DHYANA

Una pianticella da crescere con cura

Generalmente si danno di Dhyana i significati più diversi.
Che cosa significa Dhyana o Meditazione? Su che cosa si medita e chi è che medita? Perché meditare?
Se non c’è un oggetto su cui concentrarsi, non si può fare Meditazione. Tale oggetto, su cui si medita, ovvero si fa Dhyana, è conosciuto come “Dhyaya”. Senza un oggetto di concentrazione, non potete concentrarvi. Esiste un oggetto di Meditazione, ma chi medita? Perciò, ci dev’essere un terzo elemento, “Dhyata”, che siete voi quando meditate. Dhyata, che sareste voi, attraverso il sentiero di Dhyana, che è la Meditazione, deve giungere all’esperienza di Dhyaya, che è l’oggetto di Meditazione. Sono tre fattori: uno che riceve sottomissione, uno che si sottomette e il processo di sottomissione. Quando il meditante considera l’oggetto di Meditazione e penetra nel processo meditativo, questi tre fattori – colui che medita, l’oggetto di Meditazione e lo svolgersi della Meditazione – si uniscono per formare un tutt’uno e solo allora è possibile raggiungere l’unità.

Colui che ama, colui che viene amato ed il sentimento dell’amore sono i tre fattori. In Prema (Amore), l’Amante, l’Amato e l’Amore formano una triade che si compendia nell’Uno che fa fluire il “Prematatva”, ossia il Principio dell’Amore. In mancanza di uno di essi, non può esserci integralità, l’intero non può costituirsi. Se ce ne sono due, cioè l’amore e chi è disposto a darlo e manca chi dovrebbe riceverlo, è superfluo. Se c’è chi ama e chi può essere amato ma il sentimento non è reciproco, è inutile. Se poi non c’è nessuno che sappia amare, allora a che serve l’amore? Perciò, è l’unione di questi tre aspetti che si chiama Dhyana o Meditazione. In tutti e tre gli aspetti, c’è Amore in egual misura. E’ questo che si intende con le parole “L’Amore è Dio”, “Vivete nell’Amore”.

Riflettete bene sul significato della Meditazione, che è un ottimo mezzo per unirsi all’infinito. In tutti questi giorni avete ascoltato ciò che è contenuto in molte nostre Scritture, come le Upanishad, i Veda, i Darsana, e varie “sastra”, ma se non avete capito il significato di Meditazione, che è il sentiero per giungere alla meta, tutto quanto avete appreso rimarrebbe conoscenza libresca, di cui, prima o poi, finirete per disinteressarvi.

L’orario, nella Meditazione, ha la sua importanza ed è conosciuto sotto il nome di “Brahma Muhurta”. Scegliete la forma che preferite per meditare e, nell’intervallo di tempo denominato “Brahma Muhurta”, che va dalle 3 alle 6 del mattino, meditate sempre alla stessa ora ogni giorno. Ci sono le discipline e i metodi adatti allo scopo e non bisogna trascurarli o pensare che siano inutili. Vi farò un esempio. Abbiamo piantato un alberello da frutta. Quando è una pianticella, dobbiamo proteggerla, mettendole attorno una recinzione. Perché mai dovremmo proteggere la pianta, quando è giovane? Lo facciamo perché temiamo che capre, pecore o altri animali attratti da essa ne bruchino i germogli, con ogni probabilità, distruggendola. Poiché vogliamo che la pianta cresca bene, la circondiamo con una protezione. Ma, quando la pianta è cresciuta e diviene un albero, allora togliamo la recinzione. Perché proprio allora? Perché quegli stessi animali, come la capra, la pecora e la mucca, che avrebbero potuto distruggere la pianticella quand’era piccola, ora trovano ombra e riparo sotto le sue fronde.

