DISCORSO DIVINO

I quattro obiettivi della vita

20 giugno 1989

Anche un cieco,
che esercitasse il completo dominio
sui sensi,
otterrebbe la liberazione.
Nemmeno l'eccelsa Luna
riuscirebbe a liberarsi
senza il controllo sugli organi
dei sensi e della mente.
Aprite gli occhi
e guardate il Signore Sai:
Egli è dappertutto;
in qualunque luogo si pensi a Lui,
là si trova.
Dicono che prima fosse a Shirdi
e che ora sia a Parti,
ma, in verità, Egli è
negli occhi di chi pensa a Lui.


* * *

Cari studenti,

Quattro finalità
[1] Vi è stato spiegato ed insegnato che, secondo la cultura indiana, le finalità importanti dell'esistenza umana sono riconducibili a quattro aspetti, che sono la Rettitudine, l'acquisizione di Ricchezze, l'appagamento dei Desideri e la Liberazione. Sono quattro obiettivi a cui ogni uomo dovrebbe aspirare, ma può accadere che non tutti riescano a seguire i sentieri che fanno raggiungere la meta.

Quattro sentieri
[2] Esistono quattro sentieri che si aprono sulla vita di un uomo e che, se intesi e seguiti nel modo giusto, lo conducono con facilità alla realizzazione di quelle quattro aspirazioni. Queste quattro vie sono molto importanti per gli studenti d'oggi. Quando le avrete capite, tutto vi sarà chiaro; ma l'uomo che non le capisce nel modo giusto, si immette su una cattiva strada, perde l'orientamento e va incontro a gravi difficoltà. Si tratta di quattro leggi di comportamento di fondamentale importanza, e sono: l'amicizia, la compassione, l'apprezzamento dei pregi altrui e il mantenersi a debita distanza dalle cattive compagnie.

1. L'amicizia
[3] Poiché molti, che sono privi della giusta intuizione, si cimentano nel fornire spiegazioni diverse su questi "codici di vita", sorgono dei malintesi. Per esempio, la parola Maitry o amicizia viene intesa come un semplice essere amichevoli. Che cosa si intende per amicizia? Con chi essere amici? In che modo fare amicizia? È necessario capire e andare a fondo in questo problema. Amicizia non significa legarsi indiscriminatamente a chiunque.

Con chi essere amici
[4] È fra persone affini che si devono instaurare amicizie, considerando l'età, il ceto sociale, lo stato di salute, la cultura e varie altre condizioni. Un'amicizia va subordinata a queste circostanze, mantenendosi a livelli di parità, e non si dovrebbe stringere amicizia con persone con cui non si condivide lo stato sociale perché più elevato o più basso. Questo è il giusto modo di intendere l'amicizia.

Con chi non essere amici
[5] Se cercaste di fare amicizia con persone di ceto sociale più elevato del vostro, finireste per sottostare ad esse e, se ciò non avvenisse, perdereste l'amico. Se invece allacciaste un'amicizia con persone di ceto inferiore, potreste essere voi ad esercitare un indebito dominio su di esse e, qualora il vostro amico non accettasse quel potere abusivo, l'amicizia si infrangerebbe. Un'amicizia è duratura e gratificante solo quando si instaura fra persone che hanno in comune la posizione sociale, la condizione economica, l'educazione, e così via.

2. La compassione
[6] Il secondo sentiero è rappresentato da Karuna, la compassione o l'amabilità, che non va confusa con la mancanza di discriminazione. Siate amabili verso tutti coloro che per età, ricchezza, stato di salute ed istruzione vi sono inferiori. Abbiate sentimenti di compassione verso chi è carente in questi aspetti. È questo il caso in cui ci vuole compassione e dove l'amabilità ha ragion d'essere.

3. La gioia per la fortuna altrui
[7] Poi viene Mudita, ossia la stima e l'apprezzamento di tutto il bene che si vede negli altri. Ci sono persone che sono migliori di voi: siatene felici. Se vedete gente più ricca di voi, rallegratevene sinceramente. Se c'è qualcuno che ha maggiori possibilità economiche di voi oppure occupa un posto autorevole rispetto al vostro, siatene contenti, anzi contentissimi. Lo stesso valga nei confronti di chi ha avuto un voto più alto. Rallegratevi dei vantaggi che altri possono avere in ogni campo della vita e ciò sia per voi motivo di gioia. L'apprezzamento e la stima degli altri comportano libertà dall'invidia e felicità per la loro fortuna.

4. Non simpatizzare con chi compie il male
[8] Vi sono due termini, Apeksha e Upeksha, che stanno ad indicare rispettivamente sentimenti di simpatia e di antipatia. Non si dovrebbero mai coltivare sentimenti di simpatia verso persone che fanno del male; non devono piacere coloro che provocano del male ad altri. Non annoverate mai fra i vostri amici persone cariche di pensieri cattivi, dedite ad azioni cattive e colme di propositi cattivi. Non simpatizzate mai con chi è malvagio nei pensieri, nei costumi, nei gusti, nelle inclinazioni, e così via. Questo è Upeksha.

Completezza dei 4 obiettivi
[9] Se coltiverete queste quattro qualità, non avrete bisogno di altri obiettivi nella vita. Amicizie scelte fra pari, compassione verso chi è inferiore, gioia per la buona fortuna di chi è migliore e debita distanza da chi compie il male: sono i quattro obiettivi a cui puntare nella vita. Il degrado attuale nella qualità della vita dipende dalla mancata osservanza di questi principi.

