DHYANA

Il Divino Maestro ti parla

Il Divino Maestro ti parla

In conversazione col Bhagavan

Mai come nelle conversazioni dirette e personali Sai Baba rivela, con stupefacenti particolari, i problemi che un cercatore incontra durante il suo percorso. Nel leggere queste interviste, tratte qua e là da quelle raccolte e redatte da Hislop, ognuno di noi può cogliere la risposta alla domanda che avrebbe voluto fare a Swami. Il Divino Maestro non economizza le Sue esortazioni e al fortunato lettore parrà di avere continuamente al suo fianco il guru che ha sempre sospirato d’avere.

Hislop: Che medicina mi consiglia il Medico Supremo dello spirito?

Sai: La meditazione. La prima cosa che acquisirai nella meditazione è il controllo dei sensi. Lo yoga sarà di sostegno al tuo corpo. Quando la mente è stabile, giunge automaticamente la concentrazione e, in questa concentrazione, la tua mente sarà in pace.

Esiste l’Atma, non la mente.

Hislop: L’automobile su cui ci troviamo ha delle caratteristiche naturali, che oltrepassano le connotazioni di bene e di male. Se si muove, acquista velocità e moto. Analogamente, quali sono i poteri naturali della mente?

Sai: La mente non ha alcun potere. L’unico potere che ha è l’Atma Shakti, ossia il potere dell’Atma o Essenza Divina. In realtà, la mente non ha esistenza. Non c’è. La luna riceve luce dal sole. Ciò che noi vediamo è il riflesso del sole. Quanto viene scambiato per mente è la luce riflessa dell’Atma, il Supremo Sé che risplende nel cuore. In verità, c’è solo il cuore. Si considera mente la luce riflessa, ma non è che un concetto, un modo di vedere. Esistono solo il sole e la luna. (Un riflesso non è un terzo oggetto). In altri termini, la mente non può essere paragonata ad un’auto. Una macchina ha una forma, mentre la mente non ha forma, in quanto non ha una sua propria esistenza. Si può dire che la mente sia un tessuto di desideri. L’Atma, la Divina Essenza irradia la Sua Luce sul cuore, sia esso puro o impuro. Un cuore purificato e il desiderio focalizzato unicamente su Dio è ciò che di meglio possa esserci.

Hislop: La mia mente e la mia intelligenza, in questo momento, sono in azione, indipendentemente dalle sue qualità fini o rozze. Baba dice che l’unico potere è quello dell’Atma. Ma allora, perché non vedo l’Atma, quello stesso Atma che in questo preciso momento è all’opera servendosi del complesso mente-intelligenza?

Sai: Si potrà vedere l’Atma in tutta la Sua purezza quando, per mezzo della pratica spirituale (Sadhana), saranno rimossi gli ostacoli che impediscono una chiara visione. La vera disciplina non consiste solamente nel sedersi in meditazione. La meditazione è una costante indagine interiore: Chi sono io? Che c’è di amabile in me? Che c’è di aspro? La meditazione consiste nel riflettere sui principi spirituali e nel cercare di mettere in pratica gli insegnamenti di Baba.

Quanto tempo meditare?

Hislop: Nel sistema di Buddha, teso al rallentamento dell’attività mentale, si dedicava particolare attenzione al “burma”. Swami, tu devi avere un modo migliore.

Sai: Il sistema di Buddha, consistente nell’osservazione del respiro che entra e che esce dalle narici, rappresenta solo una fase iniziale di alcuni minuti, allo scopo di preparare la meditazione. Non esiste modo migliore per calmare la mente. C’è solo un modo. Sedendosi in meditazione, spesso ci si chiede: “Quanto tempo dovrà durare?” Ma non c’è risposta. Non c’è una durata particolare. In realtà, la meditazione è un processo che si protrae per tutta la giornata. Il sole splende e la sua luce cade qua e là. Qual è la differenza fra il sole e la sua luce?

Hisplop: Nessuna.

Sai: Allo stesso modo, tutto è Dio: pensieri, desideri, tutto è Dio. Ogni pensiero va visto come Dio.

Hislop: Però, Swami, rimane ancora il difficile problema di come rallentare l’attività della mente.

Sai: In verità, la mente non esiste. Il problema è in ciò che si desidera. Quando l’unico desiderio è incentrato su Dio, andrà tutto bene.

Hislop: Ma, durante la meditazione, la mente viene attraversata da una folla di pensieri e di idee. Non si rende necessario acquietarla, affinchè ci possa essere tranquillità nella meditazione?

