DISCORSO DIVINO

Nel Nome dolcissimo la beatitudine del cuore

20 ottobre 1988

Nell'essere umano c'è il bene e il male,
la buona e la cattiva condotta,
ma entrambi dall'esterno non si possono vedere.
Tuttavia, alcuni, nelle prossime vite,
senza dubbio godranno dei frutti
di tutte quelle azioni.
In ogni essere umano esistono tendenze
verso il bene e verso il male,
ma esteriormente non si vedono.
Una cosa però è certa,
ne godranno i frutti nelle nascite successive.
Cercate l'Uno che ha dotato l'uomo
della facoltà e delle funzioni digestive;
cercate l'Uno che dà agli esseri umani
nascita, morte
ed ogni altro mutamento:
cercate Colui che sta
al di là delle umane apparenze.
Non dimenticate queste buone parole!




Incarnazioni del Divino Spirito!

Il Signore del Tempo
[1] Il poeta Bhartrhari disse: "Offro il mio Namaskaram,(36) mi prostro al Signore del Tempo, che tutto muove". Il tempo è estremamente prezioso. Nemmeno una frazione di secondo andrebbe sprecata. Il tempo fluisce senza interruzioni, è sacro e tutti dovrebbero seguirne gli insegnamenti. Esso non è subordinato alle disposizioni di altri: il Sé Supremo ne è un'autentica espressione. È indispensabile santificare la vita compiendo azioni che attirino la Grazia del Signore, il quale è una vera incarnazione del tempo.

La cultura indiana
[2] La cultura indiana, che è conosciuta in tutto il mondo ed il cui messaggio ha raggiunto ogni angolo della terra e ha resistito alle vicissitudini del tempo e degli eventi, rimanendo immutata per eoni dal principio della Creazione, rende testimonianza alle Verità eterne. Essa non avrà mai fine, perché racchiude la Verità perenne che non muterà mai. Di questo principio eterno la cultura indiana non è che un riflesso ed un'immagine.

Senso dei sacrifici
[3] Vi sono vari tipi di sacrifici, come quelli che si celebrano in forme rituali e mediante la presentazione di offerte, i quali non rispecchiano altro che la cultura indù. Che intendete per sacrificio? Non consiste semplicemente nel riunire tutti i sacerdoti vedici, nel far loro celebrare delle oblazioni, n‚ nel compiere la cerimonia del fuoco, n‚ nel cantare i mantra del Rig Veda,(37) n‚ nel pronunciare "So-Ham" o nel dedicarsi a pratiche di medicina ayurvedica;(38) non significa rivolgere acclamazioni alle diverse divinità con il Sama Veda.(39) Il sacrificio rituale non è niente di tutto questo. Il vero sacrificio sta nell'offrire ogni azione al Signore. Piccole o grandi che siano, terrene o spirituali, tese all'estroversione o all'introversione, tutte le azioni che vengono compiute nel mondo dell'inerzia o in quello della coscienza, vanno offerte quale preghiera a Dio.

Dio in tutto
[4] Ogni essere umano va considerato come un istruttore spirituale, un sacerdote, una vera incarnazione di Dio. Tutti gli oggetti che trovate nel mondo non fanno altro che rispecchiare il Divino. Dio riempie di Sé ogni cosa, Lo potete trovare dappertutto, in tutto, in tutti. In questo senso i Veda hanno dichiarato che dentro, fuori e dovunque sempre si trova Narayana, il Signore dell'Universo. Per quale motivo l'uomo non riconosce la Divinità che gli è così intima?

Le 4 forme di Dio
[5] Le Upanishad hanno detto che ogni azione dovrebbe essere compiuta per piacere a Dio. Sotto quali forme trovate Dio? Dio si trova sotto le seguenti forme: la Verità, la Conoscenza, l'Infinito ed il Brahman.

Sathya
[6] Verità (Sathya) non va intesa come il riferire cose viste o sentite o credute sulla fiducia. Quelle sono le verità del mondo. La Verità reale trascende tutte le categorie di tempo e di spazio, non muta col passar del tempo e la si può trovare nelle tre dimensioni del tempo - passato, presente e futuro - e nei guna, ossia nei principi qualitativi della sostanza universale. Per discernere questa verità trascendentale, dovreste addentrarvi nel sentiero della Verità stessa, imprimendo nel proprio cuore l'idea che la Verità non va soggetta a modificazioni. È alla luce di siffatta Verità che l'uomo dovrebbe intraprendere il viaggio della vita in questo mondo.