Pulizia
[9] Chiunque - studente o altro che sia - deve tener pulito il proprio corpo, gli abiti e tutto quanto lo riguarda. Questa è pulizia esteriore, ma non basta. Bisogna anche avere un cuore puro e dei pensieri puri. Perciò si dice che è necessaria una purezza interiore ed esteriore.

Purezza
[10] Ma che fare per purificarsi interiormente? Lo sporco esteriore se ne va con una lavata, ma come fare per vedere e pulire lo sporco interiore? C'è una sola via, ed è questa: sviluppare la solida fede che il medesimo Dio dimora in tutti gli esseri, anche negli insetti e nei vermi. Questa convinzione purifica il cuore. Se si prende coscienza di questa verità, e cioè che Dio dimora in ogni essere, e ci si comporta alla luce di essa, avrete reso santa la vostra vita. L'indivisibile e onnipervadente Divinità si trova dappertutto.

Bene e male
[11] Chi può decidere che cosa sia bene e che cosa sia male? Solo nel caso ci siano due cose potete dire che l'una è buona e l'altra cattiva. Ma nello Spirito Cosmico che pervade tutto quanto non esiste assolutamente una seconda entità. Come potete dunque definire il bene e il male? Solo l'ignorante che si identifica con il proprio corpo e ritiene che esista un altro diverso da lui cade vittima di questo sentimento dualistico e discriminante. Potrà mai qualcuno definire buono o cattivo ciò che fa parte dell'unico Divino? In Dio non ci sono distinzioni e nessuno può attribuirGli qualità differenziate.

Parabola dei vasi
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[12] Eccovi un piccolo esempio. Ci sono sei vasi: uno di terracotta, uno di legno, uno di bronzo, uno di ottone, uno di argento e uno d'oro. Quando li avrete riempiti tutti d'acqua, in essi vedrete un unico riflesso del sole. Potreste dire che quel riflesso è buono in un vaso e cattivo in un altro? Il valore di ciascun vaso è diverso, d'accordo; quello di terracotta è di scarso valore e quello d'oro è molto pregiato. Ogni vaso sarà valutato in modo diverso, ma il riflesso del sole che è in tutti ha lo stesso valore in ciascuno di essi. I vasi sono un prodotto della natura. Quello d'oro, per esempio, potrebbe simboleggiare un'indole spirituale. Perciò i vasi possono essere diversi quanto al valore. Un vaso è buono, un altro può essere paragonato ad un infinito oceano d'oro. Il sole è in una dimensione trascendentale, mentre i vasi variano.

Gli esseri umani sono come questi vasi. Senza recipiente non è possibile metterci dentro l'acqua e senza acqua non ci può essere il riflesso del sole. Per avere dunque la visione del riflesso solare, ci vogliono i vasi e nei vasi ci vuole l'acqua. L'acqua è la mente, il vaso è il corpo umano ed il riflesso del sole è lo Spirito che abita nel corpo. Questo Spirito è unico e medesimo in tutti gli esseri. Tutte le differenze che si riscontrano riguardano solamente il contenitore, il corpo. Se si fa una ricerca in questo senso, si scoprirà che i difetti rilevabili riguardano il corpo e la mente, non lo Spirito. Può darsi che in alcuni vasi ci sia dell'acqua sporca, che in altri ci sia dell'acqua pura e in altri ancora dell'acqua in agitazione. Il riflesso dell'acqua pura sarà sattvico, quello dell'acqua in movimento sarà ragiasico e quello dell'acqua fangosa tamasico.

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Purezza e stabilità
[13] Allora, che cosa dovrete purificare? Prima di tutto dovete dare stabilità alla vostra mente e poi purificarla. In che modo? Come darle stabilità? Che cosa si deve fare per avere stabilità e purezza nella mente? Oggi l'uomo fa di tutto per nascondere i propri difetti e le proprie debolezze, mentre cerca di scoprire i difetti negli altri. Finché ci sono questi due punti deboli, non è possibile purificare il cuore n‚ avere una mente stabile. Ciò che serve è riconoscere i propri difetti e le proprie debolezze, e vedere le buone qualità negli altri. Ma gli uomini non fanno altro che impegnarsi in cose esteriori, mondane e appariscenti e questo ostentato esibizionismo li distruggerà.

Rapporto con Swami
[14] Per quanti sforzi facciate, non capirete mai la vostra natura spirituale. Uno studente ha detto: "Capire qualcosa dell'Essenza di Swami è indubbiamente arduo, ma ci sarà possibile raggiungerLo quando saremo in sintonia con quell'Essenza". "Ci possono essere delle manchevolezze nel rapporto fra noi e Swami", ha poi soggiunto. Dove stanno questi difetti? Molte sono le idee e le immaginazioni che passano per la mente della gente, ma in qualunque circostanza si deve essere nella condizione di controllarle e, con un po' di pazienza, potete esercitare su di esse un certo influsso e ottenere dei risultati. D'altro canto, se lasciate che quei difetti ristagnino in voi, dovunque e con chiunque vi troviate, non arriverete mai a capo di nulla.