Sai: Sì. La mente va tenuta a freno. Ad un certo stadio si fermerà. Se i desideri che si presentano durante la meditazione vengono orientati all’unione con Dio, la mente subirà uno spontaneo rallentamento. Non ci sono metodi particolari da usare; nessuna coercizione. Il desiderio non dovrebbe essere troppo intenso o esagerato.

Domare la mente: ecco il problema!

Hislop: Nell’impegno di questa disciplina, perché non è possibile fin dal primo inizio adottare il Signore come Maestro e abbandonarGli la propria vita?

Sai: (continuando a ridere) Non è così facile! E’ difficilissimo. Innanzitutto bisogna ammansire la mente. E’ proprio come un elefante selvaggio nella foresta. Bisogna catturarla e addomesticarla. Una volta soggiogata e domata, la mente è come un elefante da circo, che può essere indotto da un ragazzino a stare su un piccolo sgabello. E questo è il risultato di allenamento e pratica.

Ospite: Mi pare assai difficoltoso allenare la mente. Perché non intraprendere il sentiero dell’amore?

Sai: Anche amare non è facile. Nel mondo ci può essere un eccesso di amore, che genera azioni squilibrate. La cultura indiana tiene sotto controllo le mogli, mantenendole occupate a tempo pieno nella casa. Ma, mentre per il Divino l’amore non ha limiti e non corre pericoli, per il mondo dovrebbe essere limitato. L’ignoranza non è così pericolosa come l’equivoco. In America il cinema è considerato una fortuna, mentre in India corrompe e distrugge il rispetto per la femminilità.

I “Maestri” di Meditazione

Ospite: Che dire dei guru americani?

Sai: C’è gente che viene dall’America, apprende uno yoga, torna in America, fonda un’associazione, un “istituto Yoga” e vi si mette a capo. Costoro hanno letto qualche libro e poi offrono una risposta a tutti i problemi. Il vero capo spirituale mette in pratica e vive la sua filosofia, in modo che la gente guardi a lui e scorga nella sua vita il suo messaggio.

Hislop: Come dovremmo considerare questa moltitudine di guru che ci sono un po’ per tutto il mondo? Per alcuni di loro, che sembrano svolgere un’ottima opera, Swami non ha parole di incoraggiamento. Essi parlano molto bene del Divino e raccolgono molti discepoli.

Sai: Il miglior comportamento è quello della persona che ammette di non conoscere Dio e che suggerisce a coloro che lo seguono di condurre insieme la ricerca e di praticare la disciplina spirituale. Ma costoro non fanno così. Il loro metodo consiste nel raccogliere qua e là qualche risposta e riportare delle nozioni come un registratore, arrogandosi della saggezza. Persone simili hanno a casa propria un figlio su cui non esercitano alcuna autorità o influenza; non sanno guidare la propria famiglia, ma si propongono a guida degli altri. E’ ridicolo.

Hislop: Altro tipo di guru è quello indiano che va in America. L’esempio più clamoroso proviene da un uomo noto a livello internazionale e che ha anche qualche milione di seguaci. Per mezzo di lui molta gente si interessa all’India, apprende la meditazione, e ci sono migliaia di ricerche sui benèfici effetti nella vita dei seguaci. Non è forse un guru di un certo valore questo?

Sai: Un milione di persone in meditazione a gambe incrociate: nessuno ottiene la liberazione dalla schiavitù. A che serve tutto ciò? Se almeno il guru ottenesse la liberazione, ne varrebbe la pena. Ma non accade nemmeno questo. E il più piccolo errore che venisse compiuto provocherebbe un gran danno. Tutto ciò è una trappola che corrompe sia il guru che il discepolo. Gli apparenti benefici sono soltanto momentanei, non permanenti. Tu hai avuto una considerevole e autentica esperienza. Vuoi essere un guru?…

Quando e quante volte meditare

Ospite: Che fare per avere abbastanza fiducia nella meditazione? Manca il tempo.

Sai: Non è vero! C’è sempre abbastanza tempo per conversare, per andare al cinema, ecc. Sicuramente c’è il tempo anche per meditare.

Ospite: Dopo la meditazione si ha una sensazione di forza. Da dove proviene quell’energia e in che relazione sta con la meditazione?

Sai: L’energia viene da Dio. La relazione fra Dio e il devoto è amore ed è praticamente impossibile esserne coscienti. Dio è più sottile del sottile e il rapporto che si ha con Lui è della stessa natura sottile.

Ospite: Swami, hai detto che è meglio meditare due volte al giorno?

Sai: La cosa migliore è meditare al mattino presto. La mente è quieta e non ci sono preoccupazioni che premono.

Hislop: E’ giusto meditare di tanto in tanto lungo il giorno?

Sai: Durante il giorno ci sono delle difficoltà. C’è gente in giro e c’è il lavoro. Se ci si dedicasse alla meditazione, si comprometterebbe il lavoro.
Concentrazione, Contemplazione e Meditazione.