Jnana
[7] Jnana significa "conoscenza". Che cosa si intende per conoscenza? La conoscenza sta ad indicare una coscienza assoluta e pura, non il sapere umano. È la coscienza che ispira l'uomo, fa vivere gli alberi e muove il mondo. Thyagaraja disse che il Signore si trova sia nella formica come nel Creatore, sia in tutti gli esseri umani come in tutte le cose dotate di coscienza. Al mondo non esiste luogo o spazio in cui non ci sia coscienza, e saperla intravvedere è vera realizzazione.

Ananta
[8] Questa Coscienza è infinita (ananta) ed onnipresente. In qualunque forma si adori Dio, qualunque sia il modo di concepirLo, qualunque sia il sentimento che si prova nei Suoi confronti, Egli risponde all'adorazione nella forma con cui Lo si considera, dipendente dal tipo di culto che Gli si tributa. Chi prega Dio così: "O Dio, rimani sempre con me e proteggimi", non sentirà altro che il rumore dei passi del Signore. Chi prega, invece, così: "O Dio, non vedi le mie difficoltà, i miei problemi?", vedrà soltanto gli occhi del Signore. Coloro, la cui preghiera è "O Dio, non sei stato capace di ascoltarmi e di rispondermi?", vedranno solo le Sue orecchie. Dio appare alle varie persone in conformità al genere di preghiera o di pensieri formulati. Questo è quanto si intende sotto l'espressione "Infinito che tutto pervade".

Brahman-ananda
[9] Il quarto punto è la beatitudine (Ananda). Ogni essere umano aspira ad unirsi a Dio, ha sete di beatitudine. È questa la ragione per cui gli asceti descrissero Dio come gioia pura. Di quale gioia si tratta? È una gioia unica. I dotti ne danno diverse descrizioni: Nityananda o Beatitudine eterna, Brahmananda o Beatitudine di Dio, Paramananda o Beatitudine suprema, Yogananda o Beatitudine dell'unione con Dio, Atmananda o Beatitudine che scaturisce dallo Spirito. Ma vi è una sola Beatitudine e tutte queste espressioni di Beatitudine si fondono in essa: la Beatitudine del cuore. Non esiste essere umano che non vi aneli. Anche per un piccolo incarico che ricopre, l'uomo vuol ricavare gioia. Ma questa gioia si trova in lui stesso. Dopo aver analizzato dunque la Verità, la Conoscenza, l'Infinito e Dio, scopriamo che Dio è la reale espressione della Beatitudine. Non c'è un posto in cui non sia accessibile. Se volete conoscere la via che conduce a Lui, sappiate che Egli si trova in ogni luogo. Se aprirete le porte del vostro cuore, vi scorgerete la Forma Divina traboccante di Beatitudine. Fu proprio questo ciò che sperimentarono le Gopi.

Le Gopi volevano chiudere le porte del loro cuore
per paura che qualche estraneo vi penetrasse;
ma, dall'interno, una voce diceva: "Non chiudere!
Io mi trovo in te, in tutti e in ogni luogo".
Se l'Universo intero è il tempio del Signore,
caro ad ognuno di noi,
che bisogno c'è di una porta d'argento?
Dove sarà mai la strada o la porta
che a tale dimora conduce?
Se il Padrone di tutto l'Universo è sempre con voi,
che bisogno c'è di invocarLo? A che serve?
Quand'Egli è reperibile dappertutto nell'Universo, quale sarà la strada, quale la m‚ta?
Non esiste un posto particolare, dove non sia.
E allora, dove sarà l'entrata?
Suonate l'arpeggio con le corde vitali del corpo,
versate lacrime di devozione
ed offrite la vostra anima.
Vedeteci il Paradiso:
ecco la strada, ecco la porta!
Quando avrete offerto tutte le vostre azioni,
tutte le vostre capacità e abilità al Signore,
dai vostri occhi stilleranno lacrime di gioia.
La sola pratica del Nome
[10] Se offrite tutto - vita, energie e potenzialità - al Divino, sperimenterete un'ineffabile gioia. State inseguendo una beatitudine come questa? Ne siete consapevoli? No. Il cuore è fonte di ogni beatitudine; dal cuore emanano le vibrazioni che proclamano il Nome del Signore. Non servono particolari pratiche spirituali quando viene compresa la forza del Nome del Signore. Potreste anche non riuscire a praticare altre discipline o potreste non averne fiducia, ma dovete ammettere che il Nome di Dio è sempre accessibile.