La zanzariera
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[15] In camera vostra ci possono essere molte zanzare, ma se avete una zanzariera non avrete più quel problema. Se, però, le zanzare si trovano nella rete stessa, non la scamperete e non ci sarà niente da fare. Lo scopo della zanzariera è quello di salvaguardarvi dalle zanzare, ma se lasciate che le zanzare entrino nella rete stessa, di chi sarà la colpa?

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Ciò che conta
[16] Nel dedicarvi a qualcosa non sembra che usiate saggezza. Tutti possono avere devozione, tutti possono avere un grande amore per Swami, ma ciò che conta non è avere un semplice amore per Swami, bensì vivere nella pratica e comportarsi secondo i Suoi insegnamenti. Soltanto quando avrete ben compreso il Principio della Divinità, saprete comportarvi nel modo giusto.

L'albero e la risaia
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[17] Facciamo un esempio. Camminando per strada, vediamo da un lato un grosso albero, ben nutrito e prospero; dall'altro lato della strada c'è una risaia. Se non vi si fa scorrere l'acqua, il campo si prosciuga ed il riso inaridisce. Da una parte un albero pieno di vita, dall'altra un campo di riso rinsecchito. Se osservate attentamente, noterete che le radici del grande albero sono andate in profondità ed hanno trovato acqua di cui si nutre, mentre nella risaia, le pianticelle di riso non pescano in profondità.

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Devozione profonda
[18] Così, quando la mente va a Dio, rende felici, quando invece non raggiunge il cuore di Dio, mancano felicità e pace. Perché questo avvicendarsi di gioia e dolore? Perché non si riesce a mettere in pratica ciò che si predica? Perché la mente non è andata in profondità, rimane solo in superficie e a livelli artificiali. È difficile dire se abbia addirittura messo qualche radice.

Il broglio di Kaikeyi
[19] Bharata, di ritorno ad Ayodhya dal regno di Kaikeyi, apprese la ferale notizia della morte di suo padre e chiese a Kaikeyi quale ne fosse stata la causa. La regina, ritenendo di aver compiuto qualcosa di veramente straordinario a favore del figlio, gli spiegò l'accaduto. Bharata, però, non era per niente contento di ciò e ne fu molto angosciato.(62) "O crudele donna - le disse -, si possono forse piantare e coltivare rami senza albero? Tu stai cercando di creare una frattura tra il tronco della Divinità per far crescere da soli i rami dell'umanità!". Conoscete poi le parole che usò contro Kaikeyi: "Kaikeyi, sei scesa per distruggere la stirpe solare e non per amore".

Carenze nel sistema educativo
[20] Lo stesso accade oggi a molti. Analizzate i motivi per cui siete venuti qui, cercate di vedere se a condurvi qui è stata la devozione o l'interesse egoistico, e lo scoprirete con chiarezza. Nell'attuale sistema educativo stanno avvenendo molti cambiamenti, ma qual è la loro meta? Sono cambiamenti che trascinano l'uomo verso la distruzione della sua stessa umanità. C'è disprezzo e derisione su un patrimonio tanto antico quanto il nostro e si considerano inservibili le scritture e gli insegnamenti tramandati. Ma tutta l'antica cultura e la tradizione dei padri vanno a beneficio dell'uomo; il loro piano sta nel rendere divino l'uomo.

Limiti dell'esperienza
[21] L'attuale sistema scolastico si basa sull'esperienza diretta di ogni cosa. "Bisogna provare - si afferma - e per questo serve una sperimentazione diretta. Nulla è credibile se non è sorretto da una prova concreta". E allora, quest'uomo cieco affoga in un mare di pensieri tanto perfidi, mentre l'insipiente acquista vigore. Molti oggi affermano che tutto dev'essere sostenuto da prove.

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Ci sono in vendita anche manghi, banane e grappoli d'uva di plastica e potete sperimentarne l'esistenza con i vostri stessi occhi, ma li mangereste solo per averne visto la forma? Sono frutti soltanto quanto alla forma, non certo quanto alla sostanza. Tutto questo sperimentare di cui oggi si fa un gran parlare è qualcosa che somiglia a questi frutti di plastica: in tutti quegli studi, infatti, manca la sostanza del Divino. Potete immaginarvi, dunque, quanto sia inintelligente e stolto vedere in essi una garanzia di verità.

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Verità senza prove
[22] Esistono cose che sono vere, senza che possano essere provate fisicamente. Prendete, ad esempio, il dolore e la gioia: essi non hanno una forma esteriore, non è possibile fornire una dimostrazione evidente. Ma, si può forse affermare che non esistano per il solo fatto che essi non sono visibili? Siete tristi e il vostro amico vi domanda: "Crederò alla tua tristezza soltanto quando me ne avrai mostrato la forma". "Sei matto! - risponderebbe l'altro - che lo creda o no, io sono triste". Come potreste fornire una prova di quella tristezza? Siete riusciti a immaginarla nella mente? Siete mai riusciti a immaginarvi la vostra stessa intelligenza o i sentimenti del vostro cuore? E allora, come fate ad affermare che la vostra mente vaga in luoghi diversi e tuttavia a crederlo come cosa vera? L'attuale sistema di istruzione, basato sull'assioma che solo l'esperienza è verità, induce in errore.

Il Signore di tutto e di tutti
[24] Spreca la vita chi non crede che in ogni cosa esiste il Divino.