La pratica che vi darà la liberazione finale, dovrebbe essere considerata come un alberello in tenera età. Per questa pratica, la recinzione, che chiameremo disciplina, è assolutamente necessaria. La ragione di questo sta nel fatto che cattive compagnie, cattivi pensieri e cattive unioni potrebbero sopravvenire per distruggere la giovane pianta dalla pratica. Per evitare che tutto ciò porti distruzione va accettata ed osservata una disciplina, che funge da recinto di protezione. Quando la pianticella che cerca la liberazione, una volta cresciuta, sarà diventata un grande albero, allora, anche se si avvicineranno cattive idee, cattivi pensieri e cattive compagnie, il grande albero sarà tale che tutti questi visitatori ne trarranno solo piacere e felicità ed essi non potranno più fare alcun danno all’albero. Ecco perché, quando vi mettete a dare Dhyana e desiderate essere in Meditazione, dovreste cercare di mettervi nella posizione detta del “Padmasana” (La posizione del loto). Anche se cattive qualità e cattivi pensieri non vi toccano, il tipo di calzoni stretti che indossate voi oggi finisce per rendere difficoltosa quella posizione.

Non bisogna sedersi sulla nuda terra, ma su una tavola di legno o su una stuoia o qualcosa di simile. E non proprio su una tavola di legno nudo, ma con un panno steso sopra. All’inizio dovreste cercare di utilizzare una tavola che vi tenga sollevati almeno due centimetri dal suolo. Ci sono delle ragioni che spiegano l’uso di una tavola di legno: la terra conduce e trasmette delle correnti. Quando sedete in Meditazione, a motivo dell’energia divina che vi attraversa in forza di Dhyana, le correnti terrestri non devono disturbarvi. Quindi procuratevi una tavola. L’impianto elettrico di una casa viene collegato al suolo con uno speciale filo che si chiama “terra”. Allo stesso modo, dobbiamo considerare il nostro corpo come la nostra casa. Perciò, mentre nella casa del nostro corpo siamo intenti a far crescere fino a rendere stabile la corrente divina, si dovrebbero prendere tutte le precauzioni necessarie, isolandosi dagli influssi terrestri, per impedire che le forze o le energie che lo attraversano vadano a disperdersi nella terra. Ecco la ragione per cui gli antichi ci hanno suggerito l’uso della tavola.

E’ una buona abitudine anche alzarsi alle 4.30 del mattino, nelle ore del Brahma Muhurta. Siete giovani e, se non incominciate ad allenarvi adesso che la mente è fresca e il corpo vigoroso, non vi sarà più possibile in vecchiaia, quando il vostro corpo sarà debole e privo di flessibilità. In tarda età sarà assai difficile acquisire questa abitudine. La vostra è, invero, l’età più adatta per apprendere ed assimilare molte sacre verità. Le pratiche spirituali rimandate alla vecchiaia non danno un gran risultato. Ci sono molti che contano di fare tutto questo quando si ritireranno in pensione. Prima di dimettersi, continuano a dire: “Il dovere è Dio; il lavoro è preghiera”. Così vanno avanti, accettando ogni genere di lavoro dal governo o da agenzie private. Questo non è giusto. Sarebbe meglio che vi dedicaste a quella pratica in quel momento, senza procrastinare. Anche il Bhagavata lo afferma. Quando i servitori e i guardiani della Morte (Yama) vi trascineranno con una corda e vi costringeranno a muovervi senza indugio e a seguirli perché il vostro tempo è scaduto, i vostri parenti diranno “Non c’è più speranza; portate via questo corpo”, vostra moglie e i vostri figli non faranno che piangere e dire “Ora è tutto finito; non c’è alcuna speranza”. Come pensate di pronunciare il nome di Dio e di offrirGli la vostra devozione in simili condizioni? Perciò, Mi auguro che comprendiate ora, in giovane età, il significato della Meditazione e incominciate subito a praticarla, così da essere di esempio alla nazione intera.