Fuoco, Sole, Luna.
[11] Tulsidas disse che vi sono soltanto tre potenze che contano al mondo: il Fuoco, il Sole e la Luna. Queste tre potenze fungono da eterni testimoni. Sono essenziali ad ogni essere umano, che creda o non creda in Dio, sia esso un asceta o un epicureo, un monaco o un edonista. Senza fuoco, il corpo umano si raffredderebbe come il ghiaccio e perirebbe. Perciò, il fuoco serve a mantenere normale la temperatura del corpo. Così pure, senza raggi solari, non ci sarebbe energia o vitalità. Sia la vegetazione che l'uomo hanno bisogno di questa energia per nascere, crescere e per molte altre cose. Allo stesso modo, anche la Luna svolge una funzione indispensabile all'esistenza.

Agni, Surya, Chandra
[12] La nascita umana è la conseguenza dei peccati passati e dell'ignoranza. Occorre estinguere i peccati, eliminare l'ignoranza e raggiungere pace e serenità nella vita. Agni, il Signore del Fuoco, distrugge i peccati. Surya, il Signore del Sole, dissipa l'ignoranza. Chandra, il Signore della Luna, concede refrigerio placando le agitazioni del cuore.

Il Nome Rama
[13] Questi tre principi sono contenuti nel Nome di Rama: Ra+a+ma. Ra sta per Fuoco (Agni), A sta per Sole (Surya) e Ma sta per Luna (Chandra). Giacchè nel Nome di Rama sono contenuti questi tre elementi, Tulsidas disse: "O Rama, in Te sono racchiusi tutti e tre". Ecco perché si dice che nel Nome del Signore sia racchiusa l'essenza di tutte le Scritture, di tutti i Veda e di tutti gli insegnamenti. Il significato intrinseco della grande enunciazione vedica Tat tvam asi - che tradotta significa "Quello tu sei" - è implicito nel Nome di Raama: "Ra" = Tat; "Ma" = Tvam; "A" = Asi.

Rama in numerologia
[14] Il supremo significato del Nome Rama è enucleato anche dalla scienza della numerologia, detta Samkhya-Shastra. Secondo tale scienza vediamo che questo Nome soddisfa ogni requisito. Nella parola "Raama" ci sono tre sillabe: Ra-a-ma. Secondo la numerologia "Ra" corrisponde a 0, "A" sta per 2 e "Ma" è uguale a 5. Facendo la somma ne risulta 7. Sette è un numero sacro, che può indicare i Sette Saggi, i sette colori dell'arcobaleno, le sette note musicali indiane, i sette giorni della settimana.

7 giorni del Signore
[15] Oggi si conclude il Saptaha Veda Purusha Jnana Yajna. Che significa Saptaha? È l'offerta a Dio di tutti i sette suoni che dimorano nell'uomo. Il compimento del sacrificio rituale (Yajna) viene designato con il termine Samapti (= compimento), il cui significato intrinseco è "attingere alla Coscienza Divina". I riti sacrificali di sette giorni sono compiuti con questo intento. Sette giorni sono trascorsi come sette istanti. Perché? Sono state trascese le limitazioni del tempo, perché è stato impiegato nel ricordo dell'Eterno ed in attività dedicate al Signore, che è al di là del tempo. Così, se con la ripetizione del Nome, ricorderete costantemente il Signore che è trascendente, il tempo non sarà più un problema per voi. È stato detto: "Se ci rifugiamo nel Conquistatore del Tempo, che potrà mai farci il Tempo?" Quando si installa nel proprio cuore il Signore del Tempo, si diventa padroni del Tempo.

Il canto collettivo
[16] Come far questo? Il mezzo più facile è la recita del Nome del Signore. In questo senso i Veda hanno affermato che ci si identifica con l'oggetto della propria conoscenza. La causa e il principio fondamentale che sta dietro l'Amore è il Suo Nome. Santificate il tempo con il Nome, salmodiate il Nome che sta alla base di ogni attributo divino. È preferibile il canto comunitario di una assemblea di devoti e questo si chiama per l'esattezza Sankirtana, cioè cantare insieme le glorie del Signore. Vi sono quattro tipi di lode collettiva: Lila-sankirtanam o canto dei prodigi del Signore, Guna-sankirtanam o canto delle qualità costitutive dell'Universo, Bhava-sankirtanam o canto della suprema esperienza religiosa e Nama-sankirtanam o canto dei Nomi di Dio.