Una volta il Maharaja Shivaji, uomo dedito a molte opere di carità e sacrifici, fece recapitare a Ramdas gioielli, denaro e altri oggetti di valore, in nome di una innata simpatia verso di lui. Pensava in quel modo che anche Ramdas avrebbe dispensato a sua volta quei beni ai bisognosi. Le persone incaricate dal sovrano si recarono alla casa di Ramdas, portando un palanchino carichi di oggetti preziosi. Giunti che furono, scaricarono il tutto dentro casa e, lasciata la portantina sull'uscio, rimasero in attesa di Ramdasé che tornava dal fiume dove si era recato per farsi un bagno. Veduta quella gente, Ramdas chiese loro: "Chi siete e perché siete venuti? In questa casa siamo solo in due e godiamo entrambi di ottima salute. Perché mai siete venuti in quattro con una portantina? Non c'è nessuno da portare al cimitero!". Gli inviati del re, congiungendo le mani, dissero: "O gran santo, è il Maharaja Shivaji che, conoscendo la tua generosità verso i poveri, ti manda tutta questa roba, affinché tu possa servirtene per fare della carità". Ramdas alzò gli occhi al cielo e, ridendo, disse: "Rama, se ho Te come padrone, perché Shivaji mi crede solo e abbandonato? Se il Signore dell'Universo è il mio Padrone, di chi avrò bisogno io? Tu sei Colui che si prende cura di tutti. Se esiste qualcuno che non dipende da nessuno, quello sei Tu. Al di sopra di Te non ci sono altri signori. Tu sei il Padrone di tutto l'Universo, di tutto il Cosmo, di ogni corpo fisico. Tu, in realtà, non hai chi Ti protegga, non hai nessuno da cui dipendere. Dunque, riportate indietro tutte queste cose."

Devoti in pratica
[25] I devoti di un tempo si erano arresi a Dio, mentre i devoti d'oggi sono subdoli nel parlare e non mettono in pratica ciò che dicono. A parole sembra che raggiungano il settimo cielo, ma nella pratica sono carenti. Potete dire un milione di parole, senza metterne in pratica una sola.

Dovere del capo
[26] Dovere, devozione e dedizione: offrite tutto al Signore. Potrete anche essere devoti, ma avete saputo compiere correttamente il vostro dovere? Abbiamo nominato dei capi-camerata: avete saputo controllare se tutti gli studenti della vostra camerata erano presenti ai bhajan e al canto del Suprabhatam? Se prendono la via sbagliata i capi, che si potrà dire degli altri? Con che autorità darete degli ordini?

Non si inganna Dio
[27] E dov'è la devozione? Alcuni, finché non hanno ottenuto un posto di lavoro e per tutto il periodo dei loro studi, vanno in cerca di scuse, poi recitano la commedia: "Mio padre non sta bene, non ha una buona vista ed io ho la responsabilità di prendermi cura di lui...". Ma questa preoccupazione ha la durata dei vostri studi. Vostro padre stava male soltanto mentre eravate a scuola?! Così anche i vostri genitori seguono a ruota questo modo di pensare. Con ciò non intendo dire che non dobbiate prestare soccorso alle vostre famiglie. Andate dai vostri genitori quand'è giusto e prestate loro la dovuta assistenza, ma non fate commedie o finzioni per andare a casa dai vostri genitori, cercando di imbrogliare Dio. La parola "devozione" è molto diffusa. Credete di far contento Sai recitando un dramma davanti a Lui?

Aprite gli occhi
e guardate questo piccolo Sai,
che è disposto a salvare il mondo,
ma non si lascia ingannare
dalle sole parole.


L'esempio dei capi
[28] Gli studenti più giovani sono in questo modo fuorviati da quelli più vecchi. Dal punto di vista materiale, subiscono una perdita in termini di qualificazioni, titoli di studio e impiego d'anni. Qui c'è Prasad, che Io chiamo Bhima. Ci va lui ai bhajan? Come fai ad ottenere disciplina dagli altri? La disciplina qui è una materia di grande importanza. Non so proprio come facciate a venir qui spudoratamente a parlare, e a parlare di cose elevate. Che esperienza avete? Che esperienza sarà quella che non soddisfa Swami?

L'approvazione di Swami
[29] Se un segretario occupa questo posto, bisognerà rivederne la carica con un nuovo consenso. Se questo consenso non arriva, voi credete di potervi dichiarare Miei devoti; ma il riconoscimento di una carica deve avere il Mio consenso. Se manca questo, perché vi credete devoti? È devoto soltanto chi è stato riconosciuto come tale da Swami. Secondo Me, ciò che il Vicerettore ed il Segretario dovrebbero fare, sarebbe di mandar via le persone che sono state qui per gli scorsi nove anni. Ci sono dei buoni elementi e quelli li terremo. Rimangano solo quelli che seguono la nostra disciplina, la nostra devozione, il nostro senso del dovere. A noi interessano quelle persone, la cui vita sia di modello per gli altri.