Ospite: Che cos’è la meditazione?

Sai: E’ vera meditazione l’essere assorti nell’unico pensiero di Dio, come unico fine. Dio solo, solo Dio. Pensate a Dio, respirate Dio, amate Dio, vivete Dio.

Ospite: Che cosa si può dire della concentrazione?

Sai: Concentrazione significa che tutti i sensi e i desideri spariscono e c’è solo Dio. La concentrazione di Paramahansa Ramakrishna fu così naturalmente intensa che, meditando su Hanuman, si vide crescere una specie di coda si scimmia. Il suo corpo era come una bolla iridescente di sapone, tanto forte era la sua concentrazione. Lo specifico lavoro della concentrazione non necessariamente è un avvio alla meditazione. Ogni volta che nell’azione vengono interessati la mente, l’intelletto ed i sensi, è in atto la concentrazione, senza la quale non potreste nemmeno camminare. Non ha bisogno di un particolare esercizio. Essa sottostà ai sensi, mentre la meditazione sovrasta l’attività sensoriale. Tra concentrazione e meditazione, a guisa di confine fra le due, sta la contemplazione. Dalla concentrazione si passa alla contemplazione ed infine alla meditazione. Finché uno pensa “Sto meditando”, c’è attività mentale e non meditazione. Finché si è coscienti di meditare, non si medita. Assorti in Dio, si accantona ogni forma e ci si fonde in Lui. In quel processo, l’attività mentale cessa spontaneamente.

Ospite: Baba dice di scartare ogni forma nella meditazione, ma noi adoriamo la forma di Swami.

Sai: Giustissimo. Ma, quando ci si avvicina a Baba, ha termine la visualizzazione. In questo momento, stai guardando Baba faccia a faccia. Lo stai forse ancora visualizzando?

Chi sono io?

Ospite: Che dovrei fare? La mia meditazione consiste nel chiedermi “Chi sono io?”

Sai: L’indagine di Ramana Maharshi non basta da sola. Deve combinarsi con la meditazione, che, per essere ben praticata, deve avvenire nello stesso luogo e nella medesima ora. In questo modo darà sicuramente dei risultati. Se si viaggia o si è assenti da casa, non ha importanza dove ci si trova: basta recarsi mentalmente nel solito posto. Per la ricerca della Verità un luogo vale l’altro: la verità è dovunque, sempre. Essa va vissuta, non ricercata. “Koham” (Chi sono io?) è il pianto del neonato. Dopo un’intera vita nella disciplina spirituale, il vecchio dice “Soham” (Io sono Dio). Quando si è lontani da Swami, basta ricordarLo mentre fa questo o quello e la batteria “si ricarica”. Anche questa è autentica meditazione. La meditazione è la continua ricerca interiore: chi sono io? Che cos’è la Verità? Che cos’è l’attività dell’ego? Che cosa è amabile e che cosa non lo è? E’ meditazione pensare ai principi spirituali, cercando di scoprire il modo di applicarli alla propria vita secondo quanto Baba insegna.

Le discipline dello Yoga

Hislop: Swami attribuisce valore al Pranayama (controllo del respiro, NdR) e al Pratyahara (ritiro dei sensi dagli oggetti, NdR).

Sai: Prima viene il controllo dei sensi esterni, poi quello dei sensi interni, poi un senso di equilibrio con dei limiti alla libertà, in quanto la libertà pone fine alla saggezza. Quindi, vengono il Pranayama e il Pratyahara.

Hislop: Ad ogni modo, Swami li apprezza entrambi. Come dovrebbero comportarsi i devoti a questo proposito?

Sai: Tutte queste pratiche, quali lo “Hatha Yoga” e così via, sono come esami. Voi studiate, passate l’esame e vi sentite fiduciosi e fieri. E’ come andare al college: vi sono otto livelli di base e, lavorando, li superate uno per uno. Ma essi sono necessari solo se si va a scuola. A coloro che si sono completamente abbandonati a Dio e il cuore è pieno di divino amore, non servono questi “corsi”, non hanno alcun senso e sono assolutamente inutili.

Dove ha sede l’Atma?

Hislop: L’Atma è situato in qualche punto particolare del corpo, sul quale fissare l’attenzione durante la meditazione? Si può ritenere che l’Atma abbia una sede?

Sai: L’Atma è dappertutto, ma ai fini della meditazione, si può considerare che il principio vitale si trovi a 10 pollici sopra l’ombelico, al centro del torace, intendendo per pollice la larghezza del pollice di una mano nella giuntura della prima falange.

