunque, significa immergersi nell’Âtma, l’Unico Dio. Nomi e for­me sono momentanei ed effimeri; l’Âtma, ovvero la Coscienza, è permanente ed immutabile. Nel Vedânta viene chiamata Sat-Cit-Ânanda. Sat è l’Immutabile, Cit è soggetto a mutamento.

Per fare un esempio, lo zucchero è incorruttibile e mantiene la sua dolcezza in qualunque modo venga trattato, mentre l’acqua è marcescibile. Commescendo le due sostanze, si ottiene dello sciroppo, paragonabile all’Ânanda, la Beatitudine Infinita. Così, la combinazione dell’Immutabile col mutevole genera felicità, Ânanda.

(Baba, a questo punto, canta un bhajan di Mîra, dove la santa vissuta fra il XVI e il XVII secolo, devotissima di Krishna, Gli chiede di poter entrare nel Suo cuore per poter sperimentare il Suo amore puro). Solo donando amore potete guadagnarvi la Grazia di Dio. Il succo dell’amore (Prema rasa), se avete nel cuore i fori dei sentimenti e dei pensieri cattivi, scorrerà via disperdendosi; ma se otturate i buchi mediante il dominio delle qualità cattive, se ne risparmierà per un po’ di tempo.

Dovreste evitare di star dietro al corpo o alla mente, seguendo solo la Coscienza. Scopo della vita è essere d’aiuto agli altri, non già abbandonarsi senza ritegno ai piaceri sensuali. Dal­l’alba al tramonto vi dedicate ad attività che servono ad assicurarvi delle comodità materiali. Ma, con questo, che cosa avete ottenuto? Inquietudine, stanchezza o malattie. Vostro obbiettivo dev’essere quello di raggiungere la Divinità.

Questo giorno si celebra come Yu­gâdi, dal momento che il Kali-Yuga è incominciato il primo giorno di Chaitra. Kali indica sia agiatezza che buoni auspici; ma le due cose non possono essere conferite dal potere o dalla ricchezza. Dovete im­piegar bene il vostro tempo a beneficio di tutti. I risultati dipenderanno da come pensate, parlate ed agite. Pensate a Dio e compite buone a­zioni per mezzo del servizio sociale, cantando il nome di Dio.

Incarnazioni dell’Amore, l’amore è Dio. Incominciate il gior­­no con amore; riempite il giorno di amore e terminate il giorno con amore. Vivete nell’amore. Non c’è ragione d’aver paura; la paura è solo un prodotto della mente. Coltivate l’amore e solo allora si potrà realizzare la Divinità.



(Baba ha concluso il Discorso Divino col canto “Premamuditha Manase kaho, Rama Rama Ram!”)



Kodaikanal, 14 Aprile 1994

Capodanno Tamil

da: Mother Sai n. 2/96





[1] Uno stupefacente parallelo di questa affermazione di Baba si può trovare nei Vangeli, e precisamente nell’episodio del giovane ricco che chiese a Gesù che cosa “fare di buono” per ottenere la vita eterna. Gesù rispose: «Perché mi interroghi su ciò che è buono? Uno solo è buono» (Cf. Matteo 19, 17).