Pazienza di Sai
[30] Per tanto tempo Mi sono tenuto a freno. Ho sperato fino all'ultimo che quelli un giorno o l'altro cambiassero. Ma ora credo che non lo faranno mai più. L'unica cosa che rimane da fare è allontanarli. Potranno anche essere felici; non fanno altro che pensare ad una sola cosa per la fine dei loro studi: la loro mente è perseguitata dalla folle idea del matrimonio; non vedono... Celebrate un buon matrimonio, un matrimonio OK, servite almeno i genitori. Se non fate contenti i genitori o Swami o voi stessi, se conducete la vita di un cane, a che vi giova la vita stessa? Non ci aspettiamo niente da loro, anzi stiamo dando loro del denaro, forniamo loro un'istruzione e, quand'è così, perché tenerli qui? Un'istituzione senza regole e senza norme deve chiudere i battenti. Quand'anche ci fosse un piccolo gruppo di persone buone, siamo felici, le tratterremo con noi e andremo avanti col nostro lavoro.

La correzione del Maestro
[31] Vi dirò qual è la ragione per cui amo intrattenerMi con questi discorsi ogni sera, facendo parlare gli studenti e indicando i loro difetti. Chi è il vero guru? Quello che ai suoi discepoli fa vedere tutti i loro difetti. Un guru che continuasse ad elogiare anche le manchevolezze come fossero virtù, rovinerebbe il discepolo. Questa disciplina della correzione viene impiegata per far sì che il vostro sentiero sia quello regale, ma voi non ne volete sapere. Voi state distruggendo la vostra vita e il vostro avvenire. Tutti gli studenti dovrebbero saper distinguere le cose davvero importanti. Quegli studenti che si sottomettono tacitamente alla regola di questo istituto e la seguono rimangano pure; gli altri sono liberi di andarsene. Saremo felici tutti quanti: loro e noi. Mentre la vostra istruzione è in corso, continuate a far promesse; ma, terminati gli studi, non ci saran più n‚ patti n‚ fatti.

Buon esempio
[32] Ci sono tanti nuovi arrivati, studenti pieni di devozione. Non insozzate la loro mente, i loro pensieri e il loro cuore! Entrano in questo posto carichi di devozione e con un cuore puro. E voi pure non fate tutta questa scena per egoismo e per interesse personale. Non permettete che pensieri e influssi cattivi si diffondano fra i nuovi arrivati. Questi pensieri non vi passerebbero mai per la mente se aveste ferma ed autentica fede in Dio. Se aveste vero amore per Swami, ne avreste cura anche a costo della vita. Sulla base di questa considerazione, potete vedere come questo amore non sia sincero, ma solo artificiale. Swami non si farà mai ingannare dal vostro amore artefatto, mentre invece ingannate voi stessi.

La strada di casa
[33] Vemana ha detto tra l'altro: "Comportatevi senza ferire e senza farvi ferire". Ecco perché Prahlada ha detto che "è della nobile mente la ricerca del giusto sentiero". Quale sentiero cercare? Non c'è bisogno di cercarne uno nuovo. Cercate la via donde venite. Da dove siete venuti? Dallo Spirito. Ora dovete prendere la stessa strada per tornare alla casa d'origine. Ma oggi la gente non proviene da nessuna parte e viaggia per destinazioni differenti. Ecco perché il viaggio diventa pieno di problemi e irto di difficoltà. Cercate la via da cui siete venuti: ecco il messaggio che vorrei darvi.

Felicità di Swami
[34] Seguite il sentiero che rende felice Swami. Voi avete tentato di renderLo infelice, ma Io non sono infelice. Io sono sempre felice. Tuttavia, Mi sento ferito quando questi bambini vengono danneggiati per motivi superflui. Date gioia a chi non ne ha. Io non voglio felicità da voi. Al Mio compleanno molti stranieri Mi fanno gli auguri con la frase "Felice compleanno, Swami!". Ed Io rispondo loro: "Sono sempre felice Io". Date felicità a coloro che non ne hanno: i vostri genitori non sono felici, voi non siete felici,... Perché sprecare la vita? In qualunque posto andiate, siate felici e dispensate gioia a tutti. Datene almeno ai vostri genitori.

Migliorare l'istituto
[35] Ecco una gran cosa che potete fare per questo istituto: seguite scrupolosamente le norme disciplinari, non accettate cattivi consigli. Onorate e rispettate gli anziani. Siate gentili e misericordiosi con tutti. Fissate le vostre amicizie con chi vi è affine. L'amicizia, la compassione, il puntare sulle cose buone e l'indifferenza ai sentimenti di antipatia e simpatia sono i quattro obiettivi reali della vita. Se seguirete questi principi in modo giusto, santificherete la vostra vita.

Disciplina
[36] Non cedete all'odio verso i vostri simili, non indulgete in ostentazioni, non date spazio all'arroganza. Siate umili. L'educazione induce all'umiltà, che invece manca del tutto. Solo a Prashanti Nilayam dimostrate umiltà. Com'era il convitto ieri dopo il Mio discorso? Era immerso nel silenzio. Questo tipo di silenzio può durare un giorno o due al massimo. La nostra disciplina non dev'essere così. La disciplina vi deve seguire come un'ombra, dovunque andiate. Un'ombra non si stacca mai da voi, sia che siate qui o andiate al mercato o torniate a casa. Questa è la vera disciplina! La disciplina che voi mostrate è falsa. A Me non interessano le esibizioni, Io voglio prove concrete. Anche le piccole cose debbono avere un certo valore.