Prima di assumere la posizione del Padmasana e sistemarvi sull’asse di legno, accendete una piccola candela davanti a voi. Fissate lo sguardo su quella luce per un minuto circa; poi chiudete gli occhi: sentirete cha la luce è dentro di voi e potrete percepirla proprio al centro del cuore, concepito come un fiore di loto. Se non riuscite ad avere la percezione del Jyoti nel loto del vostro cuore, riaprite gli occhi, fissate ancora quella luce, richiudeteli e riprovate a visualizzarla. Provate e riprovate col pensiero sempre rivolto a quella piccola fiammella, fino a che la sua luce non rimanga bene impressa nella vostra mente tanto da potervela raffigurare al centro del cuore. Poi, da qui, orientatela, verso ogni parte del corpo. Portatela al collo, alla bocca, alle mani, alle gambe, alle orecchie, agli occhi, alla testa e da qui portatela all’esterno, nell’ambiente che vi circonda. Immaginate di estenderla ai vostri parenti, agli amici e a coloro che amate. Non solo. Estendetela anche a coloro che vi sono ostili; e poi, via via a tutti gli uccelli, alle bestie e ad ogni oggetto che vi circonda.

Dove passa la luce, l’oscurità si dilegua. E’ questo il senso della frase upanishadica “Thamaso ma Jyotirgamaya”. Dal momento in cui ha lambito i vostri occhi, le visioni negative si sono disperse; illuminando le orecchie, le ha rese inaccessibili alla maldicenza; sfiorando la lingua, ne ha purificato le parole; attraversando la testa, ne ha fugato ogni pensiero malefico; entrando nel cuore, ne ha dissipato i sentimenti malvagi che lo inquinavano e lo immunizza per il futuro. Il cuore non sarà più inquinato da cattive idee. I piedi toccati da quella luce, non andranno più in luoghi disdicevoli e le mani, raggiunte dalla stessa luce, non commetteranno più azioni cattive. La parola cattivo qui è sinonimo di tenebroso. In verità, se avete fatto in modo che questa fiammella si diffonda dovunque, in ogni punto non esisterà più la possibilità che le tenebre o il male abbiano il sopravvento. Se, dopo esservi impegnati nella Meditazione, continuate ad agire scorrettamente, è segno che la luce non ha raggiunto l’organo responsabile dell’azione riprovevole.

Per mezzo della Meditazione, non solo le vostre inclinazioni cattive verranno rimosse ma in loro vece subentreranno ideali ed attitudini nobili e santi. Non solo, ma potreste anche avere il glorioso Darshan di Ishvara, o fare l’esperienza dell’Advaita, ossia dell’Unità, poiché la Luce che c’è in voi, si trova in tutti gli esseri umani, in tutti gli uccelli ed in tutti gli animali. Quella Luce è dappertutto. Alcuni di voi potrebbero avere dei dubbi e chiedersi: “Bene, a noi piace Rama; Egli è il nostro Dio. A noi piace Krishna; è il nostro Dio. A noi piace Svami: Egli è nostro Dio. Perché dunque non meditare direttamente su una di quelle Forme anziché tenersi davanti una luce?” Ebbene, una figura o una forma particolare non permane, è soggetta a mutamento, è effimera. Non è giusto che poniate la vostra concentrazione su qualcosa di transitorio e di impermanente. Ci vuole qualcosa che non cambi. Ecco perché è necessaria una candela. Nella luce immutabile nella vostra Meditazione, potrete inserire la forma che più amate e che volete pregare. Non c’è niente di sbagliato nel far questo. Ma una forma o “Rupa”, fisica o immaginaria, è di per se stessa destinata a cambiare, mentre la luce di una fiamma non cambia di intensità, anche se un numero stragrande di persone se ne serve per accendere la propria candela. La fiamma originaria, la sorgente, si chiama Akhanda Jyoti. Coloro che vengono ad attingere alla sua luce si chiamano Jivan Jyoti. Numerosi sono i Jivan Jyoti e tutti hanno preso luce da una singola Akhanda Jyoti. Collocando nel cuore di ciascuno individuo (Jiva) questo Jyoti accadrà che questo singolo “Jivam Jyoti” andrà ad immergersi nell’”Akhanda Jyoti” e sarà facile capire il concetto di Advaita, ovvero dell’Unità su cui si regge l’intera Creazione.