Hislop: Ho letto che la sede dell’Atma si trova a destra della zona centrale del torace, là dove si punta solitamente il dito per indicare se stessi.

Sai: L’indicazione della parte destra come dimora del Sé è solo un punto di vista. I mancini lo indicherebbero in modo diverso.

Hislop: Una volta che l’individuo è assorto in meditazione, sorge la domanda di quanto rimanerci.

Sai: Non c’è risposta. Non c’è un tempo determinato. In realtà, la meditazione è un processo che si protrae per tutta la giornata.

Il circuito elettrico

Hislop: Swami ha precisato che, nella nostra vita quotidiana, facciamo già uso di un ottimo livello di concentrazione. Perché dunque la concentrazione non sorge automaticamente nella pratica spirituale?

Sai: Non si fa niente senza concentrazione e ci si serve di essa per tutta la giornata. Come mai la stessa concentrazione diventa così difficile in campo spirituale? Perché la mente si rivolge all’esterno e col desiderio aderisce agli oggetti. Ma è possibile allenare la mente a concentrarsi verso l’interno ed a coltivare nel cuore l’amore verso Dio. In che modo? Per mezzo della “sadhana”, disciplina spirituale. La migliore disciplina è il compimento di ogni azione della giornata come atto di adorazione a Dio. Dio è come l’energia elettrica. Il cuore è la lampadina. Il filo è la disciplina. L’interruttore è l’intelligenza. L’atto di accendere l’interruttore è la meditazione del mattino, del mezzogiorno o della sera. Una volta che l’interruttore, il filo e la lampadina sono a posto, non occorre altro: basta girare l’interruttore e c’è luce. Intorno ad un giovane albero si mette una protezione. Identica precauzione va osservata anche nella meditazione. La gente pensa che vada bene meditare dovunque, ma ci sono delle correnti e, di conseguenza, dell’energia. Forti correnti attraversano la terra; per questo, essa esercita una forte attrazione. Durante la meditazione è consigliabile isolarsi da queste correnti. Per tali ragioni i meditanti siedono su una tavola di legno e si coprono le spalle con uno scialle di lana. Una volta consolidato il modo di meditare, allora si può sedere dovunque senza risentirne.

Concentrazione sulla luce (Jyoti)

Hislop: Swami, alcuni occidentali meditano sulla luce, non nella forma definita della fiamma di una candela (jyoti), bensì con una luce amorfa e, concentrandosi su di essa, la proiettano mentalmente. E’ corretto usare una luce informe per concentrarsi?

Sai: Non è pratico cercare di concentrarsi su ciò che non ha forma. La concentrazione sul jyoti è solo un esempio. L’oggetto della concentrazione può essere un suono, una forma, una luce, eccetera, ma dev’essere qualcosa di concreto. Non è facile fissare la mente sull’astratto.

Hislop: C’è un tragitto particolare che la fiamma deve percorrere entro il corpo?

Sai: Si porta innanzitutto la fiamma al cuore, concepito come un fiore di loto i cui petali stanno per dischiudersi. Poi si porta la fiamma alle altri parti del corpo. Non c’è una sequenza obbligata, ma è importante che la zona conclusiva sia la testa. Qui la fiamma si espande a forma di corona, che custodisce e protegge il capo. La luce, poi, viene portata fuori, dal particolare all’universale. Mandatela a parenti, amici, nemici, alberi, animali, uccelli, finchè l’intero mondo con tutte le sue forme viene visto nell’estensione della medesima luce che c’è in voi. L’idea è quella di portare la luce nella fase universale, ossia di vedere la stessa luce divina all’interno di ognuno, in ogni cosa e in ogni luogo. Per imprimere questa universalità nella mente, si fa espandere la luce fuori dal proprio corpo. Quanto più profondamente ci si inoltra in questo mondo, tanto maggiore è la comprensione di quanto accade nella meditazione: il pensiero della luce si dissolve e subentra l’oblio della propria corporeità e, quindi, l’esperienza diretta di non essere il corpo. Questa è la fase della contemplazione, nella quale si dimentica totalmente il corpo. E’ una condizione che non può essere forzata; viene da sé ed è il livello che viene dopo una corretta concentrazione. Vivekananda diceva che, nella meditazione, non riusciva più a ritrovare il suo corpo. “Dov’è? – diceva – Non lo trovo più”. Visualizzare la luce e spostarla qua e là serve a far lavorare la mente, a tenerla occupata nella giusta direzione, in modo che non venga turbata da questo o quel pensiero che sarebbe di ostacolo al processo del suo progressivo calmarsi. Diffondere la luce nell’Universo, mandarla a tutti gli altri corpi fino a perdere la coscienza del proprio, è lo stato di “contemplazione”. Con l’approfondirsi della contemplazione, si entra, senza un particolare atteggiamento volitivo, nella fase meditativa, che non è mai il risultato di uno sforzo. Finché il meditante è conscio di sé e della sua meditazione non medita affatto, ma si trova ancora nella fase preliminare, all’inizio della concentrazione. Ci sono dunque tre fasi: concentrazione, contemplazione e meditazione. Quando la contemplazione diviene profonda, si traduce con naturalezza in meditazione e quest’ultima è completamente al di sopra dell’attività sensoriale. Nello stato di meditazione, il meditante, l’oggetto della meditazione ed il processo meditativo svaniscono: c’è solo l’Uno, e quell’Uno è Dio. Tutto ciò che è soggetto a mutamento si dissolve ed esiste solo la condizione del “Tat Tvam Asi”: Quello sei tu. Infine, rientrati nel normale stato di coscienza, si ripone la fiamma della candela nuovamente al centro del cuore, per tenervela accesa tutto il giorno.