Shanti
[37] Abbiate buoni sentimenti nella vostra condotta, nel modo di comportarvi, nei pensieri, in tutto. Allora sarete felici. Questa è vera educazione. Senza di essa non avrete pace nella mente. Quand'anche aveste guadagni, soldi, comodità, ma non aveste quella educazione, sareste assolutamente senza pace. La pace è essenziale per gli esseri umani. Nelle vostre preghiere, qui o altrove, dite "Shanti, Shanti, Shanti". Queste tre enunciazioni di pace si riferiscono ai piani fisico, mentale ed atmico o spirituale. Anche quel "Shanti" dev'essere pronunciato pieno di pace. Non ci dev'essere della stizza nel dire "Shanti", n‚ va gridato fastidiosamente.

Tutti i laureati dovranno ora fare i passi necessari per raggiungere il posto desiderato. Il Vicerettore ed il Segretario pure faranno d'ora in poi quanto è di loro competenza.



(Prashanti Nilayam, 20 Giugno 1989
Agli studenti raccolti nel Mandir)


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(62) Nel Ramayana si narra di una battaglia combattuta anticamente tra angeli (deva) e demoni (asura). Dasharatha, marito di Kaikeyi, si recò su un cocchio con essa nel mondo dei Deva per soccorrere il Dio Indra in questa lotta contro i demoni. Durante il combattimento, Dasharatha, che si vide circondato dai nemici in dieci direzioni, mise a dura prova la resistenza del cocchio e, ad un certo punto, il perno di una ruota scivolò fuori e la ruota stava per staccarsi, quando Kaikeyi vi mise dentro il pollice, salvando in extremis la situazione. Dal canto suo il marito non si era accorto di questo geniale intervento e, quando lo seppe, promise alla moglie due favori.

Terminata la battaglia, mentre si facevano i preparativi per l'unzione di Shri Rama, quale Erede al trono di Ayodhya, un gobbo di nome Manthara consigliò a Kaikeyi di far sì che fosse incoronato re il figlio Bharata e di confinare Rama nella foresta per raggiungere quello scopo. Sulle prime la regina rifiutò, ma alle insistenze di Manthara cedette. Sorpresa in atteggiamento di sconforto dal marito Dasharatha, Kaikeyi colse l'occasione per ricordargli le due promesse fatte sul campo di battaglia: il primo favore consisteva nell'incoronare Bharata ed il secondo nell'allontanare Shri Rama, mandandoLo a vivere nella foresta. All'udire queste due richieste, Dasharatha perse i sensi, ma alla fine dovette mantenere le promesse.

L'inganno di Kaikeyi ricorda un episodio biblico analogo, quello di Rebecca che spinse il figlio Giacobbe a carpire la benedizione del padre Isacco, facendosi scambiare mediante un sotterfugio per il fratello Esaù. L'episodio si trova in Genesi 27.(TORNA AL TESTO)





Scheda di studio n°10


Il ritorno di Bharata ad Ayodhya
Carico di una gran quantità di doni avuti dal nonno e dallo zio, Bharata partì per Ayodhya. Erano doni di ogni genere e di gran pregio, ma la mente di Bharata era altrove: non poteva far caso ai cavalli di razza, agli elefanti, alle morbide sete offerti a lui e a Shatrughna. Il suo pensiero era costantemente ad Ayodhya. Il corteo dei principi mosse alla volta di Ayodhya. Attraversarono città incantevoli, foreste pittoresche e fiumi che serpeggiavano lungo il loro cammino. Gli occhi di Bharata erano assenti: era come se non vedesse nulla ed il suo viso era grave e pensieroso. Il triste presagio che qualcosa di terribile incombesse su di lui tormentava senza posa la sua mente.

Trascorsero sette giorni e sette notti prima che raggiungessero il promontorio di Kosala. Sul far del mattino dell'ottavo giorno si poterono intravvedere a distanza le torri dorate della città di Ayodhya. Disse Bharata al suo auriga: "Già a questa distanza la vista della mia amata Ayodhya mi riempie di gioia e di fierezza. Ayodhya, dai grandi parchi, le bianche spiagge, la sacra musica vedica recitata dai santi e diretta dai migliori musici, è sempre bella come la città di Dio".

Giunti sempre più vicino alla città, arrivarono alle porte d'entrata. Bharata sembrava confuso dal suo aspetto inconsueto, e disse: "Strano! Sembra che dalla città non provenga alcun rumore! È come se fosse disabitata ed i giardini sono come se non fossero frequentati da molto tempo. Non si ode per le strade il rumore dei carri, n‚ quello dei passi della gente. Sembra essere più una foresta desolata che una città. Non c'è più quel profumo che investiva chi entrava in città. Che fine hanno fatto le trombe, i corni, la vina e gli altri strumenti musicali?"

Bharata si guardò attorno, stupito e confuso, e disse: "Cattivi auspici mi hanno salutato sulla soglia della città. Ho paura, molta paura che mi sia successo qualcosa di terribile."

Poi entrò in città, passando per l'incantevole porta detta Vaijayanta. Le sentinelle si misero sull'attenti e lo salutarono con il solito "Jaya Vijayi Bhava". Bharata guardando in giro ebbe l'impressione che tutta la gente della città fosse sprofondata nel pianto e nel dolore. Corse al palazzo del re e saltando giù dal carro si precipitò dentro.

Il re non era nel suo appartamento. Bharata rimase deluso di non poterlo incontrare immediatamente al suo arrivo in città, ma pensò di trovarlo sicuramente negli appartamenti di sua madre Kaikeyi e andò là.