Guna-sankirtanam
[17] Il Guna-sankirtanam, nell'esaltare i differenti attributi del Signore, si accompagna all'immedesimazione con le varie qualità del Signore ed alla loro glorificazione. Un devoto, nel descrivere le qualità di Shri Krishna, cantò: "Possiamo comprenderTi, o Signore Krishna? Tu sei più sottile dell'atomo e superi in grandezza ciò che vi è di più grande. È possibile capire Colui che si fonde in 84.000 specie, che mantiene in vita? Con le infinite forme che rivesti, come potremo conoscerTi?"

Dio invisibile
[18] Nel descrivere in siffatti modi il Signore, possono insorgere dubbi occasionali. Ad esempio, può sorgere il dubbio di non essere stati capaci di vedere il Signore. Se Dio è nell'atomo più minuto e nell'immensità dello spazio, perché non si riesce a scorgerlo? Neppure gli astronauti che sono andati sulla luna e l'hanno perlustrata per lungo e per largo, circumnavigando lo spazio intorno alla terra, sono riusciti a vederLo. C'è però una differenza sostanziale, fra gli strumenti da essi impiegati per esplorare la terra e lo spazio, ed i mantra per mezzo dei quali si sperimenta Dio. Riuscirete a vedere il Signore col mantra, non con lo yantra, cioè con strumenti meccanici(40). L'uomo, dunque, quando si trova a dare una descrizione dei vari attributi del Signore, può essere assalito da dubbi.

Lila-sankirtanam
[19] Il secondo tipo di Sankirtana è il Lila-sankirtanam. Qui il canto devozionale glorifica i lila del Signore, ossia i Suoi giochi straordinari e i Suoi interventi miracolosi: sono modi differenti con cui il Signore rallegra o mette alla prova i Suoi devoti. Non è facile comprendere il modo di agire del Signore: fa piangere un devoto e ne conforta un altro; trasforma un asceta in un edonista ed un libertino in un santo. Sai Rama è Colui che può guarire dalla pazzia; è anche Colui che vi fa diventar matti per il Signore, facendovi dimenticare le follie del mondo. Questi dilettevoli giochi del Divino costituiscono il tema del Lila-sankirtanam. Anche qui si possono insinuare dei dubbi.

Bhava-sankirtanam
[20] Abbiamo poi il Bhava-sankirtanam. In questo tipo di canto trovano espressione i più intimi sentimenti del devoto, che sono di vario genere. Per esempio, v'è il sentimento di pace. Bhishma è un esempio di questo sentimento di pace e contentezza. Arjuna, dal canto suo, è un modello del sentimento di amicizia. Hanuman è un esempio di disponibilità al servizio. Yashoda è un modello di amore materno. Le Gopi sono un esempio di tenerezza e devozione. Vi è poi un dolce sentimento di amore per il Signore che fu proprio di Radha. Questo sentimento, col quale si gioisce della dolcezza del Signore, è considerato il più nobile, dal momento che rappresenta lo stato di gioia estatica del nome e della forma del Signore, in tutta la sua dolcezza. Nel nome di Radha ci sono quattro lettere: partendo dalla "R", si ha Radha (che significa "dono", "grazia", NdR); se si incomincia dalla "A", si legge Adha (ossia l'atto del donare, imprimere buoni sentimenti, NdR); se si parte dalla "D", si ha Dhara (ossia ciò che fa da supporto, sostegno, NdR) e se si legge dall'ultima "A", diventa Aradh (ossia ciò che è propiziatorio, un atto di adorazione, NdR). Questo significa che per Radha, l'adorazione del Signore è il fulcro di tutto. Chiunque adori il Signore, recitando incessantemente il Nome di Radha, si identifica con Radha. Ecco che cosa si intende per Bhava-sankirtanam.

Nama-sankirtanam
[21] In tutti questi tre tipi di canto collettivo - Gunasankirtanam, Lilasankirtanam e Bhavasankirtanam - si possono incontrare dubbi e difficoltà. Può anche darsi che per la testa passino delle strane idee, delle idee sbagliate. Ecco perché, in quest'era di oscurità e di ignoranza, la miglior pratica è il Nama-sankirtanam, ossia il canto collettivo dei Nomi del Signore. Nel cantare i Nomi di Dio non c'è spazio per alcun dubbio n‚ per alcun turbamento. La vostra gioia aumenterà in proporzione alla continua ripetizione del Nome ed in questo stato di beatitudine verrà accettata con imperturbabilità sia la lode che il biasimo.