Hislop: Nella meditazione sulla forma di Dio, Swami dice che il passaggio agli stati di contemplazione e di meditazione avviene in modo naturale, senza la volizione di chi medita. Ma come si lega questo alla meditazione sulla luce, dove il meditante porta la fiamma nelle varie parti del corpo con un preciso atto di volontà?

Sai: Nell’autentica meditazione, l’esperienza di una forma o della luce è data dalle tre fasi: dalla concentrazione, che è sottoposta ai sensi, dalla meditazione che li sovrasta e dalla contemplazione, che sta fra le due, in parte sotto e in parte sopra il livello dei sensi. Non ci sono differenze sostanziali fra una forma e la luce. Se il devoto predilige una certa forma di Dio, può fonderla nel jyoti, ed essa sarà oggetto della sua concentrazione, mentre la fiamma segue il suo percorso. Orbene, la concentrazione può essere proprio sulla forma di Dio, dal momento che Dio si trova universalmente in ogni forma. Ripeto: la scelta della forma è solo un espediente, che permette di sprofondare nella quiete e far sì che il corpo, il “non-Sé” esca dal campo della coscienza. Come oggetto di concentrazione si può adottare qualsiasi cosa concreta: una luce, una forma o un suono. Non è possibile entrare direttamente nello stadio della meditazione.

Hislop: Parlando di yoga, Swami ha detto che il “Bhakti yoga”, lo yoga della devozione a Dio, è il solo che valga la pena di praticare e che gli altri sono inutili. Ma gli occidentali obiettano che Ramakrishna Paramahansa ha fornito una descrizione della “kundalini” che sale ed apre ogni “chakra”. Qual è la risposta giusta a tale dubbio?

Sai: Ramakrishna si è servito dei “chakra” per indicare simbolicamente i punti di maggiore sensibilità lungo la colonna vertebrale. A proposito della meditazione sulla “kundalini”, si è diffuso un grosso equivoco. Il “chakra” è la ruota. non ci sono ruote nella spina dorsale. La ruota fu presa a simbolo della circolazione sanguigna che è circolare. Anche i dischi della spina dorsale sono rotondi. Collocando la “ruota” in vari punti della colonna vertebrale e attribuendo a questi dei nomi particolari, si può fissare la mente su tali zone portandola dall’una all’altra.

Il Pranayama

Hislop: Ma Swami, che dire allora del serpente “kundalini”, che si risveglia alla base della spina dorsale e, nell’elevarsi, attiva i vari “chakra”?

Sai: Quell’energia è “prana”. Si suppone che salga lungo la colonna vertebrale con la pratica del “Pranayama”, la quale è pericolosa se non è eseguita in modo corretto. Non è necessaria e Swami la sconsiglia. La zona fra la nona e la dodicesima vertebra è particolarmente sensibile. Una lesione in quel punto può ridurre alla paralisi. La Meditazione insegnata da Swami è la via regia, il sentiero più facile. Perché mai complicarsi la vita con altre pratiche? Affinché la Meditazione sia efficace, è necessario praticarla con costanza, senza fretta e senza inquietudine. Con la tenacia, la persona che pratica la Meditazione diverrà tranquilla e lo stato meditativo si presenterà spontaneamente: il successo è garantito. Volgere la mente a tanti modi diversi di meditare è del debole. Invocate Dio ed Egli vi verrà in aiuto, vi risponderà e sarà Lui stesso il vostro guru; vi guiderà e sarà sempre al vostro fianco. Pensate a Dio, vedete Dio, udite Dio, mangiate Dio, bevete Dio, amate Dio. E’ la strada più semplice, la via regale per farvi giungere alla meta: la dissoluzione dell’ignoranza e la realizzazione della vostra vera natura: quella di essere uno con Dio.