Kaikeyi, udito dell'arrivo del figlio, si alzò con gran gioia dal letto e si precipitò incontro a lui per dargli il benvenuto. Bharata riuscì in un istante ad accorgersi che mancavano le solite decorazioni. Si prostrò davanti a sua madre e le strinse i piedi fra le sue mani. Ella lo fece alzare e, dopo averlo abbracciato, gli chiese come stessero il nonno e lo zio. Bharata rispose che erano in gran forma; poi aggiunse: "Madre, dei messaggeri sono venuti da Ayodhya a Rajagriha per dirmi che dovevo venire qui. In obbedienza all'ordine del re e alle disposizioni del mio guru, sono corso qui. Da quando sono arrivato ad Ayodhya, mi sembra che ad accogliermi non ci sia stato altro che un senso di tristezza. Dovunque guardassi, la gente mi sembrava infelice. E anche qui, nella vostra stanza, perché il vostro letto è così vuoto? Di solito ci trovo nostro padre, qui nella vostra camera, su quel letto. Sono ansioso ed impaziente di buttarmi ai suoi piedi. Voglio vedere il suo volto, che mi è tanto mancato tutti questi giorni. È forse con sua madre Kausalya? Ditemi, dov'è mio padre? Voglio andare da lui e raccogliere la polvere dai suoi piedi."

Con il pensiero rivolto ancora al trono, Kaikeyi non poteva afferrare l'estensione della disgrazia che le era capitata. Parlò con una voce scialba e priva di sentimenti: "Tuo padre, il giusto Dasharatha, rifugio e conforto per tutti coloro che erano in pena, padre della nazione, ha raggiunto quello stato che è la meta finale di tutti gli esseri viventi."

Il modo repentino ed inaspettato con cui la madre irruppe con quella notizia fu un colpo che fece barcollare Bharata e lo fece cadere a terra tramortito. Dopo alcuni istanti si riprese e, contorcendosi sul pavimento, esclamò: "Tutto è perduto! Sono morto. Non ho più nulla per cui vivere." Nulla poteva essergli di conforto. Aveva previsto, sì, cattive notizie, ma questa lo colse alla sprovvista ed era insopportabile. Emise alti lamenti e disse: "Ho sempre visto mio padre là, su quel letto e, per quanto ricordi, è sempre stato così. Oggi, come il cielo senza luna, il letto sembra vuoto, tanto vuoto. Mio padre non è più qui." Si coprì la faccia con la parte superiore della veste e pianse a lungo, mentre Kaikeyi ne osservava il lamento funebre. Gli si avvicinò e lo accarezzò dolcemente. Lo rialzò e gli disse: "Vieni, riprenditi. I saggi non si abbandonano a tanto dolore."

Dopo questo primo duro colpo, Bharata chiese fra i singhiozzi alla madre: "Madre, quando i messaggeri vennero e insistettero perché partissi subito per Ayodhya, speravo di essere stato convocato per l'incoronazione di Rama come Yuvaraja. Ero molto felice a quell'idea e, durante tutti i giorni del mio viaggio fin qui mi figuravo le celebrazioni che si sarebbero preparate qui. Tutta la mia felicità è stata distrutta da una vostra parola. La mia mente è a pezzi. Ora non vedrò più mio padre. Madre, ditemi, qual è stata la causa di una dipartita così improvvisa? Quando partii per Rajagriha stava benissimo e non sognavo lontanamente che sarebbe caduta su di me questa catastrofe. Davvero fortunato è Rama che si trovava qui per compiere i riti funebri di nostro padre. Madre, annunciatemi a Rama. Debbo andare da lui. Io ho bisogno di lui, perché mi è fratello, padre e madre. Lui è tutto per me. Voglio afferrargli i piedi e trovare conforto. Madre, com'è morto mio padre? Era la vera immagine della Giustizia ed era conosciuto per il suo coraggio e per l'amore verso i suoi sudditi. Ditemi, o madre, quali furono le sue ultime parole? Che figlio sfortunato son io! Mi è stato negato persino il privilegio di stargli accanto nel momento in cui ha lasciato questa dimora terrena. Quali sono state le sue ultime volontà nei miei riguardi? Sono ansioso di saperlo."

Kaikeyi, senza scrupoli, disse: "Quel leone di tuo padre, non faceva che gemere e pronunciò tre nomi: Rama! Lakshmana! Sita! E con quel gemito lasciò il corpo. Come un grosso elefante è inerme quando è legato alle funi, così tuo padre, fra i lacci della morte, disse quest'unica frase: Fortunato il popolo che vedrà Rama, questo mio splendido figlio, tornare ad Ayodhya con Sita e Lakshmana. Queste furono le ultime parole dette da tuo padre, il re."

Bharata fu preso nuovamente alla sprovvista dalle parole della madre. Rimase sorpreso all'udire che Rama non si trovava ad Ayodhya quando morì il padre. Sconvolto, le chiese: "Rama non era qui quando il re morì?! Che strano! So che insieme a Rama c'era anche Lakshmana, ma perché Sita? Perché mai questa strana assenza, madre? Com'è possibile che se ne andassero da qualche parte mentre il re non stava bene? Oppure il re ci ha lasciati di colpo? Dov'è Rama?"

