DHYANA

La Tecnica

Alcune preziose esortazioni prima di incominciare

L’uomo che, con la mente e l’intelletto purificati e trasformati dalla Meditazione, si rende conto che la propria natura è “Essenza-Coscienza-Beatitudine” e riesce a vivere con questa consapevolezza, acquista nuovo vigore. Un frutto si conosce veramente soltanto dopo averlo mangiato e gustato tutto, senza avanzi. Così l’uomo, dopo aver preso gusto alla Meditazione ed aver eliminato tutti i dubbi e le discussioni in proposito, vi si dedicherà con rinnovato fervore. Vi esorto, dunque, a cominciare oggi stesso, anzi in questo stesso momento, questa pratica grandemente benefica.

La Meditazione va fatta con entusiasmo, con fiducia e assiduità, nel pieno rispetto delle regole prescritte, se si vuole non solo un buon esito, ma anche la visione del Signore.

Un altro ripasso sul metodo di Dhyana

Il posto destinato alla seduta di meditazione dev’essere sopraelevato dal pavimento di uno o due pollici circa; stendeteci sopra una stuoia di “durbha” e su questa una pelle di daino; copritevi con una leggera coperta bianca a contatto col vostro corpo e poi sedetevi nella posizione del Padmasana, col piede destro poggiato sulla coscia sinistra e il piede sinistro sulla coscia destra . Le mani, palme verso l’alto e dita unite, poggiate sulle ginocchia; gli occhi semichiusi o chiusi del tutto. Poi, servendosi di messaggi mentali, rilassate il collo, le spalle, le mani, il torace, le mascelle, l’addome, le dita, la schiena, le cosce, le ginocchia, le caviglie ed i piedi. Ora potete cominciare la Meditazione, richiamando alla mente il Nome e la Forma preferiti, insieme con la sacra sillaba OM. Durante questa fase rimanete immobili e quieti, liberi da divagazioni mentali: nessun pensiero su fatti accaduti, nessuna traccia d’ira o di rancore, nessun ricordo doloroso devono intromettersi. Se questo accade, non badateci: per neutralizzare quei pensieri, bisogna indurne altri, tali che alimentino il proprio fervore nella Meditazione. Ovviamente, sul principio ciò sembrerà difficile.

Il momento migliore per meditare è rappresentato dalle tranquille ore che precedono l’alba, fra le 3 e le 5. Ci si può svegliare, diciamo, alle 4 del mattino. Prima di tutto, è assolutamente necessario domare il sonno. Al fine di mantenere invariato l’orario, sarà bene caricare la sveglia per le 4 e alzarsi a quell’ora. Se poi il sonno dovesse continuare a infastidire, si possono eliminarne gli effetti mediante una doccia fredda. Non che sia indispensabile quel bagno; è solo necessario in caso di sonno persistente.

Il vero scopo di Dhyana

Se si seguono scrupolosamente le regole indicate per la Meditazione, è possibile ricevere, abbastanza rapidamente, la Grazia Divina.
E’ probabile che discepoli di ogni parte del mondo si applichino a Japa e Dhyana. Ma deve essere innanzitutto chiaro lo scopo di queste discipline. Se manca questa conoscenza di base, la gente si appresta a compierle con l’idea che abbiano a che fare col mondo materiale e con la speranza che la loro efficacia si estenda ai successi che appartengono al mondo dei sensi. E questo è un grave errore! Il fine di Japa e Dhyana è di ordine spirituale: è la concentrazione sul Signore, è la rivincita sugli attaccamenti sensuali, è la gioia che si cerca dietro tutti gli oggetti materiali.

Ciò che maggiormente conta non è il sacrificio che si è disposti a fare per pregare Dio, né il numero degli anni impiegati, né la quantità di norme e di prescrizioni seguite e neppure il numero delle preghiere in sovrappiù; bensì il fervore della mente che prega, la paziente attesa dei risultati, l’intensità della concentrazione per conseguire la Beatitudine Divina, l’indifferenza verso i piaceri e le lusinghe del mondo e la costante, instancabile attenzione ai propri doveri morali e sociali.

Sono tre i sentieri più comuni scelti dagli aspiranti quando si trovano alle soglie della pratica meditativa: il sentiero sattvico, quello rajasico e quello tamasico.

Il sentiero sattvico

E’ quello di chi ritiene che pregare e meditare sia un dovere e, per compierlo, è disposto a sopportare qualunque difficoltà. Costui è pienamente convinto dell’illusorietà del mondo materiale e, perciò, si dedica esclusivamente al bene in qualsiasi condizione e circostanza. Non desidera che il bene altrui ed è sempre affabile con tutti; vive col pensiero fisso al Signore e medita costantemente su di Lui senza mai curarsi dei frutti che la Meditazione e la Preghiera procurano, e che lascia completamente a Dio.

Il sentiero rajasico

In questo caso, l’individuo è sempre impaziente di vedere il risultato della propria azione. Se non gli è possibile disporne, la negligenza e il disgusto si insinuano lentamente in lui e, alla fine, lo soverchiano, mentre Japa e Dhyana si inaridiscono.

Il sentiero tamasico

E’ il peggiore. Chi lo percorre pensa al Signore soltanto nei momenti di pericolo o di acuta sofferenza, oppure quando è vittima di gravi lutti o dolori. Questo genere di persone, in momenti simili, prega e promette riti, offerte di vivande particolari o l’edificazione di un tempio. Costoro calcolano bene la quantità di cibo e l’entità dell’elemosina da deporre ai piedi del Signore, il numero degli inchini e dei giri intorno al santuario e chiedono una ricompensa proporzionata! La mente e l’intelletto di chi si accosta alla Meditazione con questa disposizione d’animo non potranno mai essere puri.

Attualmente, la maggior parte delle persone che fanno Japa e Dhyana, segue il sentiero rajasico o quello tamasico. La vera finalità di Japa e Dhyana è la purificazione della mente e dell’intelletto e, per raggiungere questo scopo, non c’è che da seguire il primo, che è il più adatto, e cioè il sentiero sattvico.

La scuola-guida delle “asana”

Fino a quando il fine della Meditazione non è stato raggiunto, è opportuno seguire la disciplina tradizionale che riguarda le “asana” o posizioni del corpo, e attenersi fedelmente alle sue regole. Ma dopo aver raggiunto lo scopo della Meditazione, ossia dopo che la mente e l’intelletto sono stati domati e sono ormai sotto controllo, ci si può immergere nella Meditazione in qualunque posto ci si trovi, sul letto, su una sedia, su una roccia o in viaggio. Una volta che avete imparato a portare una motocicletta, potete guidarla su qualsiasi strada e in qualsiasi condizione. Ma, mentre state imparando, è indispensabile seguire certe regole di equilibrio, per la propria incolumità e per quella di coloro che vi stanno intorno. Allo stesso modo, coloro che si impegnano nella disciplina della Meditazione devono seguire un certo corso per allenarsi. In quel periodo, nessuna modifica deve essere apportata. Per questo, le forme rajasiche e tamasiche di meditazione non potranno mai considerarsi autentiche. Il meglio è quando la disciplina diviene pienamente sattvica.