Hislop: Gli occidentali sono estremamente interessati a tutto quanto dice Swami e ci pensano e ne parlano. Il fatto del respiro che si esprime sotto forma di “So-Ham” 21.600 volte al giorno ha generato della confusione in alcuni, perché non consta loro di respirare con quel ritmo.

Sai: I 21.600 respiri al giorno sono un esempio tipo: rappresentano la media calcolata sulla vita di una persona. In momenti di sforzo fisico o di tensione, il respiro sarà frequentatissimo; in momenti di pace e di tranquillità, sarà lento. Alcuni possono superare la media dei 21.600 respiri al giorno. Un provetto yogi non può avere una media di 15 respiri al minuto, ma avrà un basso ritmo fra i 6 e i 7 respiri al minuto. Più lento è il respiro, più lunga sarà la durata della vita. La scimmia, che ha vita breve, respira all’incirca 40 volte al minuto, mentre il longevo serpente da tre a quattro volte al minuto.

Perché proprio un lume di candela?

Sai: (Ad un gruppo di occidentali) Avete dubbi o domande? Solo domande di natura spirituale.

Ospite: Perché un lume di candela nella meditazione?

Sai: Perché un lume? Se si continua a prelevare sabbia da una spiaggia, essa si esaurirà. Se si preleva acqua da una sola cisterna, l’acqua, prima o poi, finirà. Ma migliaia di persone possono accendere la loro candela ad una medesima fiammella, senza farla venir meno. Accendete una lucerna o una candela. Mettetela davanti e fissatela. Poi, portate la fiamma della candela, - il jyoti – nel vostro cuore e visualizzatela all’interno dei petali del cuore. Osservate i petali del cuore aprirsi e vedete la luce che illumina il cuore. I cattivi sentimenti non possono più rimanere. Poi, dirigete la fiamma alle mani: non possono più compiere azioni tenebrose. Quando, allo stesso modo, portate la fiamma agli occhi ed alle orecchie, così che possano accogliere solo sensazioni luminose e pure. Poi, estendete la luce all’esterno di voi e mandatela verso gli amici, i parenti e i nemici; quindi, agli animali, agli uccelli e agli oggetti, in modo che tutto venga irradiato dalla stessa luce. Cristo disse: “Tutti sono nell’unità; vivete nell’uguaglianza con tutti”. In questo modo, non sarete più limitati a questo corpo, ma vi espanderete per tutto l’universo. Il mondo, che è tanto grande, vi apparirà piccolo, molto piccolo. Dilatarvi oltre i vostri stessi confini e vedere che la vostra stessa luce è la luce dell’universo, è liberazione. La liberazione non è qualcosa di diverso da questo.

Perché la schiena eretta?

Ospite: Non è proprio facile star seduti diritti.

Sai: Sedere diritti è importante. L’Energia Vitale sta fra la IX e la XII vertebra. Se si lede la spina dorsale in questa zona, è la paralisi. Se il torso sta in posizione eretta, come se fosse fasciato rigidamente ad un palo, l’Energia Vitale vi può risalire e fornire alla mente un’intensa qualità di concentrazione. Inoltre, proprio come l’asta di un parafulmine ritta sul tetto di un palazzo attira i fulmini, il tempio del vostro corpo perfettamente diritto offre, per così dire, un passaggio al potere divino che può attraversarlo e darvi l’energia necessaria per compiere il vostro dovere e raggiungere il traguardo. Per fare un altro esempio, l’energia divina c’è sempre, come le onde radio; ma, per captarne il segnale, occorre un’antenna, e se non si regola a puntino la sintonia, si udranno solo dei suoni, ma non della vera musica. Allo stesso modo, l’energia divina, che è sempre presente, può fluire dentro di voi, se la Meditazione è corretta ed il corpo diritto.

Perché meditare al mattino presto?

Ospite: Che cosa possiamo sapere sulla Meditazione nel “Brahma Muhurta”?

Sai: “Brahma Muhurta” è il primo mattino, fra le tre e le sei, quando i sensi sono tranquilli, perché il sonno ha calmato la mente e il giorno non li ha ancora messi in agitazione. Bisogna comunque scegliere un’ora, senza mai cambiarla; non una oggi e un’altra domani. Mezz’ora al mattino e mezz’ora la sera sono sufficienti per meditare. Se si fa per tutta la giornata, dopo un paio d’anni, la Meditazione perde la sua attrattiva. Le pratiche spirituali hanno bisogno di varietà per suscitare interesse. Qualche bhajan, un po’ di ripetizione del Nome del Signore, un po’ di tempo trascorso in compagnia di persone che abbiano interessi spirituali e così via. Proprio come nella vita quotidiana, un po’ di varietà rende interessante la giornata.