Kaikeyi si aspettava proprio questa domanda e spiegò come l'esilio di Rama non fosse tanto fuori dal comune. Disse: "Bharata, figlio mio, il figlio del re, Rama è partito per la foresta Dandaka vestito di una corteccia d'albero e con lui sono andati anche Lakshmana e Sita."

Bharata si coprì le orecchie con entrambe le palme e tremava dalla testa ai piedi. Aveva un gran timore che Rama avesse commesso qualche sbaglio, che fosse stato costretto all'esilio. Gli venivano in mente la gloria ed il prestigio del lignaggio regale da cui Rama discendeva ed insieme il suo confino. La sua mente era desolatamente abbattuta. Chiese alla madre: "Rama nella foresta Dandaka? Ma perché? Perché, madre? Perché è stato mandato nella foresta da mio padre? Si è forse appropriato di ricchezze che appartenevano ad altri? Rama, ha forse punito qualche innocente? Ha per caso desiderato la moglie di qualche altro? Qual è la ragione di questo esilio?"

Kaikeyi avvertì che era giunto il momento, quel momento che aveva sospirato tutti quei giorni.

Con cupidigia femminile aveva rovinato la casa degli Ikshvaku e, ignara della mostruosità del suo crimine, disse: "No, Bharata. Rama non ha commesso nessuno dei peccati che hai enumerato. È vero, questi sono i crimini per cui tuo padre avrebbe sentenziato come unica punizione l'esilio. Ma il confino di Rama è di origine diversa. Bharata, figlio mio, il re ha fatto tutti i preparativi per incoronare Rama come Yuvaraja. Quando ho saputo questo, non mi è piaciuto ed ho fatto in modo che il re concedesse che Rama fosse confinato e che tu venissi incoronato al suo posto.

"Anni addietro, durante la battaglia combattuta fra deva ed asura, tuo padre era stato chiamato nelle regioni celesti da Indra perché Lo assistesse. Io andai con lui e ci fu un'occasione in cui riuscii a salvargli la vita. Compiaciutosi mi disse che avrebbe assecondato due mie richieste, che avrei avanzato qualora si fosse presentata l'opportunità. Gli chiesi ora di assecondare il mio scopo.

"Volli che tu fossi incoronato e che Rama fosse mandato nella foresta Dandaka. Dal momento che non sarebbe mai venuto meno alla parola data, tuo padre, il re dovette acconsentire alle richieste e fu chiesto a Rama di andare a vivere nella foresta Dandaka. Questo esilio ha la durata di quattordici anni. Lakshmana insistette per accompagnare Rama, e così pure Sita.

"Tu sai quanto il re amasse Rama. Non potè sopportare la separazione da Rama. Non riuscì più a vivere senza Rama e giunse alla fine dei suoi giorni.

"Vieni ora. Tutto ciò appartiene al passato. Ho fatto tutto per il tuo bene e per vederti re. Accetta il regno che è stato conquistato per te da tua madre. Non addolorarti per ciò che è accaduto. La città di Ayodhya ora è tua come pure tutto il regno. Non ci sono ostacoli sulla tua strada. Segui le istruzioni di Vasishta e compi i riti funebri per tuo padre. Quand'egli avrà raggiunto la terra dei Padri, tu sarai incoronato re."

A Bharata le parole di Kaikeyi parvero così irreali che sulle prime non riuscì ad afferrarne il senso. Gli parve come se lo colpissero un fulmine dietro l'altro e che non potesse farci nulla. Cercò di bloccare le terribili parole turandosi le orecchie con le mani, ma la pacata e nitida voce della madre continuava a imperversare ed era come piombo fuso versato nelle orecchie. Non l'avrebbe sopportata oltre. La natura, che è sempre magnanima, gli permise una tregua di alcuni minuti quando svenne. Egli giaceva privo di sensi per terra e Kaikeyi attendeva che rinvenisse. "Rama! - diceva con un gemito Bharata - Rama, mio Dio, mio Signore!". Non c'erano altre parole che gli venissero sulle labbra, ma ripeteva solo il nome di Rama. Alla fine si rialzò.

Guardò a lungo sua madre, poi disse: "Sono stato rovinato. Sono disonorato per sempre. Il re è morto ed il mondo è finito. Donna! Quale suggeritore diabolico ti ha insegnato a comportarti così? Dimmi, chi ha compiuto questa scelleratezza? Il re non è che un cadavere e Rama ora è un abitatore della foresta, vestito di cortecce e di pelli. Tutto questo doveva accadere perché tu volevi il regno! Dio, che posso fare? In una notte sono diventato un fuoricasta. Hai confinato Rama nella foresta ed hai causato la morte di tuo marito e, per mia perenne onta, debbo ricordarmi di essere tuo figlio, nato da te. (...)

"Hai forse pensato, anche solo per un istante, che io avrei accettato il regno? Con mio padre morto, mio fratello esiliato, hai creduto che avrei accettato di occupare il sacro trono che era di mio padre? Vorrei piuttosto morire che assistere ad un simile momento. (...) Oggi stesso andrò nella foresta a riprendere mio fratello Rama, l'innocente senza peccato, Rama il principe favorito di Ayodhya. Voglio riportarlo indietro, farlo re e fargli da servo per tutta la mia vita, per espiare i peccati del mostro che mi ha partorito."



(Tratto da RAMAYANA, a cura di Kamala Subramaniam, pp. 172-178)