A questo scopo, è indispensabile conservare un’ora ed un luogo precisi. Il luogo può anche cambiare: oggi potete essere a Brindavan, domani a Bangalore, dopo domani da qualche altra parte, come a Madras: non è sempre possibile costringere un corpo che si muove a mantenere un posto fisso per la meditazione. Ma, se cambia il posto, bisogna avere la massima cura affinché l’ora sia sempre la stessa. Se vi disponete a spandere tutto l’amore di cui siete capaci in quell’ora stabilita per la Meditazione, sicuramente e puntualmente Dio verrà riceverlo e ad elargirvi ogni felicità. Dovete dare a Dio l’Amore che nasce dal vostro intimo; se saprete offrirGlielo al momento opportuno, Egli non mancherà di raccoglierlo e di inondarvi di gioia. (SSB 129-137)

Condizioni per meditare

Soham per zavorrare la mente…

La mente è molto sottile ed avanescente, leggerissima e permeabilissima, si fa trascinare qua e là senza meta ad ogni folata di desiderio. Si comporta come uno stame di cotone privo di semi: è molto più leggero del batuffolo di lanugine che vaga in lungo e in largo senza meta. Perciò, se volete tenerlo a freno, gli dovete agganciare qualcosa di pesante. Indubbiamente, il corpo che ospita la mente è pesante; ma la mente è anarchica e volubile. Fugge via come le pare e piace. La mente va gravata di lavoro, a mò di zavorra. Questo lavoro si chiama Dhyana. Concentratevi sul labbro superiore, fra le narici, proprio di fronte all’arco nasale. Inspirate attraverso la narice sinistra, chiudendo la destra con il pollice destro. Quando il respiro entra, mormora SO (che significa “Lui”). Poi espirate attraverso la narice destra, chiudendo la sinistra. Quando il respiro esce, mormora HAM (che significa “Io”). Inspirate ed espirate lentamente, senza fretta, consci dell’identità del “Lui” (il Signore) dell’”Io” (voi), che viene asserita, fino a che la respirazione e la consapevolezza vanno avanti naturalmente, e non ci si fa più caso. Fate che la mente, come un guardiano, controlli il respiro in entrata e in uscita, ascolti con l’orecchio interiore il mormorio del SO-HAM ed assista, come testimone, all’asserzione che vi rivela di essere il Divino, il nucleo dell’Universo. Questa è la Meditazione che vi darà successo.

Stabilizzata la Meditazione sul SO-HAM, proseguite dedicandovi al consolidamento nella mente della Forma Divina che preferite. Raffiguratevi quella Forma dalla testa ai piedi, per un tempo di almeno 15/20 minuti. Soffermatevi su ogni particolare e stampatevela chiaramente nel cuore. Poi ritratteggiatela dai piedi alla testa, come prima. Ciò servirà a farvi collocare stabilmente la Forma Divina sull’altare del vostro cuore. Allora vedrete in tutti soltanto la Forma; in tutti gli esseri ritroverete solo Lui. Realizzerete l’Uno nel Molteplice. “Sivoham”, “Soham”: Io sono Siva, Io sono Lui, solo Lui è. (SSS VII, 381s)

… e per affogare i sentimenti cattivi.

All’inizio della vostra seduta di Meditazione – inspirando SO ed espirando HAM – armonizzate il respiro e il pensiero. Respirate delicatamente, con naturalezza; non fatelo in modo artificiale e forzato. Il respiro deve fluire dentro e fuori, lieve e silenzioso, tanto che un pò di farina tenuta vicino alle narici nel palmo della mano non si dovrebbe sollevare. Più rapida è la respirazione, più combustione si verifica, e quindi minore la durata della vita. Una respirazione lenta acquieta e calma le emozioni. La sensazione di rilassamento prodotta dalla ripetizione del SO-HAM è determinante per una proficua seduta di Meditazione. Ma per avere rilassamento, questo non basta: occorre avere una mente libera da spinosi rancori ed essere aperti all’amore verso tutti. Il desiderio è una tempesta; l’avidità è un vortice; l’orgoglio è un precipizio; l’attaccamento è una valanga; l’egoismo è un vulcano. Allontanate questi sentimenti, affinché quando fate Japa o Dhyana (Ripetizione del Nome o Meditazione), non turbino la vostra serenità. L’Amore deve regnare sovrano nel vostro cuore, se volete che il sole radioso, la brezza rinfrescante e l’acqua zampillante della vostra gioia alimentino le radici della fede. (SSS VII, 38-39)

Un bagaglio leggero per un viaggio confortevole.