Non dimenticare il Nome!
Puoi avere ricchezze e prosperità,
cavalli, elefanti o qualsiasi veicolo,
ma non dimenticare il Nome!
Se anche vivessi in povertà
e la gente ti giudicasse come un pazzo,
non dimenticare il Nome!
Fai pure dello yoga,
vai al darshan dei santi, devoti di Dio;
fatti crescere pure la barba
o dipingi dei simboli sulla fronte,
ma non dimenticare il Nome di Dio!
Qualunque culto tu renda al Signore,
sarà sempre un'adorazione del Suo Nome.
Un cuore dolce
[22] La costante ripetizione del Nome del Signore farà sì che lo stesso Nome si imprima nel cuore e questo avverrà soltanto quando il cuore si sarà addolcito per l'Amore a Dio. Il Nome ha il potere di stabilirsi saldamente nel cuore umano e, una volta che vi si è insediato, lo intenerisce. Quando il cuore si addolcisce, occorre riempirlo d'amore. Un cuore pieno d'amore è sempre tenero e dolce. Cantate con tutto il cuore il Nome del Signore. In questo consiste il Sankirtana.

Kirtana e Sankirtana
[23] Ma c'è anche un altro termine: Kirtana. Che differenza c'è tra Kirtana e Sankirtana? La differenza fra Kirtana e Sankirtana sta nel fatto che il primo si riferisce al canto di un individuo singolo, fatto isolatamente, mentre il secondo si riferisce al canto in un'assemblea. Tutti coloro che partecipano al Sankirtana sperimentano una gioia comune ed è per questo superiore al Kirtana, dove la gioia è confinata ad una singola persona. Molti devoti, che non si azzarderebbero mai ad aprir bocca se soli, in un'assemblea si uniranno al canto spontaneamente e senza riserve. Nel canto collettivo il cuore prova uno stato di equanimità e beatitudine.

Il miracolo di Dharwar
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[24] A questo proposito, voglio raccontarvi ciò che accadde quando molti anni fa Mi recai a Dharwar, per visitare l'Università del Karnataka. Quella Università era frequentata esclusivamente da Virashaiva (41), i quali non erano disposti ad altro nome che non fosse quello di Shiva. Vennero tutti ad ascoltare il Mio discorso. Lo iniziai in lingua kannada, nella Sala delle Assemblee dell'Università. Quello fu il Mio primo discorso in kannada, e il Mio kannada era assai più dolce di quello parlato a Dharwar. A motivo del campanilismo verso il loro idioma, si mostrarono immensamente felici quando esordii in kannada. È Mia abitudine chiudere ogni discorso con un canto devozionale da eseguire insieme. Guardai quell'assemblea e scrutai nelle loro menti. Sapevo che il Nome di Vishnu era per loro anatema; sapevo che se si fosse pronunciato il Nome di Narayana si sarebbero turati le orecchie; sapevo anche che, se si fosse fatto riferimento al Nome di Krishna, si sarebbero girati dall'altra parte. Stando così le cose, intonai il canto "Govinda Krishna Jai, Gopala Krishna Jai". Immediatamente tutti i presenti, lasciati da parte ogni innato pregiudizio, risposero in coro Govinda Krishna Jai. Fra loro c'era un guru virashaiva. Si unì anche lui al canto, ripetendo Govinda Krishna Jai! Gopala Krishna Jai!. E, alla fine dell'incontro, il Vicerettore, il Sig. Adke, Mi venne incontro di corsa per dirMi: "Sul senso dei miracoli operati da Sai Baba avevamo le nostre idee personali. Ma oggi Sai Baba ha fatto in modo che questa gente, che per tutta la vita non ha mai recitato il Nome di Krishna, ora lo cantasse. È un grande miracolo!".

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Il Nome unisce
[25] Qual è il significato intrinseco di questo aneddoto? Significa che ognuno, indipendentemente dal proprio entroterra culturale, nel canto comunitario dimentica se stesso e vi partecipa con tutto il cuore. Solo un nome divino può far dimenticare tutto e immergere nella gioia che il canto del Nome dispensa. Imparate a passar sopra ai problemi della vostra vita con il Nome sulle labbra. Santificate così la vostra vita. Fate ogni sforzo per raggiungere questa meta.