Hislop: Swami, come concludere la Meditazione sul jyoti?

Sai: In un primo momento, voi siete nella luce. Poi la luce è in voi. Infine, voi siete la luce e la luce è dovunque.Godetene per un momento, poi riportatela nel cuore e mantenetevela per tutto il giorno. Vi si può racchiudere anche la forma di Dio: Krishna, Rama, Gesù, Sai, come preferite. La forma di Dio che avete scelto può essere visualizzata al centro della fiamma dovunque la portiate e così, dovunque, sarete con Dio.

Cambiare tecnica?

Ospite: Ad una riunione è stato detto che chi pratica altri tipi di meditazione non dovrebbe essere ammesso in un Centro Sai Baba.

Sai: Non importa che sia questo o quello yoga. Si, vi può entrare anche chi fa altri tipi di meditazione. Fate in modo che tutti si sentano uniti nel conseguimento di un unico fine. Dio si raggiunge solo con l’amore. Il “Pranayama” sottopone cuore e polmoni a sforzi e pressioni: per farlo occorre buona salute. La cosa migliore è il “Bhakti yoga”. Un gran miscuglio creerà solo della confusione. La Meditazione sulla luce è senza rischi, sicura e porta diritto alla meta.

Ospite: Se però si è stati iniziati ad un’altra meditazione, in un libro di Swami si dice che è peccato cambiare.

Sai: La meta rimane la stessa. Si tratta solo di varianti sul sentiero, nel metodo impiegato. La Meditazione sulla luce è autentica meditazione. La luce è senza forma, è eterna, è divina: è un sentiero sicuro e privo di rischi. Ma soprattutto c’è amore. L’amore è la suprema via regale che porta a Dio. Dio è amore. Sul principio bisogna esaminare attentamente il tipo di meditazione e la “sadhana” che si intende adottare. Bisogna chiedersi chi è il guru e quali gli insegnamenti. Se poi avrete piena fiducia – quella piena fiducia che condurrà alla nostra meta spirituale -, andate avanti decisi e senza ripensamenti. Tuttavia, non va dimenticato che la meta a cui si aspira è una meta spirituale, non fisica e nemmeno è un traguardo a livello dei sensi.

Ospite: Ma, come avere quella fiducia che non ho neppure in me stesso?

Sai: Per compiere azioni cattive, soprattutto quando vengono fatte con decisione, la fiducia in te stesso ce l’hai e l’hai anche quando compi quelle buone. Tutti hanno fiducia in se stessi.

Hislop: Questa è un’ottima cosa.

Sai: Si, è importante che ci sia sempre la fiducia in sé. Se c’è interesse per il bene, c’è anche la fiducia per portarlo ad effetto. Alcuni vanno in America e fanno pagare cifre di ogni genere per dare informazioni di carattere spirituale, che spettano a tutti e per le quali nessun onere dovrebbe essere richiesto. Queste informazioni non si devono vendere e gli Americani non dovrebbero comprarle. Non sono ben sicuro che Swami abbia affermato che la Meditazione sulla luce porta alla Liberazione.

Sai: Tu sei la luce, la stessa luce che si trova anche negli altri. Il corpo si dissolve e tu sei la luce. Questa è liberazione.

Hislop: Swami vuol forse dire che per mezzo della luce ci si espande per l’universo intero e che non si è più limitati dal corpo?

Sai: Svanisce il senso di “mio”. Non c’è più.

Hislop: C’è una meditazione offerta dal Signore in persona e che conduce direttamente alla liberazione. Chi vorrebbe occuparsi tanto di altri tipi di meditazione?

Sai: Magari per qualche sensazione gradevole, per qualche beneficio fisico.

Hislop: Ieri, Swami, qualcuno si è messo in mente che nei Centri si possa praticare qualunque tipo di meditazione.

Sai: Non preoccupatevene. Dopo un po’, capiranno quant’è grande la Meditazione sulla luce e sostituiranno la loro tecnica con questa. Non costringeteli. Date loro del tempo.

Come giungere allo stato “Meditazione”?

Hislop: Swami dice che il massimo beneficio si ottiene quando la vita di un individuo è tale da meritare l’amore di Dio. Come si fa a sperimentare direttamente questo amore divino?