Al fine di sviluppare ed aumentare la capacità di concentrarvi durante l’ora di Meditazione, dovete ridurre le vostre esigenze e sottrarvi alla schiavitù dei desideri. Cercate di vedere ogni cosa con gli occhi di un testimone disinteressato ed evitare di farvi avanti ad ogni costo col rischio di rimanere intrappolati. Quando i legami si saranno allentati, vi sentirete felici e leggeri. Quando farete trasloco, vi vedranno caricare sul carro scarpe vecchie ed inutili, stuoie, scope ed ogni genere di mobili ingombranti! Voi non avete il coraggio di buttar via quelle cianfrusaglie ingombranti che avete conservato per tanto tempo e alle quali vi siete affezionati. Eliminatele invece e viaggiate leggeri, come si conviene fare anche nel viaggio della vita. (SSS VII, 324)

Sei passi, uno dopo l’altro, prima di Dhyana.

Voi Mi dite: “Svami, sto praticando assiduamente la Meditazione da 50 anni, ma non riesco ancora a concentrarmi!” Questa è una confessione impudente. Dhyana è al settimo posto nei passi da fare per giungere al Samadhi, ossia al dominio totale sulla mente. Finché non vi sarete saldamente consolidati nelle sei precedenti tappe, continuerete a far scivolate che vi faranno allontanare da Dhyana, nonostante i vostri insistenti esercizi per arrivarci.

Il 1° passo è il controllo dei sensi;
il 2° è il controllo delle emozioni e degli impulsi;
il 3° è la padronanza del senso di equilibrio e la capacità di mantenere la calma;
il 4° è la regolazione del respiro e dei movimenti delle energie vitali;
il 5° è la prevenzione degli influssi esterni, tendenti a deviare la mente;
il 6° è l’irriducibile attenzione alla propria evoluzione.

Infine si giunge alla Meditazione sulla propria Realtà divina (Dhyana), che si conclude senza ulteriori difficoltà alla Sua realizzazione nel Samadhi. Non è tuttavia possibile saltare direttamente al settimo grado e, quindi, balzare all’ottavo, senza aver prima superato i sei passi preliminari! (SSS VII, 124-125)

I segni di una buona Meditazione.

Dopo i canti della sera, siete soliti fare dieci minuti di Meditazione. Sin qui, tutto bene. Ma, lasciate che vi domandi se, quando vi alzate dopo quei dieci minuti, scorgete negli altri una maggiore luminosità, come fossero circonfusi da un’aura divina. In caso contrario avete solo perduto tempo. E’ aumentata in voi la capacità di amare? Parlate di meno? Vi dedicate al prossimo con maggiore sollecitudine? Questi sono tutti segni del buon successo nella Meditazione. Il progresso spirituale deve trovar conferma nel miglioramento del carattere e del comportamento e la Meditazione deve mutare il vostro atteggiamento verso gli esseri viventi e verso le cose; altrimenti è un’ipocrisia. Anche un macigno, sotto l’azione del sole, della pioggia e del freddo, si disintegra nel terreno e si trasforma in alimento per l’albero. Anche il cuore più duro può essere intenerito, perché vi germogli il Divino. (SSS VII, 29-30)

Meditate per amare.