Incarnazioni del Divino Spirito,

Unità e uguaglianza
[26] quando venite a Prashanti Nilayam, dimenticate ogni differenza di casta, di colore e di credo. Lasciate perdere ogni discriminazione razziale, classista e sociale. Riconoscete di essere un unico popolo, figli dello stesso Dio. Rendetevi conto che la vostra unica casta è quella dell'Umanità. Il culto delle religioni è rivolto ad un unico Dio. La società a cui appartenete sia la comunità dell'amore. Il linguaggio del cuore sia la vostra unica lingua. Sappiate vedere questa uguaglianza.

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La nostra razza è una sola: la razza umana.
Adoriamo Colui che è uno solo: Dio.
La nostra stirpe è una sola: quella dell'Amore.
Il nostro linguaggio è uno solo: quello del Cuore.
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Il Nome santifica
[27] Quando riconoscerete questa unità, rifuggirete da ogni differenza e riempirete d'amore i vostri cuori, sarete in grado di redimere la vostra vita, recitando costantemente il Nome del Signore. Quel Nome vi aiuterà a compiere qualsiasi cosa. Riempirà la vostra vita di pace e di felicità. Scompariranno i desideri e gli odi, tutte le caratteristiche animalesche. La qualità più elevata degli esseri umani è l'amore. Crescete nell'amore, che distruggerà ogni attaccamento e avversione. Non perderete nulla se farete questo sforzo e sarete liberi dai peccati che avete commesso. Santificherete così la vostra vita.



(Prashanti Nilayam, 20 Ottobre 1988 Festività di Navaratri)


(37) V. Scheda di studio n°13. (torna al testo)

(38) L'Ayurveda è il Veda dell'ayusé ossia la "scienza della vita, della salute, della vitalità, della longevità". È un sistema tradizionale, basato sulla natura, che nei suoi sviluppi più antichi, per la cura delle malattie, si basava essenzialmente sull'impiego di acqua, erbe, minerali e dell'acido formico presente nei formicai. (torna al testo)

(39) Il Samaveda è il Veda ovvero la scienza dei canti sacri (saman). Si compone principalmente di inni, o parti di inni, tratti per lo più dal Rig Veda, trasportati ed elaborati per soddisfare le necessità liturgiche. V. anche Scheda di studio n°13. (torna al testo)

(40) Mantra, tantra e yantra sono tre termini sanscriti assai ricorrenti presso la filosofia orientale. Mantra significa "strumento del pensiero", parola, testo sacro o parola sacra, preghiera o canto di lode, formula sacrificale (nei Veda), formula sacra o giaculatoria da ripetere per invocare la Divinità (V. anche nota 21). Tantra significa "trama e ordito", struttura, modello, tipo, sistema, dottrina, norma. Yantra si riferisce a qualsiasi strumento che faccia presa, trattenga o attacchi qualcosa, strumento chirurgico o meccanico, ma anche amuleto o diagramma mistico a cui si attribuiscono poteri magici. (torna al testo)

(41) Virashaiva è una setta che acquistò notevole popolarità intorno al XII° secolo d.C. a Kalyana, nella regione karnataka dell'India meridionale. Sembra che sia nata in reazione alle diffuse pratiche di superstizione e si impose in breve come culto ben organizzato e di rilevante influenza, attirando a sé rappresentanti di altre sette shaiva da varie regioni dell'India. Se ne attribuisce la fondazione a Basava, un ministro del re usurpatore Vijjala, sovrano di Kalyani. Basava denunciò con vigore ogni pratica oscurantista e rifiutò di accettare qualsiasi distinzione di casta, ammettendo persino il matrimonio fra un "intoccabile" e la figlia di un bramino. Si oppose alle varie usanze di cremazione, di sacrifici, di pellegrinaggi e di culto delle immagini, riservando al solo lingam la dignità di simbolo sacro. Si tratta dunque di una setta fondamentalmente iconoclasta. I Virashaiva, pur ammettendo l'esistenza di un rapporto comunitario, non possedevano templi, tranne quelli eretti con funzione commemorativa e i loro sacerdoti rifuggivano da ogni forma tradizionale. La loro concezione filosofica può essere riassunta nella terminologia stessa dei loro scritti sacri, i Shunya, e cioè il "Vuoto", "ciò che è privo di ogni distinzione".

Alla luce di queste premesse si comprende molto meglio quanto prodigioso fosse stato l'intervento di Sai Baba in quell'occasione! (torna al testo)