Sai: C’è un dolce in cucina. Per averlo e sentirne il gusto basta entrare in cucina e mangiarlo: solo allora il desiderio si placa. Per godere la dolcezza dell’amore divino, dovete cercare di farne l’esperienza diretta. Come arrivarci? I nostri antichi Rishi (Saggi, Veggenti) trovarono la beatitudine nell’isolamento dei romitaggi, standosene rigidamente seduti, apparentemente in catalessi. Oggi, invece, si vedono delle persone che continuano a dondolare la testa e il corpo. Costoro non possono concentrarsi. Il corpo viene paragonato ad un tempio che ospita il Signore. Se si muove una data parte del corpo, anche il contenuto, la mente, sarà in movimento: per questo motivo si prescrivono determinate posizioni di meditazione. Quando siete in meditazione, la vostra mente va così in profondità da non subire più distrazioni. Quanto più in profondità va la mente, tanto minore sarà il disturbo arrecato dal rumore esterno. Nella Gita si dice che la concentrazione precede la saggezza. Se, mentre siete seduti in meditazione, vi mettete a grattarvi la testa o la schiena, vuol dire che il vostro modo di meditare è sbagliato. C’è chi, per meditare, dopo essersi semplicemente seduto, pensa solo al momento in cui cambierà posizione. Quando meditate, concentratevi sulla forma che avete scelto; poi, passate alla contemplazione e, quindi, alla meditazione. Ci si arriva esclusivamente per questi tre passaggi: dalla concentrazione attraverserete il campo della contemplazione per entrare nella meditazione, nella quale il meditante, la forma scelta e il processo della meditazione si fondono in un unico stato: quello della meditazione vera e propria. Se però per tutto il tempo avvertite che state meditando, la vostra non è “meditazione”. Ad essa vi porterà soltanto l’attenzione totale sulla forma prescelta, quando cioè l’attenzione della mente è totalmente distolta dal corpo e concentrata tutta sulla forma preferita come oggetto di meditazione.

Lo stato di Meditazione

Domanda: Swamiji ha parlato or ora della concentrazione della mente. In quale rapporto sta con la meditazione?

Sai: La parola “Dhyana”, ossia Meditazione, viene interpretata in differenti modi e perciò si fa della confusione. La pratica spirituale per mezzo della quale le tre componenti, e cioè il meditante, l’oggetto della meditazione (Dio) ed il processo di meditazione vengono unificati, si chiama Dhyana. Non va identificata con la concentrazione o totale applicazione della mente ad un solo oggetto. Tutte le azioni di routine, come il mangiare, il bere ed il camminare richiedono una certa concentrazione, la quale è subordinata ai cinque sensi di percezione. Per esempio, per leggere il giornale, le mani lo devono reggere, gli occhi devono vedere i caratteri di stampa e la mente deve coordinare tutte queste attività. Così pure, nel guidare un’automobile, bisogna concentrarsi, per maneggiare i comandi e sincronizzare tutti i controlli. L’atto di elevare la mente al di sopra dei sensi e degli oggetti dei sensi per avere come obiettivo il Divino si chiama meditazione. Perciò, la meditazione sta al di sopra dei sensi, mentre la concentrazione è ad essi subordinata. Se si vuol cogliere una rosa bisogna saper distinguere tra spine, foglie, rami e fiori e soltanto dopo la si può cogliere senza toccarne le spine. Tutto ciò avviene nell’ambito della concentrazione. Quando il fiore è stato colto, non ha più relazione con la pianta d’origine: il distacco del fiore dalla pianta dà luogo alla contemplazione. Offrite questo fiore a Dio. Se poi il fiore viene offerto al Signore, la piante madre, la mano che l’ha colto ed il fiore stesso hanno cessato di esistere. Esiste solo ed unicamente Dio. Questa è meditazione. La vita è come un roseto: le vostre relazioni sono i rami, le vostre qualità sono le foglie, gli attaccamenti e i desideri sono le spine; il vostro amore è la rosa e l’esercizio di tenere il fiore dell’amore lontano dai rami e dalle spine degli attaccamenti e del desiderio è la contemplazione. Nel momento in cui offrite questo amore puro a Dio, avete l’unità dei tre elementi. Se considerate il mondo intero come fosse la vostra casa e come se ogni cosa in esso contenuta vi appartenesse, il vostro amore si dilaterà sempre più, mentre l’amore chiuso nel proprio egoismo tende esclusivamente ad appagare i propri desideri.

Esperienze particolari

Domanda: Swamiji, è vero che nella meditazione profonda si possono udire suoni ed avere delle visioni?

Sai: Si; è possibile sperimentare suoni (come i rintocchi di una campana o la vibrazione di una conchiglia) e visioni. Ramakrishna offrì a Vivekananda l’esperienza di una visione ed un temporaneo stato di beatitudine. Ma questa beatitudine non è permanente: può durare al massimo 21 giorni, dopo di che, o si esce da quello stato o si abbandona il corpo.


Scrutami, Signore
e mettimi alla prova,
raffinami al fuoco
il cuore e la mente.

Salmo 26