Amore è una parola che sta ad indicare il tentativo di comprendere la fallacia del molteplice e la realtà dell’Uno. L’Amore crea l’unione, mentre l’odio separa. L’Amore trasferisce l’attenzione di sé sull’altro, in modo che i due pensano, parlano ed agiscono come fossero uno. Quanto più l’Amore abbraccia, tanto più le varie entità si riducono all’Uno. Amando Me, amate tutti, perché incominciate a percepire e a conoscere che Io sono in tutti. La Meditazione vi renderà consapevoli che Io sono Colui che risiede in tutti i cuori, che sono lo stimolo, la motivazione, la guida, la meta. Apritevi a quella visione, a quella consapevolezza e fatene vostro inestimabile possedimento. Allora avrete ciò che spesso Mi chiedete, “Sakshatkara”. Il vostro amore deve essere libero e puro da ogni velo, da ombra o macchia di ego come lo è il Mio, in modo che possa fondersi in Me. (SSS VII, 502)

Si può insegnare a meditare?

Alcune istituzioni pretendono di addestrare delle persone nella Meditazione e, a tal fine, organizzano dei corsi! Ma come fidarsi di loro? Tutt’al più si possono insegnare esercizi per stare seduti in modo corretto o per esercitarsi nelle varie posture; ma come può qualcuno aiutare un altro a rimanere intensamente concentrato? Amate Dio e nessuna distrazione potrà deviare da Lui il vostro pensiero. (…) Per avere buon esito dalla Meditazione e dalla preghiera non c’è bisogno di appoggiarsi ad altri o di prendere contatto con un saggio per farsi suggerire un mantra da recitare. Pregate Dio, che è in voi, e da Lui avrete la guida di cui avete bisogno. Rivolgete la vostra mente a Dio, dedicatevi a Lui e scoprirete che la vita è una corrente ininterrotta di beatitudine. Se disponete di un ventilatore, dovete orientarlo verso di voi, per trarne sollievo. Allo stesso modo, la mente orientata con risolutezza verso Dio, potrà darvi la beatitudine della Liberazione. (SSS, VII, 338)

Le ultime esortazioni sul tema

Oggi la gente sta sprecando il proprio tempo in nome della Meditazione. Costoro sanno forse tener ferma la propria mente per un solo minuto? No! Si siedono in una postura particolare per mezz’ora, un’ora, ma non fanno che perdere tempo. Siete forse capaci di rimanere con una mente ferma per un’ora? La mente corre all’impazzata come una scimmia! Mentre sprecate tempo nel respingere questa scimmia impazzita e nel cercare di tenerla a freno, essa se ne scappa ancora via. Considerate il vostro dovere come Dio e intraprendete ogni attività per amor Suo. Allora il lavoro si trasformerà in adorazione (In inglese si gioca sull’assonanza dei due termini “work” = lavoro e “worship” = adorazione, NdT). Considerate ogni lavoro come il lavoro di Dio. Quella è vera Meditazione! Non raggiungerete la Meditazione chiudendo semplicemente gli occhi e mettendovi in posizione meditativa. La gioventù d’oggi sta sprecando il proprio tempo prezioso, a causa di questo equivoco sulla Meditazione.

Considerate qualunque lavoro facciate come un lavoro di Dio.
Considerate il vostro corpo come uno strumento.
Sviluppate la convinzione che Dio sta servendosi del vostro corpo come di uno strumento per compiere quel lavoro.

Qualunque servizio intraprendiate con l’ausilio dell’egoismo non può essere servizio gradito al Signore. Sacrificate il vostro egoismo, considerate tutto come divino. Un approccio del genere all’attività è reale Meditazione. Con quell’altro genere di Meditazione si spreca tempo, vita, energie, tutto. Continuate a fare tutto recitando il Nome di Dio. Tutte le azioni saranno santificate da questo approccio. Non confinate Dio in un luogo. Qualunque cosa vedete, vi trovate dentro Dio. Se vi mettete a meditare, considerando Dio come fosse limitato in un luogo, rimpicciolite Dio che pervade ogni cosa e dimostrate di avere una mente ristretta. Siate di larghe vedute. Solo con questo tipo di discriminazione, giungerete alla saggezza. (dal Discorso del 3 settembre 1989 tenuto nel Mandir di Prashanti Nilayam)

“In Te è la sorgente della vita:
quando ci illumini,
viviamo nella Luce.”

Salmo 36